lunedì 28 febbraio 2011

Fotovoltaico, il governo ormai in stato confusionale, vorrebbe abrogare di fatto il conto energia 2011.

Ad oggi sono gia' stati incentivati impianti fotovoltaici per 3700 MW di potenza cumulativa, altri impianti per 3770 MW hanno chiesto di usufruire della 129/2010 (incentivi 2010 per impianti installati nel 2010 ma allacciati nel 2011). In realta' qualcuno di questi ultimi impianti ha gia' fatto domanda di incentivo ed e' compreso tra i 3700 MW incentivati. Pero' ufficialmente (con una asseverazione di un tecnico abilitato) sono stati gia' installati impianti per almeno 6000/6500 MW di potenza cumulativa.
Entro questa settimana Il governo, a quanto si e' capito, porra' l' obiettivo gia' esistente di 8000 MW nel 2020 come LIMITE VINCOLANTE delle incentivazioni (vincolo che prima non esisteva). Non sono previste eccezioni se non per impianti gia' autorizzati. Insomma, se saranno raggiunti 8000 MW il giorno prima dell' autorizzazione di un impianto questo non avra' incentivi.Non e' possibile prevedere quando sara' raggiunto questo limite (a dicembre nel giro di un mese sono spuntati improvvisamente 4000 MW), ma si prevede nell' anno in corso. Questa decisione annulla di fatto il conto energia 2011 che prevedeva incentivi fino al 2013 , con un limite vincolante di 3000 MW (ma solo per questo incentivo 2011) e 14 mesi di tempo ,dopo il raggiungimento di questo limite, per terminare gli impianti ormai progettati (anche quelli ancora non autorizzati). Sulla base di questo conto energia della durata di tre anni sono stati fatti investimenti e anche progetti di vita (anche se limitati ai prossimi tre anni). Io credo che Berlusconi cadra' prima del raggiungimento di 8000 MW di potenza fotovoltaica e si rimediera' a questo, ammesso che venga approvato cosi' (cosa che mi sembra assurda,nelle rinnovabili lavorano anche molti elettori di Berlusconi). Vi segnalo comunque l' ennesimo atto di questo governo che dimostra una scarsa lucidita' e molta approssimazione.
marcopa
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Colpo di spugna sul conto energia ?

C’è il rischio di una moratoria degli incentivi al fotovoltaico in Italia. E’ quanto si intuisce dalla bozza del decreto legislativo per il recepimento della direttiva rinnovabili 2009/28/CE. Il Consiglio dei Ministri dovrebbe approvare mercoledì il provvedimento. Il mondo del fotovoltaico e ambientalista è sul piede di guerra.

Lo avevamo ipotizzato viste le bordate di Confindustria e Autorità contro gli incentivi alle rinnovabili e al fotovoltaico in particolare e la probabile reazione emotiva per gli effetti del decreto "Salva Alcoa": ora c’è il rischio di una moratoria degli incentivi al fotovoltaico in Italia. E’ quanto si legge dalla bozza del decreto legislativo per il recepimento della direttiva rinnovabilI 2009/28/CE. In particolare sul fotovoltaico l’articolo 23 comma 11 lettera d) prevede che: “a decorrere dal 1 gennaio 2014 viene abrogato il conto energia. Nel caso di raggiungimento anticipato dell’obiettivo specifico per il solare fotovoltaico, fissato a 8.000 MW per il 2020 è sospesa l’assegnazione di incentivi per ulteriori produzioni da solare fotovoltaico fino alla determinazione, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del mare, sentita la Conferenza unificata, di nuovi obiettivi programmatici e delle modalità di perseguimento”. Il Consiglio dei Ministri dovrebbe approvare giovedì 3 marzo il provvedimento che rischia di bloccare inoltre anche lo sviluppo dell'eolico (ma di questo parleremo in un altro articolo).

Il rischio è forte, poiché l’obiettivo degli 8.000 MW previsto dal Piano di Azione Nazionale verrà raggiunto già entro l’estate (tra impianti collegati e in via di collegamento si superanno a fine primavera i 7 GW) e un provvedimento di questo tipo porterebbe oggi stesso a un blocco da parte delle banche dei finanziamenti di nuovi impianti visti i lunghi tempi di connessione e una corsa al fotofinish per accaparrarsi gli centinaia megawatt a disposizione. Già l’effetto annuncio di questo provvedimento avrà creato il panico. Inoltre, aspetto gravissimo, si avrebbe un impasse totale di un comparto che in questi due anni ha avuto la caratteristica, unica nell’industria nazionale, di essere anticiclico. Secondo le diverse valutazioni il fatturato 2010 del settore FV dovrebbe attestarsi tra 25 e 40 miliardi di euro, quindi più del 2% del Pil 2010.

Certo, una rivalutazione delle tariffe andrà fatta rapidamente, anche per accompagnare la tecnologia alla grid parity, ma con questo colpo di spugna si rischia di affossare migliaia di posti di lavoro e distruggere il lavoro di anni di centinaia di aziende che rappresentano una concreta realtà economico-produttiva e occupazionale di questo paese.

Con il raggiungimento degli 8.000 MW di potenza alcuni operatori hanno valutato che letasse annuali pagate dal settore (sugli utili e sul personale) ammonterebbero in totale a circa 2 miliardi di euro, mentre quelle pagate dai soggetti responsabili degli impianti saranno di ulteriori 0,5 miliardi di euro, a fronte di costi previsti in bolletta per circa 3,7 miliardi di euro. Il bilancio migliora se si considerano le multe evitate per le minori emissioni di CO2 rese possibili dalla diffusione del fotovoltaico e i costi evitati per la cassa integrazione (chiusura di aziende e licenziamenti) che viene pagata dallo Stato.

Perché il fotovoltaico fa così paura ai poteri energetici tradizionali? Forse perché, con i consumi elettrici attuali (300 TWh) già 8 GW di potenza installata rappresenterebbero una quota di produzione sul totale consumato piuttosto importante, cioè quasi il 3%? E se si puntasse, come sarebbe giusto, a 20 GW al 2020? Consideriamo che la Germania ha un obiettivo nazionale a fine decennio di 52 GW fotovoltaici.

Considerando che gli incentivi dovranno decrescere, come è tipico di ogni conto energia (o feed in tariff), con il primo obiettivo di 8 GW il costo sulla bolletta annuale per ogni famiglia non dovrebbe superare 28 euro; ma computando tutti i benefici che il settore verserà alle casse statali, questa spesa sarà inferiore ai 10 euro all’anno.

In merito agli incentivi, alcune associazioni del rinnovabili, come Ises Italia e Kyoto Club, ritengono sensato "sostituire l’ipotesi di adeguamento triennale degli incentivi con un meccanismo permanente per il loro adeguamento, correlato a parametri certi, come l’andamento dei costi a livello europeo delle singole tecnologie, del prezzo del kWh nel caso elettrico e del gas in quello termico, da definire all’interno del processo di revisione complessiva degli incentivi”.

Nelle prossime ore segnaleremo tutte le posizioni del mondo del fotovoltaico e le contromisure a questo scellerato provvedimento che speriamo venga immediatamente cancellato.

Leonardo Berlen
28 febbraio 2011

fonte www.qualenergia.it

giovedì 24 febbraio 2011

La Libia,le tre scimmiette,Confindustria e i pacifisti

di Umberto Mazzantini

LIVORNO. Dalla Libia arrivano le immagini orripilanti di un genocidio nel quale un regime folle sprofonda il suo popolo nelle fosse comuni e nel sangue. Al Arabiya parla di 10mila morti, altri di 50.000. Bengasi si è liberata e i mercenari di Gheddafi bombardano Zawia, mentre gli insorti marciano verso Tripoli, dove le guardie pretoriane del dittatore e i fedelissimi del regime hanno già inondato le strade del sangue dei ribelli. Obama si dice sdegnato, mentre il nostro governo balbetta e invoca pacificazione davanti al massacro di un popolo, e pare più più preoccupato per il gas e il petrolio, per i lucrosi affari di Stato e per il crollo del muro anti-immigrati fatto di omicidi, vessazioni e torture, che Gheddafi aveva costruito con i nostri soldi e le nostre armi...

