mercoledì 28 settembre 2011

Picco del petrolio.Allarmante intervista ad AD della Shell

Picco del petrolio. Shell: «Ci vorrebbero 4 Arabie saudite in più entro 10 anni»
[ 27 settembre 2011 ]

Il 21 settembre, Ed Crooks, US industry and energy editor de Financial Times, ha intervistato l'amministratore delegato della Shell, Peter Voser, e l'articolo che ne è venuto fuori (Shell chief warns of era of energy volatility) sembra una bomba a frammentazione per l'industria petrolifera e per la politica energetica mondiali.

Voser ha detto: «La produzione dei campi esistenti declina del 5% all'anno, nella misura in cui le riserve si esauriscono, tanto che bisognerà che il mondo aggiunga l'equivalente di 4 Arabia saudita o di 10 Mari del Nord nei prossimi dieci anni, solo per mantenere l'offerta al suo attuale livello,anche prima di un qualunque aumento della domanda».

Si tratta di circa 40 milioni di barili di greggio al giorno da mettere in produzione, cioè quasi la metà dell'attuale produzione mondiale di petrolio. Shell naturalmente non dice dove si potrà trovare tutto questo greggio così rapidamente e Voser sul Finacial Times dice solo che ci vorranno tra i 6 e gli 8 anni per sviluppare tutti i nuovi più importanti progetti petroliferi e gasieri, ma alla fine ammette che «Stiamo andando verso una volatilità inevitabile (...) dei prezzi dell'energia in generale» e che «Vedremo molto probabilmente comparire delle difficoltà nell'equilibrio offerta-domanda e quindi un aumento dei prezzi dell'energia a lungo termine. Penso che dobbiamo fare qualcosa». Ma probabilmente ci vorrà più di "qualcosa" per rimpiazzare 4 Arabie saudite in 10 anni...

Nel 2010 l'Iternational energfy agenci (Iea) aveva detto che entro il 2020 sarebbe stato necessario sviluppare nuovi campi petroliferi e gasieri equivalenti "solo" a 2 Arabie saudite, ma solo per compensare il declino della produzione esistente, una sfida ritenuta irrealistica da molti specialisti: geologi, ingegneri, militari, business man. Ora la Shell ci dice che bisognerà trovare circa la metà dell'attuale produzione mondiale di idrocarburi per mantenere gli attuali livelli di produzione, mentre il mondo si avvia verso i 9 miliardi di abitanti.

Quindi, il Picco del petrolio appare non solo già raggiunto, ma drammaticamente superato, mentre le riserve petrolifere delle regioni di più vecchio sfruttamento declinano più rapidamente del previsto e le nuove risorse sono di difficile accesso ed a costi ambientali ed economici altissimi, come le nuove riserve nelle acque profonde del Brasile, il petrolio e gas da sciisti in Canada e negli Usa, le sabbie bituminose canadesi, gli idrocarburi dell'Artico o gli stessi agrocarburanti che pongono grossi problemi per i Paesi in via di sviluppo.

Le proposte avanzate da Peter Voser sul Financial Times non tracciano certo un quadro ottimistico: la percentuale del declino annuale della produzione mondiale attuale prevista dalla Shell è ben più pesante del 2% che prospettano le fonti istituzionali, ma il 5% in meno non è del tutto inverosimile, almeno per alcune aree: il greggio estratto in Europa, che essenzialmente proviene dal Mare del Nord, è in calo del 6% all'anno da 10 anni, un ritmo che nel 2021 dovrebbe portare la produzione di greggio a 33 - 36 milioni di barili al giorno, contro gli attuali 86 milioni di barili.

Dopo aver negato e ignorato per anni il picco del petrolio, ora sono proprio le multinazionali a lanciare l'allarme. Sul blog Oil Man di Le Monde, Jean Laherrère, cofondatore dell'Association pour l'étude du pic pétrolier ed ex esperto della Total, spiega che «Le grandi compagnie occidentali sono ormai in carenza cronica di riserve fresche di petrolio. Compresi i marchi americani, perché la produzione degli Stati Uniti, ex primo esportatore ed oggi primo importatore mondiale, decresce da più di 40 anni. Le potenze coloniali hanno proiettato molto lontano le loro forze per accedere al loro "fix" di greggio: inizialmente i britannici in Persia e in Iraq, poi gli americani in America latina ed Arabia saudita, la Francia, infine, in Africa Occidentale e del Nord. Ma da uno o due decenni, tutto questo si inceppa sempre di più. Anche il numero 1 americano, Exxon, nel corso degli ultimi anni non è riuscito a rimpiazzare che il 95% del petrolio che pompa un po' dappertutto nel mondo».

Laherrère spiega le diverse strategie delle multinazionali petrolifere: «Il nostro piccolo gigante, Total, ripete dal 2008 che siamo più o meno dentro una nassa, con un tono carezzevole e nell'indifferenza più o meno totale».

La Chevron ha addirittura lanciato nel 2005 una campagna pubblicitaria sul picco petrolifero, con manifesti 4x3 negli aeroporti e pagine intere sul Wall Street Journal e il suo amministratore delegato ama dire: «Ci abbiamo messo 125 anni per sfruttare il primo trilione di barili di petrolio. Avremo consumato il successivo trilione di barili in 30 anni».

Petrobas, nel febbraio 2010 avvertiva che le estrazioni mondiali di petrolio erano già in declino e che quindi bisognava assolutamente investire nelle costosissime e pericolosissime trivellazioni offshore in acque profonde.

E la Shell che chiede 4 nuove Arabie saudite in 10 anni? probabilmente vuole andarne a trivellare almeno una nell'Artico e per questo, anche dopo il disastro del Golfo del Messico, ha continuato a premere sul governo Usa perché dia il via libera alle trivellazioni offshore in Alaska, nelle ultime aree petrolifere inesplorate degli Usa. La Shell punta anche al "tight oil" del nord America, con guadagni ridotti e costi di sfruttamento enormi. Per questi in molti, sospettano che l'annuncio dell'apocalisse petrolifera prossima ventura sulle colonne del Financial Times da parte di Voser nasconda il tentativo di un'ulteriore pressione sui Barack Obama perché dia le concessioni artiche alla Shell. Secondo Laherrère «La cifra avanzata dalla Shell del 5% di declino annuo della produzione esistente è inverosimile».

