lunedì 31 ottobre 2011

Imprese fotovoltaiche italiane che lavorano nel mondo. La Sedna punta agli Usa, che sono in ritardo rispetto a noi, e gia' opera in Bulgaria.

La societa' milanese vuole esportare negli States il modello chiavi in mano , dal progetto ai permessi alla realizzazione degli impianti. Nei primi sei mesi di quest' anno gia' superato il fatturato 2010. Da marzo in Bulgaria con 8 parchi solari gia' avviati.

L' obiettivo e' di imporsi nel mercato fotovoltaico americano, raggiungendo entro il 2012 un giro di affari di 12 milioni di dollari. E' ambiziosa la scommessa del gruppo milanese Sedna – realta' operativa in Italia dal 2006 e specializzata nel campo della progettazione e realizzazione di impianti per lo sfruttamento di energie rinnovabili – che ha aperto in settembre una nuova societa' a Philadelphia: la Sedna Power Plants Usa, guidata da Giovanni Landi.

La strategia e' di esportare oltre oceano un modello di business: quello dell' Epc Contractor, che fornisce impianti fotovoltaici “chiavi in mano” occupandosi di tutte le fasi del progetto.

Un modello di business che i fondatori dell' azienda – Antonio Siano (presidente) e Massimo Viscardi (vice presidente), proprietari rispettivamente del 51% e del 49 % - hanno affidato in Italia, dall' inizio di gennaio, ad una societa' ad hoc: la Sedna Power Plants che conta oggi 45 impianti in esercizio per una capacita' installata di 24 MW.

L' operazione ha consentito al gruppo di chiudere il primo semestre dell' anno con circa 12 milioni di euro, superando gia' in sei mesi il fatturato 2010 (10,5 milioni di euro). Un modello peraltro esportato con successo a marzo anche in Bulgaria, dove Sedna Power Plants Bulgaria sta gestendo la progettazione di 8 parchi solari per 28 MW totali.

“Nel secondo semestre 2011 – spiega Landi – il fotovoltaico e' cresciuto del 69% sull' anno prima e oggi, in tutta l' America, si contano solo 3,1 GW (contro i 10 GW dell' Italia). Non solo: l' operazione e' vantaggiosa perche' negli Usa esiste il sistema del credito d' imposta, con il quale viene finanziato dal governo circa il 30% dell' investimento. Stiamo trattando per la realizzazione di 2 impianti nella East Coast con un patner industriale locale “.

Fonte Repubblica Affari e Finanza

mercoledì 26 ottobre 2011

Un fondo internazionale per finanziare le rinnovabili nei paesi in via di sviluppo

Un fondo internazionale di incentivi per le rinnovabili nei paesi emergenti

Si chiama Cleantech Innovation Facility il nuovo strumento finanziario che vede l'alleanza tra fondi privati e pubblici: l'intento è quello di promuovere l'innovazione nei paesi in via di sviluppo
Al varo un fondo internazionale per le rinnovabili nei Paesi emergenti Sessanta milioni di dollari per sostenere le piccole e medie imprese attive nel settore energetico intelligente nei paesi emergenti sono stati stanziati dall'International Finance Corporation (Ifc), un organismo della Banca Mondiale.
Passa il collaudo così un nuovo strumento finanziario che vede l'alleanza tra fondi privati e pubblici: l'intento è quello di promuovere l'innovazione nei paesi in via di sviluppo, incoraggiando il trasferimento di tecnologie sostenibili dai paesi ricchi.

Il fondo chiamato Cleantech Innovation Facility avrà come destinatari soggetti motivati a applicare processi innovativi e che vogliano offrire prodotti o servizi in grado di ridurre le emissioni di carbonio. Il fondo offrirà finanziamenti a tassi agevolati dal Global Environment Facility e fornirà servizi di assistenza tecnica e consulenza alle aziende in materia di governance, sviluppo e consolidamento della loro presenza sul mercato.
In particolare verranno sostenute aziende o forme consortili provenienti da paesi emergenti o che siano disposti a trasferirvisi, e che perseguano l'obiettivo di ritagliarsi una quota di mercato applicando tecnologie innovative in via sperimentale accompagnate da sistemi mirati all'efficienza, al risparmio e allo sviluppo delle rinnovabili. (s.f.)

