martedì 27 dicembre 2011

Petroplus perde in borsa 37%-Crisi raffinerie europee

In questo momento di gravissima crisi finanziaria,che prelude ad un' aggravamento della crisi dell'economia reale, ci stiamo dimenticando del problema greggio. Questa notizia ci racconta la crisi di un operatore nella raffinazione, tra calo di domanda e prezzi altissimi,99$ il WTI, 109 $ il Brent.
marcopa

Petroplus: banche congelano credito "indispensabile", crollo in Borsa
Stop a linea da 1mld $. Gruppo non puo' piu' comprare greggio Ginevra,

27 dic - Petroplus, maggiore raffinatore petrolifero indipendente europeo, ha reso noto che una linea di credito di circa un miliardo di dollari - ritenuta "indispensabile" per poter operare - e' stata congelata dai propri creditori.

Pesante la reazione del titolo in Borsa, dove in tarda mattinata cedeva oltre il 37% a 2,16 franchi, in un mercato che stazionava vicino alla parita'. Il gruppo svizzero, che si trova in stato di crisi a causa della sovraccapacita' che esiste in Europa nel settore, non ha spiegato le ragioni del disaccordo con le banche e comunque ha annunciato "di avere l'intenzione di continuare a trattare con le banche per un rapido ripristino delle linee di credito" e che sta "valutando ulteriori opzioni strategiche per mantenere in attivita' la propria rete europea di raffinazione e distribuzione".

Intanto il suo direttore finanziario, Joseph Watson, ha annunciato che "attualmente non possiamo piu' acquistare petrolio, tenuto conto che ne acquistiamo giornalmente 500 mila barili al giorno". Man- 27-27-12-11 10:40:03

Fonte www.corriere.it

mercoledì 21 dicembre 2011

Intervista del quotidiano L'Avvisatore Marittimo a Marco Palombo, Presidente dell' Associazione Italia Africa

L’AVVISATORE MARITTIMO
Giovedi’ 15 dicembre 2011
Quotidiano indipendente di informazione marittime e di politica economica
SPECIALE AFRICA
PARLA MARCO PALOMBO, PRESIDENTE DELL’ ASSOCIAZIONE ITALIA-AFRICA

Impariamo a credere nell’ Africa
Prospettive? In Algeria, Tunisia e Marocco la ripresa sara’ piu’ veloce

Far conoscere e favorire la diffusione delle energierinnovabili, in particolare quelle solari, nel continente africano, educare all’ uso delle risorse naturali del pianeta e promuovere una cultura di pacifica collaborazione tra le realta’ piu’ industrializzate e quelle in via di sviluppo. Sono questi i principali obiettivi dell’ Associazione Internazionale Italia Africa, creata a Roma il 30 novembre 2010 dall’ attuale presidente Marco Palombo e attiva soprattutto in Africa con progetti gia’ avviati in Senegal e Nigeria.

Dott. Palombo si poteva forse prevedere quanto e’ successo in Nord Africa in questi ultimi mesi ?
Direi di si, perche’ in molti casi, come quello libico, la situazione era arrivata al limite del collasso. E poi dall’ Italia ci siamo sempre fatti un’ idea sbagliata delle popolazioni che soprattutto negli ultimi anni, anche per l’ uso dei nuovi mezzi di comunicazione, hanno raggiunto nella media un buon livello culturale. La nostra colpa, quella dell’ Italia cosi’ come del resto dell’ Europa, e’ stata quella di non avere visto per tempo una situazione che era destinata ad esplodere. Oggi la fase piu’ critica si sta vivendo in Libia dove con la guerra e’ stato distrutto quasi tutto, quella migliore invece e’ forse in Marocco.

Quando potranno riprendere con regolarita’ gli scambi commerciali verso questi paesi ?
Questo e’ molto difficile dirlo non solo perche’ la situazione politica di questi territori e’ in continuo divenire ma anche perche’ ci sono circostanze differenti in tutto il Nord Africa. Indubbiamente ci sono stati e ci saranno grandissimi problemi soprattutto per le piccole e medie imprese che piu’ di altre avranno difficolta’ a riprendersi dalle perdite che hanno avuto in questi mesi di mancato lavoro. Per quanto riguarda la Libia, ad esempio, c’e’ un momento di grandissima difficolta’ perche’ tutto dovra’ essere ricostruito dopo che e’ stato distrutto dalla violenza dei bombardamenti. Diversa e’ invece la situazione in Algeria, Tunisia e Marocco dove si potra’ avere una ripresa piu’ veloce.

E i rapporti con l’ Italia ? D’ ora in avanti miglioreranno rispetto a prima ?
Le relazioni future non potranno che subire un netto miglioramento ma questo avverra’ solamente dopo un momento di comprensibile assestamento. Questi paesi hanno deciso di intraprendere una difficile strada verso regimi democratici che di certo non sortira’ un effetto immediato. Ci vorranno mesi, forse anni ma sicuramente la via intrapresa e’ quella giusta.

L’Italia ha sempre lavorato con i paesi nordafricani adesso e’ arrivato il momento di dialogare con il continente

Perche’ l’ Italia, rispetto ad altri, dovrebbe rappresentare un canale privilegiato nei rapporti con l’ Africa ?
Prima di tutto per la sua posizione geografica. E poi perche’ il nostro passato coloniale, per quanto non sia stata una parentesi edificante, ha avuto un periodo di vita molto limitato. Durante tutto il periodo della Prima Repubblica, l’ Italia ha sempre avuto un rapporto autonomo con tutto il mondo arabo e questo ha favorito l’ instaurarsi di ottimi rapporti. Adesso e’ arrivato il momento di fare molto di piu’ e non solo con tutto il Nord Africa ma con l’ intero continente. Si potrebbero aprire dei vantaggi enormi, da entrambe le parti, basta pensare alle risorse naturali che ci sono in questi territori e che non sempre vengono valorizzate. Mi riferisco anche alla zona subsahariana , un’ area estramamente povera ma con grandi potenzialita’ che non sono state mai sfruttate. A Brazzaville, in Congo, e’ stata costruita una nuova struttura portuale sul fiume per l’ esportazione d’ avorio e di caucciu’ , ci sono allo studio altri progetti e questo potrebbe rappresentare un primo incentivo verso una crescita economica. Non servono grandi investimenti ma scelte intelligenti e mirate, basterebbe davvero poco.

Perche’ un operatore italiano dovrebbe decidere di investire in Africa e non altrove ?
La difficolta’ maggiore, guardando l’ intero continente, e’ sicuramente quella di entrare in contatto con una mentalita’ molto differente dalla nostra e spesso di avere a che fare con governi che soprattutto prima erano deboli e corrotti. Poi in molte aree c’e’ il problema dell’ energia elettrica, spesso discontinua e che non favorisce una corretta produzione industriale. Ma sono terre che hanno ricchezze enormi , abbondanza di materie prima, con una popolazione che cresce anno dopo anno e non vuole piu’ vivere in una condizione di poverta’ e arretratezza. La manodopera costa molto poco , ancora meno rispetto all’ est Europa. Solo in Africa ci sono queste possibilita’ di sviluppo, margini di miglioramento enorme che si possono solo immaginare.

L’Associazione Internazionale Italia Africa e’ nata da poco piu’ di un anno , attualmente di quali progetti vi state occupando ?
Per il momento in Italia siamo attivi nel Lazio, a Roma e presto lo saremo anche in Toscana con un nostro ufficio distaccato . il nostro primo obiettivo e’ quello di portare la cultura dell’ energia rinnovabile in Africa e proprio su questo argomento stiamo lavorando per aprire una scuola in Nigeria, dove formare tecnici ed esperti che possano poi restare e lavorare nel territorio.

lunedì 19 dicembre 2011

Africa- Next-Energy, un nuovo fondo per lo sviluppo delle rinnovabili nel continente

NextEnergy: nuovo fondo per lo sviluppo delle rinnovabili in Africa19-12-2011

E’ la nuova iniziativa della merchant bank NextEnergy Capital: il fondo ha un obiettivo di raccolta 400 milioni di euro finalizzati allo sviluppo di progetti etici nelle energie rinnovabili, nel business ambientale e nelle tecnologie sostenibili nel Continente africano

L’obiettivo è coinvolgere investitori qualificati americani, europei e sudafricani. "L’80% circa del fondo sarà utilizzato per la realizzazione d’impianti di generazione già autorizzati e di progetti infrastrutturali, mentre il restante 20% finanzierà lo sviluppo d’impianti in fase di autorizzazione e di tecnologie pulite in early-stage. - si legge in un comunicato - Una parte dei profitti del fondo, infine, andrà a sostegno di una Fondazione che ha lo scopo di diffondere l’approccio dell’impact investment (l'innovativa strategia per coniugare ritorni finanziari e impatti sociali e ambientali sulle comunità locali, su cui è basato il fondo ix:Africa, ndr) ad altre iniziative sociali in altri settori, quali alimentare, housing e sanitario".

Parallelamente alla raccolta di capitale, NextEnergy Capital ha dotato ix:Africa di capitale di avviamento per realizzare i primi progetti, tra cui un progetto-pilota (per la dimostrazione dei ritorni e degli impatti positivi generati) in collaborazione con la Banca per lo Sviluppo Sudafricana, per la realizzazione di un impianto fotovoltaico da 6,5 MW in Sudafrica. L’installazione pilota di ix:Africa sarà realizzato nella regione di Waterberg, 300 chilometri a nord di Johannesburg. L¹impianto, del valore complessivo di 18 milioni di euro, creerà 355 nuovi posti di lavoro in fase di costruzione, altri 125 posti per la produzione dei moduli fotovoltaici nel paese e 85 posti nel lungo termine (25 anni) nella regione.

Ix:Africa ha inoltre acquisito una quota pari al 20% di AfriTrak, società detentrice di un brevetto per un sistema di installazione di inseguitori per il fotovoltaico che sarà utilizzato nella costruzione dell’impianto nella regione di Waterberg. AfriTrak prevede di installare impianti fotovoltaici per 360 MW di potenza nel sud dell’Africa nei prossimi 5 anni, creando 5.000 nuovi posti di lavoro nel lungo periodo.(f.n.)

Fonte www.zeroemission.eu

domenica 4 dicembre 2011

Syrie-Appel urgent pour mettre fin a l'intervention militaire etrangere en Syrie et retablir les droits humains et le respect de la legalite

Syrie NO WAR

Appel urgent pour mettre fin à l'intervention militaire étrangère en Syrie et rétablir les droits humains et le respect de la légalité.

Nous, soussignés organisations humanitaires ( ONG) pour les droits humains, vous exhortons à mobiliser les Nations Unies et la communauté internationale à prendre des mesures immédiates pour faire cesser toute intervention militaire étrangère contre la Syrie, et au contraire, d'agir de bonne foi pour une honnete médiation. Il est essentiel d’agir rapidement. Nous demandons d'agir de bonne foi pour rejoindre une vraie médiation pacifiques.

Au cours des derniers mois, nous avons observé une augmentation constante des campagnes de presse qui présentent seulement une vision partielle et pas vérifiée ce qui passe en Syrie. La même chose s'est produite aussi dans le cadre des préparatifs à l'intervention étrangère en Libye.

Nous savons qu'il ya des affrontements violents entre les troupes gouvernementales et les insurgés armés de l'auto-proclamé " Armée Libérée Syrienne " avec des bases en Turquie, près de la frontière syrienne. Et nous savons que ces conflits provoquent une énorme nombre de morts parmi les civils, qui sont toujours les premières victimes de n’importe quel conflit. Il semble donc clair que les deux côtés armées ont des responsabilités.

Mais un'ingérence militaire étrangère n'est pas une bonne façon de protéger les droits civils et humains.

NOUS affirmons avec force que:

1) le projet de «intervention militaire humanitaire» en Syrie est la pire des solutions et il ne peut pas revendiquer aucune légitimité, car on ne peut pas obtenir la protection des droits humaines par un'intervention armée;

2) En effet, l'histoire récente montre que, les résultats inévitables de l'intervention armée étrangère, sont des violations massives des droits, comme en Libye;

3) La contrebande d'armes dans une zone de conflit alimente seulement une guerre «civile» et ce doit être arrêtée;

4) On ne peut pas autoriser que une scénario libyenne prende place en Syrie aussi, c'est à dire une «no-fly zone" qui se transforme en une intervention militaire directe suivie par des massacres et des violations massives des droits.


Nous exhortons donc la COMMUNAUTÉ INTERNATIONALE pour favoriser:

1. Un cessez le feu sur les deux côtés et une médiation neutre entre les parties: nous rappelons que la proposition faite par certains pays d'Amérique latine à partir du groupe Alba semble être accueilli aussi par l'opposition non-armée

2. Des mesures pour arrêter l'ingérence militaire et politique étrangère en Syrie visant à déstabiliser le pays (et éventuellement toute la région);

3. Restauration de la Syrie dans le bloc régional;

4. Fin des sanctions actuelles qui portent atteinte à des civils;

5. Une mission internationale d'enquête par les pays et les organisations neutres pour établir la vérité sur les conditions de vie en Syrie;

6. Une enquête menée par les observateurs internationaux neutres sur les accusations et sur les nouvelles rapports en provenance de Syrie et qui, à présent, il n'a pas été possible de vérifier.

