lunedì 31 gennaio 2011

Word contract on energy and climate to eradicate poverty and stop climate change

A different world is solar, a solar world is possible:

The development towards which we have been oriented so far is unsustainable from an environmental, social and economic point of view. A different world is possible if peoples’ action will be able to build another energy model. This shall be moderate, fair and democratic, not fed by fossil fuels or nuclear anymore, but rather based on energy saving and on the distributed and sustainable use of renewable resources such as sun, wind, biomass, geothermal, mini-hydro, tidal. The transition to a “light” economy requires a dual strategy in the use of energy resources: the rethinking of the means (efficiency) and a careful moderation of the ends (sufficiency).

Phase out fossil fuels is necessary because:

they are non renewable energy sources doomed to a rapid exhaustion. The main multinational oil companies forecast that from 2020 oil supply will not be sufficient to meet the growth in demand. The same phenomenon is inevitably going to occur for natural gas a decade later, in the best of hypothesis. Coal, the worst option from a climate point of view, due to its high carbon content, could last another 300 years at current consumption rates (if it would become the main energy sources it would exhaust in less than 50 years).

using them is increasingly expensive, not just because there is continuously growing demand versus fewer available resources, but also because the costs of extraction (deeper wells and more difficult to access), transport and of the externalities (environmental, climate and public health impacts) are growing higher.

their combustion causes heavy alterations of the atmosphere.

For this reason they are the cause of: wars to control and exploit the remaining ores and fields; disastrous climate change, especially for the poorer countries, less responsible and less able to defend themselves; increasing pollution of the common goods, air, water and soil; poverty, a condition in which a large part of the humanity is forced by the wasteful use of oil, coal and methane made by the planet’s rich minority (20%), which pretends to keep on doing so.

Contratto mondiale per l' energia e il clima per bandire guerre e poverta' e fermare i cambiamenti climatici

Un mondo diverso e solare: un mondo solare è possibile:

Lo sviluppo su cui ci siamo fino ad oggi orientati è insostenibile da un punto di vista ambientale, sociale ed economico. Un mondo diverso è possibile, se l’azione dei popoli saprà costruire un altro modello energetico equo e democratico, non più alimentato dai combustibili fossili e dal nucleare, ma basato sul risparmio dell’energia e sull’uso distribuito e sostenibile delle risorse rinnovabili quali sole, vento, biomasse, geotermia, mini idroelettrico e maree.

La transizione ad unèeconomia èleggeraè nellèuso delle risorse energetiche richiede una duplice strategia: la reinvenzione dei mezzi (efficienza) e una prudente moderazione dei fini (sufficienza).

Uscire dai combustibili fossili è necessario perchè:

si tratta di risorse non rinnovabili, destinate ad un rapido esaurimento. Le principali compagnie petrolifere prevedono che, dal 2020, lèofferta di petrolio non potrè piè coprire la crescita della domanda. Lo stesso fenomeno è destinato a presentarsi per il gas, nella migliore delle ipotesi, un decennio dopo. Il carbone, che dal punto di vista climatico è lèopzione peggiore, a causa del suo alto contenuto di carbonio, agli attuali consumi, potrebbe durare fino a 300 anni (se diventasse la principale fonte di energia si esaurirebbe in meno di 50 anni).

sono risorse dallèutilizzo sempre piè costoso, non solo perchè ad una domanda in crescita corrispondono sempre meno risorse disponibili, ma anche perchè sono sempre piè elevati i costi di estrazione (pozzi piè profondi e di difficile accesso) di trasporto e delle èesternalitè (danni ambientali, climatici e sulla salute pubblica)

la loro combustione provoca gravi alterazioni allèatmosfera.

Per queste ragioni queste fonti di energia sono causa di guerre, per il controllo e lo sfruttamento dei giacimenti rimasti; mutamenti climatici disastrosi, che colpiscono soprattutto i paesi poveri meno responsabili delle emissioni climalteranti e con minori possibilitè di difesa; inquinamento crescente dei beni comuni aria acqua e suolo; povertè per gran parte dellèumanitè, poichè lèaccaparramento da parte di pochi delle risorse esclude intrinsecamente la disponibilitè per tutti.