Fonte www.zeroemission.eu

lunedì 24 ottobre 2011

Sottosegretario Saglia:puntiamo a nuovo taglio degli incentivi alle rinnovabili

Ultim' ora lunedi 24 ottobre

Su Repubblica Affari e Finanza il sottosegretario all' energia Saglia scrive che :

"Pertanto per le rinnovabili puntiamo ad una revisione degli incentivi , allo sviluppo delle reti contestualmente allo sviluppo degli impianti (con l' autorizzazione unica), ad una maggiore capacita' di programmazione territoriale da parte delle regioni, e a eventuali limiti alla potenza installabile nei casi di pericoli per la sicurezza del sistema"

Scrive questo in risposta ad Agostino Conte,Vice-Presidente Comitato Energia Confindustria che la settimana precedente aveva scritto una lettera sempre a Repubblica Affari e Finanza dicendo che:

"Con l' escalation senza precedenti delle rinnovabili, ed in particolare del fotovoltaico, la situazione e' "definitivamente impazzita":a) si fanno impianti soprattutto a sud, dove la domanda di energia e' bassa aggravando ulteriormente l' eccesso di elettriticita' consumata:b)i sistemi di trasmissione e distribuzione sono in difficolta'nel veicolare dal sud al nord l' energia rinnovabile soprattutto eolica......diamo gli incentivi piu' elevati del mondo per produrre energia soprattutto dove non riusciamo a consumarla e rischiamo di dover sussidiare gli impianti termici appena costruiti per evitarne la chiusura (perche' lavorano poche ore), impianti che sono pero' indispensabili per tenere il sistema elettrico in sicurezza.

Insomma lo sviluppo eccezionale delle rinnovabili ha bisogno di reti intelligenti e sistemi di accumulo ai quali Terna,gestore della rete elettrica, sta gia' lavorando. Pero' mette in crisi anche gli impianti inquinanti di energia che lavorando meno non sono piu' tanto economici.

Tutto questo in un momento di bassa domanda per la crisi economica che ha ridotto i consumi anche di energia dal 2008.
Aggiungo inoltre che l' Eni ha contratti di fornitura trentennali a causa dei quali deve pagare la quantita' prefissata di gas anche nel caso che non venga poi effettivamente importata e bruciata.

Insomma lo sviluppo delle rinnovabili e' stato eccezionale, funzionano , non inquinano, e creano problemi soprattutto agli impianti inquinanti, i problemi di rete sono risolvibili. Quelli delle imprese che gestiscono energia da fonti fossili NO.Gli impianti con fonti fossili, SONO SENZA FUTURO, almeno nei tempi lunghi ed anche medi.

Il quarto conto energia che prevede 23 GW alla fine del 2016 e un tetto agli incentivi vedra' i suoi obiettivi raggiunti almeno due anni prima del previsto, ma rischia di essere rivista prima del tempo, come e' accaduto al terzo conto energia.

Marco

venerdì 21 ottobre 2011

Roma,24 ottobre:Convegno internazionale.Cambiamo il sistema, non il clima

A SUD e RIGAS - Rete Italiana per la Giustizia Ambientale e Sociale
invitano a partecipare:

Conferenza Internazionale

CAMBIAMO IL SISTEMA, NON IL CLIMA
Verso la 17° Conferenza Mondiale di Durban sul clima
Il ruolo e le proposte di movimenti, sindacati, amministratori

ROMA / ore 17.00
sala conferenze
CAE - città dell'altra economia / largo dino frisullo

intervengono:

