sabato 30 luglio 2011

Ricordiamo le idee di Hermann Sheer, il profeta della rivoluzione solare

L’etica dell’energia nella visione di Hermann Scheer

La questione energetica è troppo strategica per essere lasciata ad economisti e tecnici; è una questione morale e politica, prima che tecnologica, diceva Hermann Scheer. In questo articolo di Marco Morosini del Politecnico di Zurigo, pubblicato sulla rivista QualEnergia, ricordiamo le sue idee, in attesa della pubblicazione in Italia del suo ultimo libro.
Marco Morosini
29 luglio 2011

La prospettiva di creare un sistema energetico basato al 100% sulle fonti rinnovabili che viene oggi analizzata in diversi studi e documenti porterà nei prossimi anni a ricordare di Hermann Scheer, l’unico politico che per primo e sicuramente in tempi non sospetti, negli anni ’80, aveva già indicato questa strada con una visione lucida e concreta, ma spesso tacciata di integralismo dai suoi critici. Ad ottobre uscirà in Italia il suo ultimo libro "Der EnergeEtische Imperativ”, l’Imperativo energEtico, che affronta proprio la questione di un transizione energetica verso un’economia solare, come la chiamava Scheer. Se ne parlerà a Roma, il prossimo 6 ottobre, nel corso di un convegno organizzato da Edizioni Ambiente e Kyoto Club. Per ricordare la sua visoine e le sue opere pubblichiamo un articolo di Marco Morosini del Politecnico di Zurigo, uscito nel n.2/2011 della rivista bimestrale QualEnergia.



«Chi non ha visioni, non dovrebbe far politica», diceva Hermann Scheer, il politico tedesco che più di ogni altro propugnava un’economia solare mondiale e che è mancato lo scorso 14 ottobre 2010, a 66 anni. In effetti suo maestro fu il visionario Willy Brandt e non il pragmatico Helmut Schmidt («Chi ha visioni, deve andare dal medico»).

Etica e sussidiarietà: questi furono i pilastri dell’approccio di Scheer alla questione energetica, un ambito in cui il perdurante dominio di economisti e tecnologi forse pare legittimo a più di un lettore. Eppure troppo alta è la posta energetica per lasciarla in mano ai tecnici. Le diverse opzioni energetiche hanno infatti tali conseguenze sulle generazioni presenti e future e sulla natura da farne una questione morale e politica, prima che tecnologica. Infatti, mentre i benefici delle energie fossili e dell’energia atomica si concentrano maggiormente nella parte più benestante della popolazione mondiale, i loro costi umani – per esempio il cambiamento climatico - ricadono sproporzionatamente su coloro che meno o punto profittano dei benefici, cioè sulla parte meno abbiente e più debole dell’umanità e specialmente sulle generazioni future.

La sussidiarietà (se un ente più “in basso” è capace di fare qualcosa, l’ente più “in alto” deve lasciargli tale compito e sostenerne l’azione) era la seconda idea guida che Scheer applicò alla questione energetica: mentre le fonti fossili (carbone, petrolio e gas) e atomiche implicano la concentrazione in grandi impianti centralizzati e in potenti oligopoli privati o statali, una buona parte delle energie rinnovabili (solari, eoliche, da biomassa, geotermiche) sono per loro natura decentralizzate, locali e polverizzate in milioni di piccoli produttori.

Questa differenza ha profonde conseguenze politiche perché nel primo caso è favorita la concentrazione di potere e ricchezza, mentre nel secondo caso è favorita la loro distribuzione diffusa tra i cittadini, sia in una nazione sia sul Globo. Per questo l’opzione solare sarebbe importante anche per prevenire i conflitti, non solo per ridurre i danni ambientali. Secondo Scheer la politica ha un compito limitato ma fondamentale: quello di accelerare un cambiamento che è già in atto nella società ma che è troppo lento, creando sistemi di incentivazione individuale verso le opzioni che danno benefici collettivi o che riducono i danni e i rischi collettivi (per esempio l’alterazione del clima).

Proprio sulla velocità di questo cambiamento riemerge l’etica: ormai da molti anni la questione non è sul “se” ma sul “quando” la società umana passerà completamente alle energie rinnovabili. “L’imperativo energEtico” – questo il titolo dell’ultimo libro di Scheer – sarebbe quello di attuare questo cambiamento in pochi decenni invece che in secoli, cioè prima che i rischi e i costi umani delle attuali tecnologie fossili e atomiche crescano in modo esponenziale. Già nel 1885 Rudolph Clausius, uno dei padri della termodinamica, scrisse che l’umanità stava dilapidando il patrimonio naturale e che nei prossimi secoli sarebbe stata costretta ad arrangiarsi con l’energia del sole. Anche tuttora molti di coloro che propugnano l’espansione delle tecnologie fossili e atomiche dicono che si tratta di “tecnologie ponte” verso una futura economia solare, in attesa che le tecnologie per questa diventino “mature”. Per Scheer invece il momento di questa trasformazione è adesso, cioè nei prossimi due o tre decenni.

Non conosco un altro politico che abbia svolto quest’azione di catalizzatore più intensamente di lui.

1988: fonda Eurosolar, l’Associazione europea per le energie rinnovabili, che ha ora sedi in tredici Paesi europei e di cui era presidente.

2000: il Parlamento tedesco vara la storica legge per le energie rinnovabili (EEG) concepita da Scheer, a cui poi si ispirò la legislazione in cinquanta Paesi. Questa legge sancisce l’obbligo per i grandi produttori e distributori di acquistare con tariffa garantita per 15-20 anni dai piccoli produttori l’elettricità prodotta con energie rinnovabili. La tariffa si abbassa ogni anno per i nuovi impianti (degressione) in modo da generare una pressione verso tecnologie sempre più efficienti e da rendere un giorno superflua la sovvenzione; i sovracosti vengono distribuiti a tutti gli acquirenti di elettricità.

2001: fonda e presiede il World Council for Renewable Energy (WCRE), con l’obiettivo di favorire la creazione di un’agenzia mondiale per le energie rinnovabili, con rango simile a quello dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA, fondata nel 1957); l’obiettivo è raggiunto nel 2009 con la fondazione dell’agenzia IRENA (International Renewable Energy Agency) a cui aderiscono i Governi di 130 nazioni.