La Exxon, che ormai ha superato la Bp come più grande compagnia petrolifera del mondo, tace e cerca di farsi spazio nell'oceano artico russo, dove ci sono vaste aree ancora intatte e che il global warming sta liberando e dove gli scrupoli ambientali sono praticamente inesistenti. Come dice Laherrère «Fino ad ora, i più fedeli clienti della Cia e e gli eredi del Kgb si intendono a meraviglia».

Mentre Vladimir Putin si appresta a ridiventare presidente della Russia, l'oligarchia energetica putiniana conta su un aumento delle gabelle sul greggio e licenzia il ministro delle finanze perché ha criticato le spese militari, destinate all'apparato che deve mantenere la segretezza sui dati delle riserve di idrocarburi della Russia (chi li rivela rischia 7 anni di prigione) e prepararsi a difendere il tesoro che emerge dall'Artico e le pretese territoriali del Kremlino. Comunque le multinazionali occidentali, a cominciare da Bp ed Exxon, non devono mettere in discussione la salda presa dell'oligarchia putiniana sul monopolio dell'energia. L'esempio dissuasivo è il destino toccato a chi ci ha provato: l'ex capo della Iukos, Mikhaïl Khodorkovski,

Ormai la nuova Arabia saudita è la Russia, diventata il primo produttore di petrolio nel 2010, ma le sue nuove riserve sono comunque sfruttabili con molta difficoltà senza l'arrivo nell'Artico di colossali investimenti e tecnologie di punta occidentali.

Venendo all'Arabia Saudita "vera", il re nell'estate di un anno fa aveva ordinato di interrompere tutte le esplorazioni petrolifere «Al fine che una parte di questa ricchezza sia preservata per i nostri figli e i nostri successori». Dopo i sauditi sono venuti a più miti consigli, ma Riyad ha confermato che le capacità di esportazione dell'Arabia saudita hanno forti possibilità di diminuire nei prossimi anni.

La Cina sul picco del petrolio ha addirittura istituito un gruppo di studio ufficiale e prevale il pessimismo. Fino al 2000, la Cina era quasi autosufficiente ed ancora oggi è un produttore di petrolio di primo piano, ma secondo il Dipartimento Usa dell'energia le sue estrazioni stanno rallentando, mentre la richiesta di greggio è raddoppiata.

A Parigi l'Iea sta per pubblicare il suo nuovo rapporto annuale e le anticipazioni dicono che è abbastanza rassicurante. Laherrère commenta ironico :«Questo dopo aver aperto il vaso di Pandora ed aver gridato al lupo nel suo rapporto precedente. Curioso, molto curioso...».

Fonte www.greenreport.it

martedì 27 settembre 2011

India, grosse opportunita' per le imprese italiane delle rinnovabili

Nel comparto delle energie pulite il Governo indiano sta incoraggiando la partecipazione dei privati attraverso il modello di partnership pubblico-privata per attrarre investimenti ed expertise nel settore. Se ne sta parlando all'Indo-Italian Business Conference.

L'India apre alle rinnovabili italiane Energia, infrastrutture, tecnologie per la lavorazione di prodotti agroalimentari: sono questi i settori in cui i prodotti e il know-how italiani potrebbero conquistare il mercato indiano e su cui il governo di nuova Delhi sta concentrando gli investimenti. Il tema è al centro degli interventi della prima edizione della Indo-Italian Business Conference (IIBC), che si sta tenendo nelle città di Mumbai, Pune, Kolkata, Bangalore e Ahmedabad fino al 30 settembre.

Per quanto riguarda le energie rinnovabili, l’esecutivo indiano sta incoraggiando la partecipazione dei privati attraverso il modello di partnership pubblico-privata, per attrarre investimenti ed expertise nel settore. Per aumentare gli investimenti stranieri, il Governo ha inoltre "allentato" la normativa relativa agli investimenti diretti esteri in India, consentendo investimenti fino al 100% e varato un XI Piano Quinquennale del valore di 1,5 miliardi di euro per incrementare di 14.050 MW la capacità energetica indiana attraverso l'utilizzo di energia eolica, idro-elettrica, biomasse e solare. (a.b.)

Fonte www.zeroemission.eu

sabato 24 settembre 2011

Risparmio, efficienza energetica, la fonte piu' pulita ed efficiente. Uno studio del gruppo Edison

I dati sono stati elaborati da uno studio di settore del gruppo Edison, presentato oggi al Festival dell’Energia a Firenze

Efficienza energetica: l’Italia risparmierebbe 55 TWh l'anno

Con i programmi di investimento nel settore dell’efficienza energetica, il nostro Paese risparmierebbe ogni anno 55 TWh di elettricità e quasi 6 miliardi di euro


– Con una riduzione del 17% dei consumi energetici totali, l’Italia potrebbe risparmiare 55 TWh di elettricità e 27,7 miliardi di tonnellate di CO2 ogni anno con solo aiuto dei programmi d’investimento sull’efficienza energetica – a dirlo è uno studio di settore del gruppo Edison, presentato oggi al Festival dell’Energia a Firenze, in cui si sottolinea che i finanziamenti necessari al raggiungimento degli obiettivi di riduzione dei consumi, sono stati stimati in circa 35 miliardi di euro.
In particolare, secondo Edison, il potenziale risparmio di energia elettrica che si avrebbe in Italia è di 22.800 GWh nel settore industriale (il 41% rispetto ai consumi attuali), 20.240 GWh nel settore residenziale (pari a un risparmio del 36%), _12.000 GWh nei servizi _(-22%), 333 GWh nell’agricoltura (-1%).

