domenica 29 maggio 2011

Germania fuori dal nucleare entro il 2022

BERLINO (Reuters) - La Germania chiuderà tutti i suoi reattori nucleari entro il 2022, come hanno deciso oggi i partiti della coalizione del cancelliere Angela Merkel, in risposta al disastro di Fukushima che ha determinato una drastica revisione della politica energetica.

Come atteso, la coalizione vuole mantenere lo stop agli otto reattori più vecchi dei 17 di cui è dotata la Germania. Sette sono stati chiusi temporaneamente a marzo, subito dopo il terremoto e lo tsunami giapponese che hanno investito Fukushima. Un altro era bloccato da anni.

Fuori uso entro il 2021 andranno poi altri sei reattori, ha detto alle prime ore di oggi il ministro dell'Ambiente Norbert Roettgen, dopo una riunione notturna nell'ufficio del cancelliere tra i leader della coalizione di centrodestra.

Gli ultimi tre reattori, i più nuovi, rimarranno operativi fino al 2022 per garantire che non ci saranno interruzioni nella fornitura di elettricità.

Merkel si era rimangiata a marzo la decisione presa alcuni mesi prima di estendere la vita delle centrali nucleari più datate in Germania, dove la maggioranza degli elettori è contraria all'energia atomica.

"E' definitivo: l'ultima data per le ultime tre centrali nucleari è il 2022", ha detto Roettgen dopo il vertice. "Non ci saranno clausole di revisione".

Alcuni politici volevano inserire nell'accordo una clausola che permettesse di rivedere in futuro lo stop al nucleare. I Liberi democratici (Fdp) non volevano alcuna scadenza, ma una finestra d'uscita molto flessibile, oltre all'opzione di riaprire uno dei sette reattori più vecchi in caso di emergenza.

La coalizione si è accordata per mantenere solo uno dei vecchi reattori come "riserva fredda" per il 2013, nel caso in cui la transizione verso le fonti rinnnovabili di energia e quelle di carbon fossile non riuscissero a soddisfare la domanda invernale.

Il grande terremoto e lo tsunami del marzo scorso hanno gravemente danneggiato la centrale giapponese di Fukushima, provocando la fuoriuscita di radioattività. L'episodio ha spinto alcuni governi, tra cui quello italiano, a riconsiderare la propria strategia nucleare.

(Annika Breidthardt)

-- Sul sito www.reuters.it le altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia

sabato 28 maggio 2011

28 maggio, in Germania 150.000 persone manifestano contro il nucleare

Nucleare:Germania,a migliaia protestano
28 Maggio 2011 18:00 ESTERI

(ANSA) - BERLINO - Decine di migliaia di persone hanno manifestato oggi in diverse citta' della Germania per protestare contro il nucleare e chiedere al governo di accelerare l'abbandono dell'energia atomica. Almeno 160 mila persone in 21 citta', di cui 25mila a Berlino e Monaco (sud), 20mila ad Amburgo (nord) e 10mila a Friburg (ovest), sono scese per le strade, secondo gli organizzatori mentre la polizia tedesca ha contato circa 20mila manifestanti nella capitale.

lunedì 23 maggio 2011

Svizzera, proteste contro il nucleare

Sono giorni decisivi per il futuro del nucleare in Svizzera. Dopo la moratoria per la costruzione di nuove centrali decisa dal ministro dell’Energia, Doris Leuthard, nei giorni successivi alla catastrofe giapponese di Fukushima, il tema torna alla ribalta per il pronunciamento che il Consiglio federale svizzero è chiamato a esprimere sull’energia atomica questa settimana.

Un argomento cui è particolarmente sensibile l’opinione pubblica svizzera come dimostra il successo della manifestazione nazionale antinucleare che ha avuto luogo ieri nel Canton Argovia, nei pressi della centrale atomica di Beznau: circa 20.000 persone hanno sfilato gridando e scandendo slogan contro la politica nucleare svizzera. Sui loro striscioni scritte con messaggi a Berna inequivocabili che chiedono una svolta nella politica energetica svizzera a favore delle energie rinnovabili. Bisogna risalire ai giorni drammatici che seguirono il disastro di Chernobyl per ritrovare in Svizzera una manifestazione di queste dimensioni contro l’energia nucleare e con così tanta gente.

Il segnale lanciato alla politica è chiaro. E’ sintetizzato nelle tre richieste contenute in una lettera inviata dal gruppo che ha organizzato la manifestazione di protesta pacifica ‘Insieme contro il nucleare’: 1. uscita dal nucleare; 2. no a nuove centrali nucleari in Svizzera; 3. promozione delle energie rinnovabili. Il Consiglio Federale dovrebbe inoltre in collaborazione con gli uffici federali competenti per decidere una preventiva e immediata messa fuori esercizio dei reattori nucleari più vecchi, quelli di Mühleberg e Beznau I e II.

Ora la palla passa dunque al Consiglio federale svizzero che mercoledì prossimo, in una seduta speciale, dovrà decidere su quale proposta, relativa al futuro del nucleare nel paese, dovrà esprimersi il Parlamento. Tre le opzioni: mantenere lo statu quo con l’eventuale sostituzione anticipata delle tre centrali atomiche più vecchie; rinuncia a rimpiazzare gli impianti esistenti man mano che giungono a fine vita; o, infine, abbandono anticipato dell’atomo. (f.n.)

Fonte www.zeroemission.eu

sabato 21 maggio 2011

G.Nebbia - Se il petrolio sparisse domani

Riporto questo interessante articolo di Giorgio Nebbia cho ho postato su un Forum del sito ComeDonChisciotte.org aggiungendo un mio piccolo commento e due articoli apparsi sul Sole24ore che informano sui rapporti tra Opec e Aie (Agenzia Internazionale Energia dei paesi piu' industrializzati).

Se il petrolio sparisse domani
di GIORGIO NEBBIA

Il petrolio si è affacciato come importante fonte di energia negli ultimi decenni del l’Ottocento, con una produzione relativamente modesta; nel 1900 il consumo mondiale di petrolio era di 30 milioni di tonnellate rispetto a 600 milioni di tonnellate di carbone. Si tenga presente che una tonnellata di carbone produce energia come 0,7 tonnellate di petrolio. Il consumo di petrolio aumentò rapidamente con l’avvento dell’automobile e dell’aeroplano e con la prima guerra mondiale (1914-1919). Nel 1920 il consumo mondiale di petrolio era di circa 130 milioni di tonnellate rispetto ad un consumo di carbone di circa 1200 milioni di tonnellate. Nel 1950, lasciatosi alle spalle il grande massacro della seconda guerra mondiale (1939-1945), il consumo di petrolio era diventato di 700 milioni di tonnellate rispetto ad un consumo di circa 1500 milioni di tonnellate di carbone. A partire dal 1950 ai due giganti energetici si è affiancato, in modo sempre più aggressivo, il gas naturale.

Oggi i consumi mondiali vedono al primo posto il petrolio con circa 4200 milioni di tonnellate all’anno, seguito dal carbone con circa 5000 milioni di tonnellate all’anno (ma con un contenuto di energia equivalente a quello di appena 3500 milioni di tonnellate di petrolio), e al terzo posto il gas naturale con circa 3000 miliardi di metri cubi all’anno (con un contenuto di energia equivalente a quello di appena 2500 milioni di tonnellate di petrolio). I bilanci energetici si fanno con una unità di energia che si chiama tep (tonnellate equivalenti di petrolio).

