Le rinnovabili, soprattutto il fotovoltaico, ormai sono in piena competizione con gli impianti da fonti fossili (senza i loro danni ambientali e al clima) quindi saranno sempre piu'oggetto di attacchi. Ma per fronteggiarli meglio e' necessaria la verita'; secondo me, occorre dire quindi che gli incentivi attuali non si toccano ma non sono gli incentivi l' unica maniera di favorire le rinnovabili.
Infine non siamo arretrati, come invece sostiene anche Nicola Cipolla in questo ottimo articolo, ma nel fotovoltaico come potenza installata siamo secondi nel mondo solo alla Germania e quindi le nostre imprese devono volgere il loro interesse a tutto il resto del mondo piu' arretrato di noi, con particolare attenzione al miliardo e mezzo di persone che attendono sempre l' energia elettrica. La lavatrice in ogni casa del pianeta e' sempre molto lontana, ma impianti fotovoltaici per scuole ed ospedali sarebbero gia'per le nostre imprese un' attivita' possibile e rivoluzionaria.
marco
Energie rinnovabili: pulite convenienti e dunque scomode
di Nicola Cipolla
Lo sviluppo impetuoso del fotovoltaico e delle altre rinnovabili costringe esponenti delle privatizzate Enel, Eni e Terna e dell'Assoelettrica e della Confindustria a dare conto ogni giorno sulla stampa di un conflitto di interessi sorto al loro interno.
La Repubblica dell'8 ottobre riportando il pensiero di uno degli esponenti dell'Assoelettrica, sostiene, tra l'altro, che: «Ogni 1.000 mw di energia da fonte rinnovabile che entra in funzione i produttori da fonti tradizionali perdono nel loro insieme 100 milioni di euro di margini». Dato che siamo già ad oltre 12.000 mw per il solo fotovoltaico complessivamente, ad oggi, si tratterebbe di una "perdita" di oltre 2 miliardi. E non è che un inizio perché, come è noto, l'Italia si trova in grave ritardo rispetto a paesi, come la Germania, con situazioni ambientali meno favorevoli (specie per il solare e l'idroelettrico).
Agli italiani può interessare di più, invece, conoscere per ogni 1.000 mw di rinnovabili: 1. quante emissioni di Co2 e di altri inquinanti si risparmiano allontanando il pericolo del riscaldamento dell'atmosfera oltre i 2 gradi previsti dall'Ipcc dell'Onu come "punto di non ritorno" per evitare il disastro ambientale evocato dagli accordi di Kyoto; 2. quanto si risparmia sul costo delle importazioni di materie prime energetiche che rappresentano l'85 per cento dei consumi italiani; 3. quanti nuovi posti di lavoro si creano in questo settore che in tutto il mondo, negli anni di crisi, è l'unico che ha realizzato costanti aumenti di investimenti e di occupazione; 4. quanta parte di questi 100 milioni deriva dal fatto che, a seguito delle privatizzazioni dell'Enel e dell'Eni, l'energia elettrica in Italia, a carico di molte famiglie e di tutte le imprese, soprattutto industriali, costa circa il 30 per cento in più rispetto ad altri paesi europei.
