sabato 25 giugno 2011

La silenziosa (R)ivoluzione energetica - sintesi in italiano a cura di Greenpeace

La silenziosa [R]ivoluzione Energetica

Il futuro delle rinnovabili è già cominciato. Venti anni fa. È quel che rileva il rapporto di Greenpeace International “The Silent Energy [R]evolution”, un’analisi del mercato globale dell’energia elettrica che dimostra come dalla fine degli anni ’90 solare ed eolico sono cresciute più rapidamente di ogni altra fonte, con c.a. 430.000 MW di capacità installata tra il 2000 e il 2010. Nel complesso, solo nel 2010 è stata installata potenza di rinnovabili pari a quella installata dal 1970 al 2000.

Peccato che nel frattempo si siano installati anche 475.000 MW a carbone, con una emissione di CO2 stimata al 2050, in oltre 55 miliardi di tonnellate. Esiste oggi la possibilità che le rinnovabili crescano alla velocità necessaria per affermarsi sia nei Paesi sviluppati (rimpiazzando vecchi impianti) che nei Paesi in Via di sviluppo. Ma è una finestra che rischia di chiudersi nei prossimi pochi anni. Per questo servono – e subito - buone politiche energetiche e obiettivi vincolanti di emissioni di CO2 .

Il rapporto “The Silent Energy [R]evolution” descrive quel che è successo nel mercato globale dell’energia degli ultimi 40 anni, e quel che potrebbe succedere nei prossimi 40 grazie alle rinnovabili. Mostra, ad esempio, come il settore nucleare abbia avuto un effimero successo dagli anni ’70 a metà degli anni ’80, con un successivo declino. Descrive anche come, negli anni ’90, l’intero settore energetico abbia vissuto una serie di cambiamenti: mentre si attuava una progressiva liberalizzazione del mercato nei Paesi OCSE, la domanda di energia non si allineava alla crescita degli anni precedenti, facendo diminuire la costruzione di nuovi impianti.
In particolare, è diminuita la costruzione di centrali costose, come quelle nucleari e a carbone. A tutto vantaggio del gas.

Anche nei Paesi in Via di Sviluppo, soprattutto in Asia, una generalizzata liberalizzazione ha portato all’affermarsi del gas. Tuttavia, negli ultimi dieci anni, la Cina ha puntato sul carbone per affermare il suo sviluppo. Escludendo la Cina, è evidente un declino del carbone dalla fine degli anni ’90 e l’affermarsi, oltre al gas, delle rinnovabili, in particolare dell’eolico.

Nell’ Unione Europea, la liberalizzazione del mercato e’ stata avviata nel 1997. Da allora, la quota di carbone e nucleare è stata ben al di sotto del 10%, con crescenti investimenti nel gas e un significativo incremento delle rinnovabili, in particolare del solare fotovoltaico e dell’eolico, grazie a obiettivi legalmente vincolanti per lo sviluppo delle energie pulite. Nel complesso, si è assistito a un notevole aumento
della nuova capacità installata, dovuta alla necessità di rimpiazzare impianti datati.

In Italia, se possibile, la tendenza e’ stata ancora piu’ marcata . Dal 2004 si e’ assistito a una “esplosione” degli impianti a gas, mentre nel 2009 e 2010 sono le rinnovabili (solare fotovoltaico, eolico e, in minor misura, biomasse) a dominare la scena.

Quale futuro per la Rivoluzione Energetica?

I prossimi anni saranno decisivi per l’affermarsi di un sistema energetico basato al 100% sulle rinnovabili. Da sette anni, Greenpeace, l’European Renewable Energy Council (EREC) e l’Agenzia Spaziale della Germania (DLR) pubblicano scenari energetici globali, regionali e nazionali, nei rapporti “Energy [R]evolution”. La prima edizione dello scenario globale, del 2007, immaginava una capacità globale di rinnovabili di 156 GW al 2010: nella realtà, già solo l’eolico aveva superato tale capacità, nel 2009. È chiaro che la Rivoluzione Energetica è già cominciata, con un ruolo chiave nella lotta ai cambiamenti climatici.

Lo scenario standard di “Energy [R]evolution” ha l’obiettivo di prefigurare una riduzione delle emissioni globali di CO2 di circa 10 Gigatonnellate/anno, al 2050. Lo “scenario avanzato”, prodotto nell’edizione 2010 di “Energy [R]evolution”, ha un obiettivo ancor più ambizioso e assume una durata inferiore dei vecchi impianti a
carbone (il peggior nemico del clima): da 40 a 20 anni. Per colmare il gap, si assume un maggior incremento nella crescita delle rinnovabili, oltre a un aumento dell’efficienza energetica, ad esempio nel settore dei trasporti, con un incremento, dopo il 2025, dei veicoli elettrici. Nel complesso, la domanda di energia dello scenario avanzato di “Energy [R]evolution” è inferiore (grazie all’efficienza) a quella degli scenari di riferimento. Anche lo sviluppo di una rete elettrica efficiente (smart grids + super grids) permette l’uso di una quota maggiore di energia da fonti rinnovabili fluttuanti (eolico e fotovoltaico). Lo “scenario avanzato” prevede un 40% di share delle rinnovabili poco dopo il 2030 (con dieci anni di anticipo rispetto allo scenario “standard”), ma nei due scenari le quote di idroelettrico e biomasse sono costanti, per questioni di sostenibilità ambientali.

Lo scorso 9 maggio, l’International Panel on Climate Change (IPCC) ha adottato lo Special Report on Renewable Energy (SRREN), che fornisce una rassegna complessiva del settore delle rinnovabili. Sono stati analizzati oltre 160 scenari per definire il possibile ruolo delle rinnovabili nell’abbattimento delle emissioni di CO2 a livello globale e regionale. Tre di questi sono stati quindi scelti come “scenari di mitigazione” del preoccupante fenomeno del cambiamento climatico: Energy [R]evolution è uno di questi tre, ed è l’unico che fa a meno di tecnologie rischiose come il nucleare o non provate come lo stoccaggio sotterraneo della CO2 (CCS).

Nello SRREN, i tre scenari di mitigazione sono confrontati con lo scenario base, il World Energy Outlook 2009 della International Energy Agency (IEA), per inserire il potenziale di sviluppo delle rinnovabili nel contesto del potenziale tecnico delle
singole regioni e a livello globale. Dal confronto risulta che un mero 2% del potenziale tecnico delle rinnovabili è sufficiente per arrivare ad una quota di energia da rinnovabili del 77%, al 2050. Con lo scenario Energy [R]evolution, questa quota arriva al 95%. In conclusione, non esistono barriere né di tipo tecnico né tantomeno economiche per giungere a una fornitura energetica basata sulle rinnovabili a livello globale. L’unica barriera è quella delle politiche energetiche.