Per firmare la petizione
www.peacelink.it

mercoledì 30 novembre 2011

Fotovoltaico, inizia la promettente avventura Sudafricana

Nasce il primo impianto fotovoltaico in Sud Africa
30-11-2011

Si tratta dell'impianto di Sunninghill (Johannesburg), che, con una capacità di 400 kw, è costituito da una copertura di 180 posti auto, nel parcheggio della sede centrale dell'Eskom, l'azienda elettrica nazionale
Inaugurato il primo impianto FV del Sud Africa Il progetto presentato in occasione della 17 ° Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP17) che si tiene in questi giorni a Durban è costituito da una copertura centrale di 180 posti auto, nel parcheggio della sede centrale dell'Eskom, l'azienda elettrica nazionale, che produrrà 675 MWh all'anno e fornirà il 5% del fabbisogno energetico. L'inaugurazione di questo impianto, lo scorso 25 novembre, ha segnato l'inizio del grande piano di sviluppo delle energie rinnovabili per il Sud Africa, un paese dove il carbone è attualmente l'energia dominante. Il complesso solare è stato sviluppato dalla joint venture tra Divisione Energia di Guma Gruppo e la società francese Coruscant, ingaggiati per sviluppare anche ulteriori progetti fotovoltaici nel paese.

"Siamo molto orgogliosi di questo primo progetto che è all'avanguardia nel campo delle energie rinnovabili - ha detto Robert Matana Gumede, amministratore delegato del gruppo Guma - il fotovoltaico è un metodo di produzione di energia in forte crescita. Questo progetto sarà il fiore all'occhiello della nostra strategia di produrre energia non inquinante ". L'ingegneria e le competenze nel settore fotovoltaico sono state seguite da Coruscant, mentre la costruzione è stata assegnato a imprese locali. Le attrezzature, compresi i 2600 metri quadrati di moduli fotovoltaici e le strutture di supporto sono state prodotte in Sud Africa. Inoltre, l'80% del bilancio totale di 1,2 milioni di euro è stato speso a livello locale, in conformità con l'obiettivo fissato dal governo sudafricano di sviluppare in loco le attività legate alle energie rinnovabili. (h.b.)

Fonte www.zeroemission.eu

domenica 27 novembre 2011

Climate change: Occupy Durban ?

Climate change: Occupy Durban?
I Paesi vulnerabili e gli anti-carbon market annunciano forti proteste alla Cop17 Un


Umberto Mazzantini

Secondo The Guardian «I Diplomatici di alcuni Paesi emergenti potrebbero "occupare" i negoziati sul clima delle Nazioni Unite che iniziano lunedì a Durban, organizzando sit-in e boicottaggi per la mancanza di urgenza nei colloqui». A lanciare l'idea è stato José María Figueres, ex presidente della Costa Rica, ex manager del Davos world economic forum e che, tra l'altro, è anche fratello di Christiana Figueres, la segretaria esecutiva dell'United Nations framework convention on climate change (Unfccc) che organizza la Conferenza delle parti in Sudafrica.

La settimana scorsa, mentre partecipava al Climate vulnerable forum in Bangladesh, la tv OneWorld gli ha chiesto «Ha espresso la sua simpatia per il movimento Occupy Wall Street e chiesto un Occupy Durban. Cosa pensa che possa ottenere?» e José María Figueres ha risposto: «I disordini di Londra e gli indignados di Madrid e l'ormai sempre più globale movimento Occupy Wall Street sono il segno della frustrazione sentita da molti, dato che non stiamo rispondendo ai loro bisogni economici. Quindi, rispetto al clima forse abbiamo bisogno di un Occupy Durban. Un sit in delle delegazioni dei Paesi che sono più colpiti dai cambiamenti climatici, che stanno andando da una Cop alla prossima Cop ed alla Cop successiva senza ottenere risposte positive e concrete sui temi sui quali vogliono un accordo». Poi ha aggiunto che «I Paesi vulnerabili devono rifiutarsi di lasciare i colloqui fino a quando non saranno stati fatti sostanziali progressi. Ho invitato tutti i Paesi vulnerabili a "occupare" Durban. Abbiamo bisogno di una espressione di solidarietà da parte delle delegazioni dei Paesi che sono più colpiti dal cambiamento climatico, che vanno da una riunione all'altra senza ottenere risposte sulle questioni che devono essere affrontate. Siamo andati a Copenhagen con l'illusione che potessimo raggiungere un accordo equo. Siamo andati a Cancún, dove abbiamo visto un leggero, ma non sufficiente, progresso. La frustrazione è profonda e sta crescendo. Ora sentiamo che non abbiamo più bisogno di conferenze. Questa volta dobbiamo fare sul serio. Dovremmo andare a Durban con la ferma convinzione che non torneremo fino a quando non avremo fatto sostanziali progressi».

Il portavoce del G77 dei Paesi in via di sviluppo alla Cop17 non ha voluto commentare, ma un ambasciatore a Durban citato dal Guardian ha detto: «Il movimento Occupy Wall Street e il movimento Occupy the Climate Change negotiations affrontano lo stesso problema. Abbiamo bisogno di questo se vogliamo avere qualche risultato positivo, altrimenti sarà peggio di Cancún. Qui, nei corridoi, si parla di occupare le sale riunioni, ma ci potrebbero essere sanzioni. Quindi bisogna stare all'interno con i "grandi", in modo da avere un impatto e che nessuno venga punito. Siamo all'inizio...».

Il portavoce dei 53 Paesi dell' Africa group, Seyni Nafo, ha detto: «Comprendiamo la situazione in Europa e in Giappone, ma sembra che ora il cambiamento climatico non faccia più parte dell'agenda globale. Deve essere presa in considerazione un'azione globale che potrebbe renderla visibile. Stiamo esplorando molte vie ed opzioni. Dovete prenderle sul serio». Un avvertimento da non sottovalutare, visto che nel 2009, ai climate change talks di Barcellona, proprio un'azione radicale di boicottaggio ed occupazione da parte Paesi africani, costrinse i Paesi ricchi a promettere maggiori sforzi sul taglio delle emissioni entro il 2020.

Anche l'Alliace os small islands States, che riunisce alcuni i Paesi insulari più a rischio per il global warming, si è detta pronta a qualsiasi iniziativa per impedire quelle che ha definito mosse «Sconsiderate e irresponsabili» contro l'approvazione di un nuovo trattato.

«E fuori dell'International convention centre di Durban, nella società più vasta, c'è una potenziate primavera del clima, come la primavera Araba?», ha chiesto OneWorld a Figueres che ha risposto: «La storia dell'umanità dimostra che è sempre stata una grande crisi a farci muovere».

Patrick Bond, direttore del Centre for civil society dell'università sudafricana del KwaZulu-Natal, non ha dubbi: «La crisi è sicuramente sopra di noi, con più di 300.000 persone che, secondo demografi, muoiono ogni anno a causa dei cambiamenti climatici - scrive sul Mercury - L'Unfccc potrebbe essere all'altezza di una potenziale governance globale, ultimamente a ha realizzato il Protocollo di Montreal del 1987 che vieta i Cfc per salvare il buco dell'ozono, o invece Durban sarà conosciuta come la Conference of Polluters (Conferenza degli inquinatori, ndt) il luogo dove moriranno il meccanismo del protocollo di Kyoto e gli impegni per bloccare-tagliare le emissioni, mentre la macchina del carbon trading è rimasta all'1%, perché si è scelto di giocare a questo d'azzardo sul clima? Anche se la banca Ubs di Zurigo la scorsa settimana ha predetto il totale collasso dell'European Union's Emissions Trading Scheme nei prossimi mesi, sembra che soffriremo per un secondo collasso quando la Cop17 chiuderà il 9 dicembre. Così, per salvare il pianeta e le persone, il 99% dovrebbe sfidare la mentalità "for-profit" dell'Unfccc. Il 10 novembre è arrivata nella mia casella di posta elettronica una e-mail interessante: "L'Occupy movement che sta invadendo il pianeta fa luce sui sistemi ingiusti che beneficiano ad un piccolo gruppo di elite individuali e corporations, consolidando ricchezza e potere per pochi a scapito della stragrande maggioranza degli abitanti del mondo e del pianeta nel suo complesso". Secondo l'e-mail: «La Cop17 non farà nulla per affrontare questo squilibrio di potere e di risorse e invece darà a quelle stesse persone e istituzioni che hanno causato la rovina il controllo economico della nostra terra, dell'acqua e dell'atmosfera, non sarà che un commercio, nient'altro che denaro per fare commodity». Una risposta a questo anonimo emailer è "Occupy Cop17", che considera l'Unfccc "I buffoni delle Nazioni Unite, clown e criminali del carbonio" ed è difficile argomentare contro, sulla base delle 16 prestazioni passate».

L'organizzazione sudafricana "Occupy Cop17" denuncia: «Le stesse persone responsabili della crisi finanziaria globale sono pronte a prendere il controllo della nostra atmosfera, terra, foreste, montagne e corsi d'acqua. Vogliono istituire carbon markets che renderanno miliardi di dollari ad un'elite di pochi, mentre la terra e le risorse dei molti. Dobbiamo organizzaci per proteggere il pianeta e salvaguardare coloro che dipendono dalla difesa dei nostri ecosistemi»

Secondo Bond, «Ci sono molti sudafricani con genuine rimostranze che faranno parte dello scenario di protesta del movimento anti-Cop17, in parte a causa della cattiva gestione dell'energia della Eskom (più centrali elettriche a carbone, come ha denunciato Greenpeace, bloccando la costruzione della Eskom a Kusile la scorsa settimana) e dell'elettricità (prezzi alti per le masse e basso prezzo per Anglo American e Bhp Billiton). Altri verranno mostrati solo per fare polverone: Business Day la settimana scorsa titolava in prima pagina, "Malema supporters to disrupt climate conference", sulla scia della bastonatura che il comitato disciplinare dell' African national congress (il partito al potere in Sudafrica, ndr) ha dato alla leadership della Youth League».

Per coloro che si occupano seriamente di giustizia climatica, alcune delle riflessioni più interessanti del 99% thinking e sulle alternative pratiche saranno al People's Space, ospitato dal campus universitario dell'Howard College dell'università del KwaZulu-Natal, a partire dalla con la Conferenza dei giovani che si tiene dal 25 al 27 Novembre, e che poi sarà aperto al pubblico dal 28 novembre fino al 9 dicembre. Le notti "teach-in" al Centre for Civil Society aggiungeranno rigore accademico alla passione degli attivisti ambientali e sociali che saranno a Durban, dove è previsto l'arrivo di centinaia di delegati per la Pan African Climate Justice Alliance e per a Rural Women's Assembly e per una miriade di eventi della C17, organizzata dal Civil society committee for Cop 17.

Bond conclude: «Quel che unisce People's Space, Occupy Durban e la marcia del Global Day of Action del 3 dicembre è un certo grado di scetticismo per quel che l'1% sta cucinando all'interno delle fumose stanze dell' Unfcc all'International convention centre di Durban, e un genuino rispetto per il potere del popolo che ancora ed ancora risorge nei luoghi meno attesi».

Fonte www.greenreport.it

venerdì 25 novembre 2011

Appello:l'emergenza nucleare non e' finita-Baracca,Ferrari,Nebbia,....

APPELLO AI MOVIMENTI REFERENDARI: L’EMERGENZA NUCLEARE NON È FINITA

Promotori: Angelo Baracca,Ernesto Burgio, Giorgio Ferrari, Antonio Marchisio, Ugo Mattei, Vincenzo Miliucci, Giorgio Nebbia, Giorgio Parisi, Roberto Romizi, Alex Zanotelli

La vittoria nelle consultazioni referendarie del 12-13 giugno ha allontanato le minacce immediate, ma non ha affatto chiuso la partita, su nessuno dei fronti aperti.

Assistiamo al costante tentativo di svuotare i risultati dei referendum e stravolgere l’esplicita volontà popolare per quanto riguarda la privatizzazione dei servizi pubblici.

Il referendum sul nucleare ha sventato la minaccia di una ripresa dei programmi di energia nucleare civile nel nostro paese, e rimane forse quello che ha conseguito un risultato più duraturo, anche se non si può escludere che nei prossimi anni il tentativo si ripeta, se non riusciremo a creare un fronte internazionale che sia in grado di battere definitivamente il potere dell’industria nucleare, imponendo la fine della follia nucleare in tutto il mondo. L’obiettivo non è affatto utopistico, se si considera l’aumento dell’opposizione all’energia nucleare in tutti i paesi del mondo; l’insostenibiltà economica, oltre che ambientale, della tecnologia nucleare, che si regge solo sui lauti sussidi pubblici e sull’esternalizzazione di costi scaricati sulla collettività e le generazioni future; le gravissime difficoltà economiche in cui versa l’industria nucleare per il fatto che il tanto decantato rilancio del nucleare non sta affatto avvenendo, e dopo l’incidente dell’11 marzo 2011 in Giappone subirà ulteriori rallentamenti; la persistente minaccia di nuovi gravi incidenti nucleari, che ci riguarda direttamente per la prossimità al nostro paese delle centrali nucleari francesi..