Durante la conferenza del 1956 dell’Istituto Americano del Petrolio un geologo chiamato King Hubbert (1903-1989) affermò che, sulla base delle conoscenze delle riserve di petrolio esistenti nel mondo, si poteva prevedere che la produzione mondiale di petrolio avrebbe raggiunto un massimo, forse nei primi anni del 2000, e poi sarebbe diminuita. A conferma di questo ricordò che gli Stati Uniti, che erano stati esportatori di petrolio, erano diventati importatori di petrolio per il graduale esaurimento dei suoi pozzi. Nel 2010 il 70 % del petrolio consumato negli Stati Uniti è importato dai paesi del Golfo Persico, da Venezuela, eccetera e i favolosi pozzi della California e del Texas si stanno esaurendo progressivamente.

Il continuo aumento del prezzo del petrolio è influenzato da considerazioni politiche, dalla comparsa di nuovi giganti economici, come Cina e India, che succhiano petrolio dovunque, ma anche da un graduale impoverimento delle riserve. Poco conta se nel sottosuolo c’è petrolio ancora per 30 o per 60 anni; il suo esaurimento si farebbe sentire nel corso di una o due delle future generazioni. A puro titolo di esercizio di fanta-economia immaginiamo che cosa succederebbe se il petrolio scomparisse del tutto. Scomparirebbe la nostra “civiltà” ? No, perché la civiltà è basata su molti altri beni oltre alla pura e semplice energia. Comunque sarebbe un bello sconquasso e, per capire chi ne pagherebbe di più le conseguenze, cominciamo a vedere dove va a finire oggi il petrolio.

Circa un terzo del petrolio consumato nel mondo va nei trasporti terrestri, aerei, navali; i principali mezzi di trasporto terrestre sono, da decenni, gli autoveicoli azionati da motori a scoppio a ciclo Otto; la rotazione delle ruote è assicurata dall’energia liberata dalla combustione di un carburante liquido, la benzina o il gasolio, entrambi derivati dalla raffinazione del petrolio. Circolano autoveicoli che usano il metano del gas naturale, comincia ad affacciarsi qualche autoveicolo elettrico, ma l’elettricità è ancora prodotta in gran parte in centrali che bruciano derivati del petrolio. Se il petrolio improvvisamente scomparisse, ci resterebbero tre soluzioni: ottenere carburanti liquidi dal carbone; oppure usare carburanti liquidi ottenuti dalla biomassa vegetale, come l’alcol etilico o il biodiesel; o, infine, far muovere gli autoveicoli con motori elettrici ricaricati con l’elettricità prodotta dal carbone o dal Sole o dal vento. Quanto poco si possa contare sull’elettricità nucleare è dimostrato dalla catastrofe ai reattori giapponesi di Fukushima.

Il “re carbone” non è un combustibile comodo da usare, però può essere trasformato per reazioni chimiche in numerosissimi prodotti oggi ottenuti dal petrolio a cominciare dai carburanti liquidi per autotrasporti. Il carbone è costituito essenzialmente da carbonio, con piccole quantità di idrogeno e altri elementi. Trattando il carbone ad alta temperatura con vapore acqueo si ottiene una miscela di gas, principalmente idrogeno, ossido di carbonio, metano, che, per ulteriori trasformazioni, possono diventare carburanti liquidi simili alla benzina e al gasolio. Queste trasformazioni sono state rese possibili dalle ricerche condotte negli anni venti e trenta del secolo scorso dai chimici tedeschi Friedrich Bergius (1884-1949), Franz Fischer (1877-1947) e Hans Tropsch (1889-1935). Non c’è da meravigliarsi che si sia debitori alla chimica tedesca di queste innovazioni perché per tutta la prima metà del Novecento la Germania si è trovata priva di petrolio e ricca di carbone. Non consideriamo per ora quanto possano venire a costare questi carburanti dal carbone, perché la questione del prezzo sarebbe secondaria, se trovassimo i distributori di benzina vuoti.

Una parte del petrolio viene usato nel mondo nelle centrali termoelettriche nelle quali il carbone è già usato su larga scala; anche in Italia, zitte zitte, molte centrali termoelettriche funzionano a carbone. Le riserve di carbone sono molto grandi nel mondo, ma il suo uso come combustibile è certamente scomodo perché deve essere scavato nel sottosuolo e trasportato allo stato solido; durante la combustione genera vari gas inquinanti e lascia delle ceneri che pure sono fonti di danni ambientali. Ma se non ci fosse più petrolio, state sicuro che gli ingegneri e i chimici si metterebbero al lavoro per diminuire molti degli inconvenienti del carbone, con la gassificazione sotterranea, la depurazione dei fumi, con il recupero delle scorie oggi sepolte in discariche, eccetera. Una parte dei prodotti ottenuti dalla raffinazione del petrolio viene impiegata nell’industria chimica per fabbricare plastica, fibre tessili sintetiche, gomma sintetica e innumerevoli altri ingredienti di vernici, coloranti, medicinali, inchiostri.

Oggi; perché gran parte delle materie usate dall’industria chimica, etilene, propilene, butano, butilene, eccetera, in passato era ottenuta dal carbone anche grazie ai contributi di un altro chimico tedesco, Walter Reppe (1892-1969). Molte altre merci oggi ottenute dal petrolio sono state per secoli e decenni ottenute dal mondo vegetale e animale. Oltre un terzo delle fibre tessili usate nel mondo è costituito dal cotone offerto dalla natura; molti usi delle fibre oggi ottenute con sintesi chimiche dal petrolio erano soddisfatti in passato da lino, canapa, eccetera. In silenzio, in tutto il mondo, si sta verificando un “ritorno” alle fibre tessili naturali anche perché molte di esse sono prodotte nei paesi emergenti che sperano di trarne occasioni di lavoro e di sviluppo. Circa un terzo della gomma usata nel mondo è di origine vegetale e anzi la gomma naturale in certe applicazioni supera come qualità quella sintetica ottenuta dal petrolio. La natura offre innumerevoli materie nel regno vegetale e animale con cui ottenere coloranti e materie plastiche oggi derivate dal petrolio attraverso l’approfondimento delle conoscenze della biologia, della chimica, della merceologia.

Tranquillizzatevi, perciò, perché, se il petrolio scomparisse, la civiltà continuerebbe e anzi sarebbe probabilmente meno inquinata e più sicura.


Pubblicato su La Gazzetta del Mezzogiorno
Fonte www.democraziakmzero.org

Segue un mio piccolo commento

Anch' io sono convinto che la fine del petrolio non significa la fine del mondo. Il pericolo e' continuare a comportarsi come se la produzione di greggio possa crescere all' infinito, mentre invece il suo limite massimo e' molto vicino.
E' necessario pero' sottolineare come il processo del picco sia ignorato, o conosciuto ma nascosto alla gente, anche da molti ambienti ecologisti che magari collaborano spesso insieme all' Eni o Enel o Terna. Cosi' come la sinistra o i sindacati o amministrazioni locali di tutti i colori che invitano Rifkin a parlare del picco petrolifero ma quando parlano loro, cioe' quasi tutti i giorni, non trattano questo tema, come se fosse un argomento come gli altri e non un vincolo che condiziona tutto il futuro economico e sociale del pianeta.

Marco


Un articolo del sole24ore del 20 Maggio 2011

La Iea (Agenzia energetica dei paesi piu' avanzati) all' Opec:
"Piu' petrolio o ripresa a rischio"

A tre settimane dal vertice dell'Opec, l'Agenzia internazionale per l'energia (Aie) lancia un appello affiché i produttori accrescano le forniture di petrolio, per arginare i danni che il prezzo eccessivo del barile sta già arrecando all'economia globale. L'agenzia dell'Ocse in passato ha più volte esortato all'azione il Cartello, che nonostante il rally del greggio non modifica i tetti di produzione da dicembre 2008.
La forma scelta questa volta, tuttavia, è decisamente inusuale: un comunicato ufficiale, emesso al termine di una riunione del Governing Board, i cui toni sono particolarmente duri,

se non addirittura di velata minaccia.