In tutto questo fa certamente bene leggere sul Sole 24 Ore di oggi l'articolo "Tre scimmiette nel deserto" di Christian Rocca che sottolinea il pilatismo complice del nostro governo e conclude: «L'idea del ministro Franco Frattini, secondo cui non è compito dell'Europa interferire negli affari interni della Libia, non è solo miope, sbagliata e fondata sull'illusione che il regime alla fine si salverà. È anche diametralmente opposta a un'ormai consolidata politica estera italiana, condivisa dai governi di centro-sinistra (Somalia, Serbia, Albania, Libano) e di centro-destra (Iraq e Afghanistan) e incentrata sul diritto all'ingerenza democratica e sul dovere d'intervenire per fermare i massacri a pochi chilometri di distanza da casa nostra», Ma fa male leggere sullo stesso giornale il furbesco cerchiobottismo del breve articolo non firmato (e quindi attribuibile alla direzione) intitolato "Non commuove il dolore della Libia" che, come per un ormai collaudato riflesso condizionato, se la prende con i pacifisti italiani: «Stupisce che questa mattanza stia passando nel silenzio assordante di associazioni, organismi, enti sempre impegnati in prima fila quando bisogna, meritoriamente, difendere i diritti dei popoli oppressi in tutto il mondo. Fino ad oggi non abbiamo avuto notizia di condanne, né alte né basse, da parte di nessuno. Niente manifestazioni, nessuna bandiera della pace esposta, nessun corteo pacifista. Niente strali perché nessuno tocchi Caino. Eppure, al contrario, i manifestanti libici stanno cercando di liberarsi del Colonnello Gheddafi, uno dei dittatori più sanguinari dell'ultimo secolo. Sarà la stanchezza, sarà la rassegnazione, ma per i morti in Libia s'ode un silenzio assordante».

Più che assordato il giornale della Confindustria sembra sordo e cieco, perché le voci delle associazioni pacifiste e per i diritti umani si erano levate (e si levano) da anni in tutto il mondo, purtroppo inascoltate dagli imprenditori "pragmatici" che con il regime genocida Libico facevano (e fanno) affari d'oro. Non avevano visto gli industriali italiani, fin dal tempo di Gheddafi nella Fiat e nella Juventus, cosa succedeva nella nostra ex colonia? Non avevano capito quale era il prezzo dei loro affari quando seguivano in codazzi festanti il nostro capo del governo nelle tende beduine del dittatore? Non avevano capito quanto sangue, dolore, ingiustizia e sopraffazione c'era dietro l'accordo Libia-Italia che hanno calorosamente applaudito e che, in cambio della repressione dei migranti e dei danni di guerra per il colonialismo fascista, dava all'Italia ed alle industrie parastatali e private, appalti miliardari per costruire autostrade di regime e per trivellare altro gas e petrolio? Cosa pensavano gli industriali italiani quando, scortati da Berlusconi e dai suoi ministri, stringeva sorridente la mano di Gheddafi in occasione delle sue visite romane con tende, cavalli e hostess al seguito che ci hanno resi ridicoli (ancora una volta di più) davanti al mondo? Qualcuno si ricorda un qualche adirato commento confindustriale in occasione del baciamano di Berlusconi a Gheddafi in Libia che sta facendo il giro del web come dimostrazione dell'assoluta complicità del nostro governo con l'aguzzino di Tripoli?

Probabilmente tra le tre scimmiette del deserto Confindustria è la più grossa e la più cieca, sorda e muta nello stesso tempo... altro che prendersela con i pacifisti che posizione contro Gheddafi e il suo vergognoso regime l'hanno presa.

Non è un caso se i primi a scappare dalla Libia in fiamme siano stati gli italiani e i cinesi, ma con una differenza: noi siamo ancora una democrazia, la Cina è una dittatura che fa affari indifferentemente con tutte le dittature senza chiedere in cambio certo il rispetto dei diritti umani o la libertà di stampa, di riunione e di voto. Anzi in quel che succede nel mondo arabo e nelle sue rivoluzioni c'è anche un'altra differenza tutta italiota, che un forse malinteso amor di patria (o speriamo una tardiva vergogna) hanno fatto sparire dalle pagine di quasi tutti i nostri giornali: il nostro Paese, l'Italia, è il primo partner commerciale della Libia, ma era anche il primo partner commerciale della dittatura tunisina di Ben Ali (circa 500 aziende italiane nel più piccolo Paese del Nord Africa) e il secondo partner commerciale della dittatura egiziana di Hosni Mubarak. Non lo sapevano Confindustria e il Sole 24 Ore che l'Italia e la sua imprenditoria globalizzata stavano collaborando, arricchendo e sostenendo alcuni «Dei dittatori più sanguinari dell'ultimo secolo»?

Il Sole 24 Ore riesce a vedere qualche sostanziale differenza etica e di approccio politico tra questi due comunicati di Federpetroli e Legambiente? Fra un'associazione di imprenditori ed una dichiaratamente pacifista?

Dice il presidente FederPetroli Italia, Michele Marsiglia, che sta monitorando ora per ora la situazione libica: «Secondo le fonti a noi pervenute e la situazione che in meno di 24 ore è evoluta, in Libia sono iniziate azioni di bombardamento su diverse città, a questo punto il rischio è evidente per il fattore umano in primis e, per tutte le infrastrutture presenti in Libia. Come nella Guerra del Golfo, se la posizione del Rais libico sarà ormai senza via di uscita, non ci sarà scelta su chi e dove bombardare, il danno alle infrastrutture energetiche sarebbe incalcolabile per milioni di euro, la preoccupazione non sarà più quella della fonte di approvvigionamento».

Dice Rossella Muroni, direttore generale di Legambiente: «La comunità internazionale non può rimanere in silenzio di fronte a un tale genocidio. Imbarazzante il comportamento dell'Italia. Si aprano le frontiere e si predisponga invece, un idoneo e immediato intervento. Mentre si consuma un eccidio senza precedenti in Libia, l'unica preoccupazione dell'Italia è quella che non si rompa la "diga anticlandestini", creata con il trattato Italia-Libia. Siamo imbarazzati dai rapporti e dalle convenzioni stabilite dal nostro Paese con il colonnello Gheddafi sulla "prevenzione clandestina", dietro cui si nascondono continue violazioni dei diritti umani. E' necessario che il nostro Paese accolga l'appello dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati e apra le frontiere nazionali e ci si schieri concretamente a favore di un intervento immediato della Comunità internazionale per fermare al più presto questo genocidio».

E' evidente chi pensa al petrolio e chi al popolo libico, e non da ora. Forse quella del Sole è una voluta cantonata, un espediente polemico per evitare un'autocritica che sarebbe necessaria, perché con i morti per le strade e gli imprenditori italiani che scappano da Tripoli la miglior difesa non è certo l'attacco al presunto disinteresse dei pacifisti che hanno sempre gridato nel deserto muto e sordo della politica e dell'imprenditoria italiana, mentre nelle tende beduine di Gheddafi le tre scimmiette si tappavano occhi, orecchi e bocche e facevano la fila festose per firmare accordi petroliferi e per vendere le armi che oggi vengono usate per uccidere chi chiede libertà e pace.

Fonte www.greenreport.it

Brent 113,92 - WTI 100,50 pil prezzo del petrolio vola

Alle 11.36 del 24 febbraio 2011 il prezzo del petrolio Brent e' 113,92 $/b mentre il WTI ha superato la soglia di 100 $/b. Il prezzo del petrolio Brent e' il prezzo delle contrattazioni sul mercato europeo e solitamente e' leggermente inferiore al prezzo del WTI o comunque le differenze tra i due prezzi non sono mai di queste dimensioni. Questo fenomeno dell' aumento del Brent dura almeno da 5 settimane ed ora in coincidenza con la crisi libica il prezzo ha toccato i suoi massimi dal settembre 2008.
La coincidenza tra aumento, anomalo o inaspettato del Brent, e sommovimenti nel NordAfrica arabo puo' portare ad un aggravamento in tempi rapidi della crisi economica. Con pazienza e costanza dobbiamo pero' ricordare che il problema dei limiti della produzione di greggio e del prossimo declino della stessa porta inevitabilmente all' aumento dei prezzi delle fonti fossili che avverra' con accelerazioni improvvise e arretramenti dell' economie mondiali.

lunedì 21 febbraio 2011

Dalla Libia il 38% del petrolio consumato in Italia

Adesso parliamo due minutini della Libia. La prima volta che accadde, su Petrolio, fu in questo post che diceva semplicemente:

L'Italia è il primo partner commerciale della Libia.
Attraverso il gasdotto Greenstream, il più lungo del Mediterraneo (520 km. da Mellitah a Gela), inaugurato da Berlusconi e Gheddafi il 7 ottobre 2004, arrivano dalla Libia in Italia circa 8 miliardi di metri cubi di gas l'anno.
Il gasdotto fornisce un decimo del nostro fabbisogno nazionale di gas.
Il gas viene estratto dai giacimenti di Wafa, nel deserto del sud, in compartecipazione al 50% tra l'ENI (presente nel Paese dal 1959) e la compagnia libica NOC.