Agostino Conte, esponente di Confindustria, ha fatto alcune considerazioni (La Repubblica 17/10 u.s.) sul «costo troppo alto» (se lo dice lui!) degli attuali meccanismi "regolatori" del mercato energetico che stimolano una riflessione sulle conseguenze delle privatizzazioni.Con queste, promosse dai governi, Dini, Amato, Ciampi e Prodi, la missione di Enel ed Eni è divenuta quella di ottenere il massimo profitto per gli azionisti. L'Enel, in base alle imposizioni comunitarie della Ue, improntate al dogma del neoliberismo imperante, non può superare il 50 per cento della produzione ed è quindi stato costretto a cedere gli impianti eccedenti a gruppi privati o privatizzati. Questi si sono lanciati a costruire moderni impianti a ciclo combinato al di là di ogni capacità di assorbimento del nostro mercato elettrico (57.000 mw il picco della richiesta elettrica e 110.000 mw la potenza installata finora). Come dice Agostino Conte, gli impianti sono stati collocati solo «dove è stato possibile avere le autorizzazioni dimenticando però che era anche necessario collegarli al sistema elettrico e che quindi bisognava autorizzare anche lo sviluppo delle infrastrutture di rete. Questo proliferare di impianti senza reti ha prodotto aree del paese che hanno troppa energia rispetto a quella che consumano e aree che al contrario che presentano grossi deficit». «Il prezzo dell'energia» - è sempre Conte che parla - «è fissato attraverso il meccanismo pay as bid, ovvero, l'energia si paga a prezzo di offerta (sembra paradossale ma l'energia viene ancora fatta pagare al prezzo dell'ultimo che viene chiamato a produrre che ovviamente è il più alto)».
L'Enel, poi, indebitandosi, ha acquistato all'estero centrali elettriche, tra cui catorci atomici, tipo Cernobyl, in Slovacchia (come sono avvenute le privatizzazioni nei paesi ex comunisti è noto!) e partecipa alle spese dell'interminabile costruzione della centrale atomica di Flamanville, dell'Edf, che rinvia la sua entrata in funzione al 2016, rispetto alla previsione iniziale del 2010, portando l'esborso infruttifero dell'Enel a oltre 900 milioni. Al servizio di questi debiti sono utilizzati gli introiti "di cassa" in gran parte provenienti dalle bollette italiane. Queste avventure estere dell'Enel, ampiamente sponsorizzate da giornalisti compiacenti, possono soddisfare le ambizioni dei suoi dirigenti ma non portano nessun aiuto all'economia italiana. Il bilancio della privatizzazione dell'energia in Italia è persino più disastroso di quello della privatizzazione dell'acqua. Prima di procedere ad altre privatizzazioni bisogna prendere consapevolezza di questo disastro. Occorrerebbe una Commissione di inchiesta parlamentare, sostenuta dai movimenti e dalle organizzazioni scientifiche e di massa, che stimoli una presa di coscienza dell'opinione pubblica non solo delle vicende della privatizzazione ma anche della necessità, nel più breve tempo, della sostituzione globale dell'energia fossile con le rinnovabili.
In questa situazione, visto che l'Ue impone l'assorbimento prioritario in rete di tutta l'energia rinnovabile, la posizione di Terna si sta differenziando da quella degli altri operatori.
Nel maggio scorso, l'assemblea dei soci aveva eliminato nel Cda il rappresentante dell'Enel (Il Sole 24 Ore 14/5/2011). Ora Flavio Cattaneo propone, oltre alla creazione di nuove linee, di costruire impianti idroelettrici di ripompaggio e grandi accumulatori di energia che funzionino, su più larga scala, come le batterie di un'automobile (l'uovo di Colombo specie se esteso agli impianti più piccoli). Si sviluppa, perciò, un attacco concentrico contro Terna e la sua pretesa di volere ottemperare ad una norma comunitaria per favorire l'immissione in rete delle rinnovabili.
Il rappresentante dell'Assoelettrica arriva a sostenere che esiste un contrasto tra il carattere neutrale verso tutti i produttori della rete di Terna e la sua forma giuridica di s.p.a. che tende al massimo profitto. Bene! Allora ripubblicizziamo Terna, tutti gli impianti idroelettrici e le reti!