Scheer scrisse quattro libri, tradotti in molte lingue, tra le quali l’italiano: Strategia solare (1996), Il solare e l’economia globale (2004), Autonomia energetica (2006), L’imperativo energEtico (2010). Ricevette numerosi premi internazionali tra i quali il World Solar Prize (1998), il premio Nobel Alternativo “Right Livelihood Award” (1998) e il Karl Böer Solar Energy Medal of Merit (2009), premio biennale che viene attribuito ai pionieri dell’energia solare. Nel 2002 “Time Magazine” lo nominò tra gli “Hero for the Green Century”.

La peculiarità di Scheer fu quella di trattare la questione energetica come una questione eminentemente politica. A proposito di Agenda 21 – il programma d’azione per lo sviluppo sostenibile adottato da 180 nazioni a Rio de Janeiro nel 1992 – Scheer scrisse che «se si vogliono davvero affrontare tutti i temi di Agenda 21, dobbiamo arrivare a una sorta di Agenda 1, con un unico punto all’ordine del giorno: un’economia energetica solare globale». Infatti quasi tutti i principali problemi ambientali sono collegati con il problema energetico: usiamo e sprechiamo troppa energia e la otteniamo in prevalenza dalle fonti meno benigne.

Scheer non era un tecnologo né un ecologo. Aveva la formazione e l’esperienza del politico purosangue e fu per 30 anni deputato della SPD. Si diplomò in scienze economiche, giuridiche e politiche e la sua tesi di dottorato si intitolava “Partiti contro cittadini? Il futuro della democrazia partitica”. Prima degli studi universitari fu soldato volontario per due anni con il grado di luogotenente e dopo gli studi lavorò per due anni al Centro di ricerca nucleare di Karlsruhe.

Forse questa esperienza diretta dell’ambiente militare e di quello dell’energia atomica contribuì a orientarlo verso la politica estera e del disarmo, facendone uno dei giovani talenti intorno a Willy Brandt ed Egon Bahr e un possibile futuro ministro degli esteri. La sua decisione di dedicarsi alla questione energetica non fu un cambiamento di terreno, ma fu la continuazione della sua vocazione di politico del disarmo. A metà degli anni ‘80 si convinse che il controllo delle risorse energetiche era uno dei principali campi di conflitto tra i popoli. La svolta verso un’economia energetica solare, decentrata e locale gli sembrò uno dei compiti principali della politica per la pace.

Marco Morosini (Politecnico di Zurigo)
Fonte www.qualenergia.it

giovedì 28 luglio 2011

Italia, approvati in Commisione della Camera incentivi alle auto elettriche

Verso un bonus di 5.000 euro per l'acquisto di auto elettriche

Unrae plaude il Testo Unificato Ghiglia-Lulli approvato ieri dalle Commissioni Attività Produttive e Trasporti con il provvedimento che incentiva le auto a impatto ambientale zero si va nella direzione europea


Fino a 5 mila euro di incentivi per chi acquista una auto elettrica. Lo prevede il testo base adottato oggi dalle commissioni Trasporti e Attività produttive della Camera. Il testo, che andrà all'esame dell' Aula dopo la pausa estiva, potrebbe diventare legge in pochi mesi e prevede come copertura finanziaria una tassazione di 1 centesimo e mezzo sulle bottiglie di plastica. Il testo delle commissioni prevede un incentivo fino a 5.000 euro per le auto acquistate entro il 2012. L'incentivo massimo scende a 3.000 euro per il 2013, 2.000 per il 2014, fino a 1.000 euro nel 2015.

Il plauso dell'Unrae (Associazione delle case estere operanti in Italia)

Soddisfazione è stata espressa dall'Unrae, l'Associazione delle Case estere operanti in Italia. Secondo il direttore generale Gianni Filipponi «il testo approvato dalle Commissioni riunite, attraverso norme che incentivano e favoriscono la commercializzazione di autoveicoli elettrici, pone ottime basi per la diffusione anche in Italia di mezzi a impatto ambientale zero, che permetteranno di migliorare la qualità dell'aria nelle nostre città e di raggiungere più velocemente gli obiettivi europei in materia di emissioni. Molto positivo è il nostro giudizio anche sulle norme che prevedono il sostegno alla diffusione di impianti di ricarica dedicati a questi veicoli sia privati che pubblici». Il Direttore Generale dell' Unrae ha voluto sottolineare il prezioso lavoro svolto dalle forze politiche di maggioranza come d'opposizione e l'operato del Ministro dello Sviluppo Economico, On. Paolo Romani, che si sono impegnati per l'adozione in Commissione di questo testo, ed auspica:

«Un rapido passaggio parlamentare, visto l'accordo bipartisan avuto in Commissione, un provvedimento che vedrebbe l'Italia uniformarsi agli altri Paesi Europei che hanno già approvato norme favorevoli alla rapida diffusione dei veicoli a trazione elettrica. Ciò permetterebbe un concreto impulso al mercato dei veicoli elettrici in Italia, consentendo un significativo incremento dell'offerta, visti i sempre più numerosi modelli che le Case Associate all' Unrae annoverano nella propria gamma».

Fonte www.sole24ore.com

I prezzi del fotovoltaico scendono del 25% per eccesso di produzione.

Fotovoltaico, prezzi in picchiata, sovrapproduzione e grid parity

I 10 più grandi produttori di moduli FV potrebbero da soli soddisfare l'intera domanda mondiale. L'industria cresce più veloce della domanda e i prezzi in 6 mesi sono già scesi del 25%. Tempi duri per i piccoli, ma il fotovoltaico si avvicina alla grid parity e, quando sarà competitivo con le altre fonti, lo spazio di crescita non mancherà per nessuno.
Giulio Meneghello
27 luglio 2011

