Adesso parliamo due minutini della Libia. La prima volta che accadde, su Petrolio, fu in questo post che diceva semplicemente:
L'Italia è il primo partner commerciale della Libia.
Attraverso il gasdotto Greenstream, il più lungo del Mediterraneo (520 km. da Mellitah a Gela), inaugurato da Berlusconi e Gheddafi il 7 ottobre 2004, arrivano dalla Libia in Italia circa 8 miliardi di metri cubi di gas l'anno.
Il gasdotto fornisce un decimo del nostro fabbisogno nazionale di gas.
Il gas viene estratto dai giacimenti di Wafa, nel deserto del sud, in compartecipazione al 50% tra l'ENI (presente nel Paese dal 1959) e la compagnia libica NOC.
La Libia fornisce il 38% del fabbisogno nazionale italiano di petrolio. E ho detto tutto.
Dice tutto anche oggi, pare a me.
La situazione libica è per noi molto più oscura rispetto all'Egitto. Anzitutto, la diffusione di Internet è talmente limitata da impedire l'uscita di informazioni dirette ed in tempo reale come accadeva al Cairo. Poi, la presenza stessa di Al Jazeera e di altre televisioni è al momento piuttosto ristretta. Infine la repressione in atto, assai più drammatica rispetto a quella soft attuata dal pur vituperato Mubarak, rende tutto più difficile. La sensazione è anche quella che i Paesi occidentali stiano ancora cercando di capire cosa diamine avviene: è una rivolta eterodiretta da qualcuno, per scalzare infine l'arcinemico Gheddafi approfittando dell'epidemia rivoluzionaria che colpisce il nordafrica? Oppure è una rivolta spontanea, ma che si configura comunque come un'occasione da non perdere per riprendersi il Paese e soprattutto i suoi ricchi giacimenti, e il solito qualcuno sta frettolosamente pianificando il dopo-Gheddafi? Sicuramente non è da escludere.
Occorre anche fare i conti con un elemento importante di questa anomala rivolta, ovvero le divisioni etniche in seno alla Jamahiria. Cirenaica, Fezzan, Tripolitania sono regioni diverse unite dalle insensatezze del colonialismo, che stanno cogliendo l'occasione per rinfocolare vecchie ruggini.
Insomma, fare valutazioni sulla situazione interna libica è alquanto arduo. Possiamo quindi per il momento riporre le bandiere rosse, il sol dell'avvenir, e il buonismo dilagante sui media per soffermarci sui fatti nostri.
Come sottolineato all'inizio, la Libia non è un Paese povero e privo di risorse, e soprattutto contribuisce a tenerci al caldo, a fornirci energia elettrica e a far camminare le nostre automobili. Se dovesse restare in una condizione di tumulto permanente potremmo averne pesanti conseguenze. Se invece Gheddafi dovesse cadere, chiunque lo sostituirà come prima cosa metterà le mani sui giacimenti e rivedrà tutti gli accordi in essere. Posto che si tratterà di un anti-Gheddafi, sia se espressione della volontà popolare rivoluzionaria che in alternativa come espressione dell'occidente, il risultato è che saranno cavoli amarissimi: il nostro governo è pappa e ciccia con Gheddafi da sempre, non saremo certo i primi della lista a godere delle nuove concessioni. C'è una fila lunga chilometri che attende da anni, e che noi abbiamo spernacchiato per troppo tempo. Non resta che confidare nella diplomazia ENI che dovrà fare i salti mortali.
In alternativa, toccherà andare a spezzare le reni alla Libia. Pronti a partire?
Fonte blog Petrolio di Debora Billi
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