Tra le varie politiche energetiche, l’esperienza dimostra che i sistemi con tariffe feedin (introdotte in Italia con il “conto energia” per il fotovoltaico), con un sistema garantito di tariffe di riacquisto (buy back tariff) in combinazione con un accesso prioritario delle rinnovabili alla rete, sono il sistema migliore per garantire un efficace e rapido sviluppo delle rinnovabili. Tali tariffe vanno modulate a seconda delle tecnologie e delle taglie per garantire l’efficacia dell’incentivo.

Le rinnovabili, tra l’altro, hanno anche il vantaggio di generare posti di lavoro. Secondo lo scenario di riferimento dell’IEA, l’occupazione del settore resterebbe sostanzialmente invariata fino al 2030. Lo scenario di Energy [R]evolution prevede invece un aumento netto di 4,1 milioni di posti di lavoro (al 2030) e lo “scenario avanzato” ne prevede 8,5 milioni nelle rinnovabili, rispetto ai 2,4 milioni dello scenario IEA. Perché è uno scenario che investe nel lavoro delle persone, non nello spreco di combustibili pericolosi per il clima e, quindi, per il nostro futuro.

venerdì 24 giugno 2011

Greenpeace-The Silent Energy (R)evolution-La silenziosa rivoluzione energetica

La silenziosa rimonta delle rinnovabili, un report Greenpeace

La rivoluzione delle rinnovabili è già iniziata ed è inarrestabile: lo mostra l'ultimo studio di Greenpeace, "The Silent Energy [R]evolution”, una nuova analisi del mercato mondiale della produzione energetica. Il rapporto dimostra come a partire dagli anni '90 abbia avuto inizio una silenziosa, ma sempre più crescente, rivoluzione energetica.
23 giugno 2011


La produzione di energia solare ed eolica, nell'ultimo decennio, è cresciuta più rapidamente di qualsiasi altra fonte energetica al punto che oltre un quarto (26%) della nuova potenza installata nello scorso decennio è imputabile alle rinnovabili, mentre il nucleare rappresenta solo un 2% della potenza installata nello stesso periodo.

Quanto successo in quest'ultimo decennio dimostra che oggi i governi possono fare una scelta semplice e chiara: rinunciare a fonti pericolose come il nucleare e il carbone e puntare sulle rinnovabili, non solo per salvare il clima, ma anche per garantire sviluppo e occupazione.

La corsa delle rinnovabili procede a scapito di nucleare e carbone. Mentre il nucleare ha avuto bisogno di 10 anni per installare circa 35.000 MW (2000-2010), l'eolico ha installato una potenza analoga nel solo 2010. Sempre nell'ultimo decennio, gli investimenti sul carbone sono diminuiti ovunque tranne che in Cina, dove però è stata raddoppiata, ogni anno dal 2003, la potenza di eolico. Ciò a dimostrazione del fatto che anche la Cina ha deciso di puntare sulle rinnovabili.

E l'Italia? Dopo la schiacciante vittoria referendaria e la decisione della Germania di uscire dal nucleare e puntare su rinnovabili ed efficienza energetica, ora anche il governo italiano dovrebbe investire nell'energia pulita. Soprattutto se si considera che a partire dal 2004 si è registrato un forte incremento degli investimenti sul gas, mentre nel 2009 e 2010 sono state le rinnovabili a dominare la scena.

I prossimi anni saranno decisivi per un'ulteriore affermazione del settore delle energie pulite. Per questo chiediamo che siano riviste le politiche energetiche attraverso l'introduzione di tariffe modulate per fonte energetica e taglia (feed-in premium tariffs) con accesso prioritario dell'energia rinnovabile alla rete elettrica.

(da comunicato Greenpeace)
fonte www.qualenergia.it

venerdì 17 giugno 2011

Qualche elemento per spiegare meglio la previsione Aie sul rapporto domanda-offerta di greggio

Qualche elemento per inquadrare meglio il post precedente.

Le previsioni hanno un valore indicativo perche' molte sono le variabili che incidono sul rapporto tra domanda e offerta di petrolio, le stesse previsioni dell' Aie a fine 2009, a fine 2010 e ora a meta' 2011, sono molto diverse.
Purtroppo tendono sempre ad anticipare il momento nel quale il problema petrolio esplodera' definitivamente.
Cito a memoria ma si puo' ricercare e consultare i documenti ufficiali:

nel rapporto 2009 dell' Aie
il picco petrolifero, cioe' il momento di massima produzione di greggio, era previsto nel 2030 con 108 mbg (milioni di barili il giorno),

nel rapporto 2010
erano previsti diversi scenari, ma la data del picco si era avvicinata e la massima produzione di petrolio era scesa sotto i 100 mbg.
Era annunciato l' avvenuto picco per il petrolio convenzionale, quello migliore.

ora a meta' 2011
si paventa per il 2016 il momento nel quale la domanda di petrolio superera' l' offerta, anche se questo non vuol dire l' arrivo del picco perche', anche se l' offerta sara' inferiore alla domanda, potrebbe l' offerta ancora salire negli anni seguenti.
Il picco, cioe' la massima produzione, potra' essere stabilito solo negli anni successivi al suo arrivo.

Altra osservazione: una crisi economica, una recessione, provoca una diminuzione della domanda ed ora in seguito alla crisi finanziaria greca che ancora deve avere le sue conseguenze sull' economia reale, vediamo che il prezzo gia' sta scendendo e probabilmente diminuira' ancora.

Nell' aprile 2010 il prezzo era 85$/b, dopo la crisi greca di fine mese il prezzo e' sceso a 70-75 $/b ed e' tornato a 85$ solo a inizio novembre 2010 (quando e' stato pubblicato il rapporto Aie 2010 che annunciava l' avvenuto picco del petrolio convenzionale).

A gennaio 2011 prima della crisi in Libia il prezzo era 90$/b per il WTI e 105$ per il Brent, e l' anomalia del Brent molto superiore al WTI era iniziata. Oggi dopo il crollo degli ultimi giorni -5%-7% (le Borse hanno per ora perso molto meno) il WTI e' sempre attorno a 93$ e il Brent 113$.

Da notare che mentre negli ultimi mesi aumenti e diminuzioni sono stati comunque abbastanza equilibrati, ora le oscillazioni hanno ripreso ad essere rapide, segno di incertezza profonda e squilibri.