Ma vogliamo richiamare l’attenzione del movimento – comprensibilmente centrato oggi sul fronte delle lotte legate alla crisi economica ed all’attacco alle condizioni di vita e di lavoro di tutta la popolazione, in primo luogo delle giovani generazioni – sul fatto che neanche in Italia ci si può cullare sugli allori della vittoria referendaria, perché l’emergenza nucleare nel nostro paese non è affatto chiusa, da un quarto di secolo si sta incancrenendo, ed è destinata ad aggravarsi.

I quantitativi di residui radioattivi, di diversa pericolosità e natura, esistenti in Italia non sono certo esorbitanti rispetto a quelli di altri paesi, ma sono stoccati in depositi temporanei (in un paese come il nostro dove il temporaneo diviene spesso definitivo) sulla cui sicurezza, da ogni punto di vista, è più che legittimo dubitare anche perché l’Agenzia per la sicurezza nucleare non è ancora divenuta operativa, mentre lo smantellamento (decommissioning) dei quattro impianti nucleari è appena agli inizi. Gli utenti elettrici italiani pagano ancora, e chissà per quanti decenni, una quota non indifferente (circa 400 milioni di euro all’anno) nella bolletta elettrica per la gestione di questi problemi.

Il procedere delle operazioni di decommissioning porterà ad un notevole aumento dei quantitativi di scorie nucleari; mentre gran parte dei residui ad alta attività e pericolosità derivanti dal ritrattamento del combustibile irraggiato delle nostre centrali, temporaneamente custoditi in Francia e Inghilterra, rientrerà in Italia nei prossimi anni. Tutto ciò riporta all’ordine del giorno la realizzazione del deposito nazionale delle scorie nucleari che, anche se respinto dalle popolazioni della Basilicata nella versione improvvisata del 2003, è stato riproposto dai recenti atti legislativi non abrogati dallo scorso referendum.

Pur rendendoci conto della complessità dell’attuale congiuntura economica e politica, riteniamo pertanto necessario e doveroso richiamare l’attenzione di tutto il movimento anche su questi problemi, ed invitiamo in particolare le forze che si impegnarono attivamente sul referendum contro i programmi nucleari a ritrovare occasioni di confronto per riprendere l’iniziativa politica su questi problemi che si stanno incancrenendo, prima che esploda qualche nuova vera e grave emergenza.

Promotori

Angelo Baracca
Ernesto Burgio
Giorgio Ferrari
Antonio Marchisio
Ugo Mattei
Vincenzo Miliucci
Giorgio Nebbia
Giorgio Parisi
Roberto Romizi
Alex Zanotelli

Si può sottoscrivere l’appello sul sito:
http://www.siacquapubblica.it/
Giovedì 17 Novembre,2011 Ore: 22:12

Fonte www.ildialogo.org

mercoledì 16 novembre 2011

Ottobre 2011,la produzione di energia elettrica da fotovoltaico il 4% della domanda italiana

“A ottobre produzione al 4,15% della domanda nazionale”

La produzione fotovoltaica ha fatto registrare l’ennesimo boom con una crescita del 595,1% rispetto a ottobre 2010 (da 164 GWh a 1140 GWh) confermando un trend positivo che prosegue ormai dall'inizio del 2011: nei primi dieci mesi dell’anno , la produzione da fotovoltaico ha infatti coperto il 2,85% della domanda nazionale
Fotovoltaico, ''A ottobre produzione al 4,15% della domanda nazionale'' Cresce di mese in mese il “peso” del fotovoltaico nel mix elettrico nazionale. Secondo l’ultimo report mensile di Terna sul sistema elettrico, a fronte di una domanda complessiva di 27.436 GWh (- 1,3% rispetto a ottobre 2010), il contributo dell’elettricità dal sole ha raggiunto il mese scorso il 4,16% del totale.

La produzione fotovoltaica ha fatto registrare l’ennesimo boom con una crescita del 595,1% rispetto a ottobre 2010 (da 164 GWh a 1140 GWh) confermando un trend positivo che prosegue ormai da diversi mesi: nei primi dieci mesi dell’anno, la produzione da fotovoltaico ha infatti coperto il 2,85% della domanda energetica superando quella da fonte eolica di 537 GW. Quest’ultima fa comunque registrare una crescita (+18,3% da 742 GWh di ottobre 2010 a 878 GWh del mese scorso) come del resto la fonte geotermica (+3,5%, da 429 GWh a 444 GWh), ma è il fotovoltaico che fa sempre più la parte del leone nel mix verde italiano arrivando a compensare abbondantemente anche il calo della produzione idroelettrica (-15,1 rispetto a ottobre dell’anno scorso). Su questo dato invita a riflettere Anie/GIFI che sottolinea come la crescita del fotovoltaico vada a beneficio soprattutto delle migliaia di cittadini e imprese che hanno deciso di puntare su questa fonte energetica.

In questa prospettiva si colloca l’impegno dell’associazione, che rappresenta la filiera fotovoltaica italiana a 360°, a favore di progettisti e installatori. Un impegno ancora più importante alla luce dei recenti sviluppi di mercato, in seguito all’emanazione del dm 5 maggio 2011 (Quarto Conto Energia), che vedono il segmento retail (residenziale, PMI e coperture commerciali, industriali e agricole) acquistare un volume sempre più consistente. In questa direzione va la nuova iniziativa lanciata da Anie/Gifi, con la quale ha aperto le proprie anche a questi professionisti specializzati della filiera: il Road Show che presenta l’iniziativa farà tappa in questi giorni anche...


Cresce di mese in mese il “peso” del fotovoltaico nel mix elettrico nazionale. Secondo l’ultimo report mensile di Terna sul sistema elettrico, a fronte di una domanda complessiva di 27.436 GWh (- 1,3% rispetto a ottobre 2010), il contributo dell’elettricità dal sole ha raggiunto il mese scorso il 4,16% del totale. La produzione fotovoltaica ha fatto registrare l’ennesimo boom con una crescita del 595,1% rispetto a ottobre 2010 (da 164 GWh a 1140 GWh) confermando un trend positivo che prosegue ormai da diversi mesi: nei primi dieci mesi dell’anno, la produzione da fotovoltaico ha infatti coperto il 2,85% della domanda energetica superando quella da fonte eolica di 537 GW. Quest’ultima fa comunque registrare una crescita (+18,3% da 742 GWh di ottobre 2010 a 878 GWh del mese scorso) come del resto la fonte geotermica (+3,5%, da 429 GWh a 444 GWh), ma è il fotovoltaico che fa sempre più la parte del leone nel mix verde italiano arrivando a compensare abbondantemente anche il calo della produzione idroelettrica (-15,1 rispetto a ottobre dell’anno scorso).

Su questo dato invita a riflettere Anie/GIFI che sottolinea come la crescita del fotovoltaico vada a beneficio soprattutto delle migliaia di cittadini e imprese che hanno deciso di puntare su questa fonte energetica.
In questa prospettiva si colloca l’impegno dell’associazione, che rappresenta la filiera fotovoltaica italiana a 360°, a favore di progettisti e installatori. Un impegno ancora più importante alla luce dei recenti sviluppi di mercato, in seguito all’emanazione del dm 5 maggio 2011 (Quarto Conto Energia), che vedono il segmento retail (residenziale, PMI e coperture commerciali, industriali e agricole) acquistare un volume sempre più consistente. In questa direzione va la nuova iniziativa lanciata da Anie/Gifi, con la quale ha aperto le proprie anche a questi professionisti specializzati della filiera: il Road Show che presenta l’iniziativa farà tappa in questi giorni anche Enersolar+, la grande kermesse che è partita oggi a Fieramilano Rho.

“La formazione e l’aggiornamento dei progettisti e degli installatori – spiega Valerio Natalizia, presidente Anie-Gifi– è uno dei punti fondamentali del mio mandato. Grazie al Road Show abbiamo la possibilità di avvicinarci ulteriormente al tessuto lavorativo nazionale in un ottica di rilancio economico nazionale iniziato la scorsa domenica con l’approvazione della Legge di Stabilità e l’insediamento del nuovo esecutivo, con il quale è nostra intenzione collaborare sin da subito per garantire un sano sviluppo del mercato, un adeguato supporto all’industria fotovoltaica italiana, la creazione di ulteriori posti di lavoro e una sempre crescente indipendenza energetica del nostro paese”.

L’appuntamento è per venerdì 18 novembre 2011 alle ore 14:30 nella sala Fermi del Padiglione 1 a Fieramilano Rho. I

Fonte www.zeroemission.eu

martedì 15 novembre 2011

Il prezzo del polisilicio (e di conseguenza dei moduli FV) e' crollato del 93% in tre anni

Bloomberg: il prezzo del polisilicio è crollato del 93% in tre anni

Il costo del semiconduttore, alla base del funzionamento di microchip e celle fotovoltaiche, è precipitato da 475 dollari al kg a 33 dollari al kg. Una tendenza tra l'altro destinata a proseguire anche nei prossimi mesi. Risultato: insieme al prezzo del polisilicio crolla anche il costo dei moduli fotovoltaici
Lingotto di polisilicio Il prezzo del polisilicio, il semiconduttore alla base del funzionamento di microchip e celle fotovoltaiche, è crollato del 93% negli ultimi tre anni, da 475 dollari al kg a 33 dollari al kg, tendenza tra l'altro destinata a proseguire anche nei prossimi mesi. La causa è, secondo un articolo di Bloomberg, è un surplus di produzione da parte dei principali produttori della materia prima. Risultato: insieme al prezzo del polisilicio crolla anche il costo dei moduli fotovoltaici, che dipende per almeno un quarto da quello del semiconduttore.

Se la filiera fotovoltaica risente maggiormente del drastico calo dei prezzi del polisilicio, rispetto all’industria informatica, dipende dal fatto che la prima copre circa il 90% della domanda. Non solo, il costo del semiconduttore è responsabile in media solo del 5% dei costi di produzione dei microchip per computer. Secondo Bloomberg, che cita gli analisti di Macquarie Group, i produttori di silicio avranno inoltre prodotto, entro la fine di quest’anno, il 20% in più di materia prima rispetto a quella assorbita dal mercato, percentuale che l’anno prossimo salità al 28%. Il che non solo spingerà ulteriormente al ribasso il costo di celle e moduli fotovoltaici, ma avrà anche ripercussioni negative sulle società produttrici del semiconduttore, che vedranno restringersi pericolosamente i propri profitti. In conseguenza di questo trend, gli analisti di Macquarie Group stimano che i due terzi dei 66 produttori di polisicio attualmente esistenti potrebbero andare incontro al fallimento, mentre il numero totale di società cinesi che riforniscono il mercato della materia prima potrebbe ridursi addirittura a quattro nei prossimi tre anni, dai 35 attuali. (f.n.)

Fonte www.zeroemission.eu

lunedì 14 novembre 2011

Energie rinnovabili : nanotecnologie e fotovoltaico

Le nanotecnologie al servizio del fotovoltaico
di Girolamo Di Francia

Offrire soluzioni diverse a problemi applicativi normalmente con poche alternative di risoluzione: questa la principale potenzialità delle nanotecnologie, anche quelle legate al fotovoltaico

Quando un materiale viene ridotto in dimensioni nanometriche (1 nanometro è un miliardesimo di metro), le sue proprietà chimico-fisiche cambiano e diventano addirittura correlabili con la dimensione stessa. Così, ad esempio, una sferetta di silicio di 1 nanometro avrà caratteristiche molto diverse da una sferetta dello stesso materiale, ma grande 2 oppure 3 nanometri. In altri termini è come se la dimensione “nano” caratterizzasse una terza dimensione della tabella periodica degli elementi.

Così finiscono per moltiplicarsi in maniera inattesa ed impressionante gli elementi che possiamo ingegnerizzare per farne dispositivi. Si comprende allora bene quale è la potenzialità intrinseca delle nanotecnologie: offrire soluzioni diverse a problemi applicativi normalmente vincolati a poche alternative di risoluzione.

Un caso tipico è proprio quello del fotovoltaico. Qui il materiale attivo deputato a convertire la radiazione solare in energia elettrica deve ovviamente caratterizzarsi per esibire il massimo assorbimento ottico proprio laddove lo spettro della luce solare si presenta più intenso. La soluzione migliore è, dal punto di vista teorico, un materiale che presenta il massimo assorbimento diretto intorno a 1.6 eV. Prima dell’avvento delle nanotecnologie, si avvicinava a questo valore solo il Telloluro di Cadmio (CdTe), un composto chimico tossico, che veniva utilizzato come semiconduttore nella fabbricazione delle celle solari. Con la diffusione del silicio cristallino invece, più malleabile e meno pericoloso del CdTe, ci si è invece fermati solo ad 1.1 eV. Ora però sappiamo che, ingegnerizzando opportunamente nanostrutture di silicio, possiamo “aggiustarne” le proprietà fisiche fino a massimizzare l’assorbimento ottico proprio laddove ci occorre. In altri termini invece di muoverci trasversalmente lungo la tabella periodica per cercare le caratteristiche che ci occorrono, percorriamo la terza dimensione, fermandoci laddove è meglio per il problema che vogliamo affrontare. In questo modo potremmo realizzare celle al silicio nanocristallino con efficienza del 20% maggiore rispetto a quelle ottenibili con il “semplice” silicio.