Eccesso di produzione, prezzi in picchiata e allora le condizioni per l'industrie si fanno più dure, ma la notizia buona è che la grid parity più vicina. Cosa succederà al mercato del fotovoltaico? I piccoli resteranno schiacciati dalla corsa a tagliare i costi di produzione, oppure, diventando il sole sempre più competitivo con le altre fonti, si creerà lo spazio per tutti? E' interessante quel che sta succedendo in questi ultimi tempi nel settore, descritto bene dall'ultimo rapporto di Solarplaza.
La domanda di moduli FV, vi si legge, potrebbe essere soddisfatta solo con la produzione delle 10 aziende più grandi, mentre a livello mondiale sono circa 400 i produttori di moduli. Stiamo andando cioè verso una situazione di oversupply. Tra i motivi, come abbiamo spiegato diverse volte (Qualenergia.it, Il fotovoltaico mondiale frena: è l'effetto Italia), ci cono i rallentamenti dovuti ai tagli degli incentivi in mercati importanti come il nostro e quello tedesco che con una domanda che cresce meno in fretta rispetto alla produzione. Conseguenza, dell'eccesso di offerta (ma anche delle riduzioni degli incentivi): già nei primi sei mesi dell'anno il prezzo dei moduli fotovoltaici è sceso del 25%.
Dunque, prezzi in picchiata che mettono a dura prova l'industria, ma che fanno avvicinare la grid parity, ossia il momento in cui il costo del kWh da FV diventerà competitivo senza sussidi rispetto alle fonti convenzionali (che in verità non sappiamo mai con esattezza quanto siano sussidiate). A quel punto le potenzialità di crescita del mercato diventerebbero infinite. Ma ce la faranno i piccoli della produzione di moduli a non rimanere schiacciati dai 10 giganti, che da soli al momento sarebbero in grado di soddisfare la domanda mondiale?
Le ambizioni dei grandi e la loro capacità produttiva, si vede dal report, sta crescendo molto più veloce del mercato. Queste aziende, di cui 8 sono cinesi, hanno già capacità produttive dell'ordine di qualche GW ciascuna. Per dare un'idea, l'anno scorso in Italia, secondo mercato più grande del mondo, si sono installati circa 2,3 GW (vedi statistiche su Qualenergia.it, Le cifre dell'energia fotovoltaica). E hanno in progetto di crescere ancora: alcune anche aumentando la capacità produttiva del 100%, come ad esempio LDK Solar, che vuole passare da 1,6 a 3 GW. Premesso che capacità produttiva non si traduce automaticamente in produzione, viene comunque da chiedersi: la torta sarà grande abbastanza per lasciare una fetta a tutti?
La domanda, spiegano da Solarplaza, troverà una risposta solo nei prossimi anni. Se i prezzi continuano a scendere si creeranno nuovi mercati e dunque nuova domanda. Ma se l'industria continua a crescere a ritmi troppi rapidi rispetto alle richieste del mercato non si potrà evitare l'oversupply, che avrà come conseguenze una lotta al ribasso sui prezzi, riduzione dei margini di guadagno e, dunque, tempi duri per le aziende meno solide.
Quel che è certo è però che sul medio-lungo termine la salute dell'industria nel suo complesso sarà ottima. Se diversi e relativamente poco prevedibili sono i fattori che influenzeranno la domanda (prezzo del petrolio, incentivi, politiche in materia di emissioni), il parametro che invece si conosce è che i costi e, sperabilmente i prezzi, del fotovoltaico continueranno a calare. Quando questa fonte sarà competitiva con le altre senza sussidi (in Italia potrebbe succedere già nel giro di 3-4 anni, Qualenergia.it, Fra tre anni fotovoltaico meno caro dell'elettricità dalla rete e Fotovoltaico, è crollo dei prezzi. Quali effetti?), le prospettive di crescita saranno pressoché infinite: si pensi, ricorda Solarplaza, che le previsioni della International Energy Agency dicono che il solare fornirà il 10% dell'elettrictà mondiale nel giro di 10-20 anni e che attualmente siamo appena allo 0,5%. Non manca certo lo spazio per crescere senza che nessuno resti soffocato.

Giulio Meneghello
Fonte www.qualenergia.it

lunedì 25 luglio 2011

Il Regno Unito che dovra' importare energia e' una delle cause della crisi finanziaria?

Dal Blog di Debora Billi sul Fatto Quotidiano

Mentre le tempeste finanziarie si abbattono sulle Borse europee, molti commentatori esperti in Rete mormorano più o meno sottovoce che la responsabilità di tali attacchi abbia origine nel Regno Unito. Naturalmente, arricchiscono le loro considerazioni con dati e fatti che comproverebbero tale interpretazione.

Non sono all’altezza di dire la mia in proposito. Voglio però offrire loro un ulteriore spunto di ragionamento, proprio per quanto riguarda le Isole Britanniche. Il succo è: si trovano alla disperazione dal punto di vista energetico. E come si sa, la questione energetica è strettamente collegata alla situazione economica e finanziaria di un Paese, e ancora di più alle decisioni che vengono prese in materia di politica estera e finanza.

L’articolo che segnalo, di Hugh Sharman, è uscito sull’autorevole European Energy Review, per abbonamento, e poi su Tod. Eccone un estratto:

Dopo centinaia di anni di potere imperiale ed industriale, l’Uk si è improvvisamente ritrovato più o meno senza potenza* come giocatore mondiale. Con le sue risorse del Mare del Nord in veloce depletion, proprio quando i principali produttori di petrolio, carbone e gas faticano a soddisfare la domanda mondiale; afflitto da un debito pubblico di 1000 miliardi di sterline, e da un massiccio deficit commerciale; il suo ruolo dominante come centro manifatturiero e scientifico ceduto alla Germania, al Giappone e poi alla Cina, il Regno Unito non è preparato a diventare un importatore di energia. Eppure, la dipendenza energetica è proprio quello a cui si sta rapidamente avviando.

*(gioco di parole tra “power”=potere e “power”=disponibilità di energia elettrica)

Anche se negli ultimi anni si nota un calo dei consumi, tutte le fonti energetiche interne inglesi sono in drammatico crollo. Le hanno consumate nel giro di appena 50 anni, e vi assicuro che era un sacco di roba. Qualcuno dirà “Beh? In fin dei conti noi italiani siamo dipendenti da sempre”. Già, però il Regno Unito è stato invece produttore della propria energia per ben mezzo millennio. Si tratta di una catastrofe senza precedenti, che non si sa come diamine affrontare.

Ad esempio, il governo inglese lo scorso anno ha basato la propria pianificazione sulla base di un prezzo del barile di 85$ fino al 2025. Capite che razza di toppa? Ma c’è di peggio:

Simili ed irrealistici assunti sono usati dalla Bank of England, il nuovo Office for Budget Responsibility, e il Tesoro inglese, come input chiave per i loro modelli economici, le previsioni di inflazione e la crescita economica. Anche la peggiore ipotesi per il prezzo del barile è appena 103$. C’è da meravigliarsi che la Bank of England sia incapace di prevedere, per tacere di influenzare, l’inflazione giocando con i tassi di interesse?