Lo studio inoltre, rivela che i maggiori impieghi energetici del Belpaese deriverebbero principalmente dal settore residenziale e terziario per il 32,4% dei consumi elettrici, (la voce di maggior peso sui consumi è il riscaldamento, dove si potrebbe intervenire proprio sull’efficientamento delle caldaie e sull’isolamento degli edifici), dai trasporti per il 32,2%, (dove sarebbe necessaria un’implementazione della mobilità su rotaia e della viabilità pubblica su gomma, allo scopo di diminuire il traffico urbano e quindi il consumo della fonte primaria), industriale per il 27,3% (la cui riduzione dipenderebbe da interventi di ‘energy saving’ e dall’installazione di motori ad alta efficienza) ed infine, il comparto agricolo che pesa per il 5,8%.

Il miglioramento dell’efficienza energetica dipende anche dalla scelta delle fonti di produzione di energia elettrica, dato che presentano diversi livelli di rendimento. Nel termoelettrico, il rendimento medio è attorno al 40%, nel ciclo combinato è al 50% con punte del 56% contro il 30% di una centrale tradizionale. Con la cogenerazione si può raggiungere un rendimento del 70-85%, che sale all’80-85% se si sfrutta a dovere l’idroelettrico, che tra le fonti rinnovabili è quella a più alto rendimento.

Fonte www.rinnovabili.it

sabato 17 settembre 2011

IV C.E.-Grandi Impianti-Quanti impianti sono entrati in esercizio entro il 31 agosto 2011 ?

Il IV Conto Energia ha messo limiti annui agli incentivi di impianti fotovoltaici, nel biennio 2011-2012 i limiti sono solamente per i cosiddetti Grandi Impianti. Quelli che sono entrati in esercizio entro il 31 agosto 2011 hanno tutti diritto agli incentivi 2011 e sapere il loro numero e’ utile per capire come sara’ il 2012.

Infatti nel 2011 hanno diritto all’incentivo solo 1.200 MW, in caso di una potenza installata superiore,

la differenza tra il totale installato (quello entro il 31 agosto + quello del registro con 1.200 MW di potenza) e 1.200 MW ,incentivo programmato 2011, sara’ a sua volta detratta dai 720 MW che avranno diritto all’ incentivo nel secondo semestre 2012.

Essendo stati installati finora 2.500 MW con il IV C.E. e’ verosimile che i G.I. in esercizio entro il 31 agosto abbiano almeno qualche centinaia di MW, il secondo semestre 2012 rischia quindi di vedere incentivati pochi G.I o addirittura nessuno.

Hanno chiesto l’ iscrizione al registro dei grandi impianti 2011 5.000 impianti per una potenza totale di 6.000 MW. Tolte le domande irregolari e l’ installato 2011, rimarranno sicuramente un numero cospicuo di impianti che chiederanno l’incentivo del primo semestre 2012.

Il 2012 non sara’ dunque eccezionale dopo un 2011 ottimo con 5-6000 MW incentivati. Nel 2013 ci sara’ invece una attivita’ di nuovo notevolissima perche’ gli incentivi sono gia’ definiti per importo e questo favorisce il finanziamento dell’ impianto e la programmazione, inoltre una volta esaurita la quota prevista per l’anno gli altri impianti installati avranno diritto ugualmente all’ incentivo 2011, con la differenza che il loro importo sara’ detratto dalla quota di incentivi prevista per l’ anno successivo.
Quindi 2011 eccezionale e non di impasse come hanno detto le associazioni delle imprese, 2012 fiacco ,di nuovo 2013 rekord e nel 2014 saranno raggiunti i 23.000 Mw che era l’ obiettivo fissato per il 31 dicembre 2016.

Continua quindi la corsa italiana del fotovoltaico, ed e’ un buona cosa, bisogna pero’informare sui numeri in maniera precisa e non confondere le idee all’opinione pubblica nel tentativo di strappare qualche vantaggio economico per la propria categoria.

marco
Associazione Internazionale Italia Africa

mercoledì 14 settembre 2011

Fotovoltaico, 23 Gw arriveranno molto prima del 2016 e questo deve essere detto subito

Fotovoltaico, 23 Gw arriveranno molto prima del 2016 e questo deve essere detto subito.

Alla Fiera di Roma nell' ambito del "7th Mediterranean Event Dedicated to Renewable Energies" si e' svolta una conferenza nella quale esponenti delle associazioni delle imprese delle rinnovabili hanno discusso del passato, presente e futuro del fotovoltaico italiano con l' Ing. Silvestrini del Kyoto Club e il Prof. Beccarello del Sole24ore.
Nel titolo era compresa la frase "Dal boom 2010 all'impasse 2011" ma anche il Prof. Chiesa del Politecnico di Milano, che coordinava il dibattito, ha giudicato queste parole non completamente esatte visti i 4.000 MW installati,per ora, nel 2011.

Gianni Silvestrini, secondo me la persona che conosce meglio la rivoluzione energetica in corso in Italia, ha spiegato come lo sviluppo del FV italiano abbia sempre un ritmo molto alto e come sia necessario governare questo sviluppo perche', senza affrontare in modo adeguato i passaggi critici di questo percorso, possono nascere problemi tecnici, economici o normativi.
Il maggior problema tecnico da affrontare e' l' adeguamento della rete elettrica. L'energia elettrica intermittente prodotta dagli impianti fotovoltaici ,quando sara' di dimensioni piu' rilevanti, potra' essere immessa senza problemi solo in una rete "intelligente", in grado di gestire l'energia elettrica proveniente dalle diverse tecnologie.
Inoltre l'aumento impetuoso della quantita' di impianti installati e delle diverse componenti prodotte rende difficile la gestione delle imprese che nel giro di pochi mesi si trovano ad operare in scenari molto diversi per prezzi, concorrenza, normative ,volumi e non tutte riescono a sopravvivere.

I rappresentanti dell' Assosolare e del Gi-Fi,entrambe Associazioni di imprese fotovoltaiche, hanno sostenuto che gli alti numeri attuali delle installazioni sono il risultato della normativa passata mentre nel prossimo futuro ci sara' una contrazione a causa della nuova.
Io penso che dobbiamo aspettare e vedere cosa sucedera' nei prossimi mesi ed anni ,ma che, al ritmo degli ultimi 12 mesi, sarebbe stata installata in 3-4 anni una potenza capace di produrre, forse, il 20% dell' energia prodotta attualmente da tutte le fonti, 300 TW(h)-350 TW(h), e di conseguenza un rallentamento delle installazioni Fv e' inevitabile.