La Libia fornisce il 38% del fabbisogno nazionale italiano di petrolio. E ho detto tutto.

Dice tutto anche oggi, pare a me.

La situazione libica è per noi molto più oscura rispetto all'Egitto. Anzitutto, la diffusione di Internet è talmente limitata da impedire l'uscita di informazioni dirette ed in tempo reale come accadeva al Cairo. Poi, la presenza stessa di Al Jazeera e di altre televisioni è al momento piuttosto ristretta. Infine la repressione in atto, assai più drammatica rispetto a quella soft attuata dal pur vituperato Mubarak, rende tutto più difficile. La sensazione è anche quella che i Paesi occidentali stiano ancora cercando di capire cosa diamine avviene: è una rivolta eterodiretta da qualcuno, per scalzare infine l'arcinemico Gheddafi approfittando dell'epidemia rivoluzionaria che colpisce il nordafrica? Oppure è una rivolta spontanea, ma che si configura comunque come un'occasione da non perdere per riprendersi il Paese e soprattutto i suoi ricchi giacimenti, e il solito qualcuno sta frettolosamente pianificando il dopo-Gheddafi? Sicuramente non è da escludere.

Occorre anche fare i conti con un elemento importante di questa anomala rivolta, ovvero le divisioni etniche in seno alla Jamahiria. Cirenaica, Fezzan, Tripolitania sono regioni diverse unite dalle insensatezze del colonialismo, che stanno cogliendo l'occasione per rinfocolare vecchie ruggini.

Insomma, fare valutazioni sulla situazione interna libica è alquanto arduo. Possiamo quindi per il momento riporre le bandiere rosse, il sol dell'avvenir, e il buonismo dilagante sui media per soffermarci sui fatti nostri.

Come sottolineato all'inizio, la Libia non è un Paese povero e privo di risorse, e soprattutto contribuisce a tenerci al caldo, a fornirci energia elettrica e a far camminare le nostre automobili. Se dovesse restare in una condizione di tumulto permanente potremmo averne pesanti conseguenze. Se invece Gheddafi dovesse cadere, chiunque lo sostituirà come prima cosa metterà le mani sui giacimenti e rivedrà tutti gli accordi in essere. Posto che si tratterà di un anti-Gheddafi, sia se espressione della volontà popolare rivoluzionaria che in alternativa come espressione dell'occidente, il risultato è che saranno cavoli amarissimi: il nostro governo è pappa e ciccia con Gheddafi da sempre, non saremo certo i primi della lista a godere delle nuove concessioni. C'è una fila lunga chilometri che attende da anni, e che noi abbiamo spernacchiato per troppo tempo. Non resta che confidare nella diplomazia ENI che dovrà fare i salti mortali.

In alternativa, toccherà andare a spezzare le reni alla Libia. Pronti a partire?

Fonte blog Petrolio di Debora Billi

Energie, Benin:les presidents du Togo et Bènin ont inaugurè le post d' interconnession Togo-Benin

Hier, mercredi 02 février 2011 à Parakou au Bénin, les présidents Faure Gnassingbé du Togo, l’actuel président de l’UEMOA, et Yayi Boni du Bénin ont inauguré le poste d’interconnexion Togo-Bénin. Cette inauguration vient renforcer celle de juin 2009, où les deux chefs d’Etats avaient déjà ensemble inauguré à Kara, ville située au nord du Togo, le centre de transformation de la compagnie électrique du Bénin(CEB).
La mise en place de ces deux postes permettra d’offrir en qualité suffisante de l’énergie aux régions nord des deux pays voisins et amis.
Après l’inauguration, de retour à Cotonou, dans la capitale béninoise, dans la soirée avant un dîner de gala, le Président togolais Faure Gnassingbé a été fait commandeur de l’ordre du bénin par son homologue béninois Yayi boni.

Fonte www.africa-times-news.com

martedì 15 febbraio 2011

Petrolio Brent 18$ (20%) piu' alto del WTI, chi ci spiega i motivi ?

Petrolio Brent 18 $ (20%) piu' alto del WTI,chi ci spiega perche' ?


Il 15 febbraio alle 12,15 il Brent era 103,72$/b,il WTI 85,33$/b. L' ultima spiegazione data a questa differenza e' sul Sole24ore di oggi, che scrive di acquisti alti dalla Cina (che evidentemente sono piu' influenti su questo mercato) e tensioni in Medio Oriente (che dovrebbero pero' influire anche sul WTI che invece sta scendendo).
Quando e' iniziata la divaricazione tra i due mercati, quello europeo (Brent)e quello americano (WTI) la prima spiegazione e' stata l'incidente all' oleodotto Bp in Alaska che avrebbe interotto le forniture di greggio simile al Brent. Ma l' oleodotto e' stato riparato da tempo, alcune settimane, e la forbice invece aumenta sempre. Quindi evidentemente non era questo un motivo valido.
Altra tesi: le scorte USA abbondanti mentre il Brent viene venduto alla Cina che sta incrementando di molto gli acquisti. Gli incrementi cinesi sono veri, la stagnazione Usa non e' superiore alla stagnazione europea, ma se davvero il greggio destinato alla Cina viene da questo mercato questa potrebbe essere una delle cause della forbice.
Altro che viene detto: il Brent non include (o include) la consegna fisica e
le rivolte popolari arabe, che mettono in fibrillazione il Medio Oriente. Eventuali problemi nella produzione e trasporto in questa cruciale zona del mondo avrebbero ripercussioni piu' sul mercato europeo che in quello statunitense. Argomentazione non molto convincente perche' dal Medio Oriente viene almeno il 33% del greggio mondiale, ci sono il 60% dei giacimenti dichiarati, quindi eventuali problemi avrebbero ripercussioni su tutto il mercato del petrolio, compreso quello statunitense. Mentre ripeto il WTI e' sceso da un prezzo di 90$/b,raggiunto a inizio rivolta egiziana, a 85$/b di oggi
Nessuna ipotizza come una possibile causa il declino della produzione del greggio nel Mar del Nord Europa, greggio che dovrebbe essere la principale fonte di questo mercato. In questa zona il picco produttivo e' stato gia' superato e il declino e' piu' rapido del previsto.
Questo e' quel poco (molto poco) che si dice per spiegare un fenomeno (la forbice crescente tra Brent e Wti) che sta diventando rilevante (molto). Credo che le dimensioni di questa differenza meriterebbero una attenzione maggiore di analisti e osservatori

Marco Palombo

venerdì 11 febbraio 2011

Quanto pesano sulla bolletta gli incentivi alle fonti rinnovabili,nucleari,pseudoassimilate

Fotovoltaico, Cip6, nucleare e il peso della bolletta

Il GSE conferma i numeri impressionanti sul fotovoltaico e l'Autorità per l'Energia attacca gli incentivi alle fonti rinnovabili per il loro peso in bolletta. Poco si dice però sugli aiuti ad altre fonti sporche che ci costano altrettanto e del rischio che dal ritorno al nucleare ci potrà arrivare una nuova stangata.
Continua la polemica sul peso degli incentivi alla rinnovabili elettriche e si incrocia con quella sui numeri del fotovoltaico. Nelle settimane scorse il GSE aveva diffuso dati impressionanti sugli impianti fotovoltaici che avranno diritto alle tariffe 2010 secondo la legge “Salva Alcoa”: circa 4.000 MW per 55mila richieste. Erano seguite le obiezioni delle associazioni secondo cui i numeri del Gestore sarebbero gonfiati da richieste fasulle e dunque forieri di inutile allarmismo. Secondo Assosolare in realtà nel 2010 non si sarebbero installati più di 1,5 GW (Qualenergia.it, Assosolare: le stime GSE sono esagerate), anche Aper, Fiper e Gifi hanno invitato alla cautela e a controllare bene le stime. L'altro ieri però il GSE confermava sostanzialmente i numeri (54.106 impianti, per una potenza totale dichiarata di 3.771 MW, vedi tabelle in allegato).