E’ intuibile che nel caso del fotovoltaico le prospettive che si aprono sono, in effetti, enormi perché potremmo ingegnerizzare un materiale nanostrutturato in grado di presentare le migliori caratteristiche di assorbimento ottico per ciascuna delle lunghezze d’onda dello spettro solare. Questo è proprio ciò a cui tendono molti laboratori di ricerca: “ensamble di nanostrutture” di uno o più materiali capaci di presentare il massimo assorbimento a tutte le lunghezze d’onda dello spettro (ipotizzando che sia realmente possibile convertire tutti fotoni assorbiti in cariche elettriche e che si possano anche “raccogliere” per produrre della corrente).

Ad oggi però, l’utilizzo di nanotecnologie da applicare al settore del solare fotovoltaico risulta essere ancora molto “contenuto”. I pochi esempi di applicazione, ancora su scala “da laboratorio”, si limitano infatti alle celle solari fotoelettrochimiche “DSSC”, dove le nanoparticelle di biossido di titanio (TiO2) sono utilizzate come “elettrodo elettron-accettore” ed applicate al caso delle celle organiche, dove i “fullereni” vengono normalmente impiegati come elemento accettore.

Recentemente, anche la sintesi di un altro materiale nanostrutturato, – il grafene, uno strato monoatomico di atomi di carbonio organizzati secondo una struttura cristallina a celle esagonali (Nobel per la Fisica 2010 assegnato ad Andre Geim e Kostantin Novoselov della Manchester University) – sembra aver aperto dei nuovi scenari per il fotovoltaico. Il grafene potrebbe infatti consentire la risoluzione del problema che finora ha limitato l’impiego dei “dispositivi Schottky” in ambito fotovoltaico, ovvero l’assorbimento della luce incidente da parte dello strato metallico frontale. L’elevata trasparenza di questo nanomateriale, consente infatti alla luce di passare quasi inalterata, consentendo di realizzare efficienti dispositivi Schottky per applicazioni nel solare.

Non possiamo però dimenticare che, proprio le “nuove” proprietà chimico-fisiche della materia ridotta al nanostato potrebbero nascondere degli inattesi effetti tossici (la storia dell’amianto dovrebbe insegnarci qualcosa da questo punto di vista). Dunque ogni sviluppo in questo particolare settore di ricerca dovrà essere necessariamente accompagnato da attentissime valutazioni su eventuali rischi ambientali.

Girolamo Di Francia (Enea Portici – UTTP)
Fonte www.rinnovabili.it

sabato 12 novembre 2011

World Energy Outlook 2011-Clima dimenticato e necessari drastici cambiamenti nelle politiche energetiche mondiali-di G.Bologna

Economia ecologica
Nel 2010 emissioni di C02 ai massimi
Eia: servono subito cambiamenti drastici in politiche energetiche
Preoccupa l'ultimo World Energy Outlook 2011
di Gianfranco Bologna

Da pochi giorni è stato pubblicato il nuovo "World Energy Outlook 2011" da parte dell'International Energy Agency (vedasi www.iea.org e www.worldenergyoutlook.org) che chiarisce immediatamente lo spirito del messaggio dell'ampio e articolato rapporto, con la frase di apertura dell'Executive Summary che recita: «Se non cambiamo presto direzione, finiremo esattamente dove siamo diretti».

L'EIA infatti registra pochi segnali che indicano quanto il necessario ed urgente cambiamento di direzione dei trend energetici globali indispensabile per il nostro futuro, sia effettivamente in corso. Nonostante a partire dal 2009 la ripresa dell'economia mondiale sia stata disomogenea e le future prospettive economiche restino incerte, nel 2010 la domanda globale di energia primaria è tornata a crescere di un significativo 5%, spingendo le emissioni di CO2 ad un nuovo massimo. L'Agenzia è molto chiara: senza cambiamenti drastici nelle politiche energetiche le nostre società potrebbero trovarsi impantanate in un sistema insicuro, inefficiente e ad alto tenore di emissioni di carbonio e quindi invita caldamente i governi ad agire prime che sia troppo tardi, introducendo misure più incisive per investimenti in tecnologie efficienti e a basse emissioni di carbonio. Sono frasi il cui contenuto e tenore conosco da almeno 35 anni, tanti sono stati gli illustri esperti che su questo tema centrale per il futuro di noi tutti hanno fortemente ammonito, in questi decenni, per evitare di persistere sugli scenari Business As Usual (BAU, "fare come se nulla fosse"). Nonostante tutto e nonostante il fatto che lo IEA sia un'istituzione internazionale voluta dai governi che si è sempre contraddistinta non certo per le sue posizioni innovative e coraggiose, ma, invece, molto vicine al "mainstream", ancora oggi la preparazione della 17° Conferenza delle Parti della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici che si terrà a Durban dal 28 novembre al 9 dicembre prossimi, non sembra far intravvedere quella svolta necessaria e coraggiosa che conduca ad un Protocollo sul clima, efficace, efficiente ed equo, che ci faccia ben sperare per il futuro della nostra civilizzazione.

I sussidi che incoraggiano consumi superflui di combustibili fossili hanno superato i 400 miliardi di dollari. Il numero di persone senza accesso all'elettricità rimane drammaticamente alto a 1,3 miliardi, circa il 20% della popolazione mondiale. Nonostante molti paesi abbiano dato priorità al miglioramento dell'efficienza energetica, l'intensità energetica mondiale è peggiorata per il secondo anno consecutivo. In un contesto così poco promettente, ricorda l'Outlook dell'IEA, eventi quali l'incidente alla centrale nucleare giapponese di Fukushima Daiichi e le rivolte che hanno interessato diverse zone dell'area Medio Oriente e Nord Africa hanno sollevato dubbi sull'affidabilità delle forniture energetiche; al contempo, le preoccupazioni legate alla crisi dei debiti sovrani e all'integrità finanziaria degli Stati coinvolti hanno allontanato l'attenzione dei governi dalla politica energetica e limitato i loro strumenti di intervento, segnale tutt'altro che incoraggiante per il conseguimento degli obiettivi climatici concordati a livello globale.

Nonostante l'incertezza che caratterizza le prospettive di crescita economica nel breve termine, in uno degli scenari dell'Outlook definito Scenario Nuove Politiche che presume che i recenti impegni presi dai governi vengano implementati in modo cauto, la domanda di energia cresce in modo sostenuto, aumentando di un terzo tra il 2010 e il 2035. Le ipotesi di un aumento della popolazione mondiale, nello stesso periodo, di 1,7 miliardi di persone e di una crescita media annua dell'economia globale del 3,5% generano una domanda sempre più elevata di servizi energetici e di mobilità. Un tasso di crescita del PIL mondiale inferiore, nel breve termine, a quello ipotizzato nel presente Outlook inciderebbe solo marginalmente sui trend di lungo periodo.

Quindi una situazione certamente difficile che richiede urgenti cambiamenti. L' obiettivo prioritario delle politiche internazionali e nazionali dovrebbe quindi essere l'adozione di nuove strategie per rendere meno insostenibile l‘uso dell'energia e delle risorse. Il prestigioso Sustainable Europe Research Institute (SERI) di Vienna ed i Friends of the Earth hanno pubblicato un interessante rapporto che fornisce una panoramica delle relazioni esistenti tra i diversi aspetti dell‘uso di risorse materiali e dei loro effetti sulle risorse idriche del pianeta. Purtroppo la scarsità d‘acqua e l‘inquinamento sono in aumento a livello globale e risulta pertanto fondamentale capire e affrontare concretamente questi legami.

L‘acqua infatti è necessaria per quasi tutte le fasi del flusso dei materiali: dall‘estrazione delle materie prime alla loro lavorazione, fino al riciclaggio o lo smaltimento. Il rapporto evidenzia il ruolo dell‘acqua in tutte queste fasi attraverso case study ed esempi, e mostra come la disponibilità di acqua determini cosa e quanto siamo in grado di produrre e come la produzione e il consumo influenzino la qualità e la quantità delle nostre risorse d‘acqua dolce.

Il rapporto si intitola "Under Pressure. How our material consumption threatens the planet's water resources" e potete trovarlo al sito http://www.foeeurope.org/publications/2011/Under_Pressure_Nov11.pdf ed è anche in traduzione italiana al sito http://www.amicidellaterra.it/adt/images/stories/File/downloads/pdf/campagna_risorse/SERI_quantacqua_sfruttiamo.pdf.

Questo rapporto espande il contenuto del precedente rapporto pubblicato in occasione del primo World Resources Forum tenutosi a Davos nel 2009. Allora il SERI di Vienna ed i Friends of the Earth resero noto l'ottimo rapporto "Overconsumption: our use of the world's natural resources" di cui ho avuto già modo di approfondire nelle pagine di questa rubrica (il rapporto è scaricabile dal sito http://www.foeeurope.org/publications/2009/Overconsumption_Sep09.pdf).

La costante crescita della popolazione e dell‘economia mondiale determina uno sfruttamento sempre maggiore degli ecosistemi e delle risorse sotterranee. Nel 2007, la quantità totale di tutti i materiali estratti e raccolti nel mondo è stato di circa 60 miliardi di tonnellate, equivalente a circa 25 kg giornalieri per ogni abitante del pianeta. Con il termine estrazione si indicano attività quali la pesca, la raccolta e il disboscamento. Il totale delle risorse estratte include risorse non rinnovabili e rinnovabili: tra le prime i combustibili fossili, i minerali grezzi e i minerali industriali e da costruzione; tra le seconde i prodotti agricoli, il pesce e il legname.

Durante i processi di estrazione o di raccolta di materie prime, ulteriori materiali, non utilizzabili nei processi produttivi, sono movimentati e rimossi dalla superficie del suolo come materiale di risulta. Ogni anno sono estratti circa 40 miliardi di tonnellate di tali materiali e nel complesso, aggiungendo questi 40 miliardi ai 60 miliardi già citati, risulta chevengono spostati più di 100 miliardi di tonnellate di materiale ogni anno, l‘equivalente di circa 40 kg pro capite al giorno.

Negli ultimi tre decenni si è verificato un aumento del 50% della quantità di estrazione a livello mondiale passando cosi da 40 miliardi di tonnellate nel 1980 a 60 miliardi di tonnellate nel 2007 In tal modo, l‘estrazione è aumentata in tutte le categorie: biomasse, combustibili fossili, minerali metallici e minerali industriali e da costruzione. Analogamente l‘estrazione di gas, così come quella di sabbia e ghiaia è raddoppiata e l'estrazione di nichel triplicata. Anche la crescente domanda di bio-risorse ha prodotto, ad esempio, una sensibile diminuzione della presenza di risorse ittiche nei mari, una riduzione della copertura forestale e numerosi altri significativi impatti ambientali.

Confrontando i dati mondiali di estrazione e di consumo di risorse pro capite, risulta evidente che gli europei, i nordamericani e gli abitanti dell‘Oceania sono i più dipendenti dall‘importazione di risorse da altre regioni del mondo per poter mantenere il loro livello e la loro composizione di consumi

In Europa, nel 2004 sono state estratte circa 34 kg di risorse e ne sono state consumate 55 kg pro capite al giorno. Gli abitanti del Nord America e dell‘Oceania, prendendo come riferimento sempre il 2004, hanno consumato fino a 102 e 79 kg di risorse pro capite, rispettivamente. Il contrasto con gli altri continenti è significativo. In Asia, sono state estratte e consumate circa 15 kg di risorse pro capite giornaliere mentre in Africa a fronte di circa 15 kg di risorse estratte e ne sono stati consumate 11 kg pro capite al giorno.

Negli ultimi dieci anni, l'aumento più evidente del consumo di risorse pro capite si è verificato nel mondo industrializzato. Credo che ormai siano tutti più consapevoli che non si possa più aspettare per agire. L'importante è farlo.

Fonte www.greenreport.it

mercoledì 9 novembre 2011

Greenreport-World Energy Outlook 2011 e un primo commento dal WWF

Pubblicato oggi il World energy outlook 2011: qualche perplessità dal Wwf
[ 9 novembre 2011 ]
di Federico Gasperini

E' stato pubblicato oggi il World Energy Outlook 2011, il rapporto annuale dell'Agenzia internazionale dell'energia (Iea), dove si evidenzia l'impatto sempre crescente dei combustibili fossili sull'ambiente e l'effetto negativo sulle economie dei loro prezzi elevati.

La domanda globale di energia, è riportato nel rapporto, crescerà del 36% da qui al 2035, trainata dalle economie emergenti e in particolare dalla Cina. Sempre entro il 2035 l'uso del carbone, che nell'ultima decade ha risposto a quasi la metà della crescita di domanda energetica, aumenterà del 65%. Per l'Iea la soluzione è sempre la stessa: i governi devono puntare sul mix costituito da energia nucleare e rinnovabili.