Anche il 3°conto energia,se non fosse stato annullato, avrebbe portato a fine 2013 ad una quantita' di impianti installati neanche immaginabile; cosi' come nessuno, neanche l'Assosolare o il Gi-fi, aveva previsto 7.000 Mw installati a fine 2010 e 10.700 Mw installati al 14 settembre 2011.
Per evitare problemi e confusioni e' necessario seguire il cammino del fotovoltaico del nostro paese passo dopo passo, senza minimizzare la velocita' impetuosa del suo sviluppo, magari per strappare condizioni piu' vantaggiose per le proprie imprese.

Dal 2013 al 31/12/2016 il 4° conto energia prevede una quantita' annua di incentivi limitata, ma, una volta attribuiti gli incentivi previsti per l'anno in corso, altri impianti installati potranno ottenere ugualmente l'incentivo che sara' poi sottratto dalla quota assegnata nell'anno successivo.
E' prevedibile quindi che, come affermato da Silvestrini, l' obiettivo di 23.000 MW sara' raggiunto molto prima del 31 dicembre 2016 :questo non deve essere nascosto e reso noto all' opinione pubblica solo una volta avvenuto.

Per chiudere tre domande a tutti i soggetti che si interessano a questo settore:

Quanto e' la potenza totale dei grandi impianti che sono entrati in esercizio con il 4°c.e. entro il 31 agosto 2011 ?
Quanto e' la potenza totale dei grandi impianti che si sono iscritti al registro per chiedere gli incentivi 2011 ?
Quanti di questi dovranno richiedere gli incentivi nel 2012,quando sono previsti altri incentivi per 1.490 MW, perche' non sono rientrati tra gli aventi diritto a quelli 2011 ?

Quando saranno noti questi tre dati sara' piu' chiaro, credo, quanto ho scritto in questo pezzo.

Marco
Associazione Internazionale Italia Africa

NB: questo scritto e' pubblicato anche nel blog dell' Associazione Italia Africa all' indirizzo www.aiiaonlus.blogspot.com

martedì 13 settembre 2011

Le sorprese annunciate stanno per arrivare. In Italia il fotovoltaico andra' di nuovo nel caos ?

Nelle settimane scorse avevamo segnalato il superamento di 10 GW di potenza cumulata per gli impianti fotovoltaici italiani e la possibilita' che i grandi impianti entrati in esercizio entro il 31/8/2011 fossero di nuovo una sorpresa annunciata e ponessero dei problemi per il futuro.
Questa possibilita' mi sembra ora essere una certezza; credo che sara' evidente e diventera' una notizia nei prossimi giorni ma provo a spiegare il tutto subito pur correndo il rischio di brutte figure per previsioni errate e per voler spiegare cose oggettivamente ostiche e poco immediate; un impegno difficle per chiunque.
Faccio questo perche' credo che sia utile non tacere come probabilmente in questo momento sta facendo piu' di uno pur avendo capito benissimo quello che sta succedendo.
Mi avventuro quindi nella non semplice spiegazione.

Il quarto conto energia e'stato varato a maggio 2011 e copre il periodo dal 1 giugno 2011 al 31 dicembre 2016. Questa normativa prevede dei limiti agli incentivi.

Per il 2011 e 2012 i limiti sono solo per i grandi impianti*, dal 2013 a tutto il 2016 invece e' limitata la potenza cumulata incentivata di tutte le taglie di impianti.
Nel 2011 e' prevista una potenza di grandi impianti incentivata di 1.200 MW ma gli impianti entrati in esercizio entro il 31 agosto 2011 hanno tutti diritto all' incentivazione.
Il primo rischio e' che i 1.200 MW incentivabili siano tutti esauriti dagli impianti in esercizio al 31/8. Qualora fossero di piu' di 1.200 MW non cambia niente, avrebbero comunque tutti diritto all' incentivo 2011. Non ho dati sui grandi impianti installati dal 1 giugno, pero'tutto il IV conto energia ha gia'registrato una potenza installata di 2.200 MW ed e'una possibilita' realistica che i g.impianti siano superiori a 1.200 MW essendoci anche qualche altro giorno di tempo per nuove registrazioni al Gse.

Gli impianti che hanno chiesto l' incentivo 2011 ma sono oltre la quota prevista dovranno richiedere l' incentivo 2012. Il prossimo anno la potenza cumulata di g.impianti che ha diritto all' incentivo e' 1.490 MW. Il secondo rischio e' che gli impianti che hanno chiesto l' incentivo 2011 esauriscano anche gli incentivi previsti per il 2012. Dovrebbero avere fatto domanda infatti per gli incentivi 2011 impianti per piu' di 5.000 MW. Impianti gia' autorizzati ma non tutti ancora installati o in esercizio.

Il terzo rischio e' che, dopo la corsa all' allaccio di agosto, si verifichi un nuovo impasse per il fotovoltaico italiano; anche se fino al 31 dicembre 2012 non ci sono limiti per gli incentivi ai "piccoli impianti" che comprendono anche gli impianti fino a 1 MW su edifici e impianti di tutte le taglie su aree o edifici di proprieta' di Amministrazioni pubbliche.

Entro 10 giorni avremo piu' chiaro se e' davvero cosi' od ho sbagliato qualcosa, in questo caso vedremo cosa non avevo colto. Credo pero' che domani alla Fiera di Roma in un Convegno di Assosolare verra' detto qualcosa su questo da persone piu' informate di me.

*per grandi impianti si intendono gli impianti piu' grandi di 200 kw non su edifici, quelli su edifici maggiori di un 1 MW.

Marco
Associazione Internazionale Italia Africa

domenica 11 settembre 2011

Agosto 2011-Produzione da impianti fotovoltaici il 5,7% del totale.

