Terenzio Longobardi
Sul sito dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas è consultabile questo documento, dal titolo “Studio preliminare di fattibilità per la creazione di un nuovo mercato petrolifero europeo”, commissionato dal Ministero dello Sviluppo Economico per individuare possibili soluzioni al problema dei livelli inadeguati degli investimenti e dell’instabilità dei prezzi del petrolio.
La posizione del Governo italiano è nota: il problema della disponibilità e dei prezzi del petrolio è determinato esclusivamente da un cattivo funzionamento dei meccanismi di mercato, in particolare da una non meglio precisata speculazione finanziaria, e pertanto la sua risoluzione non può essere altro che la modifica dei meccanismi del mercato petrolifero che determinano le attuali tensioni. Da qui l’incarico di studio all’Autorità.
Fonte www.aspoitalia.it
Ma cerchiamo di sintetizzare i contenuti del rapporto che, per chi ne avesse voglia, consiglio di leggere integralmente, perché offre diversi spunti di riflessione.
La prima parte è una lunga disamina dei motivi che hanno determinato la dinamica dei prezzi petroliferi negli ultimi anni. Nessun elemento sembra confermare un ruolo determinante della speculazione finanziaria: “Importanti istituzioni, come il Fondo Monetario Internazionale, la Commissione europea, il Tesoro Britannico o la Commodity Future Trading Commission degli Stati Uniti hanno spiegato il forte aumento del prezzo del petrolio nella prima metà del 2008 sulla base dei fondamentali del mercato petrolifero, stante l’assenza di evidenze empiriche a dimostrazione di effetti significativi sui prezzi dovuti alla speculazione finanziaria”, … “tutte le analisi statistiche finora condotte non hanno evidenziato un rapporto di causalità tra l’aumento dei volumi delle transazioni sui mercati dei future petroliferi e la volatilità del prezzo spot”.
Insomma, sembrano confermate le nostre analisi sulla correlazione prezzi – dinamica economica – rapporto domanda - offerta di petrolio (qui) e sulla bufala del miliardo di barili virtuali (qui).
Eppure, prendendo paradossalmente a pretesto la tesi opposta di un isolato economista, il rapporto non esclude l’esistenza di bolle legate a comportamenti speculativi.
Dopo un’analisi interessante delle caratteristiche dei mercati petroliferi esistenti, lo studio passa poi ad esaminare gli scenari di evoluzione della domanda e dell’offerta di petrolio. Prendendo a riferimento il WEO 2008 dell’Agenzia internazionale per l’Energia, si afferma che “Le riserve stimate di greggio risultano ancora considerevoli e non fanno preludere ad una scarsità di risorse nel medio periodo.” Ci sarebbe solo il problema di finanziare i costi d’investimento più elevati necessari ad estrarre altri 8000 miliardi di barili disponibili tra risorse convenzionali e non convenzionali. Sembra quasi di vedere zampillare petrolio tra i fogli del rapporto.
Naturalmente, gli autori dello studio nemmeno prendono in considerazione le previsioni di ASPO sull’attualità del picco petrolifero, ma potrebbero almeno essere più prudenti aggiornando lo studio al WEO 2010 che, come abbiamo scritto di recente, ha già ridimensionato notevolmente le previsioni produttive del 2008, prendendo atto del declino dei giacimenti esistenti e da sviluppare e che le speranze future di un aumento produttivo sono ormai riservate ai costosi (dal punto di vista economico ed energetico) greggi non convenzionali e ad ambiziose quanto improbabili nuove scoperte che riescano ad invertire un trend di segno opposto ormai consolidato dagli anni ’80.
Dopo l’analisi di alcune proposte per la riduzione della volatilità dei prezzi nei mercati petroliferi, tra cui quella dell’ENI che abbiamo in passato commentato qui, e la riforma americana dei mercati petroliferi (che non ha sortito alcun effetto sulla dinamica dei prezzi) lo studio finalmente conclude con l’ipotesi che l’Italia dovrebbe proporre alla Comunità Europea, cioè la creazione di un “nuovo strumento contrattuale di lungo termine nel mercato del petrolio”.
In estrema sintesi la proposta prevede la creazione di una piattaforma regolamentata per la negoziazione di contratti standardizzati di lungo termine, aventi a oggetto il diritto alla consegna fisica di greggio, in cui un’istituzione pubblica svolga funzioni di controparte centrale in grado di offrire garanzie di lungo periodo.
In parole più semplici, si tratterebbe di creare una nuova borsa petrolifera europea (si propone l’Olanda come luogo di consegna fisica del greggio trattato), in cui un’entità pubblica (controparte centrale) si assumerebbe i rischi di contratti di lungo termine (2025 e oltre), sia dal lato della domanda, garantendo un prezzo certo di consegna del petrolio alla scadenza, sia dal lato dell’offerta, selezionando gli operatori più affidabili alla consegna e assumendo gli oneri per l’acquisto del prodotto sul mercati in caso di insolvenza del produttore di petrolio. Nell’intenzione dei proponenti, questa nuova architettura del mercato petrolifero dovrebbe consentire di dare certezza agli investimenti in nuovi progetti petroliferi disinnescando le tensioni tra domanda e offerta all’origine della volatilità dei prezzi.
A mio parere si tratta di una costruzione accademica e velleitaria, senza possibilità concrete di attuazione perché sarà sempre più difficile trovare produttori in grado di garantire contratti di così lungo termine, perché i costi a carico della collettività rischiano di essere ingenti e gli altri paesi europei hanno orientamenti del tutto divergenti da questa ipotesi. Ma soprattutto perché si cerca di aggredire il problema della disponibilità di petrolio dal lato di un’offerta sempre più rigida invece che da quello della domanda.
Bisognerebbe, in altri termini, porre in atto politiche attive per ridurre la richiesta di petrolio delle società occidentali, principalmente diminuendo la domanda di mobilità privata, che consuma più del 60% del petrolio importato. Questo consentirebbe una maggiore durata delle risorse residue e nello stesso tempo un contenimento dei prezzi non conseguente all’alternanza di cicli economici espansivi e recessivi che rischiano di caratterizzare il prossimo futuro. Ma il governo italiano non ci pensa nemmeno, preferisce irresponsabilmente dare la colpa di tutto alla speculazione finanziaria.
mercoledì 9 marzo 2011
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