martedì 17 agosto 2010

Litio, il sogno boliviano di Marinella Correggia

Quando, in giugno, il «New York times» ha pubblicato la stima del Pentagono sulla presenza in Afghanistan di enormi riserve di litio, per alcuni giorni analisti e complottisti sono andati in fibrillazione. Perché il minerale, già usato nelle batterie per cellulari e computer, nella ceramica e in apparecchiature elettromedicali, sarebbe la componente chiave nella manifattura delle batterie necessarie ad alimentare una nuova generazione di automobili elettriche, più ecologiche. Dunque un prodotto strategico con un'enorme domanda potenziale. Gli «stati litio-muniti» diventerebbero potenze geoeconomiche. Sull'Afghanistan tutto si è ridimensionato: non sarà l'Arabia Saudita del litio, per molto tempo almeno. Ma che dire della Bolivia, le cui riserve sarebbe le più grandi del mondo, imprigionate finora nel Salar de Uyuni? Un mare di sale di 12.000 chilometri quadrati a 3.800 metri nel dipartimento di Potosí, un tempo inferno d'argento. Dal 2005 l'obiettivo nazionale è utilizzare le risorse per liberare i boliviani dalla miseria, in una relazione solidale con gli altri popoli e con Madre Terra. A quali condizioni il carburante di questo progetto potrà essere il litio, definito «oro del XXI secolo»? È la domanda centrale nel recente rapporto «Bolivia and Its Lithium. Can the Gold of the 21st Century Help Lift a Nation out of Poverty?» del centro statunitense Democracy Centre (www.democracyctr.org).
Multinazionali e governi stanno corteggiando il governo boliviano, che intanto ha investito alcuni milioni di dollari in un impianto pilota per l'estrazione e la prima lavorazione. La tappa successiva sarebbe un impianto più grande per produrre fino a 40.000 tonnellate all'anno di carbonato di litio; quella finale prevederebbe di produrre nel paese anche le componenti, in partnership.

Il testo integrale dell' articolo su http://myspace.com/energiaoggiedomani
Fonte www.ilmanifesto.it

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