Fotovoltaico, nuovo record di produzione: +455,3% ad agosto.
da www.Zeroemission.eu

Continua a crescere la produzione di energia elettrica dai moduli fotovoltaici installati lungo la Penisola: ad agosto ha fatto registrare un nuovo record mettendo a segno un +455,3% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso, in linea con la performance di luglio.

La produzione da impianti fotovoltaici ad agosto ha fatto registrare un nuovo record mettendo a segno un +455,3% (1.355 GWh) rispetto allo stesso mese dell’anno scorso (244 GWh). E’ quanto emerge dai dati sui consumi di energia elettrica relativi al mese scorso diffusi da Terna, che registrano una crescita anche del geotermico (+10,5% con 442 GWh prodotti) a fronte però della flessione di idroelettrico (-1,5%, 4.114 GWh) ed eolico (-1,6%, 504 GWh).

Nel mese di agosto 2011 la richiesta di energia elettrica in Italia è stata pari a 26 miliardi di kWh, con un incremento del 4,5% rispetto allo stesso mese del 2010, il più alto dall’inizio anno. Ciò è dovuto in parte “all’effetto temperatura”, che rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso è stata superiore in media di circa un grado centigrado. Depurata da questo effetto la variazione, sottolinea Terna, è comunque del + 3,6%. La produzione nazionale netta, pari invece a 23,5 miliardi di kWh (equivalente al 90% della richiesta), è cresciuta del 5,6% rispetto ad agosto 2010, grazie in parte anche al contributo delle fonti di energia rinnovabili e in particolare al fotovoltaico. (f.n.)

sabato 10 settembre 2011

Fotovoltaico, raggiunti in Italia 10.000 MW di potenza. Ecco perche' e' un dato importante.

di marco
Associazione Internazionale Italia Africa

Il totale della potenza degli impianti fotovoltaici che hanno ricevuto l' incentivazione dai diversi conti energia ha raggiunto i 10 GW. Ai 6.820 MW installati a fine 2010 con il primo e secondo conto e., si sono aggiunti i 3.786 MW installati nel 2011 con il terzo e quarto c.e.


A fine 2010 nel mondo la potenza totale cumulata era poco meno di 40 GW. Di questi ben 17 GW erano in Germania, in Italia erano installati 3,5 GW ai quali si sono aggiunti subito 3 GW che avevano finito i lavori nel 2010 e che sono entrati in esercizio nel 2011, usufruendo della legge 129/2010, seguono Spagna, Repubblica Ceca e Stati Uniti. Piu' distanti tutti gli altri.
Il nostro paese dunque in questi primi 8 mesi 2011 ha staccato gli altri, ponendosi nettamente al secondo posto per potenza installata dopo la Germania. Questo nonostante la confusione nata nei primi 5 mesi del 2011 quando la potenza installata ha sorpreso tutti, il conto energia previsto fino al 2013 e' stato annullato e per due mesi c'e' stato un vuoto normativo che ha frenato le attivita'.
Tuttavia il comparto ha continuato a lavorare a ritmi alti e nello stesso tempo e' proseguita anche la disattenzione alla crescita di questo settore dell' economia italiana, crescita che disturba non poco altri settori sempre nel campo energetico.
Con la crisi finanziaria scoppiata in questa estate e con le inevitabili conseguenze nell' economia reale sarebbe bene pero' non distruggere ma incoraggiare ed aiutare lo sviluppo di questo comparto economico che pur avendo importato moltissimi manufatti, soprattutto moduli e celle, dall' estero e' nel nostro paese all' avanguardia e molto piu' avanti di altri paesi delle nostre dimensioni economiche.
Con il IV conto energia in vigore dal 1 giugno 2011 fino al 31 dicembre 2016 e' prevista l' installazione fino a 23 GW di potenza cumulata e sono stati limitati gli incentivi ad una quantita' definita, le imprese lamentano difficolta' ma ai 10 GW che sono in esercizio e hanno chiesto l' incentivo sono da aggiungere 6 GW di grandi impianti che hanno chiesto l' incentivo per il 2011. Avranno diritto a questo incentivo solo una parte di essi ma gli altri potranno chiedere i contributi dei prossimi anni, quindi e' prevedibile che sara' raggiunta la quantita' di 23 GW nel 2016 senza troppe difficolta'.

Nel mondo la transizione della produzione di energia elettrica dalle fonti fossili alle rinnovabili sara' impetuosa e potremmo contribuire con la nostra esperienza in misura notevole.

Il primo motivo
che rende necessaria questa rivoluzione e' l' insufficienza attuale della produzione di energia.

Nel mondo ben un miliardo e mezzo di persone non hanno accesso all' energia elettrica e in moltissimi paesi l' erogazione di corrente non e' continua ma sono frequenti interruzioni che rallentano moltissimo lo sviluppo economico. Le fonti tradizionali non potranno mai neanche affrontare questo problema perche' sono limitate e la piu' importante, il petrolio, molto vicina ai suoi massimi livelli produttivi.
L' unico modo possibile di portare a tutti l' energia elettrica e' lo sfruttamento delle fonti rinnovabili. I costi non sono ancora tali da annullare facilmente questa assenza ma per molti segmenti di mercato dei paesi meno ricchi gli investimenti avrebbero dei ritorni eccezionali in termini di sviluppo, basta pensare alla rivoluzione che piccoli impianti da fonti rinnovabili (ora possibili a prezzi accettabili) potrebbero portare in strutture sanitarie o scolastiche dove attualmente e' assente l' energia elettrica. In alcuni paesi sarebbe possibile anche elettrificare zone rurali, considerato soprattutto che i costi maggiori sono dovuti al trasporto dei manufatti e alla formazione di personale locale preparato, quindi costi che possono essere ridotti moltissimo con una maggiore diffusione della cultura energetica.

E' vicino anche il picco produttivo del petrolio e gli alti prezzi odierni sono ancora sotto controllo solo perche' si e' bloccata dal 2008 la crescita economica. Probabilmente con l'attuale efficienza energetica non e' possibile nessuna ripresa.