«I governi devono introdurre misure più incisive per guidare gli investimenti in tecnologie efficienti e a basso tenore di carbonio- ha dichiarato Maria van der Hoeven, direttore esecutivo dell'Iea- L'incidente nucleare di Fukushima, i disordini in alcune parti del Medio Oriente e in Africa del Nord e la netta ripresa della domanda energetica nel 2010, che ha spinto le emissioni di CO2 a un livello record, evidenziano l'urgenza e la portata della sfida».

Per Fatih Birol, responsabile economico dell'Iea, ritardare gli interventi, «è una falsa economia: per ogni dollaro non investito nel settore energetico prima del 2020, sarà necessaria una spesa addizionale di 4,30 dollari per compensare l'aumento delle emissioni». Anche il Wwf parte dalla stessa analisi sugli impatti ambientali delle fonti fossili ma secondo l'associazione ambientalista il rapporto non spiega con la necessaria forza come l'efficienza energetica e l'energia innovabile siano la via d'uscita globale da questi problemi.

«Le energie rinnovabili rappresentano il futuro, oltre che la chiave per una vera sicurezza energetica e climatica - ha ribadito Mariagrazia Midulla, responsabile Policy Clima ed Energia del Wwf Italia - Secondo l'Agenzia internazionale per l'energia, entro il 2035 circa metà della nuova capacità energetica globale proverrà dalle energie rinnovabili. Ma non è certo un obiettivo ambizioso, potremmo raggiungerlo semplicemente continuando con il trend attuale. Secondo il recente Energy Report del Wwf, è infatti possibile arrivare al 100% di energie rinnovabili entro il 2050».

Per il Wwf, il World Energy Outlook sottovaluta in chiave prospettica le conseguenze sul prezzo del petrolio e sull'ambiente delle dinamiche socio-economiche globali: «Le economie emergenti produrranno tre miliardi di nuovi consumatori. Se questi usassero combustibili fossili ai ritmi in cui li utilizziamo oggi, i prezzi del petrolio, così come le emissioni di CO2, avrebbero un picco mai visto - ha continuato Midulla- L'Energy Outlook mostra anche che l'assoluta necessità di rimpiazzare il carbone, il combustibile a più alta emissione di carbonio, non può trasformarsi in una corsa verso il gas, combustibile a minor contenuto di carbonio: riconvertire la produzione di energia verso il gas, in assenza di altre misure per promuovere prioritariamente il risparmio energetico e le rinnovabili, potrebbe portare il mondo a un riscaldamento globale di oltre 3,5° C, decisamente troppo rispetto alla necessità, sancita anche a livello internazionale, di mantenere l'aumento della temperatura globale entro i 2°C rispetto all'era preindustriale».

Un altro aspetto contenuto nel World Energy Outlook è pienamente condiviso dal Wwf: fornire energia pulita, economica e sicura alle popolazioni più povere è sicuramente possibile. Costerebbe meno di 50 miliardi di dollari all'anno portare servizi energetici di base e fonti rinnovabili a circa 3 miliardi di persone che oggi, in tutto il mondo, ne sono prive (nei Paesi in via di sviluppo più di 1 miliardo di persone è privo di un accesso sicuro all'energia elettrica e più di 2,5 miliardi utilizzano carbone e biomasse inquinanti e inefficienti per cucinare e per riscaldarsi). In confronto, le importazioni di petrolio di Europa e Stati Uniti sommate insieme, costano 12 volte tanto. Inoltre, i sussidi ai combustibili fossili per i consumatori, attualmente pari a 400 miliardi di dollari, offrono pochi benefici alle popolazioni povere.

«L'Agenzia internazionale per l'Energia ha fortunatamente sfatato il mito che i sussidi ai combustibili fossili diano benefici alle popolazioni povere - ha ripreso l'esponente del Wwf Italia - Meno di un decimo di questi sussidi ha raggiunto il 20% dei poveri del Pianeta: in realtà, non pagano altro che i consumi energetici crescenti della classe media e peggiorano il problema dei cambiamenti climatici. Questi soldi dovrebbero invece essere usati per incentivare le rinnovabili e per portare energia pulita ed economica alle persone che davvero ne hanno bisogno, ovvero le popolazioni più povere» ha concluso Midulla.

Fonte www.greenreport.it

Fotovoltaico,Enel Green Power insieme a Sharp nella corsa all' energia verde in Sudafrica

Egp partecipa insieme a Sharp alla corsa all’energia verde in Sudafrica
08-11-2011

La gara, lanciata dal Governo di Pretoria, rappresenta il primo passo fatto per trasformare il paese nel nuovo Eldorado dell’energia verde con ben 17.800 MW a fonti rinnovabili installati al 2030, pari cioè al 42% dell’intero fabbisogno energetico nazionale.

Sudafrica, nuovo Eldorado dell'energia verde? Anche la filiale “verde” di Enel, Enel Green Power, partecipa alla corsa alle energie rinnovabili lanciata in Sudafrica da un bando per la realizzazione di 3.725 MW di capacità “green” entro il 2016. La gara rappresenta il primo passo fatto dal Governo di Pretoria per trasformare il paese nel nuovo Eldorado dell’energia verde con ben 17.800 MW a fonti rinnovabili installati al 2030, pari cioè al 42% dell’intero fabbisogno energetico nazionale. Il primo bando ha già una dimensione considerevole e prevede –secondo quanto riferisce Milano Finanza che cita Egp – l'installazione di 1.850 MW eolici, 1.450 MW fotovoltaici, 200 MW di solare termico, 100 MW di biogas e 75 MW di idroelettrico, più una serie di altri impianti di piccola taglia.

Per il bando è previsto un piano di investimenti di oltre 10 miliardi di dollari (circa 7,2 miliardi di euro) che il Sudafrica vuole impiegare per ridurre la dipendenza dal carbone. Secondo MF, EGP si è candidata a realizzare 20 MW di impianti fotovoltaici tramite ESSE, la joint venture con Sharp, nata con l’obiettivo di sviluppare impianti fotovoltaici per oltre 500 MW nell’Europa Mediterranea, Medioriente, Africa, utilizzando i moduli fotovoltaici a film sottile prodotti nello stabilimento avviato di recente Catania, di cui è titolare la newco 3Sun (Egp, Sharp e StMicroelectronics).

Fonte www.zeroemission.eu

I paradossi del sistema elettrico nazionale di F.Ferrante

I paradossi e gli sprechi di un mercato dell'energia incompletamente liberalizzato e della mancanza di una programmazione. La questione del prezzo dell'energia, il potenziale trascurato di efficienza energetica e rinnovabili.
Un intervento di Francesco Ferrante, Responsabile politiche cambiamenti climatici ed energia Pd.
07 novembre 2011

E' evidente dal dibattito in atto sul mercato elettrico – si vedano gli ultimi gli ultimi interventi del vicepresidente di Confindustria Conte e del sottosegretario Saglia su Affari e Finanza di Repubblica (cui ho scritto questa stessa lettera) - che questo Paese non può più permettersi di procedere, non dico senza un Piano che manca ormai da un quarto di secolo, ma senza almeno un minimo di programmazione.

L’assenza totale di capacità di orientamento di un mercato ancora incompletamente liberalizzato, ha infatti determinato alcuni paradossi. Da una parte l’overcapacity di produzione per cui oggi abbiamo potenza installata quasi doppia di quella richiesta alla punta, dall’altra la mancanza di rigassificatori che permetterebbero la diversificazione nell’approvvigionamento di quella che è la fonte fossile più utilizzata in questo paese per produrre elettricità.

Il primo paradosso comporta lo spreco per cui centrali nuove, meno inquinanti e più efficienti lavorano per la metà delle ore possibili causando gravi difficoltà agli operatori e impedendo ogni effetto virtuoso della concorrenza nella formazione del prezzo. Il secondo paradosso contribuisce, insieme ad altre rigidità tutte italiane, al fenomeno per il quale mentre in tutto il mondo il prezzo del gas – grazie all’entrata prepotente sul mercato di quello non convenzionale – va svincolandosi da quello del petrolio e in Usa si è quasi dimezzato, nel nostro Paese resta stabile e di conseguenza sostiene un prezzo di produzione dell’elettricità ancora più alto dei paesi nostri concorrenti.

Peraltro sulla questione “prezzi” troppo spesso si leggono analisi approssimative: il differenziale alla produzione tra quelli italiani e quelli europei si è molto ridotto e se oggi i consumatori e le piccole e medie imprese – non quelle grandi che pagano l’elettricità meno che in Germania – sostengono costi più alti ciò è dovuto soprattutto a storture del sistema e a una rete ancora inadeguata.

Per affrontare una situazione così complicata e d’altra parte decisiva per lo sviluppo servirebbe allora un’idea di futuro, una visione, in cui incardinare una riforma radicale del sistema. Ma è proprio questo quel che manca a Governo e a chi dovrebbe rappresentare il mondo delle imprese. In tutto il mondo infatti ciò che muove le scelte dei decisori è la straordinaria opportunità che l’innovazione tecnologica ci sta offrendo e cioè che, puntando su efficienza energetica e fonti rinnovabili, possiamo ridurre la dipendenza dalle fonti fossili per produrre energia.

L’Europa per prima, e al suo interno con forza la Germania che punta all’80% di produzione di elettricità da fonti rinnovabili entro il 2050. In Italia invece si perde tempo appresso a improbabili riconversioni a carbone e nonostante la stessa Confindustria abbia elaborato un piano sull’efficienza energetica che dimostra come si potrebbero realizzare importantissimi risparmi dando lavoro anche a circa 160mila persone l’anno, il Governo tentenna persino a rinnovare l’unica misura in atto (dai tempi di Prodi): il 55% di sconto fiscale per chi ristruttura la propria casa con criteri di efficienza energetica.

E sulle fonti rinnovabili, il Governo non emana i decreti che dovrebbero dare certezze alle imprese, si fa allarmismo sui costi e non si capisce la valenza di un settore che è cresciuto e ha offerto occupazione. Certo bisognerebbe realizzare immediatamente le infrastrutture (smart grid e accumuli) che rendano permanentemente disponibile l’elettricità da rinnovabili, e il livello degli incentivi, attualmente siamo arrivati a 6 miliardi, va tenuto sotto controllo. Ma bisognerebbe chiedersi perché la Germania da tempo ne sostiene di molto più alti (oltre 9 miliardi lo scorso anno). E la risposta sta proprio nella programmazione: lì si è fatto quello che da noi è sempre mancato, lì tutto il sistema-paese (destra e sinistra, imprese e cittadini) ha puntato sull’innovazione, ha deciso di investire e ora ne sta godendo i frutti in termini di leadership mondiale e di occupazione in casa propria (350mila lavoratori). Qui ancora niente. Forse uno dei motivi, e non certo l’ultimo, per cui è finalmente giunta l’ora di cambiare il Governo.

Francesco Ferrante
Fonte www.qualenergia.it

lunedì 7 novembre 2011

N.Cipolla-Energie rinnovabili: pulite, convenienti e dunque scomode

Le rinnovabili, soprattutto il fotovoltaico, ormai sono in piena competizione con gli impianti da fonti fossili (senza i loro danni ambientali e al clima) quindi saranno sempre piu'oggetto di attacchi. Ma per fronteggiarli meglio e' necessaria la verita'; secondo me, occorre dire quindi che gli incentivi attuali non si toccano ma non sono gli incentivi l' unica maniera di favorire le rinnovabili.
Infine non siamo arretrati, come invece sostiene anche Nicola Cipolla in questo ottimo articolo, ma nel fotovoltaico come potenza installata siamo secondi nel mondo solo alla Germania e quindi le nostre imprese devono volgere il loro interesse a tutto il resto del mondo piu' arretrato di noi, con particolare attenzione al miliardo e mezzo di persone che attendono sempre l' energia elettrica. La lavatrice in ogni casa del pianeta e' sempre molto lontana, ma impianti fotovoltaici per scuole ed ospedali sarebbero gia'per le nostre imprese un' attivita' possibile e rivoluzionaria.
marco

Energie rinnovabili: pulite convenienti e dunque scomode
di Nicola Cipolla


Lo sviluppo impetuoso del fotovoltaico e delle altre rinnovabili costringe esponenti delle privatizzate Enel, Eni e Terna e dell'Assoelettrica e della Confindustria a dare conto ogni giorno sulla stampa di un conflitto di interessi sorto al loro interno.
La Repubblica dell'8 ottobre riportando il pensiero di uno degli esponenti dell'Assoelettrica, sostiene, tra l'altro, che: «Ogni 1.000 mw di energia da fonte rinnovabile che entra in funzione i produttori da fonti tradizionali perdono nel loro insieme 100 milioni di euro di margini». Dato che siamo già ad oltre 12.000 mw per il solo fotovoltaico complessivamente, ad oggi, si tratterebbe di una "perdita" di oltre 2 miliardi. E non è che un inizio perché, come è noto, l'Italia si trova in grave ritardo rispetto a paesi, come la Germania, con situazioni ambientali meno favorevoli (specie per il solare e l'idroelettrico).