JO LEINEN - presidente commissione parlamentare UE sull'ambiente
PATRICK BOND - centre for civil society / Sud Africa
MERCEDES OZUNA - assembea nazionale vittime ambientali / Messico
DANILO BARBI - segreteria nazionale confederale CGIL
MAURIZIO LANDINI - segretario generale FIOM
ALBERTO LUCARELLI - assessore beni comuni comune di NAPOLI
GIANLUCA PECIOLA - consigliere provinciale provincia di ROMA
BEPPE CACCIA - consigliere comunale comune di VENEZIA
LIVIO DE SANTOLI - responsabile energia ateneo La Sapienza di ROMA
ANGELO CONSOLI - presidente CETRI-Tires
GUIDO VIALE - economista
GIUSEPPE DE MARZO - economista, A Sud / Rigas
VILMA MAZZA - associazione YA BASTA / Rigas
VALENTINA CRIVELLARI - cooperativa energetica ACTION

Info: 333.4843750 / www.asud.net

martedì 18 ottobre 2011

Porto Tolle, e' possibile con il risparmio energetico chiudere le centrali a carbone.di Gianni Silvestrini

L'efficienza energetica per chiudere le centrali a carbone

Chiudere le vecchie centrali a carbone negli Usa e attivare programmi di efficienza energetica darebbe un vantaggio economico netto per la collettività. Anche in Italia, alla costruzione o alla conversione a carbone di impianti come quello di Porto Tolle, va contrapposta una seria politica per l'efficienza energetica.

L'editoriale di Gianni Silvestrini.
Gianni Silvestrini
18 ottobre 2011

Le legislazioni ambientali dei prossimi anni obbligheranno a riqualificare negli Usa centrali a carbone per una potenza di circa 40.000 MW. Parliamo di enormi investimenti che si scaricheranno in aumenti in bolletta che potranno arrivare in alcuni Stati fino al 20%. Esistono alternative?

Un recente rapporto statunitense dell’American Council for an Energy Efficient Economy (ACEEE), “Avoiding a train wreck: Replacing Old Coal Plants with Energy Efficiency" (pdf), ha evidenziato che la chiusura delle vecchie centrali e il contemporaneo lancio di programmi di efficienza energetica e di cogenerazione garantirebbe un vantaggio economico netto per la collettività. Del resto, i programmi di “Demand Side Management” non sono una novità e vengono gestiti dalle compagnie elettriche statunitensi da oltre un ventennio con discreti risultati. Nel 2009 sono stati così risparmiati 78 miliardi di kWh.

E veniamo all’Italia. Ci sono, è noto, progetti per costruire o convertire a carbone diversi impianti, ad iniziare dalla contestata centrale di Porto Tolle sul delta del Po che dovrebbe funzionare a regime con tre gruppi da 660 MW. Queste scelte si devono confrontare con il percorso verso la totale decarbonizzazione della produzione elettrica europea indicato nel rapporto “Roadmap verso un'economia competitiva a basse emissioni di carbonio nel 2050” presentato dalla Commissione Europea nel marzo 2011.

Ora, la centrale di Porto Tolle, se venisse riconvertita, funzionerebbe fino al 2060. È vero che un decimo delle 10 milioni di tonnellate di anidride carbonica emesse dovrebbe annualmente essere sottratto e iniettato nel sottosuolo (CCS) grazie ad un progetto finanziato dall’Europa. Ma i costi stimati per la CCS sono molto alti e non competitivi fino al 2030. E d’altra parte non sappiamo quali valori di mercato raggiungeranno le emissioni di anidride carbonica fra 10, 20, 30 anni (30, 50, 100 €/t ?). Dunque, sembra un progetto rischioso ed economicamente problematico sul medio e lungo periodo sia a livello aziendale che su scala nazionale.

Per di più, in Italia la potenza elettrica è decisamente sovradimensionata con 104 GW nel 2010 e previsioni per il 2020 che vanno da 110 a 130 GW. Questo, mentre la richiesta di punta, attualmente pari a 57 GW, secondo Terna dovrebbe raggiungere i 74 GW alla fine del decennio con una capacità di generazione necessaria pari a 90 GW.

Non sarebbe più saggio applicare la strategia dell’ACEEE e lanciare anche in Italia un serio programma di efficienza energetica, sulle linee, ad esempio, del Piano elaborato da Confindustria?