Cifre che potrebbero anche aumentare visto che c'è tempo per inviare le domande di ammissione agli incentivi 2010 fino al termine del mese di febbraio, ma che andranno anche scremate, tramite i controlli che il GSE sta operando, da quelle pratiche false e speculative, che hanno dichiarato mentendo di aver finito i lavori entro il 31 dicembre 2010. Quali saranno i numeri definitivi insomma lo sapremo solo tra diversi mesi, ma intanto i dati GSE hanno gettato benzina sul fuoco del dibattito sul peso degli incentivi alle rinnovabili. Una polemica che ha avuto una nuova spinta nei giorni scorsi con la presentazione al Governo della relazione sullo stato del mercato dell'energia da parte dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas (vedi allegato).

Gli incentivi, dice il documento, prevedono un prelievo complessivo che è passato dai 2,5 miliardi di euro del 2009 ai 3,4 del 2010, mentre nel 2011 potrebbe arrivare fino ai 5,7 miliardi totali (vedi grafici). Nell’illustrare i numeri, il GSE suggeriva di rivedere, appunto, il sistema di incentivazione «per attenuare l’impatto che tali costi determinano sulle bollette di famiglie e imprese e rendere le incentivazioni maggiormente efficienti», mettendo sul banco degli imputati soprattutto il fotovoltaico e il Cip6/92.

Non si sono fatte attendere le reazioni degli ambientalisti. Greenpeace, Legambiente e Wwf in un comunicato congiunto esprimono "grave preoccupazione per un attacco che mette in discussione il raggiungimento degli obiettivi europei al 2020". L'Autorità, fanno notare le associazioni, trascura l'impatto macroeconomico e occupazionale dello sviluppo delle rinnovabili che "fa sì che i maggiori costi abbiano effetti netti positivi, oltre che sull'ambiente, anche sull'economia (da 23 a 27 miliardi di euro al 2020 secondo lo studio IREX 2010)". Si ricorda poi come anche l'Europa abbia indicato chiaramente che il costo delle rinnovabili debba essere a carico dei consumatori di energia e non della fiscalità, per evitare effetti stop and go.

E poi si fa notare come un peso ben più grande sulle bollette potrebbe averlo l'atomo, soprattutto per quell’articolo 17 del decreto legislativo 31/2010 che prevede che chi costruirà le centrali venga rimborsato in caso di ritardi nei tempi di realizzazione degli impianti da lui indipendenti. "Per due reattori EPR localizzati in un sito, una simile copertura potrebbe comportare oneri fino a diversi miliardi di euro. Soldi buttati. Inoltre – continua il comunicato - perché l’Autorità non diffonde i dati su quanto ha pagato finora il contribuente italiano per il nucleare? I costi del passato gravano ancora sulla nostra bolletta, ma questo non scandalizza l’Authority, e a quanto ci risulta ammontano a circa 400 milioni di euro l’anno."

Poi andare a guardare il peso che sulle nostre bollette hanno incentivi a fonti sporche e altri costi d'altra parte è sempre istruttivo (Qualenergia, Quella parte oscura della bolletta elettrica). Su una bolletta di 425 circa 16,4 € dei 31 legati agli “oneri generali” vanno a pagare il nucleare o l'energia convenzionale (ad esempio attraverso il Cip 6 alle raffinerie) o condizioni di fornitura particolari (come lo sconto a 120 grandi consumatori per il servizio di interrompibilità). Il resto, 15 €, ci permette di sostenere l’avvio dello sviluppo delle fonti rinnovabili.

A livello di Paese scopriamo, guardando la relazione dell'Autorità, che nel 2009 nucleare, assimilate e interrompibilità sono costate circa 2,24 miliardi di euro, contro i 2,1 mld di € per i contributi alle rinnovabili.

Fonte www.qualenergia.it

giovedì 10 febbraio 2011

Il petrolio Brent (mercato europeo)ormai 15 dollari piu' costoso del WTI

Questo l' ultimo aggiornamento delle agenzie sul prezzo del petrolio il 10 febbraio alle 10.00. La forbice tra Brent e WTI e' arrivata a quasi 15 dollari. Questa differenza e' ormai stabile e occorre capire i motivi ma soprattutto le conseguenze. Ricord che il Brent e' il prezzo del mercato europeo ed e' riferito al greggio estratto nei mari del NordEuropa. I giacimenti hanno in questa zona del mondo gia' raggiunto il loro picco e la produzione sta declinando in misura rilevante.Il fenomeno e' da seguire e capire ma e' sicuramente un segno che l' offerta ormai quasi uguale alla domanda, i margini di aumento di produzione sono ormai di piccole dimensioni e non rimarranno per molto tempo senza cambiamenti decisi nel consumo del greggio.

"I future sul Light crude rimbalzano sopra 87 dollari e quelli sul Brent oltre 102 dollari. Sui mercati asiatici il Light crude sale di 14 cent a 86,85 dollari, dopo aver toccato un massimo di 87,07 dollari e il Brent avanza di 1 cent a 101,82 dollari, dopo aver raggiunto un top di 102,10 dollari. A far rialzare il petrolio sono le persistenti preoccupazioni per la situazione in Egitto ."

martedì 8 febbraio 2011

Treno radioattivo in Val di Susa, cariche della polizia su chi manifesta contro

Treno radioattivo Italia-Francia: cariche della polizia in Val di Susa
Il fantasma delle scorie si aggira per l’Europa

Umberto Mazzantini

LIVORNO. La Rete nazionale antinucleare (Rna) denuncia sulla sua pagina di Facebook: «Treno radioattivo: questa notte al presidio di Chiusa san Michele ore 3,50. Violenta repressione delle forze dell'ordine sui manifestanti. Violenta e inaudita carica e caccia all'uomo a Chiusa San Michele ore 3,50....30 persone a presidiare sul marciapiede il passaggio del treno radioattivo..poi partono le cariche, violente inaudite, pestaggi di gente già fermata, poi perquisizioni corporali, insulti, foto....questo il bilancio del presidio per il treno ...radioattivo, presidio che non intendeva bloccare ma richiamare l'attenzione sul passaggio delle scorie radioattive per il Piemonte in zone densamente popolate come la valle di Susa» e annuncia «In mattinata arriveranno altre informazioni e foto». Ed eccole con più particolari:

Ore 3:40: Sono state alzate le sbarre del pasaggio a livelo, ma nessun treno in vista. In questo momento i manifestanti, che si trovano sui marciapiedi davanti ai binari vengono caricati dalla polizia (circa 200 rappresentanti delle forze dell'ordine sono presenti), spinti indietro a manganellate fino alla statale e bloccati contro un muro.

Ore 4.10: I manifestanti si ritrovano divisi in due gruppi, vengono circondati e spinti dietro la stazione. Viene intimato loro di sdraiarsi a terra a colpi di manganellate. Sono chiesti i documenti a tutti, partono gli insulti della polizia ai manifestanti, si sentono urla, poi sono messi in fila contro un muro e fotografati. Seguono perquisizioni corporali con minacce di fermo in caso di rifiuto.

Ore 4.30: I manifestanti sono stati trattenuti fino alle 6.30 in piedi e al freddo, con interdizione di comunicare tra loro.

A quest'ora non ci sono altre informazioni sul treno, nemmeno dalla Francia. Ricordiamo che il treno non è stato bloccato dai manifestanti come viene riportato nella stampa, ma dalle forze dell'ordine.

Rna e "Sortir du nucléaire" avevano rivelato che ieri sarebbe partito dall'Italia un convoglio carico di scorie nucleari che oggi transiterà anche sui binari Rer, la rete di trasporti che serve Parigi e periferia, il treno dei pendolari dell'hinterland di Parigi.

Si tratta di 13 tonnellate di combustibili esausti, scorie altamente radioattive, di Garigliano, la centrale nucleare da 150 MW chiusa definitivamente nel 1982, 5 anni prima del referendum che mise fine a quel nucleare che oggi si vorrebbe far rinascere in Italia. 31 anni più tardi il fantasma atomico di Garigliano percorre con le sue scorie l'Europa, in una sorta di gioco dell'oca nucleare, alla ricerca di impossibili soluzioni.