Agli italiani può interessare di più, invece, conoscere per ogni 1.000 mw di rinnovabili: 1. quante emissioni di Co2 e di altri inquinanti si risparmiano allontanando il pericolo del riscaldamento dell'atmosfera oltre i 2 gradi previsti dall'Ipcc dell'Onu come "punto di non ritorno" per evitare il disastro ambientale evocato dagli accordi di Kyoto; 2. quanto si risparmia sul costo delle importazioni di materie prime energetiche che rappresentano l'85 per cento dei consumi italiani; 3. quanti nuovi posti di lavoro si creano in questo settore che in tutto il mondo, negli anni di crisi, è l'unico che ha realizzato costanti aumenti di investimenti e di occupazione; 4. quanta parte di questi 100 milioni deriva dal fatto che, a seguito delle privatizzazioni dell'Enel e dell'Eni, l'energia elettrica in Italia, a carico di molte famiglie e di tutte le imprese, soprattutto industriali, costa circa il 30 per cento in più rispetto ad altri paesi europei.

Agostino Conte, esponente di Confindustria, ha fatto alcune considerazioni (La Repubblica 17/10 u.s.) sul «costo troppo alto» (se lo dice lui!) degli attuali meccanismi "regolatori" del mercato energetico che stimolano una riflessione sulle conseguenze delle privatizzazioni.Con queste, promosse dai governi, Dini, Amato, Ciampi e Prodi, la missione di Enel ed Eni è divenuta quella di ottenere il massimo profitto per gli azionisti. L'Enel, in base alle imposizioni comunitarie della Ue, improntate al dogma del neoliberismo imperante, non può superare il 50 per cento della produzione ed è quindi stato costretto a cedere gli impianti eccedenti a gruppi privati o privatizzati. Questi si sono lanciati a costruire moderni impianti a ciclo combinato al di là di ogni capacità di assorbimento del nostro mercato elettrico (57.000 mw il picco della richiesta elettrica e 110.000 mw la potenza installata finora). Come dice Agostino Conte, gli impianti sono stati collocati solo «dove è stato possibile avere le autorizzazioni dimenticando però che era anche necessario collegarli al sistema elettrico e che quindi bisognava autorizzare anche lo sviluppo delle infrastrutture di rete. Questo proliferare di impianti senza reti ha prodotto aree del paese che hanno troppa energia rispetto a quella che consumano e aree che al contrario che presentano grossi deficit». «Il prezzo dell'energia» - è sempre Conte che parla - «è fissato attraverso il meccanismo pay as bid, ovvero, l'energia si paga a prezzo di offerta (sembra paradossale ma l'energia viene ancora fatta pagare al prezzo dell'ultimo che viene chiamato a produrre che ovviamente è il più alto)».

L'Enel, poi, indebitandosi, ha acquistato all'estero centrali elettriche, tra cui catorci atomici, tipo Cernobyl, in Slovacchia (come sono avvenute le privatizzazioni nei paesi ex comunisti è noto!) e partecipa alle spese dell'interminabile costruzione della centrale atomica di Flamanville, dell'Edf, che rinvia la sua entrata in funzione al 2016, rispetto alla previsione iniziale del 2010, portando l'esborso infruttifero dell'Enel a oltre 900 milioni. Al servizio di questi debiti sono utilizzati gli introiti "di cassa" in gran parte provenienti dalle bollette italiane. Queste avventure estere dell'Enel, ampiamente sponsorizzate da giornalisti compiacenti, possono soddisfare le ambizioni dei suoi dirigenti ma non portano nessun aiuto all'economia italiana. Il bilancio della privatizzazione dell'energia in Italia è persino più disastroso di quello della privatizzazione dell'acqua. Prima di procedere ad altre privatizzazioni bisogna prendere consapevolezza di questo disastro. Occorrerebbe una Commissione di inchiesta parlamentare, sostenuta dai movimenti e dalle organizzazioni scientifiche e di massa, che stimoli una presa di coscienza dell'opinione pubblica non solo delle vicende della privatizzazione ma anche della necessità, nel più breve tempo, della sostituzione globale dell'energia fossile con le rinnovabili.

In questa situazione, visto che l'Ue impone l'assorbimento prioritario in rete di tutta l'energia rinnovabile, la posizione di Terna si sta differenziando da quella degli altri operatori.
Nel maggio scorso, l'assemblea dei soci aveva eliminato nel Cda il rappresentante dell'Enel (Il Sole 24 Ore 14/5/2011). Ora Flavio Cattaneo propone, oltre alla creazione di nuove linee, di costruire impianti idroelettrici di ripompaggio e grandi accumulatori di energia che funzionino, su più larga scala, come le batterie di un'automobile (l'uovo di Colombo specie se esteso agli impianti più piccoli). Si sviluppa, perciò, un attacco concentrico contro Terna e la sua pretesa di volere ottemperare ad una norma comunitaria per favorire l'immissione in rete delle rinnovabili.
Il rappresentante dell'Assoelettrica arriva a sostenere che esiste un contrasto tra il carattere neutrale verso tutti i produttori della rete di Terna e la sua forma giuridica di s.p.a. che tende al massimo profitto. Bene! Allora ripubblicizziamo Terna, tutti gli impianti idroelettrici e le reti!

Invece, ad esempio sul Corriere della Sera del 26/9, si paventa la possibilità che il kwh da fonte rinnovabile diventi economico troppo presto, cioè raggiunga entro il 2015 la cosiddetta grid parity con il kwh da fonti fossili. Mentre si moltiplicano gli esempi di grandi industrie che si impegnano in questo campo: «Falck Renewables vola in borsa», scrive Il Sole 24 Ore dell'8 ottobre, dopo l'inaugurazione in Sardegna di un grande parco eolico. Il governo Berlusconi ostacola, come abbiamo visto, l'attuazione dei referendum e ritarda l'esecuzione di misure già previste: «Pacchetto energia al palo» protesta Il Sole 24 Ore dello stesso giorno. Ma, cosa ancora più grave, su iniziativa della Lega Nord, si vuole introdurre sul cosiddetto decreto per lo sviluppo una misura di blocco delle rinnovabili nel Mezzogiorno. Si vuole togliere al sud, che gode di un maggiore numero di ore di sole, una parte degli incentivi per trasferirli al nord, privando, così il Mezzogiorno dei mezzi per uscire dalla crisi economica e colmare il secolare divario nord-sud.

In risposta alle osservazioni di Agostino Conte si scomoda il sottosegretario all'energia Stefano Saglia (La Repubblica del 24/10 u.s.) che conferma l'ostruzionismo del governo: «...che punta ad uno sviluppo sostenibile delle fonti rinnovabili evitando di sovraccaricare il sistema. Le energie rinnovabili devono svilupparsi ma nel rispetto delle regole di sicurezza della rete. Pertanto per le rinnovabili puntiamo ad una revisione degli incentivi» - naturalmente al ribasso - «e ad eventuali limiti alla potenza installabile nei casi di pericolo per la sicurezza del sistema».
Insomma, per favorire gli interessi di un gruppo di oligopolisti elettrici, si blocca la possibilità di sviluppo per il paese.

Berlusconi ha detto che per il nuovo piano non ci sono soldi pubblici da investire in infrastrutture e si appresta, sotto la pressione della Ue e dei due principali paesi, Francia e Germania, ad attaccare di nuovo le pensioni e stimolare la vendita indiscriminata del patrimonio dello Stato pur di non colpire i grandi patrimoni, a cominciare dal suo, mentre blocca l'unico settore industriale non in crisi. Come abbiamo più volte sottolineato la Germania occupava al 31 dicembre 2010 oltre 350.000 unità nel settore delle rinnovabili, l'Italia solo 60.000. Se si eliminano gli ostacoli, accettando le domande già presentate per l'eolico, circa 80.000 mw e lo sviluppo naturale degli impianti fotovoltaici, che dopo la Puglia in gran parte sono collocati in regioni come la Lombardia, l'Emilia e il Piemonte, si potrebbe, in un paio di anni, raggiungere e superare la Germania, creando così 300.000 posti di lavoro.
I riflessi degli incentivi sulle bollette sarebbero annullati dall'abolizione della pay as bid allineando il prezzo dell'energia al costo degli impianti più moderni ed efficienti, favorendo e programmando così, come ha fatto la Germania per il nucleare, l'eliminazione dal mercato degli impianti ad olio combustibile, a carbone e a gas, bloccando la concessione di nuove autorizzazioni e aprendo al nostro paese, per i prossimi decenni, una prospettiva di avanguardia nel processo mondiale di cambiamento del modello energetico.

Su queste questioni qual è l'atteggiamento del centro-sinistra parlamentare?

In ogni caso possono essere determinanti le iniziative del movimento ambientalista, vincitore dei due referendum, a partire dalla manifestazione di Porto Tolle, con una mobilitazione a livello nazionale dell'opinione pubblica, per un nuovo più avanzato trattato che sviluppi e migliori il cammino iniziato con gli accordi di Kyoto.
Occorre, soprattutto, che il movimento giovanile, che si è sviluppato nel corso di questi mesi, assuma, tra le sue legittime rivendicazioni di difesa del proprio futuro, una svolta energetica che non solo salverà la loro vita e quella dell'umanità sulla terra ma darà loro anche prospettive di lavoro aprendo una nuova via di sviluppo economico e anche di democrazia e di pace.

Fonte www.ilmanifesto.it
articolo pubblicato il 30 ottobre 2011

mercoledì 2 novembre 2011

Verso il fotovoltaico organico

di Thomas Brown
Sono sempre più numerosi i laboratori universitari, accademici ed industriali attivi nella ricerca e sviluppo di questa tecnologia di nuova generazione

Il fotovoltaico (FV) “organico” può racchiudere nella sua definizione varie tecnologie di cella solare di nuova generazione in cui la sostanza attiva che assorbe la luce è costituita da molecole basate sui composti del carbonio. In via di sviluppo in molti laboratori internazionali, sia universitari che industriali, sono le celle solari a pigmento (Dye Solar Cell, anche conosciuta come DSC o cella di Graetzel), le celle ibride, le celle solari organiche a piccole molecole e le celle solari polimeriche anche dette plastiche.

Queste ultime due tecnologie hanno visto un rapido raddoppio delle efficienze su singola cella da laboratorio (più alte rispetto a quelle raggiungibili su moduli di larga area come in tutte le tecnologie FV) in cinque anni oltrepassando la resa del 8% nel 2010 in quattro laboratori industriali. Tra questi la Konarka Technologies ha anche reso disponibili a livello commerciale alcuni primi prodotti di moduli flessibili per applicazioni portatili di nicchia.

Il principio base per ottenere una corrente significativa da una cella organica quando viene illuminata consiste da una parte nella sintesi di opportuni pigmenti o polimeri che assorbano efficacemente lo spettro solare, dall’altro sull’(auto)organizzazione su dimensioni dell’ordine di una decina di nanometri (milionesimo di millimetro) di queste molecole foto-assorbenti con altri materiali (in etero-giunzioni, per esempio formando delle miscele) che “strappino” da essi (e poi trasportino) gli elettroni foto-eccitati. La nanostrutturazione (specialmente quella spontanea) o nanotecnologia entra dunque fortemente nella fabbricazione e nella fisica di questi dispositivi fotovoltaici di nuova generazione.

Gli strati attivi delle celle organiche o polimeriche sono delle pellicole sottilissime spesse meno di un millesimo di millimetro frapposti tra due elettrodi, di cui uno solitamente metallico e l’altro trasparente per fare passare la luce solare. La deposizione dei materiali in film sottili avviene a costi ridotti, sia in soluzione liquida come veri e propri inchiostri o attraverso semplici processi di evaporazione. È possibile quindi usare metodi tipici dell’industria della stampa. Inoltre il fatto che i processi non richiedono alte temperature e i materiali siano “plastici” rende la tecnologia adatta a produzioni su substrati di film flessibili aprendo opportunità diverse sia dal punto di vista delle applicazioni (immaginate tendoni, coperture, superfici curve fotovoltaiche) che di fabbricazione (es. stampa roll to roll tipica di una tipografia).

Questo rappresenta un grosso driver per il futuro abbattimento dei costi del fotovoltaico. Per la tecnologia su flessibile una delle sfide più grandi è quello di sviluppare dispositivi che durino molti anni con barriere efficaci ed a basso costo contro l’ingresso di ossigeno e vapore acqueo che tendono a degradare i materiali. Gli sviluppi recenti anche su questo aspetto mostrano trends promettenti.

È di oltre 11% l’efficienza più alta riportata per le dye solar cells in laboratorio. Qui la parte fotoelettricamente attiva, spessa una decina di micrometri, è costituita da un pigmento che si ancora su di uno strato di ossido di titanio (TiO2) nanoporoso e da un elettrolita. Questi sono inserite a “sandwich” tra due vetri conduttivi trasparenti che sono anche degli ottimi incapsulanti. Il TiO2 è facilmente depositato da paste con la tecnica della stampa serigrafica con il design voluto su larghe aree ed è possibile sintetizzare una varietà di molecole di pigmento molto ampia e diversa influenzando sia la performance fotovoltaica che la colorazione.