Gianni Silvestrini
18 ottobre 2011

giovedì 13 ottobre 2011

La produzione elettrica da impianti fotovoltaici a settembre fa risparmiare all' Italia 1 TWh di energia importata

Continua a crescere la produzione di energia elettrica dai moduli fotovoltaici installati lungo la Penisola: a settembre ha fatto registrare un nuovo record mettendo a segno un +561% (giungendo a 1.355 GWh ) rispetto allo stesso mese dell’anno scorso (205 GWh). E’ quanto emerge dai dati sui consumi di energia elettrica relativi al mese scorso diffusi da Terna, che registrano una crescita anche del geotermico (+5,4%) e dell'idroelettrico (+4,8%%). Nuova flessione invece dell' eolico (-5,7%).

Nel mese di settembre 2011 la richiesta di energia elettrica in Italia è stata pari a 28,8 miliardi di kWh, con un incremento del +6,1% rispetto allo stesso mese del 2010, il più alto dall’inizio anno. Ciò è dovuto in parte “all’effetto temperatura”, che rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso è stata superiore in media di circa due gradi centigradi. Depurata da questo effetto la variazione, sottolinea Terna, è comunque del + 5%. La produzione nazionale netta, pari invece a 26 miliardi di kWh è cresciuta del 8,5% rispetto a settembre 2010, grazie in parte anche al contributo delle fonti di energia rinnovabili e in particolare al fotovoltaico che, oltre a coprire parte dell'aumento dei consumi, ha permesso di ridurre in maniera significativa le importazioni di energia elettrica dall'estero diminuite di 431 GWh (-12,2%). (f.n.)

mercoledì 12 ottobre 2011

A settembre ancora calo dei prezzi delle componenti di impianti fotovoltaici

Moduli FV al ribasso: la guerra dei prezzi

Nonostante sia aumentata leggermente la domanda di fotovoltaico, anche in Europa, i prezzi dei moduli continuano a scendere e per alcune tecnologie sono ormai al di sotto del dollaro per watt. Una vera e propria guerra dei prezzi al ribasso è stata praticata dai numerosi produttori cinesi di moduli cristallini. I dati di Pvxchange.

Si riducono a settembre in maniera significativa, e più del previsto, i prezzi dei moduli cristallini (mono e poli) e quelli dei film sottili, anche se in diversi paesi la domanda è leggermente aumentata rispetto ad agosto. Nonostante questa rapida riduzione dei prezzi le scorte di magazzino potrebbero metterci alcuni mesi ad essere smaltite. Lo dice il sito Pvxchange, commentando l’andamento dei prezzi medi netti (€/Wp) dei moduli fotovoltaici illustrato dai due grafici qui sotto.

Il mercato è diventato sicuramente più agguerrito e competitivo, con l’entrata di numerosi nuovi produttori e soprattutto per una vera e propria guerra dei prezzi al ribasso praticata dai produttori cinesi di moduli cristallini (al limite e anche inferiori al dollaro per watt) che hanno coperto la quota di mercato più rilevante nel secondo e terzo trimestre dell’anno. Dall’inizio dell’anno i prezzi dei moduli cristallini si sono ridotti dal 20 al 30%.

Anche per quanto concerne i moduli a film sottile (grafico sotto) la riduzione dei prezzi medi netti nel mese di agosto è stata molto marcata, anche se poi questa tecnologia perde quote di mercato rispetto alle tecnologie cristalline.

A causa delle turbolenze sui mercati finanziari si potrà assistere inoltre ad un'ulteriore riduzione dei prezzi dei singoli componenti fotovoltaici. Le incertezze degli investitori sono anche legate in Europa alle imminenti elezioni politiche in diversi paesi. Differente è la situazione in Germania, dove installatori e progettisti attendono soprattutto un’ulteriore riduzione dei prezzi.

Nonostante le difficoltà del mercato, gli osservatori si attendono per il 2011 un installato totale di 21-23 GW, cioè una crescita del 20% rispetto al 2010, grazie soprattutto alla domanda proveniente dall’Asia, dagli Usa, ma anche dall’Italia che dovrebbe diventare il primo mercato annuale.