Il treno nucleare è partito intorno alle 2 di stanotte da Vercelli per Torino da dove si è diretto verso Colegno, preceduto di 10 minuti da un altro treno che "apre la via". Gli attivisti lo aspettavano vicino alla frontiera italo-francese. Le Donne No Tav il 6 febbraio avevano indetto un presidio alla stazione di Condove Chiusa San Michele a partire dalle 24,00. «L'obbiettivo è non lasciar passare in silenzio questo ennesimo trasporto di materiale pericolosissimo senza opportune misure di sicurezza ( ricordiamo che il protocollo di legge prevede che la popolazione venga avvisata per tempo e venga predisposto un piano di sicurezza ) Sembra poi che sta volta si tratti di un trasporto di scorie liquide ancor più pericolose delle barre solide di uranio. Ci troviamo lì e poi ci confrontiamo insieme sulle possibilità e le intenzioni praticabili nella notte. L'invito è di portare bevande calde legna per il fuoco calze di lana e spirito di resistenza Chi non potesse rimanere lì dalle 24,00 alle 5,00 (ora presumibile del passaggio del treno) può anche arrivare alle 3 del mattino per rinforzare la presenza dei primi arrivati. Speriamo che sia un primo momento che serva a richiamare l'attenzione su un problema, il nucleare, per nulla risolto, anzi. Facciamoli muovere stanotte i nostri amici per ricordargli sempre che qui .. Sarà dura...». Probabilmente le Donne No Tav non si aspettavano i manganelli e le cariche .

«Mentre i ministri francesi ed italiani dell'energia tentano con tutti i mezzi di integrare l'energia nucleare fra gli obiettivi dell'Unione Europea spacciandola per energia pulita - dicono le due reti no-nuke - il passaggio di un convoglio di rifiuti radioattivi dall'Italia alla Francia si prepara in segreto. Tre giorni dopo il passaggio di un convoglio di rifiuti radioattivi belgi, le popolazioni europee sono di nuovo esposte al rischio nucleare a causa di Areva ed i loro governi.

Ieri un treno che trasporta un container di combustibile nucleare italiano esaurito altamente radioattivo, prodotto dal vecchio reattore del Garigliano, ha lasciato il sito di stoccaggio di Avogadro, in Piemonte, per raggiungere il terminal ferroviario di Valognes (Manche), in Francia. Il percorso delle scorie del vecchio nucleare italiano attraversa il Piemonte e in Francia Savoie, Ain, Saône-et-Loire, Côte-d'Or, Yonne, Seine-et-Marne, Essone, Val-de-Marne, Yvelines, Eure, Calvados e la Manche. il Calvados e la Manche. Nella région parisienne le scorie italiane percorreranno la Rer per poi essere scaricate su camion e raggiungere l'impianto di Aeva di La Hague per essere "trattate". Ma non è finita: in una data ancora sconosciuta ripartiranno per l'Italia, dove non esiste alcun impianto definitivo per accoglierle.

La stessa Autorité de sureté nucléaire franxcese (Asn) il 18 novembre 2007 esprimeva serie riserve sulla legalità di questo tipo di trasporto radioattivo: «In occasione del primo trasporto di combustibili usati italiani verso l'impianto di La Hague in vista del loro trattamento, l'Asn ricorda pubblicamente le sue riserve sull'accordo intergovernativo che inquadra questa operazione. (...) L'Asn considera che I tempi in questo accordo, che prevedono la ricezione dei combustibili tra il 2007 e il 2015 e il ritorno in Italia dei rifiuti prodotti dal ritrattamento tra il 2020 e il 2025, non siano tecnicamente giustificati».

"Sortir du nucléaire" sostiene che «Non solo il trattamento presso l'impianto di La Hague non diminuisce la radioattività delle scorie ma aumenta il loro volume. Dunque questo trasporto di scorie molto radioattive è insensato: espone le popolazioni, solo per fare funzionare l'impianto Areva a La Hague. Mentre il governo italiano vuole rilanciare il nucleare, contro la volontà della maggioranza della popolazione, che ha voluto abbandonare il nucleare grazie al referendum del 1987, le autorità italiane mandano questi rifiuti estremamente radioattivi lontano dal loro territorio, sperando così ritardare e mascherare il problema dell'impossibile gestione delle scorie nucleari».

Rna in un comunicato emesso prima degli scontri con la polizia di questa notte scriveva: «Ci associamo alla Rete "Sortir du nucléaire" per denunciare questo episodio doppiamente vergognoso, perché presenta dei rischi ambientali e pericoli per la popolazione e perché il tutto è stato omertosamente tenuto sotto silenzio da tutti i responsabili e da quanti ne erano conoscenza. La Rete "Sortir du nucléaire" e la Rete Nazionale Antinucleare fanno appello per una mobilitazione lungo il tragitto e ricordano che il nucleare non è né pulito né sicuro. Non esiste nessuna soluzione per gestire i rifiuti nucleari e la Francia non è la pattumiera nucleare dell'Europa! Una sola soluzione: smettere di produrne e soprattutto non rilanciare la "macchina"!».

Fonte www.greenreport.it

venerdì 4 febbraio 2011

N.35 dell' Osservatorio settimanale sulle tendenze della questione energetica

Petrolio
Le tensioni in Egitto tengono alti i prezzi, il Brent leggermente sotto i 100 $/b e il WTI leggermente sotto i 90$/b. Da seguire la forbice tra i due tipi di petrolio, il prezzo del Brent (mercato europeo, petrolio del Mare del Nord) solitamente e' minore del WTI, ora si e' apprezzato notevolmente, i motivi possono essere vari, e' un fatto pero' che in quella parte del mondo la produzione ha iniziato a declinare e con una decrescita sostenuta.Su questo tema e' possibile leggere su http://energiapalombo.blogspot.com un articolo di Terenzio Longobardi, tratto dal sito dell' Aspo Italia.

Altri indicatori economici
Recupero dell' euro, 1 E= 1,358 $.
L' indice Mib della Borsa di Milano a 22680 , sopra le medie dell' ultimo anno.

Fotovoltaico Italia
Grande confusione e approssimazione imperdonabile nelle cifre della potenza installata nel 2010.
Il 25 gennaio un comunicato del GSE prevedeva 7000 MW installati, risultato della somma tra 3000 MW gia' allacciati nel 2010 e 4000 MW che hanno fatto domanda per la legge 129/2010,legge che consente ad impianti installati nel 2010 e allacciati nei primi sei mesi del 2011 di avere gli incentivi 2010.
Gia' oggi al 5 febbraio la potenza incentivata allacciata fino al 31 dicembre e' 3.150 MW, e per molti impianti c'e' sempre quasi un mese di tempo per fare la domanda di incentivo. Nel dicembre 2010 sono stati incentivati 500 MW, quindi e' ragionevole pensare che arriveremo almeno a 3.600 MW allacciati a fine 2010 e incentivati.
I 4.000 MW che hanno fatto domanda per la 129/2010 risulteranno molti meno. L' Assosolare contesta questa cifra confrontandola con la potenza totale dei moduli venduti in Italia nel 2010 che e' molto inferiore. Il ministro Romani promette controlli per scovare chi ha fatto domanda ma non ha concluso i lavori nel 2010, condizione necessaria per usufruire degli incentivi 2010. In realta' moltissimi impianti non erano ancora terminati nella data dichiarata, ma bisognerebbe almeno evitare che abbiano l' incentivo del secondo conto energia i grandi impianti in ritardo addirittura di settimane o mesi sulla data dichiarata .
Quindi controlli ma sarebbe opportuno anche pubblicare i dati degli impianti che hanno richiesto di usufruire di questa legge, in questo modo sarebbero evitate almeno le truffe clamorose e costosissime per tutti.

Brent stacca in salita WTI

di Terenzio Longobardi

Chi segue l’andamento dei prezzi petroliferi si sarà accorto che da qualche mese i futures trattati sul mercato di Londra (Brent) hanno superato i cento dollari al barile e superato in salita quelli trattati sul mercato di New York (WTI), oggi di poco superiori ai 90 dollari al barile.

In questo articolo sul Sole 24 Ore, Andrea Franceschi si esercita in un’analisi del fenomeno che tira in ballo vari fattori, tra cui l’immancabile speculazione. Ma i giornalisti economici italiani assomigliano molto a degli struzzi australiani e preferiscono spesso nascondere la testa nella sabbia, trascurando l’aspetto fisico del problema e cioè il rapido esaurimento del petrolio di riferimento per il Brent, cioè quello prodotto dai giacimenti del Mare del Nord.