La nota si conclude infatti con l'affermazione che l'Aie è «pronta a considerare l'uso di tutti gli strumenti a disposizione dei suoi Paesi membri». Il riferimento, secondo alcuni analisti, è alla possibilità di un rilascio delle scorte strategiche, anche se le regole dell'Agenzia prevedono che la misura debba essere attivata solo in caso di reali emergenze e non con il semplice obiettivo di raffreddare i prezzi.

Nel suo comunicato l'Aie non nomina esplicitamente l'Opec, ma è evidente che è ad essa che si rivolge, affermando che «c'è un chiaro e urgente bisogno di foniture supplementari» in vista dell'aumento stagionale della domanda di greggio, tra maggio e agosto. Il Board si dice «seriamente preoccupato dai segnali crescenti che mostrano come la salita dei prezzi da settembre a oggi stia compromettendo la ripresa». «Ulteriori rincari in questa fase del ciclo ecomomico rischierebbero di deragliare la ripresa e non sarebbero nell'interesse dei consumatori né dei produttori».

Fonte www.sole24ore.com

NB. L'Aie o Iea e' un organismo autonomo nato dopo la prima crisi petrolifera nel 1974. Gli stati membri sono 28 e partecipa ai suoi lavori anche la U.E. Oltre ai paesi europei,tutti i piu' importanti meno la Russia,sono membri l'Australia, il Canada, il Giappone, la Nuova Zelanda, la Corea del Sud e gli Stati Uniti. Non ci sono organismi internazionali che si occupano dell' energia e rappresentano tutti i paesi del mondo,si occupa di energia solo la commissione dell' Onu che si interessa dei cambiamenti climatici e vorrebbe dedicare il 2012 a "Energia pulita per tutti" affrontando la vergogna planetaria di un miliardo e mezzo di persone che non hanno accesso all' energia elettrica. Un tema enorme, che si puo' affrontare solo con le energie rinnovabili e che i grandi esperti verdi dal grande portafoglio non seguono.

Un articolo apparso sul Sole24ore attorno a meta' gennaio 2011

Verso meta' gennaio 2011 fu pubblicato sul Sole24ore questo pezzo che riportai su CDC:

Tra Opec e Aie volano scintille

Volano scintille tra l'Agenzia internazionale per l'energia (Aie) e l'Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (Opec). Per mesi l'organismo dell'Ocse e il cartello dei produttori avevano dimostrato una rara sintonia, dicendosi entrambi soddisfatti della stabilità dei prezzi del greggio intorno a 70-80 $ al barile: un livello in grado di stimolare gli investimenti, nel petrolio e nelle energie alternative, senza danneggiare l'economia. Col decollo del barile verso «quota 100» l'armistizio è finito.
L'Aie, sempre più allarmata, ormai da settimane sta sollecitando una reazione da parte dell'Opec, che non ha in calendario altri vertici fino a giugno. La risposta è stata sempre la stessa: il mercato è ben rifornito, inutile aggiungere altro greggio. Ad alzare il livello delle ostilità è stato il segretario generale dell'Opec, Abdalla El-Badri, con un documento in cui attacca l'Aie con toni insolitamente duri: «L'ipotesi che ci sia scarsità è sbagliata (...) Rifornire i media con assunzioni e previsioni non realistiche serve solo a creare confusione e inutili timori». Non basta. «L'Aie dovrebbe essere più coerente», scrive El-Badri, poiché da un lato invoca prezzi alti per limitare i consumi, dall'altro li vorrebbe più bassi per non nuocere alla ripresa. El-Badri rispolvera anche un vecchio cavallo di battaglia dell'Opec, quello secondo cui il caro-carburanti dipende in gran parte dalle tasse: «Se nel 2009 l'Aie suggeriva ai governi di approfittare dei prezzi bassi per alzarle, perché ora non dà il consiglio opposto?».
Tutta retorica? Chissà. Nel rapporto mensile che ha pubblicato ieri – e che ha contribuito a scatenare l'indignazione di El-Badri – la stessa Aie sostiene che l'Opec in realtà starebbe reagendo alla salita dei prezzi: l'Arabia Saudita avrebbe aumentato la produzione negli ultimi sei mesi, arrivando a 8,6 milioni di barili al giorno, invece degli 8,3 mbg dichiarati. In linea con Riad, anche Kuwait e Emirati arabi uniti avrebbero aperto i rubinetti, per rispondere ad un aumento della domanda che l'Aie vede oggi più robusto che in dicembre: le sue stime sono salite di 0,32 mbg sia per il 2010 (+2,7 mbg, a 87,7) sia per il 2011 (+1,4 mbg).

Fonte www.sole24ore.com

giovedì 19 maggio 2011

Come si privatizza il sole

di Paolo Cacciari

Ci spiegano gli economisti che una condizione per cui un bene può definirsi «comune» è che sia accessibile a tutti. Oppure – e il risultato non cambia – che sia tecnicamente impossibile selezionare e rendere «esclusivo» il loro uso. Difficile impedire di respirare l’aria. Però se riuscissi a renderla irrespirabile potrei venderla depurata in bombole. Per l’acqua siamo sulla buona strada. E per il sole? Anche qui siamo a buon punto.

L’irradiazione solare è difficile da schermare, ma per catturarla è necessario avere un’area sufficientemente ampia per piazzare i nostri bravi pannelli foto-termo-voltaici. Il sole è di tutti e ce ne sarebbe abbastanza da soddisfare i bisogni di tutti [«“La Terra è immersa in un mare cosmico di energia», scriveva Georgescu Roegen], ma non a tutti è permesso di accedere alle tecnologie che lo trasformano in energia utile. Ecco allora che s’avanzano gli strateghi della tecno-economia globale.
Le agenzie internazionali per l’energia hanno ben presente l’avvicinarsi del «picco del petrolio» e sanno bene che le emissioni di CO2 sono insostenibili. La «decarbonizzazione» [fossil free] degli apparati industriali è un imperativo. Come fare questa epocale conversione dai combustibili fossili al solare garantendo agli stessi soggetti [le multinazionali del petrolio] di non perdere il controllo del settore e di ottenere gli stessi margini di profitto? [Ad esempio, la Total ha dichiarato un aumento dell’utile netto del 35 per cento nel primo trimestre di quest’anno. Ma le altre «sorelle» non sono da meno]. La risposta è: colonizzare i deserti con impianti ciclopici. A incominciare dal Sahara libico, dove – secondo studi del dipartimento Usa per l’Energia – il clima e l’irradiazione solare è ottimale.

Il progetto, noto da tempo [ben descritto da Cianciullo e Silvestrini in 1La corsa della Green Economy. Come la rivoluzione verde sta cambiando il mondo», Edizioni Ambiente 2010], si chiama Desertec ed è portato avanti da un consorzio di imprese tra cui Siemens [elettronica], Abb, Rwe e Eon [elettricità] a cui si è aggiunto recentemente anche Enel. La copertura finanziaria è garantita dalla Deutsche Bank e dal gigante delle assicurazioni Munich Re. Il progetto prevede una spesa complessiva di 400 miliardi di euro e si propone di soddisfare il 15/20 per cento del fabbisogno di energia elettrica di tutta Europa entro il 2050. Mi immagino che abbiano già cominciato a raccogliere denari emettendo «bond solari»: un titolo a rendimento variabile a seconda dell’irradiazione. Vista dal satellite la superficie necessaria [un quadrato di 300 chilometri di lato] per soddisfare con tecnologie solari la domanda elettrica mondiale, appare poca cosa rispetto alla superficie totale dei deserti del pianeta. Tecnicamente fattibile: il sole è intrappolato, la sua energia può essere privatizzata.