Ricordo sempre che l' Aie (o Iea) e' l' agenzia energetica dei paesi Ocse (i paesi piu' avanzati), non esistono organismi internazionali rappresentativi di tutti i paesi del mondo che seguano le vicende energetiche. Esiste solo una commissione dell' Onu che si occupa dei cambiamenti climatici, che e' un' aspetto particolare e cruciale del problema energia ma non esaurisce tutta la problematica di questa materia (fondamentale per l' economia ma soprattutto per la pace nel mondo)

Petrolio, allarme Aie: nel 2016 domanda potra' essere maggiore dell' offerta-In Italia se ne accorgono solo il Sole24ore e Contropiano

Aie lancia allarme per il petrolio: nel 2016 la domanda di petrolio potrebbe superare l’ offerta

In Italia se ne accorgono solo il Sole24ore e Contropiano

L’ articolo del Sole24ore:

Il caro-petrolio non rischia più soltanto di «danneggiare la ripresa economica». L'Agenzia internazionale per l'energia (Aie) ormai parla di «hard landing» e di «double dip»: un atterraggio pesante, addirittura una ricaduta in recessione. Il fallimento dell'ultimo vertice Opec – incapace di deliberare un aumento di produzione, nonostante i suoi stessi economisti ne avessero evidenziato l'esigenza – ha esasperato l'allarme su cui già da tempo l'organismo dell'Ocse sta richiamando l'attenzione.
«La situazione attuale – ha dichiarato ieri il direttore dell'Aie Nobuo Tanaka – comincia a ricordare quella del 2008. E tutti sappiamo che nel nel 2008 l'economia mondiale ha subìto un atterraggio davvero molto pesante». Nell'estate di quell'anno, prima del collasso di Lehman Brothers, il barile aveva superato 147 dollari, un record storico. Ma non è tanto al ripetersi di una simile escalation che Tanaka fa riferimento: l'analogia riguarda, a suo parere, soprattutto l'assottigliarsi della spare capacity, l'eccesso di capacità produttiva che costituisce un prezioso cuscinetto a fronte di possibili shock sul fronte della domanda o dell'offerta petrolifera. Shock che oggi si rischiano entrambi, a giudicare dalle nuove previsioni appena diffuse dall'Aie attraverso il bollettino mensile e l'aggiornamento del Medium Term Outlook.

La Libia ormai produce appena 100mila barili al giorno, contro gli 1,6 milioni di prima della guerra, e secondo l'Agenzia le sue forniture non torneranno sul mercato fino al 2014. Nel frattempo la domanda è destinata ad aumentare, non solo negli anni a venire, ma anche nel brevissimo periodo: nel terzo trimestre, praticamente domani, servirebbero 30,7 mbg di greggio dall'Opec per rifornire le raffinerie nel periodo di massima attività. L'Organizzazione in maggio ne ha forniti 29,2 se si conta anche l'Iraq, non soggetto a quote. L'Aie «accoglie con sollievo» l'impegno saudita ad accrescere la produzione, ma il suo greggio è di qualità diversa dal libico. E non è detto che basti ad alleviare le tensioni, anche perché la capacità produttiva in eccesso finirà col ridursi a un minimo di 3,1 mbg quest'anno, per restare fino al 2013 quasi sempre sotto 4 mbg: livello che «mette a disagio per la sua esiguità».
Le potenziali tensioni sui mercati sono evidenti anche se si guarda a un'orizzonte temporale più ampio: nei prossimi 5 anni la domanda globale di greggio potrebbe salire dell'1,3% in media all'anno, portandosi dagli 88 mbg del 2010 a 95,3 mbg nel 2016 (se ci saranno problemi per l'economia si arriverà a 92,8 mbg).

La responsabilità della crescita, che l'Aie vede oggi molto più vigorosa rispetto a quanto stimato un anno fa, sarà esclusivamente delle economie emergenti e per il 40% della Cina, mentre la domanda dei Paesi Ocse calerà di 1,5 mbg di qui al 2016. Nello stesso periodo, grazie allo sfruttamento di risorse più difficili da estrarre, anche l'offerta di petrolio salirà (da 93,8 a 100,6 mbg), ma con un ritmo più fiacco rispetto allo sviluppo dei consumi.
Per i prezzi c'è poca speranza: il Brent resterà inchiodato intorno ai 100 $/ bbl. La media prevista per il 2011-15 è di 103 $ (l'anno scorso l'Aie prevedeva 84 $), con un massimo di 105 $ quest'anno e un minimo di 100,69 nel 2015.

Fonte www.sole24ore.com

L’ articolo di contropiano.org

Se ne discuteva da anni, ora si ha una previsione ufficiale. L'Agenzia internazione dell'energia ha pubblicato ieri un rapporto in cui si prevede che la domanda di petrolio supererà l'offerta nel 2016. La Cnn ha immediatamente dato la notizia, in Italia si fa finta di non vedere (oppure, ed è peggio, non si vede proprio).
E' questo il "picco del petrolio", non la sua "fine", come invece hanno sempre detto i disinformatori di professione per ridicolizzare e depotenziare l'allarme lanciato dagli scienziati findai tempi della pubblicazione del rapporto I limiti della crescita (The Limits to Growth, nel 1972. Va ricordato il fatto molto semplice che tutti gli idrocarburi (petrolio, gas, ecc) sono risorse naturali non riproducibili, quindi costituiscono un "limite" non superabile. E che al momento non sono state ancora scoperte altre risorse energetiche di potenza comparabile a quell del petrolio, ossia in grado di sostituirlo. Un barile di greggio (159 litri circa) fornisce la stessa energia di 12 uomini al lavoro per un anno.

Dal punto di vista economico, il fatto che la produzione di greggio non possa tener dietro alla domanda implica, nell'ordine, aumento dei prezzi, blocco della crescita economica... e poi dinamiche internazionali e sociali non prevedibili nel dettaglio.

Qui di seguito l'articolo in fondo molto british pubblicato dalla Cnn.

Cnn, 17 giugno 2011
La domanda di petrolio supererà l'offerta
di Aaron Smith

Nuove fonti di petrolio e gas naturale - in gran parte dagli Stati Uniti e il resto delle Americhe – espanderanno le forniture nei prossimi cinque anni, ma la crescita della domanda - in particolare dalla Cina – ,secondo un rapporto pubblicato giovedi, sarà superiore.
L'Agenzia internazionale dell'energia (AIE) stima che la crescita della capacità dell'offerta di petrolio potrebbe crescere media di 1,1 milioni di barili al giorno da qui al 2016 "perché l'aumento dei prezzi renderà convenienti nuove forniture."
L'AIE ritiene che il greggio convenzionale possa rappresentare meno del 40% della nuova offerta, mentre la maggior parte proverrà da gas naturale, biocarburanti e petrolio non convenzionali. Gran parte del nuovo gas naturale proverrà dagli Stati Uniti, uno dei maggiori produttori del mondo.