È proprio questa flessibilità nella deposizione e formulazione dei materiali che può rendere “fotovoltaica” una facciata colorata semitrasparente, molto attraente per l’integrazione architettonica nel Building-Integrated Photovoltaics (BIPV). Le DSC inoltre lavorano bene anche in luce diffusa ed ad angoli obliqui, proprietà che forniscono a questa tecnologia una produzione energetica integrata sull’anno vantaggiosa anche rispetto ad altre tecnologie a parità di Wp installati. Il potenziale per rendere facciate verticali generatrici di potenza elettrica e quindi contribuire al mix energetico di un edificio è grande. Le DSC vengono anche sviluppate su sottili lamiere metalliche che possono essere rese conformabili con superfici curve.

Celle solari serigrafate sviluppate al Polo Solare Organico della Regione Lazio
Numerosi sono i laboratori universitari, accademici ed industriali che sono attivi nella ricerca e sviluppo del fotovoltaico organico dato il grande potenziale di questa tecnologia di nuova generazione. Si ambisce inizialmente al matching della tecnologia con applicazioni e quindi mercati dove almeno al presente non si compete direttamente con la matura tecnologia convenzionale al silicio cristallino come in varie installazioni del BIPV architettonico (es. facciate semitrasparenti) e nel flessibile/conformale/portatile. Per una sua commercializzazione, la ricerca si muove su più fronti. È continuo lo sforzo per sviluppare nuovi materiali, incrementare le efficienze ed i tempi di vita, per lo sviluppo di moduli e pannelli di larga area con performance che si avvicinano il più possibile a quelle delle celle di laboratorio con tecniche di fabbricazione automatizzate, efficienti ed a basso costo.

Alla fine del 2006 è stato istituito presso il nostro Dipartimento di Ingegneria Elettronica dell’Università di Roma – Tor Vergata, il Polo Solare Organico della Regione Lazio (www.CHOSE.it) con l’importante contributo della Regione Lazio. L’obiettivo scientifico che caratterizza il progetto è lo sviluppo di tecnologie di produzione di celle fotovoltaiche basate su materiali organici od ibridi e su processi di fabbricazione innovativi. Le università di Tor Vergata, Ferrara e di Torino insieme con due grandi industrie quali la Erg Renew e la Permasteelisa hanno costituito recentemente il consorzio Dyepower con lo scopo iniziale della realizzazione di una linea pilota per la fabbricazione di pannelli di vetro fotovoltaici dye solar cell.

di Thomas Brown, Polo Solare Organico della Regione Lazio – CHOSE. Dipartimento di Ingegneria Elettronica, Università degli Studi di Roma- Tor Vergata

Fonte www.rinnovabili.it

lunedì 31 ottobre 2011

Imprese fotovoltaiche italiane che lavorano nel mondo. La Sedna punta agli Usa, che sono in ritardo rispetto a noi, e gia' opera in Bulgaria.

La societa' milanese vuole esportare negli States il modello chiavi in mano , dal progetto ai permessi alla realizzazione degli impianti. Nei primi sei mesi di quest' anno gia' superato il fatturato 2010. Da marzo in Bulgaria con 8 parchi solari gia' avviati.

L' obiettivo e' di imporsi nel mercato fotovoltaico americano, raggiungendo entro il 2012 un giro di affari di 12 milioni di dollari. E' ambiziosa la scommessa del gruppo milanese Sedna – realta' operativa in Italia dal 2006 e specializzata nel campo della progettazione e realizzazione di impianti per lo sfruttamento di energie rinnovabili – che ha aperto in settembre una nuova societa' a Philadelphia: la Sedna Power Plants Usa, guidata da Giovanni Landi.

La strategia e' di esportare oltre oceano un modello di business: quello dell' Epc Contractor, che fornisce impianti fotovoltaici “chiavi in mano” occupandosi di tutte le fasi del progetto.

Un modello di business che i fondatori dell' azienda – Antonio Siano (presidente) e Massimo Viscardi (vice presidente), proprietari rispettivamente del 51% e del 49 % - hanno affidato in Italia, dall' inizio di gennaio, ad una societa' ad hoc: la Sedna Power Plants che conta oggi 45 impianti in esercizio per una capacita' installata di 24 MW.

L' operazione ha consentito al gruppo di chiudere il primo semestre dell' anno con circa 12 milioni di euro, superando gia' in sei mesi il fatturato 2010 (10,5 milioni di euro). Un modello peraltro esportato con successo a marzo anche in Bulgaria, dove Sedna Power Plants Bulgaria sta gestendo la progettazione di 8 parchi solari per 28 MW totali.

“Nel secondo semestre 2011 – spiega Landi – il fotovoltaico e' cresciuto del 69% sull' anno prima e oggi, in tutta l' America, si contano solo 3,1 GW (contro i 10 GW dell' Italia). Non solo: l' operazione e' vantaggiosa perche' negli Usa esiste il sistema del credito d' imposta, con il quale viene finanziato dal governo circa il 30% dell' investimento. Stiamo trattando per la realizzazione di 2 impianti nella East Coast con un patner industriale locale “.

Fonte Repubblica Affari e Finanza

mercoledì 26 ottobre 2011

Un fondo internazionale per finanziare le rinnovabili nei paesi in via di sviluppo

Un fondo internazionale di incentivi per le rinnovabili nei paesi emergenti

Si chiama Cleantech Innovation Facility il nuovo strumento finanziario che vede l'alleanza tra fondi privati e pubblici: l'intento è quello di promuovere l'innovazione nei paesi in via di sviluppo
Al varo un fondo internazionale per le rinnovabili nei Paesi emergenti Sessanta milioni di dollari per sostenere le piccole e medie imprese attive nel settore energetico intelligente nei paesi emergenti sono stati stanziati dall'International Finance Corporation (Ifc), un organismo della Banca Mondiale.
Passa il collaudo così un nuovo strumento finanziario che vede l'alleanza tra fondi privati e pubblici: l'intento è quello di promuovere l'innovazione nei paesi in via di sviluppo, incoraggiando il trasferimento di tecnologie sostenibili dai paesi ricchi.

Il fondo chiamato Cleantech Innovation Facility avrà come destinatari soggetti motivati a applicare processi innovativi e che vogliano offrire prodotti o servizi in grado di ridurre le emissioni di carbonio. Il fondo offrirà finanziamenti a tassi agevolati dal Global Environment Facility e fornirà servizi di assistenza tecnica e consulenza alle aziende in materia di governance, sviluppo e consolidamento della loro presenza sul mercato.
In particolare verranno sostenute aziende o forme consortili provenienti da paesi emergenti o che siano disposti a trasferirvisi, e che perseguano l'obiettivo di ritagliarsi una quota di mercato applicando tecnologie innovative in via sperimentale accompagnate da sistemi mirati all'efficienza, al risparmio e allo sviluppo delle rinnovabili. (s.f.)

Fonte www.zeroemission.eu

lunedì 24 ottobre 2011

Sottosegretario Saglia:puntiamo a nuovo taglio degli incentivi alle rinnovabili

Ultim' ora lunedi 24 ottobre

Su Repubblica Affari e Finanza il sottosegretario all' energia Saglia scrive che :

"Pertanto per le rinnovabili puntiamo ad una revisione degli incentivi , allo sviluppo delle reti contestualmente allo sviluppo degli impianti (con l' autorizzazione unica), ad una maggiore capacita' di programmazione territoriale da parte delle regioni, e a eventuali limiti alla potenza installabile nei casi di pericoli per la sicurezza del sistema"

Scrive questo in risposta ad Agostino Conte,Vice-Presidente Comitato Energia Confindustria che la settimana precedente aveva scritto una lettera sempre a Repubblica Affari e Finanza dicendo che:

"Con l' escalation senza precedenti delle rinnovabili, ed in particolare del fotovoltaico, la situazione e' "definitivamente impazzita":a) si fanno impianti soprattutto a sud, dove la domanda di energia e' bassa aggravando ulteriormente l' eccesso di elettriticita' consumata:b)i sistemi di trasmissione e distribuzione sono in difficolta'nel veicolare dal sud al nord l' energia rinnovabile soprattutto eolica......diamo gli incentivi piu' elevati del mondo per produrre energia soprattutto dove non riusciamo a consumarla e rischiamo di dover sussidiare gli impianti termici appena costruiti per evitarne la chiusura (perche' lavorano poche ore), impianti che sono pero' indispensabili per tenere il sistema elettrico in sicurezza.

Insomma lo sviluppo eccezionale delle rinnovabili ha bisogno di reti intelligenti e sistemi di accumulo ai quali Terna,gestore della rete elettrica, sta gia' lavorando. Pero' mette in crisi anche gli impianti inquinanti di energia che lavorando meno non sono piu' tanto economici.

Tutto questo in un momento di bassa domanda per la crisi economica che ha ridotto i consumi anche di energia dal 2008.
Aggiungo inoltre che l' Eni ha contratti di fornitura trentennali a causa dei quali deve pagare la quantita' prefissata di gas anche nel caso che non venga poi effettivamente importata e bruciata.

Insomma lo sviluppo delle rinnovabili e' stato eccezionale, funzionano , non inquinano, e creano problemi soprattutto agli impianti inquinanti, i problemi di rete sono risolvibili. Quelli delle imprese che gestiscono energia da fonti fossili NO.Gli impianti con fonti fossili, SONO SENZA FUTURO, almeno nei tempi lunghi ed anche medi.

Il quarto conto energia che prevede 23 GW alla fine del 2016 e un tetto agli incentivi vedra' i suoi obiettivi raggiunti almeno due anni prima del previsto, ma rischia di essere rivista prima del tempo, come e' accaduto al terzo conto energia.

Marco

venerdì 21 ottobre 2011

Roma,24 ottobre:Convegno internazionale.Cambiamo il sistema, non il clima

A SUD e RIGAS - Rete Italiana per la Giustizia Ambientale e Sociale
invitano a partecipare:

Conferenza Internazionale

CAMBIAMO IL SISTEMA, NON IL CLIMA
Verso la 17° Conferenza Mondiale di Durban sul clima
Il ruolo e le proposte di movimenti, sindacati, amministratori

ROMA / ore 17.00
sala conferenze
CAE - città dell'altra economia / largo dino frisullo

intervengono:

JO LEINEN - presidente commissione parlamentare UE sull'ambiente
PATRICK BOND - centre for civil society / Sud Africa
MERCEDES OZUNA - assembea nazionale vittime ambientali / Messico
DANILO BARBI - segreteria nazionale confederale CGIL
MAURIZIO LANDINI - segretario generale FIOM
ALBERTO LUCARELLI - assessore beni comuni comune di NAPOLI
GIANLUCA PECIOLA - consigliere provinciale provincia di ROMA
BEPPE CACCIA - consigliere comunale comune di VENEZIA
LIVIO DE SANTOLI - responsabile energia ateneo La Sapienza di ROMA
ANGELO CONSOLI - presidente CETRI-Tires
GUIDO VIALE - economista
GIUSEPPE DE MARZO - economista, A Sud / Rigas
VILMA MAZZA - associazione YA BASTA / Rigas
VALENTINA CRIVELLARI - cooperativa energetica ACTION

Info: 333.4843750 / www.asud.net

martedì 18 ottobre 2011

Porto Tolle, e' possibile con il risparmio energetico chiudere le centrali a carbone.di Gianni Silvestrini

L'efficienza energetica per chiudere le centrali a carbone

Chiudere le vecchie centrali a carbone negli Usa e attivare programmi di efficienza energetica darebbe un vantaggio economico netto per la collettività. Anche in Italia, alla costruzione o alla conversione a carbone di impianti come quello di Porto Tolle, va contrapposta una seria politica per l'efficienza energetica.

L'editoriale di Gianni Silvestrini.
Gianni Silvestrini
18 ottobre 2011

Le legislazioni ambientali dei prossimi anni obbligheranno a riqualificare negli Usa centrali a carbone per una potenza di circa 40.000 MW. Parliamo di enormi investimenti che si scaricheranno in aumenti in bolletta che potranno arrivare in alcuni Stati fino al 20%. Esistono alternative?

Un recente rapporto statunitense dell’American Council for an Energy Efficient Economy (ACEEE), “Avoiding a train wreck: Replacing Old Coal Plants with Energy Efficiency" (pdf), ha evidenziato che la chiusura delle vecchie centrali e il contemporaneo lancio di programmi di efficienza energetica e di cogenerazione garantirebbe un vantaggio economico netto per la collettività. Del resto, i programmi di “Demand Side Management” non sono una novità e vengono gestiti dalle compagnie elettriche statunitensi da oltre un ventennio con discreti risultati. Nel 2009 sono stati così risparmiati 78 miliardi di kWh.

E veniamo all’Italia. Ci sono, è noto, progetti per costruire o convertire a carbone diversi impianti, ad iniziare dalla contestata centrale di Porto Tolle sul delta del Po che dovrebbe funzionare a regime con tre gruppi da 660 MW. Queste scelte si devono confrontare con il percorso verso la totale decarbonizzazione della produzione elettrica europea indicato nel rapporto “Roadmap verso un'economia competitiva a basse emissioni di carbonio nel 2050” presentato dalla Commissione Europea nel marzo 2011.