Ovviamente, oltre ai megaimpianti a specchi, servono reti [«supergrid»] e tecnologie di trasporto capaci di gestire i flussi di energia elettrica a grandi distanze e attraversando i mari. E qui è nato un altro progetto a guida francese, questa volta: il consorzio Transgreen con l’obiettivo di creare una rete euro mediterranea per rendere disponibili in Europa i grandi volumi di energia che saranno generati nelle regioni del Mena [acronimo per indicare il Medio Oriente e il Nord Africa].

Insomma, non preoccupiamoci dell’esaurimento delle risorse naturali: «I deserti del mondo ricevono in sei ore dal Sole più energia di quanta gli umani ne consumino in un anno». Questo è lo slogan del progetto Desertec, riportato da Marinella Correggia [«Libia, quel deserto strategico», il manifesto]. Lasciate fare a chi se ne intende e non preoccupatevi dei vostri standard di consumi. «Gli stili di vita degli americani non sono negoziabili», minacciava Bush senior. Al massimo, nell’immediato, comporta una ri-colonizzazione della Libia. Ma questa volta democratica: i nuovi impianti solari serviranno in parte anche per desalinizzare le acque del mare e per pompare le acque fossili [enormi giacimenti di acqua che non sono mai entrati nei cicli superficiali, nascosti sotto il Sahara] a beneficio delle popolazioni locali. Anche i cammelli avranno da bere. Miracoli della green-market-economy! Sarà sufficiente pagare le bollette solari alla Deutsche Bank.

Fonte www.democraziakmzero.org

mercoledì 18 maggio 2011

Un referendum sur le nucléaire en France !

Lettera a Le Monde di Josè Bové, Daniel Cohn-Bendit, Eva Joly, Nicolas Hulot
13.05.11
Au moment de célébrer le triste anniversaire des 25 ans de Tchernobyl, une autre catastrophe a jeté sa lumière froide sur les limites de notre maîtrise collective du feu nucléaire. En 1986, le contexte de guerre froide et les réassurances artificielles prodiguées à l'opinion publique avaient pu prétendre minimiser la portée de cet accident gravissime : les Soviétiques ne se préoccupent pas de sûreté nucléaire, leur système est désuet et non fiable, le nuage s'est dispersé avant d'atteindre le territoire français...

Aujourd'hui, le contexte a changé, les Japonais ont plutôt la réputation d'être fiables et le bêtisier de Tchernobyl n'a plus cours. Assurément, la catastrophe de Fukushima qui se poursuit crée une rupture que nous voulons pérenne dans notre relation au risque nucléaire. Elle impose de placer enfin la démocratie et la citoyenneté face à la technologie la plus dangereuse du monde.

De Tchernobyl à Fukushima, pourtant, il semble que nous n'ayons rien appris. Car le débat principal, le seul auquel les Français pourraient réellement participer, est escamoté, enfoui dans ce bavardage ininterrompu entre experts plus ou moins péremptoires. Comme l'avoue honnêtement le président de l'Autorité française de sûreté nucléaire, André-Pierre Lacoste (Le Monde du 31 mars), "personne ne peut garantir qu'il n'y aura jamais un accident grave en France". Donc le seul débat qui devrait avoir lieu dans ce pays, c'est celui de savoir si oui ou non les Français veulent assumer collectivement ce risque.

Les Français veulent-ils ou non, en connaissance de cause, entretenir sur le territoire national le risque d'une catastrophe nucléaire ? Et ce débat ne se réglera ni à coups d'expertises concurrentes ou vaguement contradictoires ni à coups de sondages plus ou moins fiables. C'est un débat fondamental pour une communauté citoyenne, celui de se mettre d'accord sur le niveau de risque que ses membres sont collectivement prêts à assumer.

Nous n'avançons pas masqués : nous défendons la sortie progressive du nucléaire, qui passe selon nous par la fermeture immédiate des centrales les plus obsolètes et situées en zones à risque, comme Fessenheim, l'arrêt du chantier EPR de Flamanville et le non-renouvellement des centrales sur la base de leur durée de vie actuelle. Mais cette sortie doit relever d'un choix démocratique.

Même un ministre de droite peut comprendre ça. Du moins s'il est allemand. C'est ainsi que le ministre de l'environnement, Norbert Röttgen, déclarait dans le magazine Spiegel du 23 avril : "Si à court terme le coût de l'énergie nucléaire semble bon marché, il est bien trop élevé en cas de catastrophe", pour conclure en disant que la "responsabilité devant le futur" impose de "repenser entièrement la sécurité" à l'aune des erreurs humaines et des forces incontrôlables de la nature. Un tel débat n'a jamais eu lieu en France.


L'atome est le plus durable des compromis politiques passés dans l'histoire de la France d'après guerre -plus encore que les acquis du Conseil national de la Résistance, la construction européenne ou le rôle de l'éducation nationale. Cette persistance à refuser le débat tient à des raisons historiques, technocratiques et politiques : dans le contexte de guerre froide entre deux blocs antagonistes, l'indépendance et la grandeur nationales passent par l'acquisition de l'arme nucléaire et la modernisation technocratique du pays, et l'impact en termes d'emploi garantissant le soutien des syndicats et de la gauche. Jusqu'à l'irruption de l'écologie dans le jeu politique, ce "consensus gaullo-communiste" n'avait jamais été remis en question par aucun mouvement politique constitué.

Aujourd'hui, il est temps que la société française s'empare de cette question. S'il est une leçon à retenir de Fukushima, c'est qu'on ne peut plus laisser prendre des décisions qui engagent à ce point la santé et la sécurité de tous sans un débat national aussi large et ouvert que possible. C'est pour cette raison que nous pensons qu'il faut formellement poser aux Français la question suivante :

"Voulez-vous renouveler le parc nucléaire national par la prolongation ou laconstruction de centrales ?"

Si le "non" est majoritaire, la sortie progressive du nucléaire s'imposerait et libérerait la créativité pour un autre mix énergétique "zéro risque", nous permettant à la fois de sortir du risque nucléaire tout en luttant contre le risque climatique.

Un référendum, c'est la légitimité d'un débat citoyen qui permet de faire descendre la discussion dans les familles, les cafés, la rue -au lieu de laisser les experts ministériels et les lobbies dans un dialogue plus ou moins médiatisé. Un référendum, c'est aussi l'assurance d'une certaine continuité, évitant le risque d'une majorité versatile pour des politiques qui doivent être menées à long terme.

Enfin, c'est le seul moyen de mettre en question le "consensus atomique", qui nous a fait prendre tant de retard dans le développement des énergies renouvelables, les économies et l'efficacité énergétiques. Car un des enjeux majeurs du débat, c'est de ne pas laisser les Français seuls face à l'explosion de leurs factures d'électricité et face à la précarité énergétique. Il serait stupide aussi de sacrifier les centaines de milliers d'emplois que peut générer une révolution énergétique fondée sur le durable, le renouvelable et la sobriété.

Et puisque se profilent à l'horizon des échéances politiques majeures, disons-le clairement : un accord programmatique avec le PS ne saurait se résumer à un compromis sémantique sur la sortie du "tout" nucléaire ou de la "dépendance" au nucléaire. Ce référendum doit figurer en priorité dans tout accord final.