Redazione Qualenergia.it
11 ottobre 2011

lunedì 10 ottobre 2011

D.Lgs.28/2011, l' Emilia Romagna e' la prima che introduce l' obbligo di rinnovabili nei nuovi edifici

Obbligo di rinnovabili negli edifici, si parte dall'Emilia Romagna

L'Emilia Romagna è la prima Regione italiana a recepire le disposizioni del D.Lgs. 28/2011, che introduce l'obbligo di dotare di impianti a energia i nuovi edifici. La nuova discipina nel Bollettino regionale pubblicato ieri (in allegato).
07 ottobre 2011

E' l'Emilia Romagna la prima Regione italiana a recepire le disposizioni del D.Lgs. 28/2011 in materia di integrazione di impianti a energia rinnovabile negli edifici. Il Bollettino regionale pubblicato ieri (in allegato) contiene infatti la nuova disciplina relativa al rendimento energetico degli edifici, che definisce la dotazione di impianti a fonte rinnovabile per le nuove costruzioni e le ristrutturazioni rilevanti.

Le modifiche apportate dalla nuova disciplina avranno effetto a partire dal 31 maggio 2012: con una applicazione progressiva sono previsti nuovi standard, a copertura di quota parte (fino al 50%) dell'intero consumo di energia termica dell'edificio (per la climatizzazione e per la produzione di acqua calda sanitaria) e di produzione di energia elettrica.

Sempre in materia di rinnovabili, la disciplina introduce specifici criteri per la determinazione della quantità di energia resa disponibile dalle pompe di calore e qualificabile come rinnovabile.

Un'altra significativa modifica riguarda l'attestato di certificazione energetica degli edifici: a partire da oggi, infatti, l'indice di prestazione energetica e la relativa classe contenuti nell'attestato devono essere riportati negli annunci commerciali di vendita di edifici o di singole unità immobiliari.

Infine, sarà possibile ottenere un bonus volumetrico del 5% qualora si aumenti del 30% la dotazione minima di energia da rinnovabili.

Allegati
Bollettino Emilia Romagna con regolamento rinnovabili negli edifici.pdf
07 ottobre 2011

Fonte www.qualenergia.it

venerdì 7 ottobre 2011

Energia solare, anche in Russia il fotovoltaico inizia il suo cammino

Secondo Slusarz, la Russia ha già iniziato ad avvicinarsi alle energie rinnovabili, compreso il fotovoltaico: una tendenza che potrebbe incrementarsi nei prossimi anni, fino ad arrivare entro il 2020 ad una capacità fotovoltaico di 1 o 2 GW. Il Ceo della Solar Pv fa partire le sue previsioni dall’incremento della domanda energetica che ci sarà nel prossimo decennio in Russia: l’obiettivo della politica energetica russa è di arrivare entro il 2020 al 4,5% di capacità installate, pari a 22 GW.

Gran parte di questa capacità dovrebbe arrivare dal mini idroelettrico, eolico, biomasse e geotermia, ma anche il fotovoltaico potrebbe giocare un ruolo importante. A dimostrazione di ciò c’è il volume di investimenti destinati all’energia solare da colossi russi come Renova e Lukoil che puntano su progetti fotovoltaici e sulla creazione di una filiera nazionale del settore

martedì 4 ottobre 2011

Libia, il sonno della ragione

La missione militare italiana in Libia e’sparita dovunque, meno che dal cielo libico.
La missione Nato e’ scaduta il 27 settembre 2011 ed e’ stata rinnovata per tre mesi, ma l’ Italia non ha ancora comunicato ufficialmente se sta partecipando o meno al prolungamento delle operazioni.
La missione italiana era finanziata fino al 30 settembre e non si sa come saranno pagati da sabato 1 ottobre i quattro voli quotidiani nel cielo libico e il diverso trattamento economico dei militari impegnati. Su tutto questo c’e’ il silenzio assoluto di Governo, Presidente della Repubblica, Parlamento,partiti d’opposizione e media.
Non e’ una disattenzione irrilevante ma, con questa crisi finanziaria ed energetica, e’ un sonno della ragione che potrebbe generare mostri.