Il picco di questo petrolio c’è stato intorno al 2000 e negli ultimi anni il calo ha assunto proporzioni impressionanti. Nel grafico allegato, estratto da The Oil Drum, è possibile osservare il crollo della produzione negli ultimi due anni: Il Mare del Nord, che comprende “United Kingdom Offshore, Norway, Denmark, Netherlands Offshore, and Germany Offshore” ha perso il 20% della sua produzione in 24 mesi. La produzione è diminuita di 600.000 barili al giorno in questo periodo.”

Da rozzo conoscitore della teoria economica, quale io sono, mi viene da pensare che forse un calo dell’offerta così consistente, qualche influenza sui prezzi dovrebbe averla.
E infatti, leggiamo su Wall Street Italia, “c'e' chi, come Chris Cook, ex International Petroleum Exchange, presta attenzione all'andamento della produzione nel Mare del Nord, calata a doppia cifra in 4 anni. Nuove licenze di esplorazione verranno continuamente avanzate nel Mare del Nord cosi' come nuove scoperte verranno fatte ma in generale, ha concluso Cook, niente puo' cambiare rotta al calo della produzione.”

Morale della favola economica: la dinamica della domanda e dell’offerta è “fondamentale” nella definizione dei prezzi e non posso concludere il commento senza rammentare un articolo su questo blog che pone bene in evidenza la stretta correlazione tra andamento delle quotazioni petrolifere e della produzione economica (PIL). Ciò ci fa ulteriormente riflettere sul fatto che l’avanzare dell’attuale ripresa economica globale sarà accompagnata inevitabilmente da una continua crescita dei prezzi del barile che, oltre un certo livello, innescherà una nuova spirale recessiva.

Fonte www.aspoitalia.it

mercoledì 2 febbraio 2011

Contrat mondial sur l' energie n. 3

Le contrat engage lesforces qui le souscrivent à :

agir en direction d’une profonde réforme des règles et de l’esprit économique dominant, de façon à délaisser le dogme libériste illusoire de l’éternelle croissance économique (en contradiction évidente avec les principes fondamentaux de la physique et de l’écosystème) pour harmoniser le respect des liens du monde physique, de la nature et de la cohabitation entre les peuples avec l’opportunité d’un développement économique et de l’emploi. Il est nécessaire de procéder à une réforme fiscale et des systèmes tarifaires en éliminant l’incitation perverse à augmenter la consommation d’énergie et en détaxant l’énergie produite grace à des sources renouvelables. Ce qui réduirait sensiblement le poids du fisc et des couts sociaux dans le monde du travail. Ceux-ci doivent au contraire peser sur les responsables des dommages irréversibles provoqués à la collectivité à cause notamment de la pollution et de la consommation de ressources non renouvelables.

Lancer des actions pour garantir l’accès de tous à l’énergie en particulier en :

rééquilibrant la consommation d’énergie entre la partie riche de la planète – qui doit moins consommer – et la partie pauvre à laquelle il faut au contraire garantir à tout le monde le droit aux services énergétiques nécessaires. On peut diminuer la consommation sans retomber dans la pauvreté si l’on passe du modèle dispersif d’aujourd’hui à un usage de l’énergie plus intelligent, plus efficace et plus conscient des frontières physiques et écologiques de la planète. Pousser à augmenter la consommation d’énergie sous prétexte d’en augmenter l’offre est inutile, couteux et provoque des dommages. Il faut au contraire des réglements, des lois et des investissements dans les technologies qui garantissent des services énergétiques (chauffage, climatisation, et illumination, production industrielle, transports) à faible énergie primaire (le meilleur kwh est celui qui ne se produit pas). Et l’on peut garantir, en réduisant l’impact sur l’environnement, le développement pour ceux qui ne l’ont pas, si l’on évite de poursuivre le modèle polluant, irresponsable et néfaste des pays riches

en adoptant une législation, des systèmes tarifaires et fiscaux pour abattre les barrières qui empechent le recours efficace et rationnel à l’énergie

en abolissant les distorsions du marché et les encouragements en faveur du nucléaire et de la combustion des sources fossiles et des déchets. Il s’agira au contraire de diffuser des systèmes de promotion des sources renouvelables (par un soutien de facon différencé, selon les sources et les quantités d’énergie produite, comme par exemple dans le système allemand du compte-énergie, système déjà adopté par de nombreux pays)

en promouvant la formation, nécessaire à l’adoption des principes de suffisance pour satisfaire la demande de services énergétiques, pour rendre efficace leur fourniture et surtout pour diffuser les connaissances nécessaires à projeter, produire et gérer les technologies qui exploitent les sources renouvelables

en garantissant – par le biais de la création d’une agence des Nations Unies- la diffusion des technologies pour exploiter les sources renouvelables et l’utilisation rationnelle et efficace de l’énergie

promouvoir un modèle énergétique diffus, participé et démocratique gouverné par les réglements adoptés par les autorités publiques, qui permettent de transformer l’énergie non pas en une marchandise mais en un bien commun et en un droit et qui surtout donne aux habitants d’un territoire le droit de décider si et comment exploiter les ressources énergétiques particulières à leur terre

promouvoir un nouveau modèle de transport pour les personnes et pour les marchandises qui permette à tout le monde d’y accéder en tant que service défini sur la base des besoins. Il faut réaliser un système de transports plus collectif et varié, à basse consommation de ressources territoriales et énergétiques, à émissions polluantes et à altération climatique minimes. Un modèle qui encouragerait l’usage des pieds, de la bicyclette, des transports publics, qui libèrerait le sol pour le rendre à la vie communautaire. Sa diffusion devrait etre réalisée en planifiant :

la réduction des besoins de déplacement irrationnel

des choix infrastructurels de transport public sur le rail et sur l’eau

des innovations et une amélioration du rendement des moyens de transport individuels (diminution de la vitesse et des accélérations) soit pour les systèmes à traction (modèles hybrides et totalement électriques) soit pour les carburants (biocarburants et hydrogène vert à base de sources renouvelables

lancer des actions et provoquer des conflits capables de garantir la réalisation des objectifs du protocole de Kyoto (en contrastant un recours relatif au programme du commerce des émissions) et simultanément créer les conditions d’un nouveau protocole qui, ainsi que le réclame la communauté scientifique, engage les gouvernements à réaliser d’ici 2050 une diminution des émissions de gaz-serre du 8O pour cent par rapport à celles de 1990.

L’objectif stratégique que nous poursuivons avec ce contrat, sur la base d’actions articulées et différenciées entre pays riches et pays pauvres, est celui d’obtenir que la consommation d’ici l’an 2050 ne dépasse pas le seuil d’un tep/an par individu.

Word Contract on energy n.3

The contract commits its signatories to:

Act for a deeper reform of the rules and of the dominant economics thinking, in order to abandon the illusionary free trade dogma of continuous economic growth (blatantly conflicting with the fundamental principles of physics and of the ecosystem). Act to transform the respect for the constraints posed by the physical world, by nature and by the coexistence between peoples, into an opportunity for economic development and employment growth. A reform of the fiscal and tariff systems is necessary, starting from the removal of the perverse incentives granted to increase energy consumption and from the tax abatement for energy produced from renewable sources. Such a reform would considerably relieve the burden from the world of labour and shift the weight of revenue and welfare spending onto those who cause irreversible damages to the community, in particular on pollution and on non-renewable energy consumption.

Produce actions that guarantee access to energy for every one. In particular:

Balancing the energy consumption between the rich part of the planet, which must consume less, and the poor part, where the right to adequate energy services must be guaranteed. Reduce consumption patterns without falling back into poverty is possible, if we switch from today’s dissipative model to energy uses, more intelligent, efficient and conscious of the physical and ecological limits of the planet. Induce new energy consumption to justify the need for increased supply is useless, costly and detrimental. We need regulations, normative choices and investments in technologies that guarantee energy services (heath, cool and lighting, industrial production, transport) with a minor use of primary energy (the best kwh is the one not produced). It is possible to guarantee development to those without it, limiting the environmental impact, and avoiding going after the polluting, irresponsible and fatal model of the richer countries.

Adopting legislation and fiscal and tariff systems that remove the barriers to an efficient and rational energy use.

Abolishing market distortions and any incentive in favour of nuclear energy, combustion of fossil fuels and waste, and diffusing systems for the promotion of clean renewable energy sources (providing incentives, differentiated by source, to the quantity produced, like for example the German feed-in tariff system).