Il en va de notre responsabilité politique commune de proposer des scénarios crédibles d'alternative et de sortie du nucléaire aux Français. Renan disait que la nation, c'est un plébiscite quotidien dans lequel les citoyens expriment leur voeu de vivre ensemble. Sur des sujets autrement plus graves et dangereux que l'identité nationale, il serait bon pour une fois de donner voix à l'expression souveraine et directe des électeurs.

José Bové, Daniel Cohn-Bendit, Eva Joly, députés européens ; Nicolas Hulot.

martedì 17 maggio 2011

Roma, 23-24 maggio, referendum nucleare e acqua, sit-in davanti a Montecitorio

Prima hanno impedito che i referendum si tenessero insieme alle amministrative, sprecando 400 mln di euro. Poi hanno rinviato l’approvazione del regolamento per la RAI di un mese ed hanno messo in atto una censura sistematica per nascondere i referendum del 12 e del 13 giugno.
Ora stanno tentando di cancellare il referendum sul nucleare e di rubare agli italiani anche il diritto di dire la loro.
Vogliono avere le mani libere su acqua pubblica e energia atomica. Un'operazione vergognosa che indebolisce la democrazia, toglie agli italiani la possibilità di scegliere per sé e per il Paese un futuro più moderno, sostenibile e giusto. E mira a regalare favori e miliardi alle solite lobby economiche e finanziarie.Ma gli italiani non ci stanno. Vogliono far sentire la propria voce e stanno chiedendo con forza di non vedere offeso il diritto ad esprimersi liberamente su acqua e nucleare.
Per questo i comitati referendari hanno deciso di lanciare una mobilitazione permanente davanti Montecitorio il 23 e 24 maggio – giorni in cui il Parlamento deciderà sul decreto Omnibus che contiene la finta uscita dal nucleare: per dire no all'approvazione di un testo che, provando a cancellare il referendum senza dare realmente l’addio al programma atomico, è una presa in giro degli italiani e un’offesa ai loro diritti.
Chiamiamo tutti e tutte a difendere il diritto al voto,
all'informazione ed alla democrazia.
PROGRAMMA
23 maggio h. 14 - 24
Tenda per la democrazia
Interventi, letture di artisti e intellettuali e veglia serale
24 maggio h. 10 - 24
Interventi, microfono aperto e performance
INFO
www.referendumacqua.it
www.fermiamoilnucleare.it

lunedì 16 maggio 2011

Solar Energy Revolution n. 1

Associazione Internazionale Italia-Africa.

Solar Energy, Peace, Poverty Alleviations, Culture
Volume 1, Issue 1 , SETTIMANALE,

Pag. 1

L’ Associazione Internazionale Italia-Africa si propone come scopo principale di favorire la conoscenza e la diffusione delle energie rinnovabili, soprattutto solari, in Africa, Italia e ovunque. Si rivolge in primo luogo a un pubblico popolare perche’ sono proprio le persone comuni, giovani, lavoratrici/lavoratori, commercianti, persone originarie dei paesi meno ricchi,genitori, pensionate/i, artigiane/i, ad avere interesse ad un rapido cambiamento del sistema energetico.

Fotovoltaico a "Costo Zero"?
Installando un impianto fotovoltaico hai diritto agli incentivi statali per 20 anni del Conto Energia che, sommati ai risparmi sulla bolletta, ti consentono di ripagare l'impianto in circa 7-8 anni

Nuova normativa per il fotovoltaico, dopo due mesi di attesa manca ancora la firma dei Ministri.

Nel luglio 2010 fu approvata la legge per regolare il settore fotovoltaico dal 2011 al 2013. A inizio marzo 2011 questa legge e’ stata sospesa per le installazi-oni di impianti successive al 31 maggio 2011, bloc-cando di fatto tutte le attivita’ del settore.
Ora c’e’ una bozza del governo sui nuovi incentivi che, oltre a non piacere a tutti i soggetti interes-sati, non e’ condivisa ad oggi (30 aprile) neanche dal Ministro per l’ Ambiente Prestigiacomo.
C'e’ accordo invece nel governo per la parte che riguarda i piccoli impianti, che vedranno il vecchio conto energia valido fino al 31 agosto 2011 e poi una decrescita continua ogni mese, gia’ definita. Quindi le imprese possono ricominciare a proporre contratti, i clienti possono ricominciare a chiedere preventivi.

Pag. 2

Che cosa e’ un impianto solare termico

Un impianto solare termico trasforma l’energia solare in energia termica per mezzo dell’ effetto serra. Il riscaldamento dell’ acqua avviene ad opera di un fluido termovettore (che trasporta calore) che dai pannelli esposti al sole arriva al serbatoio di accumulo dell’acqua. Il riscaldamento dell’acqua puo’ servire per uso sanitario (acqua per uso domestico) o per il riscaldamento di locali.
Le componenti principali di un impianto solare termico sono:

Collettori solari (pannelli esposti al sole)
Serbatoio di accumulo (dell’ acqua)
Circuito distributivo (del fluido termovettore e dell’ acqua)
Centralina di controllo e dispositivi di integrazione termica

Come lo stato italiano aiuta le installazioni di impianti solari termici.

In Italia e’ possibile detrarre dalle tasse il 55% delle spese sostenute per le opere edilizie che favoriscono il risparmio energetico. Questa detrazione viene fatta nei dieci anni successivi all’ intervento edilizio. La legge, attiva dal 2007, ha permesso a circa 800.000 cittadini di usufruire di questo bonus. In questo momento e’ in vigore solo fino al 31 dicembre 2011 ma e’ probabile che, vista l’ utilita’ del provvedimento, il meccanismo venga ancora prorogato . Questo meccanismo porta a entrate fiscali minori per lo stato ma permette di recuperare una parte delle mancate entrate perche’, imponendo la fatturazione regolare dei lavori poi detratti, aumenta i versamenti Iva e Irpef che non avvengono in caso di attivita’ non dichiarate, e spesso questo tipo di interventi erano effettuati “ al nero ".

Pag. 3

Che cosa e’ un impianto fotovoltaico

Un impianto fotovoltaico produce energia elettrica sfruttando la luce proveniente dal sole. Per un fenomeno chimico , chiamato effetto fotovoltaico, due strati congiunti e sovrapposti, uno di silicio drogato con fosforo e un altro di silicio trattato con boro, se esposti alla luce del sole provocano la presenza di energia elettrica costante continua.
Alla base di un impianto fotovoltaico c’e’ la cella, quasi sempre di silicio, monocristallino o policristallino, con una area di 100 cmq. Le celle vengono poi assemblate in maniera opportuna formando dei moduli, pannelli. I moduli esposti al sole producono energia elettrica in maniera proporzionale all’ intensita’ dell’ insolazione.
L’ energia elettrica cosi’ prodotta puo’ essere immessa nelle rete elettrica locale. In questo caso c’e’ necessita’ di un strumento chiamato convertitore o inverter che trasforma l’ energia elettrica continua in energia elettrica a corrente alternata uguale a quella che circola nella rete.
Ma un impianto puo’ anche essere isolato dalla rete elettrica e produrre energia che viene sfruttata solo dal produttore. In questo caso l’ energia o e’ usata immediatamente o, se si vuole conservare e sfruttare in un momento successivo, ha bisogno di un accumulatore , una pila, che conservi l’ energia prodotta.
Un impianto fotovoltaico a isola permette di avere energia elettrica anche in luoghi dove le reti elettriche non arrivano,senza neanche la necessita’ di portare nel luogo di produzione fonti energetiche da altri posti.