Nuove fonti petrolio verranno fuori da diverse nazioni dell'emisfero occidentale, tra cui Brasile, Canada e Colombia. Altri paesi menzionati nel rapporto sono Iraq, Emirati Arabi Uniti, Angola e Kazakhstan.
Ma l'agenzia stima anche che la crescita della domanda supererà quella dell'offerta, anche se di poco. L'organizzazione ha detto che la crescita annua della domanda di petrolio potrebbe crescere in media di 1,2 milioni di barili al giorno, da qui al 2016.
Secondo l'agenzia, la maggior parte della domanda supplementare - circa il 95% - dovrebbe venire dalla Cina e altri paesi asiatici e del Medio Oriente.

Imboscate prompt militari per ridurre il consumo di energia

Allo stesso tempo, il consumo di gas naturale è destinato a crescere del 2,4% all'anno da qui al 2016, e la Cina sarà responsabile di circa un terzo dell'aumento globale della domanda, ha detto l'organizzazione.
"Il commercio globale di gas si espande rapidamente mentre un numero più alto di paesi diventa importatore di gas", spiega il rapporto. "Il gas naturale si aggiunge a petrolio, minerale di ferro e molte altre materie prime nel paniere di merci fondamentali in cui la fonte sempre più dominante della domanda è la Cina".
I prezzi del petrolio sono scesi al livello più basso da quattro mesi, perché i timori internazionali sulla possibilità di un default greco (e quindi di un rallentamento globale dell'economia) ha fatto abbassare i prezzi delle materie prime e le scorte.

giovedì 16 giugno 2011

Petrolio, patto segreto Usa-Arabia sulle riserve

Il greggio pesante di Riad in cambio di "light" dalle scorte strategiche
di Sissi Bellomo

Nelle settimane prima del vertice fallimentare dell'Opec, gli Stati Uniti e l'Arabia Saudita avrebbero studiato un piano – poi non realizzato – per mettere a disposizione del mercato forniture aggiuntive di petrolio della qualità più richiesta: lo sweet light, divenuto più scarso con l'interruzione dell'export dalla Libia. Lo rivela l'agenzia Reuters, attribuendo le informazioni a quattro fonti riservate. L'idea, esaminata a lungo dai funzionari dei due Paesi, prevedeva una sorta di scambio: Washington avrebbe rilasciato dalle scorte strategiche petrolio leggero e a basso contenuto di zolfo, per ovviare alle difficoltà di approvvigionamento delle raffinerie europee "orfane" di Tripoli, mentre Riad avrebbe provveduto a ricostituire gli stock americani con il proprio greggio, di qualità inferiore, ceduto a prezzi scontati.

Non è chiaro da chi fosse partita l'iniziativa, né il motivo per cui il progetto non sia andato in porto. Ma se davvero c'è stata, una simile trattativa sarebbe l'ennesima conferma dell'esistenza di un coordinamento sempre più stretto tra Arabia Saudita e Usa nelle politiche energetiche, a scapito dell'Opec.
L'immobilità del Cartello solleva allarmi crescenti da parte dell'Agenzia internazionale per l'energia, che ieri ha avvertito che il caro-greggio rischia di provocare un "double dip" all'economia mondiale, ossia di riportarla in recessione. Il petrolio nell'ultima seduta ha subìto un tonfo, ma solo perché travolto dal precipitare della crisi greca e dal rialzo dell'inflazione "core" negli Usa: il Brent ha chiuso a 117,10 $/barile (-2,5%), il Wti a 94,81 $/bbl (-4,6%), minimo da 4 mesi, nonostante il forte calo delle scorte commerciali di greggio negli Usa, giù di 3,4 milioni di barili la settimana scorsa. I distillati sono scesi di 0,1 mb e le benzine sono salite di 0,6 mb. La domanda di prodotti raffinati nelle ultime 4 settimane risulta in calo del 3% rispetto a un anno fa.

Fonte www.sole24ore.com

mercoledì 15 giugno 2011

Si e' vero, 15 giugno,il mercato dei prezzi petroliferi e' sotto stress, Brent - 6%, WTi -4,442. Le Borse invece perdono l' 1-1,5, %.

Alle 20.00 del 15 giugno 2011 il prezzo del petrolio Brent e' 113,06 $/b contro i 119,30 $/b dell' apertura dei mercati, il WTI e' 94,95 $/b contro 99,28 $/b dell' apertura. Rispettivamente -6 % e -4,42 %. Le Borse sono in calo ma con percentuali minori, Milano segna -2,16%, Parigi -1,50%, New York - 1,62%, Francoforte - 1,25%, Londra -1,04%. Il titolo dell' articolo sul Sole24ore di stamani si e' dunque rivelato azzeccato "Il prezzo del greggio e' sotto stress", instabile in una maniera preoccupante anche quando scende. Nel 2008 e negli anni precedenti le oscillazioni erano spesso fortissime; negli ultimi due anni, dopo la crisi economica scoppiata nel settembre 2008, le fluttuazioni erano state piu' equilibrate, meno rally piu' costanza, anche quando le quotazioni salgono.
Oggi si torna all' antico e il prezzo del greggio crolla in percentuale molto maggiore delle borse, anticipando forse un trend di ribassi anche nel mercato azionario conseguenza della crisi greca. Crisi annunciata dai dati, non dai titoli dei giornali che hanno fatto nelle ultime settimane articoli di routine. Al contrario in Grecia soprattutto a livello politico , con la risicata maggioranza socialista che perde pezzi, il futuro e' sicuramente difficile, e le manovre liberiste che hanno negli ultimi decenni guidato, imbrigliato, le economie mondiali questa volta potrebbe essere rispedite al mittente. Il mittente principale e' l' Unione Europea.

martedì 14 giugno 2011

Petrolio,"mercati sotto stress",il prezzo salira' ancora-15 giugno 2011.

«Siamo inermi di fronte ai rally»
di Sissi Bellomo
15 giugno 2011 alle ore 06:44.

I mercati petroliferi sono «in una condizione di stress», che quasi ineluttabilmente farà salire il prezzo del barile, a prescindere dall'Opec e dagli speculatori. Non è ottimista Jorge Montepeque, Global Editorial Director di Platts, agenzia nota soprattutto come fornitore di prezzi e indici sul al mercato fisico dei carburanti. Montepeque, ospite all'assemblea annuale dell'Unione petrolifera oggi a Roma, ha accettato di farsi intervistare dal Sole 24 Ore.

Sul mercato si osserva qualche segno di distruzione della domanda di petrolio: non basterà a frenare i prezzi?