E' vicina ormai anche la crisi definitiva dell' automobile con le caratteristiche odierne. Si comincia a lavorare seriamente all' auto elettrica, scelta che non e' solo per l' ambiente , come viene detto da tutti, ma e' obbligata visti i costi dei carburanti che saranno sempre crescenti.

In Italia esiste un settore produttivo nelle rinnovabili e nel risparmio energetico, in questi anni difficili per l'economia potrebbe aiutare non poco il nostro paese operando nella transizione italiana ma anche contribuendo alla rivoluzione energetica degli altri paesi. In queste settimane si legge di programmi sostanziosi di energie rinnovabili in paesi importanti come il Giappone e il Sudafrica e i costi bassi del fotovoltaico hanno cambiato alcuni progetti negli USA che saranno realizzati con questa tecnologia e non con il solare a concentrazione.
La rivoluzione energetica e' ormai sicura; dalle fonti vecchie come petrolio e nucleare sono arrivati negli ultimi anni disastri giganteschi ,dal petrolio fuoriuscito nel Golfo del Messico, all' incidente nella centrale nucleare di Fukushima, alla guerra in Libia.

Il declino della produzione petrolifera nel Mare del Nord Europa, che sta provocando l' anomalo prezzo del Brent, superiore anche del 30% al prezzo del petrolio statunitense WTI, costringera' la Gran Bretagna a diventare importatrice di energia. La battuta d'arresto mondiale di tutti i programmi di energia atomica ha dato un duro colpo alla Francia, maggiore potenza nucleare.
Questi due paesi sono i promotori della guerra alla Libia, mentre la Germania, primo paese nelle energie rinnovabili, non ha partecipato all' intervento armato.

Prima ci sara' la rivoluzione energetica meglio sara' per tutti.

Associazione Internazionale Italia Africa

giovedì 8 settembre 2011

Silvestrini su Qualenergia:10 GW fotovoltaici,quali sfide per il futuro ?

Siamo a 10.000 MW fotovoltaici. Quali sfide per il futuro?

Con il raggiungimento della soglia di 10 GW quest'anno la produzione solare coprirà il 3% dei consumi elettrici. Una quota che nel 2012 arriverà a 5,5%. Un risultato importante ma ottenuto con incentivi troppo alti. Le sfide dei prossimi anni: la rete, l'accumulo e la gestione dei prezzi dei moduli.

L'editoriale di Gianni Silvestrini.

L’Italia ha raggiunto la soglia dei 10 GW solari con oltre 270mila impianti collegati alla rete. In realtà, questa cifra è già stata superata visto che il sito del GSE indica una potenza di 9.950 MW e le elaborazioni del gestore sono sfasate almeno di un mese rispetto al reale allaccio degli impianti. L’Italia nel 2011 potrebbe risultare il primo paese per potenza connessa in rete, mentre la Germania continuerà ad essere leader mondiale per la potenza fotovoltaica cumulativa. La produzione solare italiana coprirà quest’anno il 3% dei consumi elettrici, mentre la percentuale solare tedesca nel primo semestre di quest’anno è stata del 3,5%.

Facciamo ora due conti per capire quale sarà la percentuale della domanda elettrica nazionale soddisfatta con il solare nel 2012. Alla fine di quest’anno saranno allacciati alla rete circa 13 GW, considerando che nella prima parte dell’anno sono stati collegati 3 GW (escludendo i 3.700 MW degli impianti Salva Alcoa terminati nel 2010 e allacciati quest’anno) e che una potenza analoga potrà essere collegata entro dicembre.

Nel 2012 non è improbabile una potenza di 4.000 MW, considerati i 1.500 MW di grandi impianti che rientrano nel Registro. Ai fini del calcolo dell’elettricità prodotta teniamo conto solo della metà della potenza installata il prossimo anno. Nel 2012 dovremmo avere quindi in rete circa 17 TWh solari, pari al 5,5% dei consumi elettrici nazionali e alla metà della produzione delle centrali a carbone.

Certo, un risultato ottenuto con incentivi troppo alti, solo parzialmente compensato dalla riduzione delle tariffe causata dal ruolo del fotovoltaico nella formazione del prezzo alla borsa elettrica. La vera sfida adesso riguarda la rete. La rapidità della crescita del fotovoltaico ha spiazzato ogni previsione. In Germania nelle ore centrali degli ultimi week end di giugno la potenza solare (12 GW) ha eguagliato un terzo della potenza totale. Per questo alla 26a Conferenza europea del fotovoltaico in corso ad Amburgo si sta parlando molto di accumulo, di batterie. E anche dell’incertezza tra i produttori che deriva dalla rapida discesa dei prezzi dei moduli che costringe sulla difensiva molte industrie occidentali e che ha portato a casi clamorosi come il fallimento della promettente statunitense Solyndra.

Gianni Silvestrini
08 settembre 2011
Fonte www.qualenergia.it

martedì 6 settembre 2011

Batterie al piombo inquinano,ma il fotovoltaico a isola e' il futuro.

In India e Cina cresce la contaminazione ambientale da piombo

Il lato oscuro dell’industria solare

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Nei paesi in via di sviluppo continua ad aumentare la richiesta di batterie al piombo per lo stoccaggio dell’energia fotovoltaica, a causa di reti di distribuzione inefficienti o assenti. Una scelta che pagano ambiente e salute umana


Quando si tratta di energia fotovoltaica non sempre avviene tutto alla luce del sole. Il “lato oscuro” è quello evidenziato dall’Università del Tennessee, più precisamente da un team di ingegneri che ha deciso di valutare l’inquinamento connesso al comparto fotovoltaico. In realtà sott’accusa sono finiti i sistemi dipendenti dalle batterie al piombo, ad oggi i più diffusi nei paesi in via di sviluppo, a causa delle loro reti elettriche inadeguate, per via del rendimento di carica e scarica e del rapporto tra prezzo e prestazioni. Lo studio condotto da Chris Cherry, assistente professore di ingegneria civile e ambientale presso l’ateneo statunitense, ha rivelato che tali sistemi di stoccaggio sono responsabili del rilascio di oltre 2,4 milioni di tonnellate di inquinamento da piombo in Cina e India. L’indagine arriva sulla scia di diffuse segnalazioni di avvelenamento di massa da piombo nei pressi dei siti di riciclaggio delle batterie e degli impianti produttivi cinesi e l’annuncio che il paese abbia recentemente chiuso 583 di queste strutture.