Associazione Internazionale Italia-Africa
Via Cisternino 69 , 00133 Rome Italy
Email: aiiaonlus@gmail.com -
Website: www.aiiaonlus.blogspot.com
Marco Palombo / Presidente Tel: 3462256671 -
Edwin Aligwo / Vice-Presidente Tel: 3488868649

Pag. 4

Verso il referendum sull’ energia nucleare, 12-13 giugno 2011.

Il 12-13 giugno si terra’in Italia un referendum per la cancellazione delle norme che permettono la costruzione di nuovi impianti nucleari per la produzi-one di energia elettrica. Insieme alla domanda sul nucleare ce ne saranno altre su “acqua pubblica” e “legittimo impedimento”. Chi non vuole la costruzi-one di centrali nucleari nel nostro paese deve vo-tare SI alla cancellazione di norme che permettono nuove installazioni.
Perche’ il risultato del referendum sia valido e’ ne-cessario che partecipi al voto il 51% degli aventi diritto e questo quorum in Italia non viene raggiunto dal 1994. Si prevede una maggioranza di SI (cioe’ di voti contrari al nucleare) e cosi’ i favorevoli a questa tecnologia cercheranno di convincere la gente a non andare a votare.
Noi invitiamo a votare contro nuove centrali nu-cleari, invitiamo quindi a VOTARE SI perche’:

Il nucleare e’dannoso anche quando non ci sono incidenti; per esempio, lo studio di un’ Universita’ tedesca ha osservato che tra i bambini abitanti nel raggio di 5 km da una centrale nucleare c’e’ un au-mento del 160% per i tumori e del 220% per le leucemie.

E’ ancora irrisolto il problema delle scorie, che ven-gono sigillate in depositi ma conservano la radioat-tivita’ per moltissimi anni. In Italia dobbiamo ancora trovare il modo di conservare le scorie radiottive prodotte fino al 1987 quando un primo referendum blocco’ le centrali nucleari nel nostro paese.

Non e’ vero che l’ energia prodotta da nucleare sia piu’ economica dell’ energia prodotta da altre fonti, perche’ gli impianti nucleari hanno costi aggiuntivi per la chiusura e la bonifica delle centrali dopo la fine del ciclo produttivo, per lo stoccaggio delle scorie radioattive, per la sicurezza e la sorve-glianza, mentre non sono misurabili i costi per i danni alla salute e all’ ambiente.

How solar PV works

Solar PV (Photovoltaic) means making electric power by using the power of the sun. This power can be used for powering small and large businesses, homes, hospitals est. It can also be used for light-ing houses in rural areas and to power electric appliances. How solar energy is converted to power By using a solar panel, the energy from the sun can be collected and used for the production of electricity. The way this works is simple. You can compare collecting solar en-ergy to collecting water. Instead of a roof that is collecting the rain you have a panel. The tank which stores the water is replaced by a battery which now stores the electricity. Wires transport the electricity to the appliances such as lamps, a TV or a radio, while a water col-lection system uses pipes to transport the water to sinks or a shower. The solar panel is placed on top of a house or on a pole within easy reach of sunshine. When the sun falls on the solar panel, low voltage electricity (e.g. 12 V) is generated. During the day, the electricity pro-duced by the solar panel charges the battery so that the electricity can also be used when the sun does not shine (to watch a television program or to light up lamps)!.

Moria di massa nelle fattorie di Fukushima

Decine di migliaia di animali da fattoria sono stati abbandonati nella zona evacuata intorno all’ impianto nucleare di Fukushima. Molti di loro sono gia’ morti. Le autorita’ della Prefettura di Fu-kushima dicono che nella zona c’erano circa 300 fattorie con bestiame, con 3mila mucche, 30mila maiali, 600mila polli.
Un veterianario ha visitato le stalle e i pollai venerdi’ 22 aprile, prima che l’ area fosse dichiarata off-limits, e ha raccontato che sono morti quasi tutti i polli, il 60% delle mucche da latte nelle stalle, la maggior parte dei maiali; sono invece ancora vivi il 70% dei maiali nelle stalle con alimentatori automatici e quasi tutti gli animali che pascolano.
I contadini stanno chiedendo al governo il permesso per fare uscire dall’ area gli animali oppure di prendersi cura del bes-tiame. Qualcuno di loro chiede di poter fare eutanasia agli ani-mali rimasti.Ma il Ministro dell’ Agricoltura ha dichiarato che sara’ difficile permettere alla gente di entrare nell’ area vietata per fare eutanasia o alimentare gli animali.

Chiusi nel bunker antiatomico fino al referendum del 12-13 giugno

Mancano cibo, acqua, e aria fresca. Benvenuti nel day after

E' solo il terzo giorno che siamo qui, e già ci stiamo rendendo conto di quanto il protocollo di radioprotezione che stiamo seguendo ci metta a dura prova. Cibo, acqua e aria sembravano meno preziosi fuori di qui.

Abbiamo scorte di cibo in scatola: a parte la qualità, per far sì che quello che abbiamo ci permetta di arrivare al 12 giugno siamo costretti a razionarle. Rispetto a quanto mangiavamo prima di entrare, le nostre porzioni di oggi si sono praticamente dimezzate. Di acqua per il momento ce n’è, ma è difficile prevedere quanta ne consumeremo da qui ad un mese, e così abbiamo dovuto mettere delle regole per usarla, sia per l'igiene personale sia per la pulizia della casa. Ma –certo- la cosa che ci manca di più è poter spalancare le finestre e respirare aria fresca.

Reclusi qua dentro, la cosa più importante che possiamo fare è informarci su quello che succede nel resto del mondo. Oggi per esempio abbiamo saputo che la TEPCO sta cercando di rintracciare le centinaia di migliaia di tonnellate di acqua radioattiva che ha immesso nei reattori di Fukushima dall’11 Marzo per raffreddarli, e ci siamo chiesti come si faccia a rintracciare l’acqua una volta che è finita nel mare... Come se questo non bastasse, agli allevatori nel raggio di 20 km dalla centrale è stato imposto di uccidere le proprie greggi prima che le carni entrino nel mercato mettendo a rischio la salute di tutti i giapponesi. Un sacrificio inutile che dimostra ancora una volta quanto sia pericolosa la scelta nucleare.

Per fortuna dalla Germania arrivano notizie confortanti: le bozze di un rapporto commissionato dalla cancelliera tedesca Angela Merkel alla Commissione Etica per l'Approvvigionamento dell'Energia raccomandano la chiusura totale di tutte le centrali tedesche entro il 2021. L'esperienza di Fukushima e l'esempio dato dalla Germania sono l'ennesima dimostrazione che un ritorno al nucleare in Italia sarebbe una mossa suicida.

Noi “pazzi” siamo convinti che sia stupido seguire un progetto energetico che in altri Stati si è rivelato fallimentare e che è stato rimesso in discussione in tutti i paesi più sviluppati. Per impedire che l'Italia torni al nucleare, i cittadini sardi hanno in questi giorni l'occasione unica di far sentire la propria voce. Attraverso il referendum hanno infatti la possibilità di esprimersi per primi e dire a nome di tutti che noi il nucleare non lo vogliamo.

Per seguire 24 ore su 24 la vita nel bunker antinucleare www.ipazzisietevoi.org

venerdì 13 maggio 2011

Consulta: nelle scelte energetiche per il Governo obbligo d' intensa con le Regioni

La Consulta ha stabilito che per la trasmissione, la distribuzione e la produzione dell'energia e delle fonti energetiche che rivestono carattere strategico nazionale, il Governo debba obbligatoriamente trovare l'intesa con le regioni, senza poter far ricorso a poteri sostitutivi. E’ quanto prevede la sentenza 165, depositata ieri in cancelleria, della Corte costituzionale che boccia in parte il decreto sulle misure urgenti in materia di energia, come il nucleare.