In realtà per capire le reazioni della domanda bisogna focalizzarsi sui prezzi al consumo. E, almeno in Europa, i carburanti sono pesantemente tassati. Se le stesse tasse gravassero sul greggio, il suo prezzo non sarebbe di 120 ma di 350-400 dollari al barile.
Un prezzo enorme: la domanda dovrebbe risentirne.
In realtà non ne risente abbastanza da far scendere il prezzo del petrolio. Negli Usa la benzina costa molto meno che da noi, perché ci sono meno tasse. E comunque in nessun Paese i carburanti replicano gli aumenti del greggio: se il barile sale da 100 a 120 $, il prezzo al consumo della benzina non sale del 20, ma del 5 per cento.

I tempi di reazione si allungano dunque?

Bisogna guardare anche ad altri fattori. Durante il credit crunch, ad esempio, il calo della domanda petrolifera c'è stato. Ma a provocarlo non sono stati tanto i prezzi alti, quanto il deterioramento delle condizioni economiche. Ora però l'economia va meglio: a Oriente la crescita è molto forte, anche Africa e America Latina stanno crescendo. È vero che gli Usa crescono poco e che in Europa crescono solo alcuni Paesi. Ma a livello globale i consumi petroliferi salgono. Non siamo più noi, americani ed europei, a guidare la domanda energetica, ma le economie emergenti. Il che ci mette in difficoltà, perché non abbiamo alcuna influenza su quei mercati.

Non abbiamo proprio nessuna possibilità di contrastare il caro-petrolio?

Beh, potremmo crescere ancora meno. Ma non mi sembra una soluzione auspicabile. Un'altra via è adottare una politica monetaria restrittiva: con una minore liquidità, le materie prime forse salirebbero meno. Oppure dovremmo aumentare la produzione di greggio, ma gli investimenti vengono decisi in base alla redditività. E molti Paesi stanno aumentando le tasse anche a carico delle compagnie petrolifere. Purtroppo, da una prospettiva europea, possiamo solo guardare cosa succede nei Paesi emergenti e regolarci di conseguenza.

Che ruolo ha la speculazione nel guidare i prezzi?

Le premesse per un rally ci sono a prescindere dalla speculazione. Il mercato è in una condizione di stress: la produzione cresce poco e in più sono venute meno le forniture dalla Libia, mentre la domanda in Asia ha un ritmo di crescita folle.

Quanta responsabilità ha invece l'Opec?

I membri dell'Opec hanno la stessa responsbilità di qualsiasi altro Paese: devono pensare ai loro cittadini, ai loro obblighi interni. Stanno facendo quel che è bene per loro. E comunque non tutti sono in grado di fare qualcosa: pochi hanno un eccesso di capacità produttiva.

Fonte www.sole24ore.com
15 giugno 2011

14 giugno- Rekord, Brent +22$ rispetto al WTI

L' anomalia del Brent molto piu' caro del WTI e' iniziata a gennaio 2011, ben prima della crisi libica. Il Brent e' fisicamente il 3% del greggio totale ma con la quotazione del Brent si fanno circa il 50% dei contratti petroliferi. Questa anomalia e' il sintomo di gravi squilibri non del tutto spiegati.

Ricordo solo che nel Rapporto 2010 dell' Iea (Agenzia energetica dei paesi OCSE), uscito a inizio novembre 2010, era scritto che il picco produttivo del petrolio convenzionale era gia' stato raggiunto e che nel 2010 il consumo medio giornaliero di greggio ha superato il rekord del 2007, tornando quindi ai livelli massimi dopo lo scoppio della crisi economica nel settembre 2008.

Brent mai così caro rispetto al Wti: +22 $
14 giugno 2011

La scarsità di petrolio di qualità light, che già affligge il mercato europeo, si aggrava ogni giorno di più, provocando crescenti distorsioni nella struttura dei prezzi: il differenziale tra il Brent e il Wti si è ampliato ieri fino a sfiorare 22 dollari al barile, un record storico. Il pessimismo che aleggia sui mercati finanziari, aggravato dal declassamento del rating della Grecia al livello più basso in assoluto, non ha risparmiato il riferimento americano, sceso a 97,30 dollari al barile (-2%). Ma il Brent ha resistito alle pressioni, attestandosi a 119,10 $/bbl (+0,3%).

Alle difficoltà create dalla sospensione dell'export libico, costituito in prevalenza da light sweet crude, si è aggiunto ieri lo stato di forza maggiore dichiarato da Royal Dutch Shell fino a tutto luglio per le forniture di petrolio Bonny Light dalla Nigeria, a causa dei ripetuti sabotaggi alla pipeline Trans Niger. I greggi nigeriani, molto adatti come i libici alla trasformazione in benzine, non hanno ancora abbandonato la rotta preferenziale degli Usa per dirigersi in Europa: circostanza per certi versi sorprendente, dato che oltre Oceano il greggio "leggero" abbonda, come dimostra il prezzo molto conveniente ormai raggiunto dal Light Louisiana Sweet, arrivato insolitamente a costare meno del Brent. Il Vecchio continente perde in ogni caso un'altra possibile alternativa alle forniture libiche, in un momento in cui anche la produzione del Mare del Nord sta soffrendo: almeno 5 carichi di Forties su 24 in programma per giugno sono stati cancellati a causa di problemi nel giacimento Buzzard. E a poco serve l'aumento di produzione promesso dai sauditi, costituito da greggio di tutt'altra qualità.

Nonostante il dibattito si sia concentrato negli ultimi tempi soprattutto sull'inadeguatezza del Wti come benchmark di prezzo per il petrolio, anche il Brent a giudizio di molti analisti non appare comunque uno specchio fedele delle condizioni del mercato petrolifero: il suo prezzo elevato appare guidato da problemi tutti europei e richia di offuscare ulteriormente gli scenari già incerti che guideranno nei prossimi mesi le quotazioni del barile.

Fonte www.sole24ore.com

lunedì 13 giugno 2011

Referendum, vittoria ! Ora rinnovabili a tutto gas

Vittoria! Ora rinnovabili a tutto gas
Di Gianni Silvestrini

Qualunque sarà l’esito politico della sconfitta dell'esecutivo è evidente che le istituzioni italiane dovranno rivedere la strategia energetica, accelerando sulle politiche delle Rinnovabili, dell’Efficienza e delle Smart grids (RES). Presto una Conferenza nazionale sull’energia e nuove politiche su ricerca e incentivazione delle imprese.

Gli eccezionali risultati del referendum impongono con urgenza una riflessione sulle scelte energetiche del paese. Qualunque sarà l’esito politico della sconfitta dell’attuale esecutivo - Berlusconi bis, governo di transizione, nuove elezioni – è evidente che le istituzioni italiane dovranno operare una decisa rivisitazione della strategia energetica, con un’accelerazione delle politiche delle Rinnovabili dell’Efficienza e delle Smart grids (RES).