Invece, ad esempio sul Corriere della Sera del 26/9, si paventa la possibilità che il kwh da fonte rinnovabile diventi economico troppo presto, cioè raggiunga entro il 2015 la cosiddetta grid parity con il kwh da fonti fossili. Mentre si moltiplicano gli esempi di grandi industrie che si impegnano in questo campo: «Falck Renewables vola in borsa», scrive Il Sole 24 Ore dell'8 ottobre, dopo l'inaugurazione in Sardegna di un grande parco eolico. Il governo Berlusconi ostacola, come abbiamo visto, l'attuazione dei referendum e ritarda l'esecuzione di misure già previste: «Pacchetto energia al palo» protesta Il Sole 24 Ore dello stesso giorno. Ma, cosa ancora più grave, su iniziativa della Lega Nord, si vuole introdurre sul cosiddetto decreto per lo sviluppo una misura di blocco delle rinnovabili nel Mezzogiorno. Si vuole togliere al sud, che gode di un maggiore numero di ore di sole, una parte degli incentivi per trasferirli al nord, privando, così il Mezzogiorno dei mezzi per uscire dalla crisi economica e colmare il secolare divario nord-sud.
In risposta alle osservazioni di Agostino Conte si scomoda il sottosegretario all'energia Stefano Saglia (La Repubblica del 24/10 u.s.) che conferma l'ostruzionismo del governo: «...che punta ad uno sviluppo sostenibile delle fonti rinnovabili evitando di sovraccaricare il sistema. Le energie rinnovabili devono svilupparsi ma nel rispetto delle regole di sicurezza della rete. Pertanto per le rinnovabili puntiamo ad una revisione degli incentivi» - naturalmente al ribasso - «e ad eventuali limiti alla potenza installabile nei casi di pericolo per la sicurezza del sistema».
Insomma, per favorire gli interessi di un gruppo di oligopolisti elettrici, si blocca la possibilità di sviluppo per il paese.
Berlusconi ha detto che per il nuovo piano non ci sono soldi pubblici da investire in infrastrutture e si appresta, sotto la pressione della Ue e dei due principali paesi, Francia e Germania, ad attaccare di nuovo le pensioni e stimolare la vendita indiscriminata del patrimonio dello Stato pur di non colpire i grandi patrimoni, a cominciare dal suo, mentre blocca l'unico settore industriale non in crisi. Come abbiamo più volte sottolineato la Germania occupava al 31 dicembre 2010 oltre 350.000 unità nel settore delle rinnovabili, l'Italia solo 60.000. Se si eliminano gli ostacoli, accettando le domande già presentate per l'eolico, circa 80.000 mw e lo sviluppo naturale degli impianti fotovoltaici, che dopo la Puglia in gran parte sono collocati in regioni come la Lombardia, l'Emilia e il Piemonte, si potrebbe, in un paio di anni, raggiungere e superare la Germania, creando così 300.000 posti di lavoro.
I riflessi degli incentivi sulle bollette sarebbero annullati dall'abolizione della pay as bid allineando il prezzo dell'energia al costo degli impianti più moderni ed efficienti, favorendo e programmando così, come ha fatto la Germania per il nucleare, l'eliminazione dal mercato degli impianti ad olio combustibile, a carbone e a gas, bloccando la concessione di nuove autorizzazioni e aprendo al nostro paese, per i prossimi decenni, una prospettiva di avanguardia nel processo mondiale di cambiamento del modello energetico.
Su queste questioni qual è l'atteggiamento del centro-sinistra parlamentare?
In ogni caso possono essere determinanti le iniziative del movimento ambientalista, vincitore dei due referendum, a partire dalla manifestazione di Porto Tolle, con una mobilitazione a livello nazionale dell'opinione pubblica, per un nuovo più avanzato trattato che sviluppi e migliori il cammino iniziato con gli accordi di Kyoto.
Occorre, soprattutto, che il movimento giovanile, che si è sviluppato nel corso di questi mesi, assuma, tra le sue legittime rivendicazioni di difesa del proprio futuro, una svolta energetica che non solo salverà la loro vita e quella dell'umanità sulla terra ma darà loro anche prospettive di lavoro aprendo una nuova via di sviluppo economico e anche di democrazia e di pace.
Fonte www.ilmanifesto.it
articolo pubblicato il 30 ottobre 2011
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