Di grande importanza la precisazione che arriva dalla Consulta, sebbene all’indomani dello stop deciso dal Governo al programma di ritorno al nucleare in seguito al disastro nucleare di Fukushima. Decisione spinta dalla necessità, come ha ammesso lo stesso esecutivo, di rendere inutile il referendum nucleare del 12 e 13 giugno. La Corte Costituzionale ha riconosciuto infatti il principio rivendicato nei loro ricorsi dalle Regioni Toscana, Puglia e dalla Provincia autonoma di Trento, e cioè quello di poter decidere su questioni che hanno a che fare con la salute e il benessere dei propri cittadini.

Grande la soddisfazione dei ricorrenti vittoriosi. “La Corte Costituzionale ha dimostrato quanto il governo, sul ritorno al nucleare, abbia intenzione di decidere con atti d'imperio, infischiandosene di quello che vogliono davvero gli italiani”, ha commentato il capogruppo Pd alla Regione Puglia, Antonio Decaro. Che ha sottolineato: “Praticamente il governo aveva deciso di annullare ogni iniziativa di quanti ritengono, a ragion veduta, la scelta del ritorno al nucleare inutile e pericolosa”.

Più nel dettaglio la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, del decreto-legge 8 luglio 2010, n. 105 (Misure urgenti in materia di energia), convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 13 agosto 2010, n. 129, nella parte in cui stabilisce che in caso di mancata intesa tra Governo e Regioni, decorsi 30 giorni dalla convocazione del primo...

mercoledì 11 maggio 2011

Fotovoltaico,quarto conto energia,incentivi e novita'

Cosa cambia con il quarto conto energia?

I grandi impianti non saranno così redditizi se i costi non scenderanno sotto 1.800 €/kW. Un freno anche dalle procedure burocratiche. Ma i piccoli resteranno convenienti. Diverse novità positive per il settore, anche se l'applicabilità resta tutta da definire. Il 4° conto energia secondo Davide Chiaroni dell'Energy Strategy Group del Politecnico.

Il quarto conto energia per il fotovoltaico è stato firmato venerdì e in questi giorni gli operatori del FV italiano e gli investitori stranieri stanno sezionando le circa 40 pagine del decreto (disponibile qui) per capire come funzioneranno le novità introdotte e che conseguenze avranno sul mercato. Qualenergia.it lo ha chiesto a Davide Chiaroni dell'Energy Strategy Group del Politecnico di Milano, uno degli autori del Solar Energy Report, uno degli studi più recenti e importanti su mercato e filiera del solare in Italia (Qualenergia.it, Fotovoltaico, una filiera nazionale in crescita).

Professor Chiaroni, iniziamo con un giudizio sintetico su questo quarto conto energia ...

La direzione generale è quella di favorire gli impianti di piccole dimensioni o quelli su tetto sotto al megawatt. L'obiettivo del governo era evidentemente limitare la proliferazione di grandi centrali. Si privilegia dunque la distribuzione di impianti di taglie piccole e medie e le soluzioni industriali basate sull'autoconsumo.

La riduzione delle tariffe stabilita continuerà a garantire una buona redditività, anche in relazione all'andamento dei costi?

Mentre per le taglie più piccole la profittabilità resta buona, come ci si aspettava, i più colpiti sono gli impianti grandi. Già nel terzo conto energia la redditività di queste taglie era stata abbastanza ridimensionata, costringendo ad abbassare i costi per far sì che l'investimento restasse profittevole. Da dicembre 2011, secondo i nostri calcoli, perché i grandi impianti a terra restino redditizi si dovrà scendere al di sotto dei 1.800 euro a kW installato.

Ce la si può fare?

Il taglio dei costi necessario è drastico, tenendo conto che attualmente superiamo i 2.500-2.800 euro a kW installato. Va poi detto che la riduzione dei costi non è aiutata dalle nuove procedure burocratiche introdotte, ossia l'iscrizione al registro. Questa allungherà il tempo necessario ad accedere agli incentivi, causando ulteriori problemi di bancabilità dei progetti.

Con il nuovo decreto il sistema incentivante diventa simile in certi aspetti a quello tedesco, con tariffe che verranno rimodulate al raggiungimento di determinati obiettivi in termini di installazioni. Che effetti avrà questo cambiamento sul settore?

C'è un grosso punto di domanda legato a come si sfrutterà la finestra fino al 31 agosto: fino a quella data i grandi impianti saltano la procedura di iscrizione nel nuovo registro, una delle novità più problematiche introdotte dal nuovo conto energia. Fatto salvo questo, la dinamicità del sistema non è a priori una cosa negativa, come ci mostra l'esperienza tedesca. Nel nostro caso, a differenza che in Germania, le tariffe verranno modulate a seconda della spesa complessiva determinata dal sistema incentivante e non in base alla potenza, una cosa che mi sembra rappresenti meglio la realtà.

Dal 2013 ci sarà poi il passaggio alla tariffa omnicomprensiva, che incorpora nell'incentivo il prezzo di vendita dell'elettricità ...

Anche il passaggio dalla feed in premium alla tariffa omnicomprensiava non sarà così scardinante. Stiamo facendo delle stime per verificare come cambierà la redditività rispetto al vecchio sistema, ma va detto che il prezzo dell'energia in questi ultimi anni si è rivelato abbastanza stabile. Il fatto che questo sia incorporato nella tariffa incentivante, su un orizzonte temporale così breve, dovrebbe avere un effetto stabilizzante. Resta da vedere come sarà colpito l'autoconsumo: la tariffa per la parte di elettricità non venduta, ma consumata dal produttore, è demandata dal decreto ad un'ulteriore specificazione.

Ci sono tipologie di impianti per cui il cambiamento sarà più conveniente?

Qui è appunto determinante vedere come sarà definito il premio all'autoconsumo. Se per i piccoli impianti residenziali questo non dovrebbe essere rilevante, per impianti commerciali di taglia media per cui quali l'autoconsumo rappresenta un vantaggio decisivo per il ritorno dell'investimento, ad esempio quelli sul tetto di un'industria, sarà invece fondamentale vedere come sarà remunerata l'energia non immessa in rete. Se l'autoconsumo dovesse divenire meno conveniente rispetto al vecchio sistema poteremmo avere un'ulteriore riduzione della taglia media degli impianti.

Tornando alle novità immediatamente operative, il quarto conto energia introduce una maggiorazione del 10% sulle tariffe incentivanti per quegli impianti realizzati con almeno il 60% di componenti realizzati in Europa. Che impatto potrà avere questa norma protezionistica sulla realizzazione degli impianti e sulla filiera italiana del fotovoltaico?

Dalle nostre prime simulazioni risulta che spendere almeno il 60% dei costi di investimento in prodotti europei significa che in pratica non si potranno comperare moduli fabbricati fuori dall'Unione. O il modulo e la struttura o il modulo e l'inverter, ma sicuramente il modulo dovrà essere acquistato in Europa. Potenzialemente è un meccanismo virtuoso per la filiera europea del FV. Bisogna però poi capire praticamente come questo meccanismo verrà applicato, quali meccanismi di tracciabilità verranno messi in piedi con i regolamenti. Il rischio è che, ad esempio, si comprino moduli extra UE che poi vengono fatti risultare europei a seguito di minime rifiniture. Le questioni sono molte: ad esempio, come verrà conteggiata la spesa per un modulo italiano fatto con celle cinesi? Insomma, una norma virtuosa ma dalla difficile applicabilità. Molto dipenderà da come verranno scritti i regolamenti.