Ora, la centrale di Porto Tolle, se venisse riconvertita, funzionerebbe fino al 2060. È vero che un decimo delle 10 milioni di tonnellate di anidride carbonica emesse dovrebbe annualmente essere sottratto e iniettato nel sottosuolo (CCS) grazie ad un progetto finanziato dall’Europa. Ma i costi stimati per la CCS sono molto alti e non competitivi fino al 2030. E d’altra parte non sappiamo quali valori di mercato raggiungeranno le emissioni di anidride carbonica fra 10, 20, 30 anni (30, 50, 100 €/t ?). Dunque, sembra un progetto rischioso ed economicamente problematico sul medio e lungo periodo sia a livello aziendale che su scala nazionale.

Per di più, in Italia la potenza elettrica è decisamente sovradimensionata con 104 GW nel 2010 e previsioni per il 2020 che vanno da 110 a 130 GW. Questo, mentre la richiesta di punta, attualmente pari a 57 GW, secondo Terna dovrebbe raggiungere i 74 GW alla fine del decennio con una capacità di generazione necessaria pari a 90 GW.

Non sarebbe più saggio applicare la strategia dell’ACEEE e lanciare anche in Italia un serio programma di efficienza energetica, sulle linee, ad esempio, del Piano elaborato da Confindustria?

Gianni Silvestrini
18 ottobre 2011

giovedì 13 ottobre 2011

La produzione elettrica da impianti fotovoltaici a settembre fa risparmiare all' Italia 1 TWh di energia importata

Continua a crescere la produzione di energia elettrica dai moduli fotovoltaici installati lungo la Penisola: a settembre ha fatto registrare un nuovo record mettendo a segno un +561% (giungendo a 1.355 GWh ) rispetto allo stesso mese dell’anno scorso (205 GWh). E’ quanto emerge dai dati sui consumi di energia elettrica relativi al mese scorso diffusi da Terna, che registrano una crescita anche del geotermico (+5,4%) e dell'idroelettrico (+4,8%%). Nuova flessione invece dell' eolico (-5,7%).

Nel mese di settembre 2011 la richiesta di energia elettrica in Italia è stata pari a 28,8 miliardi di kWh, con un incremento del +6,1% rispetto allo stesso mese del 2010, il più alto dall’inizio anno. Ciò è dovuto in parte “all’effetto temperatura”, che rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso è stata superiore in media di circa due gradi centigradi. Depurata da questo effetto la variazione, sottolinea Terna, è comunque del + 5%. La produzione nazionale netta, pari invece a 26 miliardi di kWh è cresciuta del 8,5% rispetto a settembre 2010, grazie in parte anche al contributo delle fonti di energia rinnovabili e in particolare al fotovoltaico che, oltre a coprire parte dell'aumento dei consumi, ha permesso di ridurre in maniera significativa le importazioni di energia elettrica dall'estero diminuite di 431 GWh (-12,2%). (f.n.)

mercoledì 12 ottobre 2011

A settembre ancora calo dei prezzi delle componenti di impianti fotovoltaici

Moduli FV al ribasso: la guerra dei prezzi

Nonostante sia aumentata leggermente la domanda di fotovoltaico, anche in Europa, i prezzi dei moduli continuano a scendere e per alcune tecnologie sono ormai al di sotto del dollaro per watt. Una vera e propria guerra dei prezzi al ribasso è stata praticata dai numerosi produttori cinesi di moduli cristallini. I dati di Pvxchange.

Si riducono a settembre in maniera significativa, e più del previsto, i prezzi dei moduli cristallini (mono e poli) e quelli dei film sottili, anche se in diversi paesi la domanda è leggermente aumentata rispetto ad agosto. Nonostante questa rapida riduzione dei prezzi le scorte di magazzino potrebbero metterci alcuni mesi ad essere smaltite. Lo dice il sito Pvxchange, commentando l’andamento dei prezzi medi netti (€/Wp) dei moduli fotovoltaici illustrato dai due grafici qui sotto.

Il mercato è diventato sicuramente più agguerrito e competitivo, con l’entrata di numerosi nuovi produttori e soprattutto per una vera e propria guerra dei prezzi al ribasso praticata dai produttori cinesi di moduli cristallini (al limite e anche inferiori al dollaro per watt) che hanno coperto la quota di mercato più rilevante nel secondo e terzo trimestre dell’anno. Dall’inizio dell’anno i prezzi dei moduli cristallini si sono ridotti dal 20 al 30%.

Anche per quanto concerne i moduli a film sottile (grafico sotto) la riduzione dei prezzi medi netti nel mese di agosto è stata molto marcata, anche se poi questa tecnologia perde quote di mercato rispetto alle tecnologie cristalline.

A causa delle turbolenze sui mercati finanziari si potrà assistere inoltre ad un'ulteriore riduzione dei prezzi dei singoli componenti fotovoltaici. Le incertezze degli investitori sono anche legate in Europa alle imminenti elezioni politiche in diversi paesi. Differente è la situazione in Germania, dove installatori e progettisti attendono soprattutto un’ulteriore riduzione dei prezzi.

Nonostante le difficoltà del mercato, gli osservatori si attendono per il 2011 un installato totale di 21-23 GW, cioè una crescita del 20% rispetto al 2010, grazie soprattutto alla domanda proveniente dall’Asia, dagli Usa, ma anche dall’Italia che dovrebbe diventare il primo mercato annuale.

Redazione Qualenergia.it
11 ottobre 2011

lunedì 10 ottobre 2011

D.Lgs.28/2011, l' Emilia Romagna e' la prima che introduce l' obbligo di rinnovabili nei nuovi edifici

Obbligo di rinnovabili negli edifici, si parte dall'Emilia Romagna

L'Emilia Romagna è la prima Regione italiana a recepire le disposizioni del D.Lgs. 28/2011, che introduce l'obbligo di dotare di impianti a energia i nuovi edifici. La nuova discipina nel Bollettino regionale pubblicato ieri (in allegato).
07 ottobre 2011

E' l'Emilia Romagna la prima Regione italiana a recepire le disposizioni del D.Lgs. 28/2011 in materia di integrazione di impianti a energia rinnovabile negli edifici. Il Bollettino regionale pubblicato ieri (in allegato) contiene infatti la nuova disciplina relativa al rendimento energetico degli edifici, che definisce la dotazione di impianti a fonte rinnovabile per le nuove costruzioni e le ristrutturazioni rilevanti.

Le modifiche apportate dalla nuova disciplina avranno effetto a partire dal 31 maggio 2012: con una applicazione progressiva sono previsti nuovi standard, a copertura di quota parte (fino al 50%) dell'intero consumo di energia termica dell'edificio (per la climatizzazione e per la produzione di acqua calda sanitaria) e di produzione di energia elettrica.

Sempre in materia di rinnovabili, la disciplina introduce specifici criteri per la determinazione della quantità di energia resa disponibile dalle pompe di calore e qualificabile come rinnovabile.

Un'altra significativa modifica riguarda l'attestato di certificazione energetica degli edifici: a partire da oggi, infatti, l'indice di prestazione energetica e la relativa classe contenuti nell'attestato devono essere riportati negli annunci commerciali di vendita di edifici o di singole unità immobiliari.

Infine, sarà possibile ottenere un bonus volumetrico del 5% qualora si aumenti del 30% la dotazione minima di energia da rinnovabili.

Allegati
Bollettino Emilia Romagna con regolamento rinnovabili negli edifici.pdf
07 ottobre 2011

Fonte www.qualenergia.it

venerdì 7 ottobre 2011

Energia solare, anche in Russia il fotovoltaico inizia il suo cammino

Secondo Slusarz, la Russia ha già iniziato ad avvicinarsi alle energie rinnovabili, compreso il fotovoltaico: una tendenza che potrebbe incrementarsi nei prossimi anni, fino ad arrivare entro il 2020 ad una capacità fotovoltaico di 1 o 2 GW. Il Ceo della Solar Pv fa partire le sue previsioni dall’incremento della domanda energetica che ci sarà nel prossimo decennio in Russia: l’obiettivo della politica energetica russa è di arrivare entro il 2020 al 4,5% di capacità installate, pari a 22 GW.

Gran parte di questa capacità dovrebbe arrivare dal mini idroelettrico, eolico, biomasse e geotermia, ma anche il fotovoltaico potrebbe giocare un ruolo importante. A dimostrazione di ciò c’è il volume di investimenti destinati all’energia solare da colossi russi come Renova e Lukoil che puntano su progetti fotovoltaici e sulla creazione di una filiera nazionale del settore

martedì 4 ottobre 2011

Libia, il sonno della ragione

La missione militare italiana in Libia e’sparita dovunque, meno che dal cielo libico.
La missione Nato e’ scaduta il 27 settembre 2011 ed e’ stata rinnovata per tre mesi, ma l’ Italia non ha ancora comunicato ufficialmente se sta partecipando o meno al prolungamento delle operazioni.
La missione italiana era finanziata fino al 30 settembre e non si sa come saranno pagati da sabato 1 ottobre i quattro voli quotidiani nel cielo libico e il diverso trattamento economico dei militari impegnati. Su tutto questo c’e’ il silenzio assoluto di Governo, Presidente della Repubblica, Parlamento,partiti d’opposizione e media.
Non e’ una disattenzione irrilevante ma, con questa crisi finanziaria ed energetica, e’ un sonno della ragione che potrebbe generare mostri.

Questa lettera e' stata inviata a vari giornali, ed e' stata pubblicata per ora solo da Il Manifesto

lunedì 3 ottobre 2011

Energia elettrica da carbone,conteggiando i danni costa tre volte di piu'

Ogni dollaro di energia prodotta con il carbone se ne spendono due per i danni.

Le centrali a carbone costano agli Usa 53 miliardi di dollari all'anno per danni ambientali e sanitari, senza contare le conseguenze sul clima. Contando anche le emissioni di CO2 ogni chilowattora da carbone costa alla collettività più di 20 centesimi. Un nuovo studio spiega quali e quante siano le esternalità negative del carbone.
Giulio Meneghello
03 ottobre 2011

Ogni dollaro speso in carbone ne causa 2 di danni e, senza contare l'impatto sul clima e le relative conseguenze, le centrali a carbone Usa costano all'ambiente e alla salute degli statunitensi circa 53 miliardi all'anno.

Il carbone è una fonte di elettricità economica solo perché i danni che provoca all'ambiente, al clima e alla salute umana vengono scaricati sulla collettività. A sostegno di questo concetto sono stati pubblicati diversi studi che cercano di quantificare economicamente le esternalità negative di questa fonte.

L'ultimo, intitolato “Environmental Accounting for Pollution in the United States Economy”, arriva appunto dagli Usa ed è stato pubblicato sull'American Economic Review di agosto. Le conclusioni del report (che prendiamo sintetizzate da Think Progress e da Legal Planet, blog di politiche ambientali curato dalle facoltà di legge di Berkley e dalla Ucla) mostrano appunto che i danni per ogni chilowattora prodotto bruciando carbone costano economicamente il doppio rispetto al prezzo di mercato di quello stesso chilowattora.

In totale, è l'impressionante conto fatto nello studio, le centrali a carbone Usa pesano per un quarto del GED del paese (ossia delle gross external damages, quantificazione del complesso delle esternalità negative). Un danno causato soprattutto dall'aumento di mortalità legato al biossido di zolfo e, in maniera minore, agli ossidi di azoto e al particolato fine.

Secondo lo studio il conto dei danni ambientali e sanitari delle centrali a carbone Usa per il sistema paese è di 53 miliardi di dollari all'anno. Una cifra impressionante specie se si ricorda che il calcolo si limita a considerare le emissioni di alcuni inquinanti per via aerea e non comprende altre esternalità, come ad esempio quelle legate all'estrazione del minerale, ma sopratutto non tiene conto dell'impatto delle emissioni di CO2 sul clima e delle relative conseguenze, enormi ma difficili da quantificare.

Se si aggiungesse al conto una stima conservativa dei danni legati alle emissioni di CO2, si spiega nello studio, il conto delle esternalità negative salirebbe del 30-40%. Ipotizzando che ogni tonnellata di CO2 emessa causi danni per 65 $ (ma secondo altri studiosi il conto sarebbe molto più salato) ogni chilowattora prodottoda carbone costerebbe al paese 0, 21 dollari.

Il carbone è responsabile di circa il 41% delle emissioni mondiali di gas serra e del 72% di quelle per la produzione di elettricità (dati riferiti al 2007). L'ultimo studio che ha tentato una quantificazione economica delle esternalità negative di questa fonte è "The true cost of coal" di Greenpeace. Tra malattie respiratorie, incidenti nelle miniere, piogge acide, inquinamento di acque e suoli, perdita di produttività di terreni agricoli e cambiamenti climatici, aveva calcolato l'associazione, nel 2007 il carbone a livello mondiale aveva fatto danni per 356 miliardi di euro. In Cina dove si fa ricorso al carbone per i due terzi del fabbisogno energetico nazionale - aveva segnalato un precedente rapporto, sempre realizzato da Greenpeace in collaborazione con alcuni economisti cinesi - i costi esterni del carbone sono pari a 7 punti di prodotto interno lordo.

Giulio Meneghello
03 ottobre 2011

Fonte www.qualenergia.it