L’industria delle batterie è il più grande consumatore di piombo, utilizzando circa l’80 per cento della produzione mondiale di questo metallo. Il settore dei relativi sistemi di stoccaggio sta crescendo rapidamente a livello mondiale, in gran parte per soddisfare la domanda del comparto solare. “L’industria solare deve fare un passo avanti e assumersi la responsabilità di assicurare che i propri fornitori di batterie di piombo siano sottoposti a controlli adeguati fintanto che continueranno a fare affidamento su questa tecnologia”, ha detto Gottesfeld. “Senza grandi miglioramenti nella produzione e riciclaggio delle pile al piombo in questi paesi, ci aspettiamo che l’avvelenamento da esposizione al metallo aumenti fintanto che l’industria cresce”.

Fonte www.rinnovabili.it

segue un mio commento

lunedì 5 settembre 2011

Interessante rapporto dell'EPIA,associazione europea delle imprese solari.

I tempi della competitività per il fotovoltaico

Nel nuovo report dell’EPIA, "Solar Photovoltaics. Competing in the energy sector",si prevede che in Italia dal 2013 nel segmento commerciale e dal 2014 su impianti a terra si potrà raggiungere la grid parity. Basteranno altri 5 o 6 anni perché in quasi tutti i segmenti di mercato dei paesi europei si arrivi alla fatidica competitività.

Leonardo Berlen
05 settembre 2011

Ci sono le condizioni per rendere il fotovoltaico competitivo con l’elettricità della rete a partire dal 2013 in Italia nel segmento commerciale, e, sempre in Italia, dal 2014 su impianti a terra; in seguito, in tutto il continente europeo in differenti segmenti di mercato potrà raggiungere la cosiddetta grid parity entro il 2020. Questo può dirsi il focus del nuovo report dell’EPIA, "Solar Photovoltaics. Competing in the energy sector" (vedi allegato), presentato oggi ad Amburgo nel corso della 26th European Photovoltaic Solar Energy Conference and Exhibition (26th EU PVSEC).

L’analisi di EPIA è stata condotta, insieme alla società di consulenza strategica A.T. Kearney, su cinque mercati nazionali, Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito e 4 diversi segmenti di mercato.

Secondo lo studio negli ultimi 5 anni i prezzi dei sistemi fotovoltaici in Europa sono calati del 50% e si può prevedere che nei prossimi 10 anni possano decrescere di un ulteriore 36-51% a secondo del segmento di mercato (vedi grafico).

Di conseguenza, si può dire che c’è un grande potenziale di riduzione dei costi di generazione del fotovoltaico, stimabile intorno al 50% fino al 2020. Il costo del kWh fotovoltaico potrebbe infatti decrescere da un range di 0,16-0,35 €/kWh a un range di 0,08-0,18 €/kWh al 2020, ovviamente in relazione alla taglia dell’impianto e al livello di radiazione. Una rappresentazione dell’andamento di questi costi è rappresentato nel grafico.

Quando e come si raggiungeranno queste ipotesi continuerà a dipendere da come si uscirà gradualmente dai meccanismi incentivanti per il settore e se verranno o meno internalizzate le esternalità di tutte le tecnologie e tagliati sussidi più o meno nascosti alle fonti fossili.

Lo studio EPIA prende in considerazione il costo totale della produzione di elettricità da fotovoltaico utilizzando il concetto di LCOE (Levelised Cost of Electricity), che include tutti gli investimenti e i costi operativi nel corso dell’intera durata dell’impianto, compresi la sostituzione del carburante e dell’attrezzatura.

Nasce per EPIA il concetto di “prosumer”, cioè il fotovoltaico potrà offrire ai cittadini europei l’opportunità di diventare produttori e consumatori di elettricità con propri sistemi decentralizzati e a prezzi competitivi. Questa, che viene definita la grid parity dinamica, potrà anche essere raggiunta più rapidamente se si registreranno ulteriori incrementi dei prezzi dell’elettricità dal 2 al 6,7% medi annuali, un altro fattore da considerare nell’analisi proposta dall’associazione dei produttori industriali europei che analizzeremo nel dettaglio nelle prossime settimane.

Leonardo Berlen
Fonte www.qualenergia.it
Nel sito e' consultabile,cosa che consiglio, anche il file in Pdf del rapporto integrale, 36 pagine.

venerdì 2 settembre 2011

G.Nebbia-Rinnovabili,nel 1961 si tenne la "Conferenza sulle nuovi fonti di energia"

Cinquanta anni di rinnovabili
di Giorgio Nebbia

Nel 1961 si teneva a Roma la“Conferenza sulle nuove fonti di energia” uno dei principali eventi scientifici che hanno segnato lo sviluppo delle rinnovabili nel mondo. In due settimane di lavori sulle energie green, si misero in evidenza speranze e contraddizioni che si sono trascinate fino ad oggi
Cinquanta anni di rinnovabili

Solare, fotovoltaico, rinnovabili, eolico, sono parole oggi comuni, concetti che sdegnano la speranza di liberazione dalla schiavitù del petrolio, dai pericoli dei cambiamenti climatici che provocano un riscaldamento planetario, ma anche oggetto di grossi affari. Molte imprese industriali, ma anche banche, offrono, grazie a incentivi statali, lauti guadagni a chi installa pale eoliche nei propri campi e pannelli solari sul tetto delle case o sui terreni una volta coltivati a vigneti o grano. Ogni tanto ci sono dubbi su questo improvviso amore per tali fonti energetiche; le pale eoliche in certi luoghi imbruttiscono il paesaggio; il basso rendimento di energia, rispetto alla superficie occupata, e la discontinuità dell’elettricità ottenibile dal Sole e dal vento richiedono speciali reti di distribuzione.