Promoting educational initiatives necessary for the adoption of the principles of sufficiency in the demand for energy services and of efficiency in their delivery and useful in particular for the diffusion of the knowledge to plan, produce and manage the technologies that exploit renewable sources.

Guaranteeing the diffusion of technologies that enable the exploitation of renewable resources and the rational and efficient use of energy, through the creation of a specific United Nations agency.

Promote a distributed, participated and democratic energy model governed by plans and regulations established by public authorities. Such a model would make energy not a commodity but rather a right and a common good, entrusting the citizens of a territory with the right to choose if and how they would use the energy resources available on their land.

Promote a new model of mobility for both people and goods, guaranteeing in the first place the right to move to everyone, as a service based on needs. A more collective and multi-modal transport needs to be developed, including reduced consumption of land and energy resources, and minimal polluting and climate change emissions. A model linked to the concept of what is reachable, that favours walking, cycling, public transport, that frees ground and reclaims it to life in common. The diffusion of such a model must be realised by planning:

a reduction of the needs for mobility and of irrational travel, (less movements with motoring vehicles and increased use of feet and muscles to move about);

infrastructures choices for public transport on rail and sea;

innovations in individual transport means (reduction of weight and speed, with moderate acceleration) and in the fuelling systems (hybrid and totally electrical models) and in the fuels (biofuels and green hydrogen produced from renewables).

Produce actions and stimulate conflicts to guarantee the fulfilment of the Kyoto Protocol objectives (contrasting a programmatic recourse to emission trading) and at the same time create the conditions for a new protocol that commits Governments, as requested by the scientific community, to an 80% greenhouse gas emissions reduction by 2050 compared to 1990 levels.

The strategic objective we pursue with this contract, based on articulated and differentiated actions between rich and poor countries, is that per capita energy consumption shall not exceed one toe/year by 2050.

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Contratto mondiale per l' energia n.3

Il contratto impegna le forze che lo sottoscrivono a:

agire per una profonda riforma del pensiero economico dominante e delle sue regole, in modo da abbandonare lèillusorio dogma liberista dellèeterna crescita economica (in palese conflitto con i principi fondamentali della fisica e dellèecosistema) e per trasformare, il rispetto dei vincoli del mondo fisico, della natura e della convivenza fra i popoli, in opportunitè di sviluppo economico ed occupazionale. Eè necessaria una riforma fiscale e dei sistemi tariffari che, a partire dalla rimozione degli incentivi perversi allèaumento del consumo di energia e dalla detassazione dellèenergia prodotta da fonti rinnovabili, riduca sensibilmente nel mondo del lavoro il peso del fisco e della spesa sociale, che devono invece gravare su chi provoca danni irreversibili alla collettivitè e in particolar modo sullèinquinamento e sul consumo di risorse non rinnovabili

produrre azioni per garantire a tutti lèaccesso allèenergia, in particolare:

riequilibrando i consumi energetici fra la parte ricca del pianeta, che deve consumare meno, e quella povera, nella quale deve invece essere garantito a tutti il diritto a servizi energetici adeguati.

Ridurre i consumi senza ricadere nella povertè si puè, se dal modello dissipativo di oggi si passa ad usi dellèenergia piè intelligenti, piè efficienti e piè consapevoli dei limiti fisici ed ecologici del pianeta. Indurre nuovi consumi di energia per giustificare la necessitè di aumentarne lèofferta è inutile, costoso e dannoso. Servono invece regole, scelte normative e investimenti nelle tecnologie che garantiscono i servizi energetici (caldo, fresco, illuminazione, alimentazione, produzione, mobilitè) con un uso minore di energia primaria (il miglior kwh è quello che non si produce). Cosè come si puè garantire, limitando lèimpatto ambientale, lo sviluppo a chi non ce lèha, se si evita di inseguire il modello inquinante, irresponsabile e nefasto dei paesi ricchi

adottando legislazione, sistemi tariffari e fiscali che rimuovano le barriere allèuso efficiente e razionale dellèenergia

abolendo le distorsioni di mercato ed ogni incentivo in favore del nucleare e della combustione di fonti fossili e di rifiuti per diffondere invece sistemi di promozione delle fonti rinnovabili (con incentivazione, differenziata per fonte, della quantitè di energia prodotta, come per esempio nel sistema tedesco del conto energia, giè adottato da molti paesi)

promuovendo i percorsi formativi, necessari allèadozione dei principi di sufficienza nella domanda di servizi energetici, di efficienza nella loro fornitura e soprattutto utili alla diffusione delle conoscenze per progettare, produrre e gestire le tecnologie che sfruttano le fonti rinnovabili

garantendo attraverso la creazione di unèagenzia presso le Nazioni Unite, la diffusione delle tecnologie che permettono lo sfruttamento delle fonti rinnovabili e usi razionali ed efficienti dellèenergia

promuovere un modello energetico distribuito, partecipato e democratico, governato da regole, decise da autoritè pubbliche, che consentano di fare dellèenergia non una merce, ma un bene comune e un diritto e soprattutto lascino agli abitanti di un territorio il diritto di decidere se e come sfruttare le risorse energetiche di cui la loro terra è ricca

promuovere un nuovo modello di mobilitè per persone e merci, che in primo luogo ne garantisca a tutti il diritto, come servizio definito in base alla necessitè. Si deve realizzare un sistema di trasporto piè collettivo ed intermodale, a ridotto consumo di risorse territoriali ed energetiche, con minime emissioni inquinanti e climalteranti. Un modello collegato alla raggiungibilitè, che favorisca lèuso dei piedi, della bicicletta, dei trasporti pubblici, che liberi suolo per restituirlo alla vita in comune. La sua diffusione va realizzata pianificando:

una riduzione dei bisogni di mobilitè e degli spostamenti irrazionali

scelte infrastrutturali di trasporto pubblico su rotaia e acqua

innovazioni e miglioramento del rendimento dei mezzi di trasporto individuali (riduzione del peso della velocitè e con accelerazioni moderate) e nei sistemi di trazione (modelli ibridi e totalmente elettrici) e nei vettori energetici (biocarburanti appropriati ed idrogeno verde prodotto con fonti rinnovabili

promuovere un modello agro-alimentare energeticamente sostenibile.

Il modello agro-alimentare dei paesi industrializzati che si basa sulla agricoltura ed allevamento intensivi, con enorme impiego di prodotti chimici e farmaceutici, di carburanti ed acqua, deve essere modificato radicalmente, incentivando lèutilizzo di cibi di origine vegetale, coltivate localmente in modo biologico.

promuovere usi del territorio e politiche urbanistiche energeticamente sostenibili, che impediscano lèedificazione e la cementificazione selvaggie, fermino la deforestazione consentano un recupero di naturalitè dei suoli e una loro capacitè di trattenere il carbonio

produrre azioni e suscitare conflitti capaci di garantire la realizzazione degli obiettivi del protocollo di Kyoto (contrastando un ricorso programmatico al commercio delle emissioni) e contemporaneamente in grado di costruire le condizioni di un nuovo protocollo che come richiesto dalla comunitè scientifica impegni i governi a realizzare entro il 2050 una riduzione delle emissioni dei gas serra dellè80% rispetto a quelle del 90.

L'obiettivo strategico che perseguiamo con questo contratto è che, sulla base di azioni articolate e differenziate fra i paesi ricchi e quelli poveri, entro il 2050, i consumi non devono superare la soglia di un tep/anno ad individuo.

martedì 1 febbraio 2011

Fotovoltaico,incentivi troppo onerosi ? Intanto proviamo ad applicare la legge e non premiare i troppo furbi.

Il 25 gennaio 2011 un comunicato stampa del Gse ha annunciato 2.800 MW di potenza fotovoltaica gia' incentivati e 4.000 MW che hanno fatto domanda per poter usufruire della 129/2010*, dando per probabile una potenza installata di 7.000 Mw a fine 2010. Dalla stampa e' stato dato per certo che i 7.000 MW sono stati installati. Su Il Manifesto e' stato scritto "il GSE ha fatto sapere che l' Italia nel 2010 ha raggiunto 7.000 MW di potenza fotovoltaica installata" . Sul Sole24ore " l'Assosolare plaude alla notizia di 7000 MW installati a fine 2010 ". In effetti sono gia' arrivate al Gse dichiarazioni di fine lavori per 7.000 Mw e ne arriveranno altre per impianti allacciati nel 2010, io credo almeno 300-500 MW, che hanno ancora un mese di tempo per farlo.
Dunque le leggi conto energia, quella fino al 2010 e quella fino al 2013, sono troppo generose e per questo motivo la legge per il conto energia fino al 2013 va rivista ? Questo, se non sbaglio, e' stato scritto e detto da Sole24ore, Autority Energia, esponenti di Confindustria, ABI e qualche dubbio lo hanno anche le associazioni delle imprese fotovoltaiche.