Contrat mondial sur l' energie et le climate pour bannir la pauvrete' et pour stopper les changements climatiques

Un autre monde est solaire, un monde solaire est possible :

Le développement vers lequel nous nous sommes orientés jusqu’à présent est insoutenable d’un point de vue de l’environnement, d’un point de vue social et économique. Un monde différent est possible si l’action des peuples saura construire un autre modèle énergétique équitable et démocratique qui ne soit pas basé sur l’économie d’énergie et qui fasse recours, de façon soutenable et équitable aux ressources renouvelables telles que le soleil, le vent, les biomasses, la géothermie, les marées et le système mini-hydroélectrique. La transition vers une économie « légère » pour ce qui est de l’emploi des ressources énergétiques requiert une double stratégie : la réinvention des moyens (efficacité) et une prudente modération des objectifs (suffisance)



Il faut sortir des combustibles fossiles car :

il s’agit de ressources non renouvelables, destinées à un épuisement rapide. Les principales compagnies pétrolières prévoient que, dès l’an 2020, l’offre du pétrole ne pourra plus couvrir la croissance de la demande. Le meme phénomène, dans la meilleure des hypothèses, est destiné à se répéter une décennie plus tard pour le gaz. Le charbon, qui du point de vue climatique est la pire des options à cause de son contenu élevé en carbone, pourrait, compte tenu de la consommation actuelle durer encore 300 ans (à condition qu’il ne devienne pas la principale source d’énergie, sinon il pourrait s’épuiser en moins de 50 ans).

Il s’agit de resources toujours plus couteuses, non seulement parce que, face à une demande accrue correspondent toujours moins de ressources disponibles, mais aussi parce que les couts d’extraction (puits plus profonds et d’accès difficile), les couts du transport et des « facteurs externes » (dommages sur l’environnement, le climat et sur la santé publique) sont toujours plus élevés.

Leur combustion provoque de graves altérations dans l’atmosphère.

Pour ces raisons ces sources d’énergie sont à l’origine de guerres

en vue de contrôler et d’exploiter les gisements restants ; de mutations climatiques désastreuses qui frappent surtout les pays pauvres, les moins responsables du changement de climat et ceux qui ont moins de possibilités de se défendre ; de pollution croisssante des biens communs, à savoir l’air, l’eau, le sol ; de la pauvreté pour une grande partie de l’humanité car la nécessité de controler les ressources lui en interdit l’accès.

domenica 30 gennaio 2011

N.34 dell' Osservatorio settimanale sulle tendenze della questione energetica

Petrolio
In settimana prezzo in discesa e forbice ampia tra petrolio Brent (mercato europeo) e WTI. Venerdi' ,con le notizie dall' Egitto, impennata, con il Brent che arriva quasi a 100 $/b e ripiega poi attorno ai 97 $/b, il WTI sfiora di nuovo i 90 $/b. Ansia per le quotazioni di lunedi' 31 gennaio dopo due giorni di tensioni in Egitto e mercati chiusi per fine settimana, Il Sole24ore di domenica teme addirittura un nuovo shock petrolifero come conseguenza delle rivolte popolari arabe.

Altri indicatori economici
La crisi egiziana rafforza il dollaro e indebolisce le borse. L' Europa subira' quindi un nuovo indebolimento dell' euro in un momento di crescita delle quotazioni petrolifere. L' euro debole e il petrolio in ascesa sono tendenze di medio periodo e i momenti critici, anche se eccezionali o momentanei, sono per questo particolarmente pesanti.

