sabato 13 agosto 2011

Clima, il Sudafrica ha presentato le proposte che sosterra'alla Conferenza Onu di Durban

Africa group negotiators: «Seconda fase di Kyoto, tagli del 40% delle emissioni dei Paesi ricchi, certezza sui finanziamenti»
Il Sudafrica approva la proposta per la conferenza di Durban sul cambiamento climatico‏[
12 agosto 2011

Il governo sudafricano, che ospiterà a dicembre la diciassettesima Conferenza delle parti della United Nations framework convention on climate change (Unfccc) a Durban, ha approvato la proposta di posizione negoziale.

Come ha spiegato il portavoce del governo, Jimmy Manyi, «il Gabinetto ha preso atto del documento intitolato "Key Messaging on Substantive Content Issues on the South African Position and National Interest' should be used as a position to articulate the national position and interest"».

A dire il vero non si sa nemmeno se il documento sudafricano, che avrà un forte peso almeno nell'avvio della discussione della Cop 17 Unfccc di Durban, sia stato preparato dal Department of environmental affairs (Dea) e se verrà reso pubblico prima della conferenza di Durban.

Il Sudafrica ha già detto che si impegnerà a ridurre volontariamente entro il 2020 del 34% le sue emissioni rispetto al livello" business as usual" e del 42% entro il 2025, però ponendo le condizioni degli altri Paesi emergenti e in via di sviluppo: assistenza finanziaria e tecnologica da parte dei Paesi sviluppati.

L'impressione è che i documenti preparatori di Durban e quelli usciti dalla Cop 16 Unfccc di Cancun del 2010, dovranno fare i conti con la nuova crisi economica che colpisce proprio i Paesi ricchi... e non saranno conti facili per il pianeta.

In un comunicato il Dea sudafricano sottolinea che «il Sudafrica ha recentemente preso parte ad un incontro per chiarire la posizione negoziale africana alla Cop 17». Infatti il governo di Pretoria/Tshwane sta lavorando in stretto accordo con l'Africa group negotiators (Agn), il blocco dei Paesi africani all'interno dell'Unfccc, che ha iniziato a sviluppare la "‘African Climate Platform for Durban", che dovrebbe consentire al continente più povero del pianeta di arrivare a Durban con una posizione comune. Il documento sarà presentato per l'approvazione al meeting dei ministri africani dell'ambiente che si terrà a Bamako, la capitale del Mali, il 15 e 16 settembre.

L'Agn si è riunito a Durban dal 6 al 10 agosto per affrontare i temi dei due sui due negotiation tracks nell'ambito dell'Unfccc ed ha approvato una strategia che sta sviluppando la Commissione dell'Unione Africana per implementare e governare le risposte al cambiamento climatico in atto nel Continente, «Attraverso l'attuazione concreta di azioni di adattamento e mitigazione e rafforzando le strutture per il coordinamento dei negoziati».

Il presidente dell'Agn, Tosi Mpanu-Mpanu, ha spiegato al giornale sudafricano Engineering News che «le nostre priorità sono quelle di mantenere al sicuro l'Africa attraverso un ambizioso progresso dei climate talks per attuare la Convenzione sul clima dell'Onu ed il suo Protocollo di Kyoto e di avere a Durban un risultato basato sulla scienza».

Gli africani sanno che su Kyoto si gioca gran parte della partita di Durban e non intendono perderla in casa. L'Agn sul protocollo di Kyoto ha più volte sottolineato la necessità di una leadership, esortando i Paesi sviluppati a garantirla, «assicurando che non esiste un gap tra il primo e il secondo periodo di impegno del protocollo di Kyoto». Il gruppo Africa dice che alla Cop 17 di Durban vuole «Ottenere risultati che favoriscano lo sviluppo socio-economico dell'Africa, o attraverso i risultati ambiziosi riguardanti entrambe le tracce dei negoziati sul clima per attuare la Convenzione e il suo Protocollo di Kyoto».

Dichiarazioni più che indigeste per Paesi come Usa, Giappone, Russia, Arabia Saudita e Paesi Opec che puntano a chiudere la partita di Kyoto.

Gli africani invece rilanciano e chiedono anche che siano resi operativi i presto dimenticati accordi di Cancun, non mollano sul secondo periodo di impegni del Protocollo Kyoto,inoltre chiedono la riduzioni delle emissioni per le "non-Kyoto Parties", considerate centrali per il successo della conferenza di Durban. L'Agn ha detto che «In termini di mitigazione , i Paesi sviluppati sono chiamati ad assumersi impegni di mitigazione ambiziosi di almeno il 40% per il 2013-2017 e a ridurre le loro emissioni di almeno il 95% entro il 2050, rispetto ai livelli del 1990. L' adattamento e un processo di concreta implementazione delle attività di adattamento dovrebbe essere al centro dell'accordo, riconoscendo che dovrebbe essere assicurato che dalle esigenze di adattamento e dal loro finanziamento dipendono le ambizioni di riduzione le emissioni di tutte le Part. A Durban prevediamo di definire un quadro ambizioso dell'adattamento, di sviluppare le linee guida e il supporto per i nostri Programmi nazionali di adattamento e di costruire la volontà di creare un meccanismo per compensare le perdite legate ai danni climatici».

Ma con la crisi economica-finanziaria occidentale la questione dei finanziamenti rischia di diventare ancora più ostica. I meeting dell'Agn hanno cercato di portare l'attenzione sull''opportunità di un quadro comune per i finanziamenti a breve termine, per fare chiarezza sui finanziamenti a lungo termine e sull'entità dei finanziamenti promessi ai Paesi in via di sviluppo, così come sull'operatività del Green Climate Fund e sul Finance Committee concordati a Cancun e che sembrano usciti dall'orizzonte della politica internazionale.

L'Africa è in attesa di un miglioramento significativo dei fondi promessi dai Paesi sviluppati per aiutare I Paesi in via di sviluppo ad affrontare le sfide del cambiamento climatico», ha ricordato l'Agn che terrà il suo prossimo meeting a Panama, immediatamente dopo i negoziati climatici dell'Onu che cominceranno il primo ottobre.

Alla riunione dell'Agn, organizzata a dal Dea del Sudafrica, sono attese 200 persone, compresi i rappresentati di Algeria, Angola, Botswana, Benin, Burundi, Burkina Faso, Ciad, Costa d'Avorio, Congo, Repubblica democratica del Congo, Egitto. Etiopia, Gabon, Ghana, Guinea Conakry, Lesotho, Liberia, Kenya, Malawi, Mali, Madagascar, Mauritius, Mozambici, Namibia, Nigeria, Rwanda, Sao Tome, Senegal, Sudafrica, Sudan, Swaziland, Tanzania, Togo, Uganda, Zimbabwe e Zambia.

Fonte www.greenreport.it


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