Questo è uno straordinario momento per il nostro Paese che deve attrezzarsi per immettersi nella scia dell’esaltante sfida tedesca sull’energia e sul clima. Va ribaltata l’attuale politica di retroguardia, che ci ha portati, ad esempio, ad allearci con la Polonia per tentare di bloccare la proposta fatta propria il mese scorso anche dalla Commissione ambiente del Parlamento europeo di innalzare al 30% l’obbiettivo di riduzione dei gas climalteranti al 2020.

Vanno invece definiti con lucidità e rapidità gli obbiettivi per il 2020, ma anche per il 2050. Partendo dal vincolo delle emissioni di anidride carbonica che fra quarant’anni dovranno essere tagliate dell’80% rispetto ai valori del 1990. Per farlo è indispensabile puntare a soddisfare il 100% della domanda elettrica con le rinnovabili.

Dunque, imponiamo che in tempi brevi venga delineata una strategia energetica innovativa per il paese, che si tenga una conferenza nazionale sull’energia e che si rivedano le politiche della ricerca e dell’incentivazione delle imprese dando un’assoluta priorità ai settori delle RES che devono diventare un motore della ripresa economica del paese.

Gianni Silvestrini
13 giugno 2011

Fonte www.qualenergia.it

mercoledì 8 giugno 2011

Marcegaglia vota ai Referendum, una notizia importante solo per me ?!?!

Ho riportato in un post sul forum Notizie dall' Italia un accenno ad una dichiarazione della Marcegaglia che afferma che andra' a votare ai Referendum del 12-13/6. Mi sembrava e mi sembra una notizia importante. Fiumi di parole in questi giorni sul quorum da raggiungere e, da qui alla prossima settimana, questa tema inondera' i media.
La Repubblica ha fatto un titolo d' apertura della prima pagina su Napolitano che vota, secondo me era come fare sulle pagine sportive un titolo su Prandelli che va allo stadio, una notizia del tutto ovvia, una non notizia.

La Marcegaglia che va a votare, la rappresentante del principale avversario ai Referendum sull' acqua e nucleare e' invece considerata da tutti una notizia marginale.

Facendo una ricerca su Google con le parole "Marcegaglia andro' a votare" ho trovato solo agenzie di stampa e la pagina Bolognese e di Parma della Repubblica. Una notizia locale ? Una notizia marginale ?
Riporto nei post successivi quello che ho scritto nel Forum Notizie dall' Italia.

marcopa
Inviato: Gio Giu 09, 2011 4:07 pm Oggetto:

Sul Sole24ore di oggi, mercoledi' 8 giugno, a pag. 9 un piccolo articolo di due colonne dal titolo

Marcegaglia "Andro' a votare "

"Come il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, anche Emma Marcegaglia "fara' il suo dovere" di elettrice: la Presidente di Confindustria ha annunciato che il 12 e 13 giugno andra' a votare per i referendum..."
l' articolo prosegue riportando le posizioni,note, di Confindustria sul nucleare,
"..una quota di nucleare sarebbe utile....comprendiamo il timore delle persone in seguito a quanto successo in Giappone...pero' decisioni cosi' importanti ...andrebbero prese con calma...quindi-ha concluso- noi siamo a favore del nucleare"

Giancarlo54
Inviato: Mer Giu 08, 2011 11:17 pm Oggetto:

La marcegaglia andrà a votare? Prendo atto, io non andrò.

marcopa
Inviato: Gio Giu 09, 2011 5:02 am Oggetto:

Finalmente qualcuno ha una qualche reazione a questa notizia che invece a me ha colpito.
Tutte le previsioni dicono che i Referendum dovrebbero essere vincenti a meno che i partecipanti al voto siano inferiori al quorum del 51%. La Confindustria e' schierata apertamente contro il Si ai quesiti sull' acqua e nucleare e cosa fa ? Non spera nell' astensione ma invita al voto ?
Io ho dato a questo una mia interpretazione.
In realta' la Confindustria spera che i Referendum abbiano il meno successo possibile. La Marcegaglia pero' si deve accreditare come persona "politicamente corretta" verso una fascia di opinione di sinistra moderata che nei prossimi mesi sara' chiamata a condividere scelte impopolari.
Quindi fa questa dichiarazione sottovoce e pochi ne parlano, non serve per invitare i cittadini al voto, serve per il futuro.
E le varie sinistre che fanno? Non ne parlano, non capiscono che potrebbe essere un buon argomento per invitare al voto una fascia di elettori moderati e benestanti che invece sono invitati all' astensione dal centrodestra.
Anche sindaci di centrodestra di piccoli paesi hanno invitato all' astensione e la Marcegaglia che vota non e' ritenuto un argomento utile per invitare al voto !
Nel mio piccolo ho cercato di fare conoscere la notizia che ho letto stamani sul Sole24ore, sul Manifesto era nell' interno di un articolo, sulla Repubblica non l' ho vista e oggi non ho fatto la mia solita overdose di informazione, ma a una occhiata veloce sui siti principali non l' ho trovata.

venerdì 3 giugno 2011

Referendum, perche' e' necessario l' impegno di tutti fino alle ore 15 del 13 giugno.

Alle ultime elezioni amministrative hanno votato per le provinciali: ai ballottaggi il 45% degli aventi diritto, al primo turno il 60% . Nelle elezioni comunali: ai ballottaggi il 60%, al primo turno il 70%.

Al referendum consultivo sul nucleare svoltosi in Sardegna nei giorni del primo turno delle amministrative ha votato il 60% degli elettori, ma molti sono andati alle urne anche per elezioni locali e nella regione sarda erano favorevoli al referendum anche le forze della maggioranza.

Probabilmente ad oggi e’ sicuro di andare a votare un numero di elettori inferiore al 50% degli aventi diritto. Un'altra grossa percentuale di elettorali si rechera’ alle urne a seconda di come saranno, e di cosa succedera’ in, quest’ ultima settimana di campagna elettorale e i tre giorni in cui si svolgeranno le operazioni di voto.

Il fronte dei favorevoli al referendum e’ molto diversificato al suo interno e qualche grande protagonista di questo fronte potrebbe usare, e gia’ usa, argomentazioni sgradite a molti potenziali elettorali con diversi orientamenti politici, culturali, sociali.

Occorre che la campagna elettorale sia indirizzata in modo preciso verso i temi dei quesiti referendari, temi tra l’ altro molto importanti,e occorre che nessuno metta il cappello alla consultazione, anche se purtroppo chi dispone di mezzi maggiori riuscira’ a influenzare il clima di questi dieci giorni in modo superiore.