L’articolo prosegue descrivendo nel dettaglio la situazione del petrolio, gas ed elettricità in Uk, per chi voglia leggerlo. Mi auguro che i commentatori di cui sopra, che si stanno cimentando oggi a trovare il bandolo della matassa finanziaria, sappiano fare buon uso di questa piccola informazione. Piccola, ma che potrebbe rivelarsi fondamentale: come sempre quando si parla di energia.

venerdì 22 luglio 2011

22 luglio-Fotovoltaico Italia raggiunti 8.400 MW di potenza///Oggi il prezzo petrolio Brent 118 $/b e WTI 99,50 $/b.

Il contatore del Gse per gli impianti in esercizio incentivati con i diversi conti energia stamani segna 8.398 Mw, rispetto a ieri sono registrati almeno 400 MW in piu’ e la barriera degli 8 GW, obiettivo italiano al 2020 fino al mese di marzo 2011 e’ stata superata. E’ evidente che se un obiettivo ufficiale fino 5 mesi fa viene raggiunto 10 anni prima, lo sviluppo di questa tecnologia e’ al momento inimmaginabile e assolutamente superiore ad ogni previsione.
Se teniamo conto che i prezzi stanno scendendo velocemente, -16% nel solo 2011,il prezzo medio da 7.000 a 3.200 euro a kilowatt nel giro di ¾ anni, e’ assolutamente dimostrato che l’ energia prevalente del futuro sara’ quella solare. 8 gw di potenza producono in un anno almeno 8 tetrawattora di energia elettrica, quindi in Italia l’ energia elettrica da fonte solare e’ ora almeno il 5% dell’ energia elettrica totale. Una quantita’ superiore a tutta l’ energia elettrica prodotta in un paese di 10 milioni di abitanti come la Bolivia.

Il mondo sta rischiando sconvolgimenti climatici dalle conseguenze gravissime per le emissioni di anidride carbonica, ma in campo elettrico l’ alternativa alle fonti fossili e’ gia’ presente.
Nel mondo un miliardo e mezzo di persone non ha accesso alla corrente elettrica, questo problema puo’ essere risolto solo dallo sviluppo delle energie rinnovabili ma soprattutto dell’ energia solare, in questo momento soprattutto fotovoltaica. In questi paesi pero’ questa consapevolezza non c’e’, anzi i paesi piu’ ricchi continuano a proporre come energie rinnovabili enormi dighe che devastano i territori e i tessuti socio-economici. Ma le dighe possono farle solo le grandi imprese dei paesi ricchi, gli impianti solari potrebbero essere alla portata anche dei paesi piu’ poveri.
Sul futuro energetico si gioca una partita importantissima per i rapporti futuri tra nord e sud del mondo.

Nel frattempo oggi il petrolio Brent e’ quotato in mattinata 118 $/b e il WTI 99.50 $/b, in giorni nei quali si parla di tagli ai bilanci statali di paesi importanti come l’ Italia e persino gli Stati Uniti, quindi in un momento di aspettative economiche incerte, momento che dovrebbe in teoria favorire un calo del prezzo del greggio. E’ incredibile che non ci sia consapevolezza del punto ormai di rottura della produzione di energia, si va verso enormi tensioni economiche ma i cambiamenti che potrebbero attenuare il piano inclinato nel quale stiamo procedendo non si fanno e neanche se ne parla.

giovedì 14 luglio 2011

Silvestrini-Ora anche le grandi imprese vedono enormi prospettive nel fotovoltaico e nelle rinnovabili.

Sul carro vincente delle energie rinnovabili

Dopo il referendum il vento è cambiato e anche grandi imprese energetiche ora vedono enormi prospettive nel fotovoltaico e nelle rinnovabili che, nonostante la crisi, crescono in maniera tumultuosa in Italia e all’estero. Ma la forza del settore resta nelle migliaia di piccole imprese che operano sul territorio.
Editoriale di Silvestrini.

13 luglio 2011
Scenari post referendum. L’Amministratore dell’Enel, Fulvio Conti, dichiara che l’Italia potrà installare 30.000 MW fotovoltaici entro il 2020, il che significherebbe riuscire a coprire il 10% della domanda elettrica del paese entro la fine del decennio. Francesco Starace di Enel Green Power si spinge oltre e ipotizza uno scenario in cui le rinnovabili soddisferanno il 50% della richiesta elettrica italiana al 2050.

Difficilmente queste affermazioni sarebbero state fatte in pubblico prima del referendum ma, si sa, il vento è cambiato ...

Anche all’estero, del resto, gli obbiettivi vengono costantemente innalzati. Horst Seehofer, primo ministro bavarese ha recentemente dichiarato che il suo governo si è dato l’obbiettivo di coprire con le rinnovabili il 50% del fabbisogno elettrico del Land entro il 2021.

“Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono, poi vinci”, diceva Gandhi. In effetti, questa analisi calza a pennello considerando le dinamiche della storia delle rinnovabili in Italia e in giro per il mondo. Salvo il fatto che in questo caso sul carro dei vincitori vogliono salire anche coloro che inizialmente le avevano snobbate. Molte grandi multinazionali dell’energia stanno infatti virando verso le rinnovabili. Il “poi vinci” si dovrebbe quindi declinare in “poi ti seguono”. In effetti c’è spazio per tutti, anche se il fulcro della diffusione delle rinnovabili è e sarà sempre rappresentato dalle migliaia di piccole imprese che operano sul territorio.

Qualche dato sulla crescita travolgente del fotovoltaico che spiega l’entusiasmo di certe dichiarazioni. L’Enel ha connesso 5.000 MW nel primo semestre 2011, cifra alla quale vanno aggiunti gli allacciamenti di Terna e degli altri distributori. Se ricordiamo che l’Italia fino al 2005 era adagiata su una media di 5 MW solari installati all’anno è comprensibile lo scombussolamento di certezze, mercati, strategie determinato dal successo della tecnologia.

Anche sul versante della produzione l’Italia si rafforza. A fine anno entrerà in esercizio in Sicilia la fabbrica 3Sun partecipata da Enel, Sharp e St con una capacità produttiva di 160 MW/anno, incrementabili a 480 MW/anno entro il 2014. Un progetto pensato quando le valutazioni sul mercato erano molto più caute e che adesso risulta sottodimensionato. Altri piccoli impianti sono in progetto in diverse regioni, fra cui la Toscana e le Marche. L’incentivo addizionale legato agli impianti solari con prevalente produzione europea dà un po’ di fiato a questi investimenti, ma la concorrenza asiatica sarà spietata.