STOP ! STOP ! Rivediamo il tutto al rallentatore !

E' vero che 4.000 MW che hanno chiesto la 129/2010 hanno dichiarato che i lavori sono finiti entro il 31/12 e questa dichiarazione l' ha fatta un tecnico abilitato. Questi impianti pero' devono essere sempre allacciati alla rete, devono sempre fare la domanda di incentivo, il GSE deve ancora verificare che abbiano diritto all' incentivo. Diro' di piu', le domande sono state fatte fino al 31 dicembre, il comunicato stampa GSE il 25 gennaio, ma il GSE che in 3 anni ha esaminato domande per 2.800 MW di potenza ha gia' esaminato in 25 giorni tutte le richieste per la 129/2010 pervenute (4.000 MW) ? Sono tutte state accettate ? Conoscendo i tempi del GSE ho i miei dubbi, molte domande potrebbero essere incomplete e da integrare. Ma io ho un altro dubbio , a cui accenna con piu' autorevolezza il GI-Fi, una delle associazioni delle imprese fotovoltaiche. Hanno tutte effettivamente finito i lavori ?
Sono stati annunciati controlli su questo, sono stati fatti ? E' pubblico l' elenco degli impianti che hanno fatto questa domanda ?

Prima di affermare che la legge e' troppo dispendiosa facciamo in modo che la legge sia applicata, cioe' che gli impianti che non hanno diritto all' incentivo 2010, non lo prendano. Quindi facciamo dei controlli accurati !

E faccio un' altra domanda, anzi una osservazione perche' le leggi parlano chiaro.

Un impianto terminato e allacciato nei primi 4 mesi 2011 prendera' gli incentivi (minori) del conto energia 2011; un impianto allacciato a giugno 2011 ma che ha dichiarato la fine lavori entro il 2010 prendera' gli incentivi del 2010 (maggiori).

Ha senso questo ?

Puo' darsi che in quello che ho scritto ci sia qualche errore, anche se ho letto e riletto il tutto piu' volte. Segnalatemi le cose non giuste e vedremo insieme se sono rilevanti o meno. Per ora sono sempre convinto di essere stato meno superficiale di altri.

*la legge 129/2010 consente ad impianti installati nel 2010 e allacciati nei primi sei mesi del 2011 di usufruire degli incentivi in vigore fino al 2010. Per impianti installati si intende impianti che hanno dichiarato il fine lavori, per impianti allacciati impianti che hanno iniziato a immettere nella rete elettrica l' energia prodotta.

Contratto mondiale dell' energia n.2

Uscire dal nucleare si deve perchè:

lèuranio non è una risorsa nè rinnovabile nè sostenibile e neppure lo sono i materiali per una ipotetica fusione nucleare

comporta seri problemi di sicurezza ed un enorme impatto ambientale legato alla produzione di scorie radioattive, che inevitabilmente si accumulano nellèecosistema e graveranno sulle future generazioni per migliaia dèanni

espone il mondo a rischi di proliferazione delle armi nucleari e al terrorismo

non è in grado di risolvere nè il problema energetico nè quello del cambiamento climatico. Le risorse di uranio non sono sufficienti per sperare di aumentare la capacitè installata in maniera tale da coprire una quota significativa della nuova domanda di energia, nè per sostituire la quota fossile. Non è, infatti, eludibile che i programmi per i reattori superveloci sono falliti e che la fusione non rientra nelle prospettive praticabili

ha dei costi diretti ed indiretti troppo elevati, che sono fatti gravare sulla societè

comporta un modello di generazione centralizzato, basato su centrali di elevata potenza, assai discutibile dal punto di vista della sicurezza e del diritto allèenergia. Un modello che richiede sistemi di gestione monopolistici, autoritari ed antidemocratici

Eè quindi irrealistico e da escludere uscire dai fossili rilanciando il nucleare.

Elettricitè e calore vanno invece prodotti con le risorse solari e poi utilizzati con razionalitè efficienza e senso del limite. Solo cosè si puè:

garantire a tutti lèaccesso allèenergia e di conseguenza combattere la povertè ed il sottosviluppo

limitare i cambiamenti climatici e lèinquinamento dellèaria, che lèattuale tipo di sviluppo produce

limitare lèimpatto ambientale e sociale della produzione e trasformazione di energia su larga scala, ivi inclusa la realizzazione di grandi dighe

ribaltare un paradigma energetico basato sul controllo centralizzato delle risorse, decentralizzando la produzione

favorire democrazia e partecipazione perchè sole vento biomasse, piè in generale le rinnovabili, sono fonti distribuite sul territorio, non monopolizzabili, come invece il petrolio, il carbone, il metano e il nucleare

Fonte www.marioagostinelli.it

Contrat mondial sur l' energie n.2

Abandonner les combustibles fossiles en relancant le nucléaire est irréaliste et il faut l’exclure car :

l’uranium est une ressource ni renouvelable ni soutenable

il comporte des problèmes sérieux de sécurité et un énorme impact sur l’environnement du à la production de déchets radioactifs qui s’accumulent inévitablement dans l’écosystème et pèseront sur les générations futures pendant des miliers d’années

il expose le monde aux risques de prolifération des armes nucléaires et au terrorisme

il n’est en mesure de résoudre ni le problème énergétique ni celui de la mutation climatique. Les ressources d’uranium sont insuffisantes pour penser d’augmenter la capacité de façon à couvrir une partie significative de la nouvelle demande d’énergie, ni pour remplacer la partie fossile. On ne peut pas oublier en effet que les programmes pour les réacteurs surgénérateurs ont échoué et que la fusion n’est pas inscrite dans une perspective praticable

il a des couts directs et indirects trop élevés que l’ont fait payer à la société

il correspond à un modèle centralisé, basé sur des centrales à puissance élevée, fort discutable du point de vue de la sécurité et du droit à l’énergie. C’est un modèle qui requiert des systèmes de gestion monopolistiques, autoritaires et antidémocratiques



Ce n’est qu’en produisant de l’électricité et de la chaleur avec les ressources solaires et en utilisant l’énergie produite de façon rationnelle et avec le sens des limites que l’on peut :

garantir à tous l’accès à l’énergie et par conséquent combattre la pauvreté et le sous-développement

limiter les mutations climatiques et la pollution de l’air que notre genre de développement produit

limiter l’impact de la production et de la transformation de l’énergie sur grande échelle y compris la réalisation de grandes digues

renverser un paradigme énergétique basé sur le contrôle des ressources en décentralisant la production

encourager la démocratie et la participation car le soleil, le vent, les biomasses et plus en général l’énergie renouvelable sont des sources distribuées sur le territoire qui ne sont pas monopolisables comme le pétrole, le gaz métane et le nucléaire



Le

Word contract on energy n.2

Phase out fossil fuels reviving nuclear is unrealistic and must be excluded. Nuclear must be abandoned because:

Uranium is neither a renewable nor a sustainable resource

It entails serious security risks and an enormous environmental impact linked to the production of radioactive waste, which inevitably accumulates in the ecosystem and will burden on the future generations for thousands of years

It exposes the world to the risks of nuclear weapons proliferation and terrorism;

It is unable to solve the energy and climate change problems. Uranium resources are not sufficient to hope for an increase in installed capacity in order to cover a significant quota of the new energy demand, and in fact it is unavoidable that the programmes for super fast reactors have failed so far, and that fusion is not part of the practicable options.

It has too high direct and indirect costs, which are imposed on the society

It entails a centralised generation model, based on large power plants, highly questionable from a security and the right to energy point of view. A model that requires monopolistic, authoritarian and antidemocratic management systems.

Only by producing electricity and heath with solar resources and using the energy produced rationally, efficiently and with a sense of the limit, it is possible to:

guarantee energy for all and thus tackle poverty and underdevelopment;

stop climate change and air pollution

favour democracy and participation, because renewable energy sources are widely available and cannot be monopolised, unlike oil, coal, methane and nuclear.

Fonte www.marioagostinelli.it