E’ necessario quindi che anche le forze minoritarie dello schieramento referendario, come i gruppi e i singoli che fanno riferimento alla nonviolenza o ad un ambientalismo non organico al centro-sinistra, riescano a dare un apporto visibile alla campagna perche’ questa non sembri una campagna solo del centrosinistra e dei suoi fiancheggiatori storici, come il gruppo editoriale DeBenedetti.

Chiudo ricordando che probabilmente se ci sara’ il raggiungimento del quorum, avverra’ nella mattinata di lunedi’ e questo importantissimo risultato arrivera’ solo se ci sara’ un impegno collettivo di ambienti diversi per un obiettivo comune.

Buon lavoro a tutti.

Lybian,Ghanem,Gaddafi,Opec

Libya, North Africa, War — By AfricaTimes on June 3, 2011 11:30 am

The Libyan government said on Thursday it will send a representative to the next OPEC meeting, replacing the senior oil official who defected saying he had lost faith in the rule of Muammar Gaddafi.
Shokri Ghanem, who oversaw Libya’s oil and gas sector, is the second most senior official to quit and rebels said the defection showed that the end is nearing for Gaddafi almost four months into a rebellion against him.

But a government spokesman in Tripoli played down the significance of Ghanem’s departure.

“This is a country, a state, a government, not just one person,” Mussa Ibrahim told Reuters.

He said the government would be represented at the meeting of the Organisation of the Petroleum Exporting Countries in Vienna on June 8.

“I don’t have a name yet but we’ll have somebody,” he said.

Ghanem appeared on Wednesday at a news conference in Rome after leaving Libya over a week ago.

“I have been working in Libya for so many years believing that we can make a lot of reform from within. Unfortunately this became not possible, especially now, when we see the spilling of blood every day in Libya,” Ghanem said.

Now in its fourth month, the Libyan conflict is deadlocked, with rebels unable to break out of their strongholds and advance towards Tripoli, where Gaddafi appears to be firmly entrenched.

Rebels control the east of Libya around Benghazi, the third-biggest city Misrata, and a mountain range stretching from the town of Zintan, 150 km (95 miles) south of Tripoli, towards the western border with Tunisia.

WEARING DOWN RESISTANCE

Western governments say they believe they are wearing down Gaddafi’s ability to control Libya through a combination of diplomatic pressure and military action, although the U.S. role in the conflict in particular has been controversial at home.

The Pentagon on Thursday said approval of a resolution in the U.S. House of Representatives directing President Barack Obama to withdraw from NATO operations against Libya would send an “unhelpful message of disunity” to allies and foes alike.

Gaddafi has signalled he has no intention of stepping down. He says the rebels are armed criminals and al Qaeda militants, and has called the NATO intervention an act of colonial aggression designed to grab Libya’s plentiful oil.

A source in the rebel leadership said rebel officials were in contact with top oil companies operating in Libya, but no new contracts were being drawn up over the country’s oil operations.

Explosions were heard in central Tripoli on Thursday evening, following on from similar blasts in the early hours, when aircraft could be heard flying overhead.

Al Jazeera also reported that NATO had struck a military base held by troops loyal to Gaddafi in the eastern Libyan city of Brega, an oil port.

Libyan state television reported air strikes in the Al Jufrah district of central Libya on Thursday night.

In rebel-held eastern Libya on Wednesday, an explosion damaged a hotel used by rebels and foreigners in Benghazi, wounding one person.

Abdel Hafiz Ghoga, vice chairman of the rebel National Transitional Council in Benghazi, told Reuters the explosion was believed to have been caused by a hand grenade.

PUSHING WESTWARDS

In Misrata, rebels have driven forces loyal to Gaddafi out of the city centre and pushed westwards towards the neighbouring town of Zlitan, where they were exchanging artillery fire.

A doctor at Misrata Hospital said one rebel was killed and nine others wounded on Thursday during fighting in Dafniyah, west of Misrata.

Residents in Zlitan say pro-Gaddafi forces have been moving into the town and mounting a crackdown to prevent Gaddafi opponents from rising up and joining the rebels.

“Gaddafi has tightened security here,” a rebel spokesman in Zlitan, who identified himself as Mabrouk, said. “Most residents here support the revolutionaries but they cannot come out for fear of being killed by Gaddafi who brought criminals and provided them with all types of arms including hand grenades.”

A Libyan government official earlier said allegations that pro-Gaddafi forces had been enlisting criminals were “completely false”, saying nothing of the kind had happened in Zlitan.

In the Western Mountains, rebel spokesman Abdulrahman told Reuters that 20 to 30 Grad rockets exploded in and around Zintan on Thursday evening, fired by Gaddafi troops positioned east of the town.

He also reported battles near Arrayayna, northeast of Zintan, which he said had been going on since the rebels ambushed retreating Gaddafi forces there on Wednesday.

Rebel spokesman Khalefa Ali said a Libyan army major whose unit is deployed in Ghadamis near the Algerian border has defected and joined rebel ranks in Nalut, some 330 km north. The major, who asked not to be named, arrived there on Thursday.

Ali also said rebels in the Western Mountains had taken the city of Yafran, 100 km southwest of Tripoli and an area to the west called Wlad Atya on Thursday.

The rebels left their mountain-top positions on Wednesday to seize a power station in the village of Shakshuk, restoring electricity to the region. Power was briefly lost around midday
Fonte Reuter

Solarworld, fotovoltaico, intervista sul quarto conto energia

Qualenergia:fotovoltaico nuova normativa del maggio 2011 per 2011-2013
Oggi abbiamo intervistato Fabrizio Limani, responsabile commerciale per l' Italia di Solarworld

Limani, come andrà il mercato italiano nel 2011?

E' difficile dirlo. Nell'anno in corso c'è stato uno stravolgimento, dato dallo stop di marzo e dalla successiva pubblicazione di un nuovo conto energia. Un conto energia nel complesso buono, ma che lascia molti punti interrogativi. Io credo che il mercato andrà bene: vedo che stiamo lavorando. Però è difficile avere un' idea di cosa si riuscirà a fare in Italia quando ancora non si conoscono molti aspetti: ad esempio, non si sa cosa si intende per impianto innovativo (che nel nuovo conto energia ha diritto ad una tariffa più generosa, ndr), come sarà assegnato il premio per impianti con componenti europei e, poi, il registro per i grandi impianti non dà certezza della tariffa cui si ha diritto. Punti che stanno rallentando le decisioni di chi vorrebbe fare gli impianti.