Infine un flash sulla Germania. Nelle ore centrali (10-14) delle belle giornate estive l’apporto solare raggiunge ormai gli 11.000-13.000 MW (figura: potenza solare immessa in MW nella rete tedesca il 30 maggio 2011), generando energia pregiatissima per la rete.

Fonte www.qualenergia.it

martedì 12 luglio 2011

Giugno 2011-produzione elettrica da fotovoltaico maggiore di produzione eolica e geotermica.

Produzione di giugno: il fotovoltaico supera l'eolico

Secondo i dati forniti da Terna a giugno il fotovoltaico in Italia ha prodotto 723 MWh, superando la produzione elettrica mensile del geotermico (441 MWh) e addirittura anche quella dell'eolico (618 MWh).
11 luglio 2011

In base ai dati dell'ultimo rapporto mensile pubblicato da Terna relativo al mese di giugno, il fotovoltaico, con 723 MWh, ha superato per produzione elettrica mensile il geotermico (441 MWh) e addirittura anche dell'eolico con i suoi 618 MWh.

Osservando le variazioni rispetto allo scorso anno si può vedere come la produzione elettrica da fotovoltaico è raddoppiata in gennaio per mantenere una crescita a tre cifre - di oltre il 165% in media - per tutto il primo semestre di quest'anno, con maggio e giugno in crescita rispetto al 2010, rispettivamente, del 266,5% e 286,5%.

Più modesti gli aumenti medi della produzione nel semestre del geotermico (+ 5,8%) e dell' eolico (+7,5%).

FONTE www.qualenergia.it

lunedì 11 luglio 2011

Ecoistituto Veneto-29 ottobre 2011-Giornata di studio su piano energetico regionale

DAL REFERNDUM AI PIANI SOLARI REGIONALI
di Michele Boato

Nel 1987 , ad un anno da Cernobyl, il popolo italiano con tre Referendum ha detto molto chiaramente che non voleva più saperne del nucleare: f70urono chiuse sia le tre malandate centrali “sperimentali” di Trino Vercellese, Latina e Garigliano, sia la grande e recente centrale di Caorso (continuamente “fuori servizio” e già ferma dal 1986). Fu anche sospesa la costruzione dell'enorme centrale di Montalto di Castro, poi riconvertita a metano.
Ma non fu perseguita l'altra via alternativa ai combustibili fossili, le fonti rinnovabili.
L'Italia aveva già una grande produzione idroelettrica, con grandi dighe a forte impatto ambientale. La penisola, inoltre, è un'area a grandissima potenzialità geotermica, costellata di vulcani, zone termali, purtroppo con le relative faglie a rischio sismico: a Larderello, in Toscana, lo sfruttamento secolare di questa fonte (non sempre in modo rispettoso dell'ambiente) ha fatto scuola a tutto il mondo, dall'Islanda al Nicaragua. Ma non si è investito in tutti gli altri settori delle rinnovabili:
dal solare termico a quello elettrico, dall'energia marina (di correnti, onde, maree e gradiente salino)a quella del vento e degli scarti vegetali, nei giusti e rigorosi limiti del rispetto ambientale, faunistico e paesaggistico.
C'era ( e c'è) ancora moltissimo da studiare e sperimentare; ma dobbiamo ricordare che già negli anni '60 l'Italia era all'avanguardia mondiale nella tecnologia solare: basta ricordare le realizzazioni solari a concentrazione assolutamente all'avanguardia realizzate a S.Ilario, sulle colline di Genova, dal prof. Giovanni Francia, lasciate poi in abbandono. Così come eravamo all'avanguardia nell'edilizia bioclimatica: la scuola materna solare realizzata a Marostica (Vi) dall'arch.Sergio Los è del 1980, le prime case bioclimatiche sono state realizzate dall'arch.Remigio Masobello nel trevigiano e in Friuli negli anni 1970-1980.
Per non parlare del solare termodinamico (centrali a specchi che concentrano luce e calore per far girare una turbina da parecchi MW), studiato già negli anni '80 dal premio Nobel Carlo Rubbia, ma realizzato (e solo parzialmente, vedi Gaia n.47 primavera 2011) a Priolo solo nel 2010, dopo che Rubbia se ne era andato a realizzarne una decina in Spagna.
Dopo il Referendum del 12 giugno 2011 ci sono tutte le premesse per non ricadere nelle spire fossili di Enel, Eni, Edison ed Ansaldo.
I ripetuti tentativi del governo del cav. (ministri Romano e Tremonti) di azzerare la filiera del solare con improvvisi cambi e tagli degli incentivi, hanno già creato pesanti contraccolpi al “miracolo solare” in corso in Italia dal 2009: solo nel 2010 sono stati installati e messi in produzione in Italia più di (5.000) MW di solare fotovoltaico, corrispondenti alla potenza di quasi tre delle centrali nucleari EPR che il governa voleva costruire con una spesa enorme e tra 10-15 anni... Ma la reazione di produttori (decine di migliaia di nuovi occupati), utenti e opinione pubblica è stata fortissima e il quorum al Referendum ne è, in parte, un effetto.
Ora è il momento di prendere in mano la situazione, fare proposte di ampio respiro, a livello regionale e realizzazioni serie nei Comuni.
Perciò è fondamentale la Giornata di studio “Idee per un piano energetico regionale” che ZeroEnergy-Ecoistituto del Veneto e Comitati Riciclo totale-Rifiuti zero di Tv e Ve organizzano sabato 29 ottobre a Padova dalle 10 alle 18 presso la sala congressi di Banca Etica, in via Tommaseo 16 (100 m. dalla stazione). L'incontro è aperto a tutti, fino ad esaurimento dei posti, con precedenza a chi si prenota con fax all'Ecoistituto041.935666 o mail micheleboato at tin.it

domenica 10 luglio 2011

A.Navarra,Coordinamento energia felice, sulla mozione votata dall' assemblea dei comitati antinucleari.