La passione solare riguarda soprattutto il Mezzogiorno dove, del resto, è più intensa la radiazione solare e spesso ci sono cieli limpidi e trasparenti e colline ventose. Continuamente si leggono notizie di mirabolanti invenzioni di nuove celle fotovoltaiche anche se attualmente la maggior parte è ancora ferma al silicio, le cui proprietà fotoelettriche sono state perfezionate nei primi anni cinquanta; i motori eolici sono espansioni, su torri alte un centinaio di metri e pale del diametro di diecine di metri, dei più modesti prototipi degli anni trenta. Dal punto di vista dell’innovazione siamo in un vicolo cieco ?

Una importante svolta verso le fonti energetiche rinnovabili si è avuta nel 1953 quando un gruppo di imprenditori dell’Arizona, negli Stati Uniti, uno stato pieno di Sole, ha chiamato a raccolta fisici, ingegneri e chimici per fare il punto sulle conoscenze disponibili nel campo dell’energia solare. Il congresso che si tenne a Phoenix e Tucson nel 1955, diede vita ad un grande fermento di ricerche; l’energia nucleare non sembrava rispondere alle grandi speranze iniziali; carbone e petrolio erano le fonti dominanti; l’energia idroelettrica (l’unica fonte rinnovabile, legata al continuo moto delle acque) era prodotta, ma ancora si scala modesta, in molti paesi, fra cui l’Italia. Nella seconda metà degli anni cinquanta del Novecento si ebbero molte innovazioni dovute anche a studiosi italiani, fra cui un gruppo nell’Università di Bari impegnato per la produzione di acqua dolce dal mare con l’energia solare.

Questo fermento indusse le Nazioni Unite a convocare a Roma, nell’agosto 1961, esattamente cinquant’anni fa, una grande “Conferenza sulle nuove fonti di energia”. Col termine “nuove” si intendevano l’energia solare, del vento e la geotermia, quelle che oggi, oltre all’energia idroelettrica, sono le vere fonti energetiche rinnovabili, tutte derivanti dall’inesauribile forza del Sole o, per la geotermia, dall’inesauribile calore del ventre della Terra. Alla conferenza di Roma portarono il loro contributo studiosi sovietici che da anni avevano dei laboratori solari e utilizzavano l’energia del vento soprattutto nelle zone agricole isolate, studiosi israeliani, indiani, africani, sud americani, e naturalmente europei. La conferenza durò due settimane e le relazioni sono contenute in sette grossi volumi (oggi difficili da trovare), e meriterebbero di essere rilette perché misero in evidenza speranze e contraddizioni che si sono trascinate fino ad oggi.

Da una parte molti guardano alle fonti di energia rinnovabili come parziale sostituzione delle fonti fossili con macchine complicate e sofisticate, di delicata gestione e manutenzione, per ottenere soprattutto una parte di quella elettricità che oggi è fornita dalle centrali a carbone o a gas naturale. Così vengono proposte grandi centrali fotovoltaiche da installare nei deserti, centinaia di ettari di specchi esposti al vento e alla polvere, motori eolici grandi come cattedrali da costruire in luoghi spessi impervi, magari nel mare, alla ricerca di venti abbastanza costanti. Gli studi presentati a Roma già mezzo secolo fa indicavano invece che il vero grande campo di utilizzazione, o, se volete, “mercato”, delle “nuove” energie è costituito dalla possibilità di risolvere i problemi fondamentali dei miliardi di abitanti dei paesi oggi arretrati, sparsi nelle zone isolate, in Africa e Asia, lungo le coste degli oceani, per il cui reale sviluppo umano, prima che economico, davvero le fonti rinnovabili possono dare un contributo essenziale.

A questo fine occorre pensare alla progettazione di dispositivi semplici, comprensibili da chi li usa e li deve far funzionare, duraturi, facilmente riparabili, costruibili con i materiali disponibili sul posto. Per esempio dei semplici forni solari, con specchi realizzati con fogli di alluminio, possono essere utilizzati per la cottura degli alimenti in villaggi in cui l’unica fonte di energia è ancora oggi lo sterco essiccato. Semplici impianti solari possono assicurare l’essiccazione dei raccolti agricoli in luoghi in cui sono impossibili altri sistemi di conservazione degli alimenti; piccoli impianti fotovoltaici possono alimentare radio o telefoni o fornire l’elettricità per azionare frigoriferi in cui conservare medicinali; distillatori di acqua marina col calore solare possono fornire piccole ma essenziali quantità di acqua potabile.

Quei pannelli solari che da noi vengono venduti per scaldare l’acqua delle piscine, nei paesi poveri potrebbero essere utilizzati per azionare delle semplici pompe per sollevare l’acqua dai pozzi. Da noi si parla di costruire centrali termoelettriche alimentate con “biomassa” costituita da olio di palma o oli vegetali importati dai paesi poveri, i quali così diventano più poveri e distruggono la loro agricoltura e l’ambiente per fornire ai paesi ricchi sostituti dei combustibili fossili. Invece la biomassa costituita da residui agricoli e forestali, disponibili in tanti villaggi, potrebbe essere utilizzata, in modo più efficiente e meno inquinante, con perfezionamenti delle stufe costruite negli stessi paesi arretrati utilizzando rottami metallici o vecchi fusti abbandonati. E’ il campo di lavoro delle “tecnologie intermedie” o “appropriate”, che propongono soluzioni “semplici” ma tecnicamente efficaci per risolvere i problemi locali dei singoli paesi.

Fra le “nuove” fonti di energia le Nazioni Unite a Roma insistettero per inserire quella geotermica, con una visita a Larderello, in Toscana, che era all’avanguardia nella produzione di elettricità dal vapore geotermico. Dalle fonti energetiche rinnovabili dipenderà sempre più il futuro, sia nei paesi ricchi sia in quelli poveri; per un vero progresso in questo campo forse non sarà male anche andare a riscoprire vecchie invenzioni dimenticate e magari sepolte negli atti delle conferenze di mezzo secolo fa. Forse la salvezza può venire da ricerche di “storia dell’energia solare” e delle fonti rinnovabili, di cui ci ben pochi si occupano.

Fonte www.rinnovabili.it