Come incideranno le nuove tariffe sugli investimenti nei diversi tipi ridi impianti?

Il settore dei grandi impianti andrà a svanire, perché perderà di convenienza. Resterà invece quello dei piccoli e medi, che godono di tariffe più alte e sono motivati anche dell'uso della corrente prodotta e non da un puro investimento speculativo. In generale le tariffe potrebbero anche andare bene, anche se la corsa al ribasso è forse troppo veloce: con le riduzioni mensili non si sa di mese in mese cosa succede e questo genera instabilità dei prezzi. In questo periodo non sappiamo più quale sia il giusto prezzo del momento, se si sta comprando bene o se si sta comprando male.

Che impatto avrà sull'industria e sui prezzi la tariffa maggiorata del 10% per gli impianti con almeno il 60% dei componenti fatti in Europa?

Il premio potrà influire sui prezzi perché i produttori extra europei avranno una fortissima a ridurli. Ma credo sia una cosa positiva. Visto che in Cina le aziende ricevono da sempre un forte sostegno pubblico, finalmente qualcuno in Europa ha deciso di sostenere le imprese europee, ha cioè riequilibrato la situazione.

Voi come azienda avete cambiato strategia come conseguenza del nuovo regime incentivante?

In generale non abbiamo cambiato strategia: il mercato italiano resterà molto importante per noi. Anzi, con il premio sui prodotti made in Europe, premeremo ancora di più l'accelaratore, visto che siamo un'azienda europea, che produce in Germania. Appena ci saranno le regole tecniche poi punteremo su prodotti in grado di ricevere i premi per l'integrazione e l'innovazione. Prodotti che abbiamo già ma che in caso adegueremo a seconda di come saranno scritte le regole tecniche.

Giulio Meneghello
03 giugno 2011

Fonte www.qualenergia.it

giovedì 2 giugno 2011

Intervista ad Enerpoint, fotovoltaico,quarto conto energia e mercato 2011-2012

Quarto conto energia e mercato. Intervista a Viscontini di Enerpoint
Cosa pensa l'industria del fotovoltaico italiano del quarto conto energia?


Cosa pensa l'industria del fotovoltaico italiano del quarto conto energia? Qualenergia.it sta chiedendo ai dirigenti di alcune delle principali aziende come vedono il futuro del settore e del loro business dopo l'approvazione. Trovate tutte le interviste sul nuovo conto energia alle aziende del fotovoltaico raccolte, assieme a molti altri contenuti, nel nostro “Speciale quarto conto energia fotovoltaico”.

Oggi è il turno di Paolo Rocco Viscontini, Presidente e AD di Enerpoint, azienda che dal 2001 vende moduli e inverter.


Viscontini, quanto crescerà il mercato italiano del fotovoltaico nel corso del 2011 dopo l'approvazione del quarto conto energia?

L’installato 2011 sarà certamente inferiore a quello del 2010. Stimo che nel primo semestre si sia installato circa 1 GWp. Nel secondo semestre mi aspetto tra 1.500 e 2.000 MWp, ma soprattutto se si farà chiarezza sul premio del 10% in tariffa per gli impianti il cui valore è riconducibile per almeno il 60% a prodotti europei, la cui incertezza nell’interpretazione sta gravemente danneggiando la ripartenza del mercato. Una norma inserita per favorire l’industria nazionale alla fine sta danneggiando tutto il mercato (senza distinzioni di origine…).

Che impatto può avere questo premio per i prodotti europei?

Come accennavo prima il premio per i prodotti europei deve necessariamente essere chiarito. Se passa l’interpretazione richiesta da alcuni costruttori italiani (origine europea assegnata sulla base del sito in cui avviene l’ultima trasformazione), il premio verrà in pratica dato alla stragrande maggioranza dei produttori mondiali, visto che i principali produttori di moduli hanno già stabilimenti di assemblaggio in Europa (principalmente nell’Est Europa) e chi non li ha ancora provvederà ad averli nel giro di pochi mesi. In sostanza significa alzare del 10% le tariffe per quasi tutti. Non vedo il vantaggio per gli italiani. Se invece passerà l’interpretazione per cui la cella risulta discriminante per l’assegnazione dell’origine europea, almeno si premierà chi ha investito di più, tra l’altro nella produzione del componente più high-tech presente nel modulo. D’altronde a mio avviso un premio deve essere dato a chi si distingue. I costruttori italiani devono chiedere contributi diretti per le loro aziende, per fronteggiare la concorrenza extraeuropea sullo stesso campo, vale a dire il fronte finanziario, sotto forma di contributi a fondo perduto e finanziamenti molto agevolati. Usciamo dalla strenua lotta per il nuovo conto energia con la consapevolezza di aver conquistato un ruolo prima impensabile agli occhi dei responsabili politici. Il terreno era fertile per chiedere aiuti significativi per supportare un settore strategico per il Paese, ma temo che l’inserimento del premio in tariffa ora renda difficile l’ottenimento di aiuti più mirati e, per me, più efficaci. Una segnalazione importante: diversi costruttori e rivenditori promuovono i loro moduli come “europei” e quindi tali da garantire l’assegnazione del premio. Ritengo si tratti di pubblicità che potrebbe essere tranquillamente definita ingannevole, perché oggettivamente si sta ancora attendendo l’interpretazione della norma da parte del GSE. E’ un comportamento superficiale e scorretto.

Quali tipologie di impianto saranno favorite con il nuovo conto energia?

Il nuovo conto energia segna un chiaro indirizzo: promozione per gli impianti fotovoltaici sui tetti e limitazioni per quelli a terra. Bene l’assenza di cap per gli impianti a tetto fino al MWp di potenza installata. Male, ma necessario, il registro per gli impianti a terra oltre i 200 kWp.

La vostra azienda ha deciso di rivedere la sua strategia come conseguenza delle novità introdotte? Se sì, come?

In tutta onestà immaginavo che le grandi installazioni avrebbero subito dei problemi e quindi ci stavamo già orientando agli edifici, ambito in cui abbiamo comunque un’esperienza decennale e che tra l’altro risponde al meglio alla natura distribuita della generazione da fotovoltaico. La nostra esperienza si traduce in maggiori servizi ai nostri clienti installatori (ricordo che Enerpoint è distributore di componenti per impianti fotovoltaici a oltre 1000 installatori, che sono per noi clienti continuativi) e in iniziative di sviluppo impianti di grande dimensione per clienti investitori. Confermiamo infine lo sviluppo all’estero: siamo già presenti, con soddisfazione, in Germania e in Israele, e programmiamo almeno due ulteriori aperture entro la fine dell’anno.

Redazione Qualenergia.it
01 giugno 2011
Fonte www.qualenergia.it