Non sono stato a questa seconda riunione "allargata" del Comitato "Vota Sì per fermare il nucleare", dopo aver partecipato alla prima, più ristretta, del 30 giugno, presso il WWF di via Po a Roma.
A nome del Coordinamento Energia Felice era comunque validamente presente Mario Agostinelli.
Diciamo che è andata bene perchè è stata almeno sventata la tendenza a sbaraccare tutto per far ritornare protagonista il vecchio associazionismo ambientalista.
Leggo la mozione e, per dirla in breve, vi trovo però rispecchiata una posizione da "popolo dell'energia", non da "popolo". Così come all'assemblea dell'acqua pubblica della settimana scorsa ci si pensava e ci si dava impegni come "popolo dell'acqua".
Siamo cioé ancora alla mentalità da "movimento dei movimenti" (le tematiche settoriali e territoriali che si coordinano) e si concepisce la vittoria referendaria come frutto della affermazione, a livello popolare, della narrazione del "benicomunismo".
L'analisi, secondo me, è sbagliata, la cultura politica è, nonostante tutto, superata, la tattica individuata, di conseguenza, non porta lontano.
E' finito - credo - il ciclo di lotte apertosi con Seattle, la stagione di Genova, l'alter-globalismo che è poi rifluito nel territorialismo spinto.
La lotta NO-TAV evidenzierà l'illusione che non si può costruire "l'altro mondo possibile" in una sola Valle (ma nemmeno resistere efficacemente alla lobby europea delle Grandi Opere).
La moda delle "narrazioni" non può sostituire l'elaborazione di definiti e precisi programmi politico-economici generali.
Oggi al centro delle lotte ci sarà sempre di più la crisi economica - gravissima - e la soluzione che ad essa intende dare, facendo leva sulla tecnostruttura UE, la finanza internazionale.
La UE diventa controparte diretta, con il suo "patto di stabilità" che impone il rientro dal debito pubblico aggredendo il welfare e universalizzando le privatizzazioni; e ad essa si oppone il "popolo indignato" la cui avanguardia è costituita dalla gioventù lavoratrice precaria.
E' la gioventù che chiede una "democrazia effettiva" e che la crisi la paghino le banche e non i ceti popolari.
Noi possiamo aggiungere: i ceti popolari, per non pagare la crisi, devono imporre una dinamica economico-sociale alternativa respingendo il vecchio modello di "crescita" (che oggi ci consegna solo alla decrescita come recessione) e rifiutando i vincoli europei al servizio degli interessi dei "creditori" contro i "debitori".
Sono, per intenderci, le proposte, ad esempio, di Guido Viale di conversione ecologica dell'economia; ma precisando che dobbiamo assicurarci una politica statale almeno nazionale come loro back-ground; e un recupero della sovranità pubblica sulla moneta e sul grande credito, così come era nei programmi originari della Resistenza europea al nazifascismo.
L'Europa che veicola la dittatura finanziaria contro i suoi popoli (e che all'Italia presenta un conto di 900 miliardi di euro) va ribaltata dall'altra Europa che persegue un nuovo patto di cittadinanza democratica.
La partita antinucleare e contro il modello delle Grandi Opere si gioca ora a livello europeo: per questo è importante, per creare una rete unitaria diffusa e partecipata, lanciare la campagna coordinata di due risoluzioni di iniziativa popolare acqua-energia (1 milione di firme in almeno 7 Paesi UE).
Ma è soprattutto essenziale far confluire i vari popoli settoriali (acqua, energia, pace, NO-Tav, NO-Marchionne, eccetera) nell'unico popolo indignato che occuperà le piazze per imporre la sua rivoluzione democratica (si abbia presente il modello islandese).
La rivoluzione energetica si fa all'interno della rivoluzione democratica che si gioca in uno spazio europeo di organizzazione e di lotta.
Io credo che questo scenario diventerà molto chiaro quando, nel 2014, ci verrà presentato, dalla UE, il conto sul debito pubblico: rientrare, all'inizio, di 45 miliardi di euro all'anno (pari al 5% dei 900 che dobbiamo tagliare per rispettare il parametro del 60% del PIL).
Magari con un nuovo governo di centro-sinistra a fare da esattore coinvolgendo, ancora una volta, buona parte del sottoceto politico della "sinistra sinistrata".
Sempre che non ci trovassimo di fronte - da subito, cioé nel 2012 - ad un vero e proprio crack mondiale. Ipotesi per nulla fantastica e risibile, che ci costringerebbe con urgenza a scelte drammatiche in una situazione - purtroppo - di impreparazione.

Alfonso Navarra - obiettore alle spese militari e nucleari

Dal referendum antinucleare al Forum italiano per l' energia

Dal comitato "Vota Sì per fermare il nucleare" un nuovo punto di partenza
Ecco la mozione finale dell'assemblea nazionale degli antinuclearsti. Prossimo appuntamento, una due giorni a fine settembre

VERSO IL FORUM ITALIANO PER L'ENERGIA PER LA RIVOLUZIONE ENERGETICA NELLA PROSPETTIVA APERTA DALLA CULTURA DEI BENI COMUNI

Con il Referendum, quello che potremmo definire “l’equivoco del nucleare” è stato spazzato via dall’agenda politica ed energetica.
Questo è il punto di arrivo di una straordinaria e vincente campagna referendaria. Oggi abbiamo la possibilità di individuare un nuovo punto di partenza.
La vittoria è stata determinata da una molteplicità di fattori, ma in questa sede è importante per noi sottolinearne soprattutto due.

Il primo.
Nel corso della campagna referendaria è emerso in modo palese il sostegno popolare, trasversale ai partiti, alla “visione” di una nuova economia e di un nuovo modello di sviluppo fondata sull’energia distribuita e su un uso diverso dell’energia, in altre parole su fonti pulite e rinnovabili e sull’efficienza e il risparmio energetico. Su questa visione, per oltre metà degli Italiani, si deve basare il futuro del Paese. E ciò che è più importante è che tutto ciò è stato visto come un’alternativa vera e concreta al nucleare.

Il secondo.
Questa campagna referendaria ha visto emergere una società in movimento, che ha espresso una nuova politica fatta di pratiche e metodologie originali, insieme al ridimensionamento del potere assoluto delle TV a favore della riscoperta di strumenti di propaganda e informazione basati sul dialogo ed il convincimento diretto di milioni di persone, accanto all’uso dei social network e della rete. Tutto ciò è potuto avvenire perché è esploso nel paese un nuovo bisogno di partecipazione e di impegno che si è nutrito di uno straordinario interesse per i beni comuni.