Altre novità rilevanti contenute nel decreto che vanno evidenziate?

Quella sugli inverter: per la prima volta si prevede che gli inverter debbano avere la possibilità di esser scollegati dalla rete in remoto. Un passo verso la smart grid: questo permetterebbe di stabilizzare in alcuni momenti la rete elettrica in alcune aree in corripondenza dei picchi di produzione, gestendo i sovraccarichi attraverso il distacco degli impianti. E' un modo di migliorare le prestazioni della rete sul brevissimo termine senza investire nelle infrastrutture. Ovviamente, qui sarà cruciale capire come e se verrà remunerata l'energia che non viene immessa in rete quando questi inverter vengono scollegati: come per l'incentivo ai prodotti 'made in Ue' si tratta di una novità potenzialmente positiva i cui risultati dipendono però da come la si applicherà.

Giulio Meneghello
11 maggio 2011
Fonte www.qualenergia.it

venerdì 6 maggio 2011

Conto energia per il solare termico

Solare termico, un conto energia per nuovi obiettivi

Il solare termico italiano è alla vigilia di una nuova fase: il decreto rinnovabili ha introdotto ambiziosi obblighi di installazione per i nuovi edifici e dal 2012 un incentivo in conto energia per le rinnovabili termiche sostituirà la detrazione del 55%. Come funzionerà? Se ne è parlato a Solarexpo.
Giulio Meneghello
06 maggio 201

Una tecnologia che ancora non ha espresso appieno le proprie potenzialità e che guarda avanti alla vigilia di un nuovo sistema incentivante. Il mondo del solare termico italiano si è trovato alla Solarexpo di Verona per parlare di quel che cambierà con le importanti novità introdotte dal decreto di recepimento della direttiva europea sulle rinnovabili, approvato a marzo. Quello stesso decreto 98/2011, che tanti problemi ha causato alle rinnovabili elettriche, fotovoltaico in primis, infatti, “ha avuto comunque il merito di riequilibrare l'attenzione nei confronti delle termiche”, come ha commentato Valeria Verga, segretario generale di Assolterm, l'associazione di categoria del solare termico. Rende infatti obbligatorio installare rinnovabili termiche sui nuovi edifici e sancisce la nascita di un conto energia per queste fonti (Qualenergia.it, Le rinnovabili per i consumi in edilizia nel Dlgs approvato).

Novità che, si spera, continueranno a sostenere il solare termico quanto hanno fatto finora gli sgravi fiscali del 55%, destinati a chiudersi il 31 dicembre 2011. Come hanno mostrato i dati presentati da Assolterm, infatti, il mercato italiano è decollato veramente solo con l'introduzione dell'incentivo, nel 2007, quando sono stati installati circa 350mila metri quadri. Sempre grazie al 55%, dal 2008 al 2009 in Italia in mercato ha subito meno che in altri paesi la flessione dovuta alla crisi e l'anno scorso ha ricominciato a crescere ritornando a volumi pari a quelli del 2008: circa 500mila metri quadri installati per un giro d'affari di 500 milioni di euro, che ha dato lavoro a circa 5mila addetti.

Il mercato italiano del solare termico sembra abbastanza in salute: ha una quota del 12% delle installazioni dell'Unione Europea ed è uno dei più importanti mercati del continente. C'è però ancora molto da fare: a livello di installato per abitante siamo tra gli ultimi: con 0,04 m2 pro capite, contro gli 0,43 dell'Austria e gli 0,06 della media europea.

Valori bassi che dovrebbero aumentare grazie alle novità contenute nel decreto, come l'obbligo di installare, nei nuovi edifici o per ristrutturazioni sostanziali, fonti rinnovabili (non elettriche) per soddisfare almeno il 50% del fabbisogno di acqua calda e una percentuale minima dei consumi termici totali che salirà dal 20% nel 2012 al 30% nel 2014 e al 50% a partire dal 2017.

Obblighi ambiziosi, ha fatto notare Valeria Verga, che però hanno anche diverse limitazioni: ad esempio non valgono per le ristrutturazioni minori e per quelle limitate agli impianti termici, non valgono nelle aree sottoposte a vincolo e solo in parte nei centri storici. La parte di copertura dei consumi obbligatoria, va ricordato, non avrà diritto agli incentivi del prossimo ‘conto energia per le rinnovabili termiche’, che partirà probabilmente dal 2012. Fornire con le rinnovabili suffciente calore da soddisfare gli obblighi sarà poi una sfida non banale per i progettisti, come ha spiegato Stefano Casandrini di Assotermica. Tra le possibilità illustrate quella di integrare le pompe di calore con il solare termico e altre fonti.

Un problema che esiste e che si accentuerà con l'obbligo è poi la competizione tra solare termico e fotovoltaico per lo spazio sulle strutture esilizie: da un punto di vista impiantistico ha più senso tenere il solare termico sul tetto e spostare gli impianti FV su frangisole, pensiline o altre strutture esterne, ha spiegato Casandrini.

Se l'obbligo per i nuovi edifici è già in vigore, ancora tutto da definire è invece il cosiddetto conto energia per le rinnovabili termiche, prefigurato dall'articolo 28 del decreto approvato a marzo. Affinché diventi realtà mancano ancora tutti i decreti attuativi, attesi per la fine di settembre. In ogni caso, secondo il testo, dovrà entrare in vigore dal 1° gennaio 2012. Se questo non dovesse accadere, il solare termico italiano si troverebbe privo di sostegno dato che le detrazioni del 55% con molta probabilità termineranno con il 2011.

Nel corso del convegno, Riccardo Battisti di Assolterm ha illustrato come dovrebbe funzionare il futuro conto energia per il solare termico. Valido per tutte le applicazioni (acqua calda sanitaria, riscaldamento, solar cooling, processi industriali), per gli impianti sotto i 35 chilowatt termici, ossia circa 50 metri quadri di collettori, il contributo proporzionale all'energia prodotta verrebbe erogato seguendo una tabella che stima una produzione di 700 kWh per metro quadrato di pannelli, mentre gli impianti fino a 1000 kWt dovrebbero dotarsi di sistemi di contabilizzazione del calore, e quelli superiori essere incentivati tramite il meccanismo dei certificati bianchi. Il decreto prevede che il conto energia termico non sia cumulabile con altri incentivi nazionali, ma Assolterm vorrebbe che lo fosse almeno con quelli erogati dagli enti locali.

Quanto dovrà essere redditizio il nuovo incentivo? “Le tariffe dovranno essere stabilite in modo da sostenere la tecnologia ma non essere tanto elevate da attirare gli speculatori e far arrivare nel settore operatori non preparati adeguatamente”, ha sottolineato Battisti. Il decreto stabilisce che l'incentivo abbia una durata massima di 10 anni e che le tariffe non calino nei primi due. La proposta dell'associazione è di farle scendere del 20% ogni 4 anni o comunque al superamento di determinati obiettivi (cap) sull'installato.

Nel caso in cui il conto energia durasse 10 anni, Assolterm propone che si parta con una tariffa di 0,15 euro/kWh per arrivare a 0,10 nel 2020. A quella data il conto energia, assieme alle installazioni obbligatorie (non incentivate), dovrebbe portare a installazioni per circa 3 milioni di metri quadrati l'anno e costerebbe circa 220 milioni di euro l'anno. L'obiettivo per quell'anno è arrivare nel 2020 a oltre 18 milioni di metri quadri di installato, partendo dagli attuali 2,6 milioni. In termini di collettori per abitante vorrebbe dire passare dall'attuale 0,04 a 0,30 m2.

Giulio Meneghello
06 maggio 2011
www.qualenergia.it