Questa lettera e' stata inviata a vari giornali, ed e' stata pubblicata per ora solo da Il Manifesto

lunedì 3 ottobre 2011

Energia elettrica da carbone,conteggiando i danni costa tre volte di piu'

Ogni dollaro di energia prodotta con il carbone se ne spendono due per i danni.

Le centrali a carbone costano agli Usa 53 miliardi di dollari all'anno per danni ambientali e sanitari, senza contare le conseguenze sul clima. Contando anche le emissioni di CO2 ogni chilowattora da carbone costa alla collettività più di 20 centesimi. Un nuovo studio spiega quali e quante siano le esternalità negative del carbone.
Giulio Meneghello
03 ottobre 2011

Ogni dollaro speso in carbone ne causa 2 di danni e, senza contare l'impatto sul clima e le relative conseguenze, le centrali a carbone Usa costano all'ambiente e alla salute degli statunitensi circa 53 miliardi all'anno.

Il carbone è una fonte di elettricità economica solo perché i danni che provoca all'ambiente, al clima e alla salute umana vengono scaricati sulla collettività. A sostegno di questo concetto sono stati pubblicati diversi studi che cercano di quantificare economicamente le esternalità negative di questa fonte.

L'ultimo, intitolato “Environmental Accounting for Pollution in the United States Economy”, arriva appunto dagli Usa ed è stato pubblicato sull'American Economic Review di agosto. Le conclusioni del report (che prendiamo sintetizzate da Think Progress e da Legal Planet, blog di politiche ambientali curato dalle facoltà di legge di Berkley e dalla Ucla) mostrano appunto che i danni per ogni chilowattora prodotto bruciando carbone costano economicamente il doppio rispetto al prezzo di mercato di quello stesso chilowattora.

In totale, è l'impressionante conto fatto nello studio, le centrali a carbone Usa pesano per un quarto del GED del paese (ossia delle gross external damages, quantificazione del complesso delle esternalità negative). Un danno causato soprattutto dall'aumento di mortalità legato al biossido di zolfo e, in maniera minore, agli ossidi di azoto e al particolato fine.

Secondo lo studio il conto dei danni ambientali e sanitari delle centrali a carbone Usa per il sistema paese è di 53 miliardi di dollari all'anno. Una cifra impressionante specie se si ricorda che il calcolo si limita a considerare le emissioni di alcuni inquinanti per via aerea e non comprende altre esternalità, come ad esempio quelle legate all'estrazione del minerale, ma sopratutto non tiene conto dell'impatto delle emissioni di CO2 sul clima e delle relative conseguenze, enormi ma difficili da quantificare.

Se si aggiungesse al conto una stima conservativa dei danni legati alle emissioni di CO2, si spiega nello studio, il conto delle esternalità negative salirebbe del 30-40%. Ipotizzando che ogni tonnellata di CO2 emessa causi danni per 65 $ (ma secondo altri studiosi il conto sarebbe molto più salato) ogni chilowattora prodottoda carbone costerebbe al paese 0, 21 dollari.

Il carbone è responsabile di circa il 41% delle emissioni mondiali di gas serra e del 72% di quelle per la produzione di elettricità (dati riferiti al 2007). L'ultimo studio che ha tentato una quantificazione economica delle esternalità negative di questa fonte è "The true cost of coal" di Greenpeace. Tra malattie respiratorie, incidenti nelle miniere, piogge acide, inquinamento di acque e suoli, perdita di produttività di terreni agricoli e cambiamenti climatici, aveva calcolato l'associazione, nel 2007 il carbone a livello mondiale aveva fatto danni per 356 miliardi di euro. In Cina dove si fa ricorso al carbone per i due terzi del fabbisogno energetico nazionale - aveva segnalato un precedente rapporto, sempre realizzato da Greenpeace in collaborazione con alcuni economisti cinesi - i costi esterni del carbone sono pari a 7 punti di prodotto interno lordo.

Giulio Meneghello
03 ottobre 2011

Fonte www.qualenergia.it