La campagna referendaria ha quindi costituito una formidabile occasione perché si recuperasse il dibattito e l’elaborazione a livello territoriale su questioni strategiche, nazionali e globali: questo rende possibile, oggi, intrecciare le esperienze locali in un ambito più collettivo e in una prospettiva di nuova mobilitazione sociale e culturale a scala nazionale.
Per tutto ciò oggi è possibile parlare di un nuovo punto di partenza.
A due condizioni.
Che si valorizzi la varietà e ricchezza di posizioni e approcci.
Che non si rinunci ad un’azione unitaria ed efficace una volta individuato lo scenario condiviso.

Tale scenario può essere sintetizzato nella contemporanea presenza sulla scena mondiale della crisi economica e di quella climatica che disegnano il nostro campo d’azione intorno a tre grandi questioni tra loro intrecciate: lo sviluppo delle rinnovabili, del risparmio e dell’efficienza energetica, la risposta ai cambiamenti climatici, le opportunità di lavoro e di modifica degli stili di vita che tutto ciò determina. Grazie a questi scenari oggi è concretamente possibile costruire una nuova economia fondata sulla sostenibilità ambientale, a basse emissioni di CO2, ed un modello di produzione distribuita dell’energia, partendo dal riconoscimento che stiamo vivendo nella prima fase di una vera e propria rivoluzione energetica, alla ricerca di un diverso paradigma di gestione delle risorse, che superi anche la dicotomia pubblico-privato.
L’Unione Europea, ad esempio, sta elaborando una RoadMap per la decarbonizzazione al 2050. Si tratta di una vera rivoluzione, con il completo affrancamento dal carbone e dal petrolio che hanno costituito la base della rivoluzione industriale degli ultimi 200 anni. L’esito però di questa storica battaglia è tutt’altro che scontato: anzi, è già in atto un’offensiva tesa a rilanciare l’uso del carbone e mantenere inalterato il peso dei combustibili fossili.

Dobbiamo anche sapere che la rivoluzione energetica non è un processo tecnico, ma richiede un ripensamento profondo dei processi sociali e dei modelli culturali. Serve perciò rilanciare un grande investimento nella formazione di un nuovo patrimonio di conoscenza e di consapevolezza delle persone, che passa sia attraverso un rilancio del sistema di istruzione e ricerca sia attraverso il recupero dei saperi delle comunità. Serve pensare a forme nuove e originali di mobilitazione sociale, capace di tenere insieme le associazioni con i gruppi di acquisto solare, le imprese con il governo del territorio, i piani di riqualificazione energetica delle città con la produzione distribuita di energia pulita, l’apertura di concrete prospettive di futuro per i giovani con il rilancio del lavoro a partire dal ruolo dei lavoratori nell'intervenire sui cicli produttivi e sui prodotti nella prospettiva di una riconversione energetica.

Sono obiettivi e prospettive ambiziosi. Tanto più che oggi in Italia, a differenza che nella maggior parte dei paesi europei, non esiste alcuna strategia e programmazione, né sul Clima e la riduzione delle emissioni climalteranti, né sull’energia. Sono necessarie scelte strategiche e settoriali di Governo e Parlamento, con un ruolo attivo delle Regioni e degli Enti Locali che partano dal chiaro obiettivo di ridurre le emissioni di anidride carbonica in tutti i settori energetici (produzione elettrica e industriale, terziario, trasporti, riscaldamento e agricoltura).
La forza che abbiamo accumulato durante la campagna referendaria può trasformarsi oggi in un grande movimento popolare che costruisca uno spazio pubblico partecipato capace di produrre risposte concrete alle sfide che abbiamo delineato, tenendo insieme energie pulite, clima, lavoro, ricostruendo un'idea di futuro che abbia al centro il benessere comune.

Oggi possiamo aprire un percorso originale e ci possiamo muovere su più piani:
- Iniziativa forte ed incisiva contro il carbone a partire da una iniziativa nazionale da tenersi a Porto Tolle in autunno.
- Appoggio alla Proposta di legge di iniziativa popolare

SVILUPPO DELL’EFFICIENZA ENERGETICA E DELLE FONTI RINNOVABILI PER LA SALVAGUARDIA DEL CLIMA, per chiedere che la nuova Strategia Energetica e Ambientale Nazionale sia fondata sugli obiettivi europei di riduzione delle emissioni climalteranti entro il 2020 e sull’obiettivo di completa decarbonizzazione al 2050, sostenuta da un processo partecipato di consultazione che veda il coinvolgimento di tutti gli attori sociali (organizzazioni non governative, sindacati, aziende, cittadine e cittadini) e delle istituzioni locali e regionali.
- Avvio di un percorso di confronto con i sindacati sulle opportunità di coniugare la sfida energetica con il lavoro.
- Promuovere una conferenza nazionale per l'energia che elabori un Piano Energetico Nazionale, partendo dall’attuale overcapacity nella produzione elettrica, per puntare alla progressiva sostituzione dell’uso di combustibili fossili con le fonti energetiche pulite e rinnovabili, nel quadro di una generale riduzione del consumo di energia e un uso più efficiente dell’energia stessa.
- Messa in campo di piani energetici locali, in particolare per le grandi aree urbane, che sulla base di regole chiare individuino le priorità e le scelte strategiche, minimizzando l’impatto nell’uso del territorio.
-iniziativa autunnale per una Strategia Energetica e Ambientale che tagli le emissioni di gas climalteranti globali e locali, oltre che le emissioni dannose per la salute, che rilanci l’attenzione in Italia per i cambiamenti climatici e le urgenti e conseguenti azioni che rispecchino la giustizia climatica, mobilitando il popolo delle rinnovabili, del risparmio e dell’efficienzastrutturazione di un Centro Studi, che accompagni le elaborazioni territoriali e avanzi proposte per la convocazione di una conferenza nazionale e la predisposizione di un vero e proprio piano energetico per l’Italia, ponendo l’obiettivo ambizioso, come già ha fatto la Germania, della produzione di energia da fonti rinnovabili all’80 % entro il 2050, con la contestuale riduzione del consumo energetico da fonti fossili
- Prosecuzione della mobilitazione antinucleare sia per tenere sotto osservazione il nucleare che già c’è (dal decomissioning alla presenza di uranio impoverito o in ogni modo riprocessato), sia per lavorare con il movimento antinucleare europeo
- Partecipazione alla cinquantesima Marcia della Pace Perugia-Assisi perché la necessità di approvvigionamento energetico e la dipendenza da fonti esauribili e geolocalizzate continua ad essere, insieme al bisogno di acqua, la causa principale di molteplici conflitti.