Fotovoltaico italiano
Da circa tre mesi ho riportato nel mio Osservatorio i dati sulle incentivazioni del conto energia e le previsioni mie ,del Gse e di Qualenergia, la testata piu' competente in questo campo; le previsioni oscillavanno tra 2500 MW e 3.000 MW, anche se negli ultimi numeri del mio Osservatorio non avevo escluso sorprese clamorose. Questa settimana le sorprese sono arrivate, anche se io le ho definite piuttosto annunciate ed ho parlato spesso negli ultimi sei mesi di settore fotovoltaico super impegnato .
Il Gse ha annunciato 3000 MW allacciati nel 2010 e incentivati, e 4000 MW installati nel 2010, allacciati nel 2011,che hanno chiesto di usufruire della legge 129/2010 che appunto consente a chi e' in questa situazione di avere gli incentivi validi fino al 2010.
Ha fatto stime un po' azzardate ed anche il bravissimo Nicola Cipolla e' stato indotto in errore e ha scritto sul Manifesto di ieri di 7000 MW installati nel 2010.
Il Gse ha detto di 2800 MW allacciati nel 2010 e gia' incentivati che diventeranno alla fine 3000 MW; e ha dato per scontato che le domande per 4000 MW di impianti installati nel 2010 e allacciati nel 2011 arriveranno tutte alla fine del loro iter.
In realta' la potenza allacciata nel 2010 risultera' molto piu' alta, questi impianti hanno 60 giorni di tempo per fare la domanda di incentivo e quindi il GSE non avra' dati certi fino ai primi di marzo. Oggi 30 gennaio la potenza allacciata 2010 e gia' incentivata e' arrivata a 2910 MW: La stima di 3000 MW allacciati 2010 risultera' molto sottostimata e anche calcolata in modo troppo superficiale.
I 4000 MW che hanno chiesto di usufruire della 129/2010 potrebbero arrivare alla fine dell' iter, l' attivazione della convenzione per gli incentivi, in numero molto inferiore. Per esempio per il conto energia 2005-2006 sono state fatte domande per 12.000 impianti e una potenza di 387 MW e sono attivi solo 5.000 impianti per 164 MW.

NB. Per impianti installati si indicano gli impianti che hanno inviato la dichiarazione di fine lavori, impianti allacciati sono quelli gia' in funzione. La legge 129/2010 consente agli impianti installati nel 2010 ma che entreranno in funzione nei primi sei mesi del 2011 di usufruire ugualmente degli incentivi in vigore fino al 2010.

sabato 29 gennaio 2011

Per un' area euromediterranea denuclearizzata e per una rete internazionale di "Ambasciate di Pace"

L'ultima conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione nucleare - TNP (maggio 2010) si è conclusa con un documento finale che include un punto , a nostro giudizio, di grande importanza: impegna l'ONU a tenere nel 2012 una "conferenza iniziale", cui partecipino sia l'Iran che Israele, sulla creazione di una zona libera da armi di distruzione di massa in Medio Oriente, e dà mandato al Segretario generale dell'ONU di nominare un "facilitatore" per favorire la realizzazione di una tale zona denuclearizzata.

La visione del presidente USA Obama di "un mondo senza armi nucleari", pur tra contraddizioni ed ambiguità, può in questo modo continuare il suo cammino e noi, amiche ed amici della pace e della nonviolenza, possiamo interpretarla e supportarla dal basso nel senso di una denuclearizzazione complessiva, sia militare che civile, sulla strada di un necessario disarmo totale.

A tale scopo sarà nostra preoccupazione, di donne e uomini attivi nel contrasto e nella prevenzione di ogni guerra, lavorare, dall'Italia, a sensibilizzare la WRI, l'IFOR, i movimenti antimilitaristi e pacifisti internazionali ed altre ONG. Obiettivo: coinvolgere l'ECOSOC in una conferenza parallela della società civile per un'area euromediterranea denuclearizzata da preparare con la costruzione di una Rete internazionale di "Ambasciate di Pace".

La denuclearizzazione, intesa come disarmo ed insieme come chiusura delle centrali elettronucleari, è un obiettivo che perseguiamo ovunque e comunque, convinti come siamo che atti di disarmo unilaterale siano primi passi indispensabili nella costruzione di un mondo più giusto e felice, tendente alla "violenza zero" anche nei confronti dei cicli naturali.

Questo percorso lo giudichiamo decisivo per contribuire ad attenuare e risolvere, facendo ricorso al metodo della nonviolenza attiva, attriti e conflitti nell'area, a partire da quello israelo-palestinese, oggi pesantemente condizionato dal contenzioso tra Tel Aviv e Teheran.

Riteniamo infine necessario sostenere un cambiamento laico e democratico nel mondo arabo, di fronte alle spontanee rivolte popolari che in questi giorni stanno mettendo in discussione regimi iniqui, corrotti, autoritari, subalterni ad interessi stranieri.