Sulla base di questi elementi l'assemblea propone di proseguire l'esperienza unitaria della campagna referendaria e di promuovere la costituzione di comitati territoriali aperti all'interno di un percorso nazionale verso la costituzione di un forum nazionale per la rivoluzione energetica all'interno della prospettiva aperta dalla cultura dei beni comuni.

Roma 09/07/2011
Fonte www.liberazione.it

sabato 9 luglio 2011

10 luglio,118$/b - Il Brent sempre piu’ caro nonostante la domanda debole.

10 giorni orsono l’ Aie, agenzia energetica dei paesi Ocse, aveva deciso di attingere alle riserve strategiche di greggio nel tentativo di calmierare i prezzi. Ma, dopo un calo tempraneo, oggi il prezzo del Brent e’ tornato a 118$/b, superiore ai giorni precedenti il prelievo sulle scorte. Sotto pressione i prezzi del greggio migliore.
L’ offerta e’ sufficiente ma i prezzi sono alti, i timori per il bilancio del Portogallo potrebbero pero’ favorire un calo di euro, Borse e petrolio. Vedremo.

venerdì 8 luglio 2011

Dati delle installazioni del fotovoltaico in Italia al 30 giugno 2011.

Questo dato, 916 MW con il 3° c.e., mi ha sorpreso, sbaglio? Sono gli ultimi risultati del boom fino al 2010 che forse gia' e' finito ? Di sicuro nei mesi scorsi lo sviluppo e' stato poco seguito e poco capito per poi arrivare al caos tra gennaio e maggio, segnalo quindi questi dati.

Il fotovoltaico in Italia continua a sorprendere anche nel 2011 nonostante il caos normativo.

Al 30/06/2011 risultavano installati con il III° conto energia , in vigore dal 1 gennaio 2011, impianti fotovoltaici per una potenza di 916 MW. Piu’ della potenza che era stata installata nei primi 6 mesi dell’ anno record 2010.
Alla stessa data risultavano installati anche 5.968 MW con il II° C.E., oltre a 163 MW del 1° C.E; al 7/7/2011 il contatore del GSE, comprensivo di tutti i conti energia, era gia’ arrivato ad un totale di 7.294 MW.
La crescita delle installazioni nel nostro paese quindi non si e’ fermata, nonostante il caos normativo di questi mesi che ha sicuramente bloccato alcuni segmenti della filiera. Il conto energia in vigore dal 1 giugno 2011 e’ stato ufficializzato infatti solo il 12 maggio.
Questo trend dimostra che lo sviluppo continua ad essere superiore alle previsioni e questo in una misura non prevedibile.
Sarebbe opportuno quindi che l’ importo degli incentivi fosse, come in Germania, legato alla quantita’ di installazioni del periodo precedente. In questo paese, per esempio, era prevista ora una diminuzione degli incentivi ma questo non avverra’ essendoci stato negli ultimi tempi un numero di installazioni inferiore alle previsioni.
L’ Italia si conferma uno dei primi mercati del mondo ed e’ vero che la gran parte degli impianti realizzati sono stati prodotti all’ estero ma esiste anche una produzione italiana, soprattutto negli inverter, e si sono formate professionalita’ giovani ma per il momento avanti di almeno 1-2 anni a quanto successo negli altri paesi europei.
Non dobbiamo quindi rallentare la crescita nel fotovoltaico per tornare indietro al livello degli altri paesi europei, come sembrano suggerire il governo, Confindustria e altri ambienti, ma dovremmo sfruttare questo piccolo vantaggio per crescere ancora.

lunedì 4 luglio 2011

4 luglio "nero" negli USA:migliaia (?)di barili di greggio nel fiume Yellowstone per incidente ad un oleodotto

Questa la notizia di oggi alle 9.00 del Sole24ore, vedremo in seguito che dimensioni avra' l' incidente
marco

Negli Usa migliaia di barili di greggio si riversano nel fiume Yellowstone. Nella foto una veduta aerea della macchia di petrolio formatasi dopo la rottura dell'oleodotto.
Nel giorno dell'Indipendence day, festa nazionale in America, torna l'incubo marea nera. Un migliaio di barili di petrolio è fuoriuscito da un oleodotto della Exxon Mobil nel fiume Yellowstone, in Montana. Il ricordo va all'incidente sulla piattaforma Bp dell'aprile 2010 che cambiò colore al Golfo del Messico, ricordato come il più grande disastro ecologico.

Fonte www.sole24ore.com
Questa la notizia dell' Ansa alle 9.42

- Un oleodotto della Exxon Mobil ha riversato un migliaio di barili di greggio nel fiume Yellowstone nel Montana ed è stato chiuso. Lo ha reso noto la stessa compagnia petrolifera americana. Dirigenti della Exxon hanno affermato ieri che ci sono tracce di petrolio lungo 10 miglia, 16 km circa, nel corso del fiume e che la fuoriuscita di greggio è stata scoperta sabato mattina. L'oleodotto è limitato al Montana e a regime trasporta 40 mila barili al giorno. Le cause della perdita restano da accertare. Il governatore del Montana, Brian Schweitzer, ha espresso dubbi sull'affermazione della Exxon Mobil che il petrolio ha contaminato solo 16 km del corso del fiume. "Questa è una zona molto selvaggia, e loro non hanno alcuna idea se sono 5, 50, o 100 miglia, stanno tirando a indovinare", ha detto il governatore, un democratico, alla Reuters per telefono. Il fiume Yellowstone, lungo oltre 1.100 km e principale affluente dell'alto corso del Missouri, nasce nel nord ovest del Wyoming, scorre attraverso il Parco nazionale che porta il suo nome e passa poi nel Montana, prima di confluire infine nel Missouri dopo un breve tratto nel Nord Dakota.

Secondo media americani on line, 140 persone erano state subito evacuate per timore di un'esplosione, ma ora il pericolo è rientrato. Restano tutti da accertare i danni all'ambiente causati dagli almeno 160 mila litri di greggio finiti nel fiume (un barile è pari a circa 163 litri). Il presidente della Exxon Mobil, Gary Pruessing, ha dichiarato che la compagnia ha inviato nel Montana 70 persone per ripulire e capire cosa abbia causato la perdite di greggio e che vengono impiegati aerei per monitorare le rive del fiume e rilevare eventuali danni ambientali.

Fonte www.ansa.it