Da Alfonso Navarra, obiettore alle spese militari,

venerdì 28 gennaio 2011

Nigeria, l' Eni paga 30 milioni

Trovato l’accordo con le autorità di Abuja per la mega tangente di 182 milioni di dollari versata a politici locali dal gruppo Tskj, di cui faceva parte anche il gigante italiano. Evitato il processo. Che continua, invece, in Italia. Quella somma si aggiunge ai 365 milioni che l’Eni deve pagare, per la stessa vicenda, negli Usa.

Per mettere a tacere ogni scandalo, Snamprogetti Netherlands, che fa capo a Saipem del gruppo Eni, ha deciso di chiudere la partita giudiziaria in Nigeria, mettendo sul tavolo della procura di Abuja 30 milioni di dollari, più 2,5 milioni per il rimborso spese e per costi legali sostenuti dal governo del paese africano.

Spese che saranno rimborsate a Saipem dallo stesso cane a sei zampe, affinchè quei costi non vadano ad impattare sui bilanci della controllata.

La vicenda tacitata così lautamente ha nel suo cuore un gigantesco caso di corruzione internazionale. La compagnia di Paolo Scaroni ha fatto parte dal 1994 al 2004 di un consorzio (Tskj) guidato dall'americana Halliburton e composto da quattro multinazionali - oltre alla compagnia texana e al gruppo italiano, dalla giapponese Jgc e dalla francese Technip - il quale avrebbe versato 182 milioni di dollari in tangenti per corrompere politici e alti funzionari nigeriani con lo scopo di aggiudicarsi l'autorizzazione a costruire impianti di liquefazione di gas. I benefici dell'operazione si sarebbero aggirati intorno ai 6-7 miliardi di dollari.

In Nigeria, per questa vicenda, è finito in carcere anche il direttore di operazioni di Saipem, l'italiano Giuseppe Surace. Il 25 novembre 2010, l'EFCC, la Commissione per i crimini economici e finanziari della Nigeria, ha autorizzato la perquisizione degli edifici della Halliburton a Lagos. In questa occasione sono stati arrestati dieci impiegati e due direttori, così come il già citato amministratore delegato della Saipem, e il suo omologo francese della Technip.

Una tangente per la quale l'Eni ha dovuto aprire i cordoni della borsa anche negli Stati Uniti. L'holding di Scaroni dovrà infatti versare una multa complessiva di 365 milioni di dollari all'amministrazione americana () per porre fine all'azione penale portata avanti dal dipartimento della giustizia statunitense, visto che quel caso di corruzione ha violato anche alcune nomative previste dalla legislazione Usa.

Se in Nigeria e negli Stati Uniti, le autorità giudiziarie si sono accontentate del risarcimento milionario, non altrettanto sta accadendo in Italia. Per la medesima ipotesi di corruzione, infatti, nell'udienza preliminare del processo in corso a Milano, ieri il pm Fabio De Pasquale ha ribadito le richieste di rinvio a giudizio per cinque persone fisiche. Le quali sono indagate per corruzione internazionale, mentre Saipem è indagata per l'ipotesi di aver violato la legge 231 sulla responsabilità delle aziende.

La prossima udienza è stata fissata per il 30 dicembre, nella quale il giudice Simone Luerti scioglierà le riserve sulle eccezioni presentate dalle difese, mentre in quella successiva, il 12 gennaio, potrebbe decidere sul rinvio a giudizio.

Ma in Nigeria, l'Eni deve fronteggiare anche un'altra accusa. Questa volta l'ha presentata, in settembre, una ong internazionale, l'Environmental Earth Right Action, che ha pubblicato il rapporto di una spedizione sul campo nel quale si documenta un nuovo sversamento di petrolio dagli oleodotti dell'Agip in Nigeria. L'inquinamento ambientale e il suo risarcimento da parte delle multinazionali dell'oro nero restano uno snodo ancora irrisolto.

L'Africa, comunque, rappresenta per il gruppo Eni il 52% della sua produzione mondiale. Lo ha confermato in un'intervista a Jeune Afrique lo stesso amministratore delegato Paolo Scaroni. Il quale ha dichiarato che il continente «è la chiave della nostra crescita futura» e che la sua società investirà in Africa 14,5 miliardi nei prossimi 4 anni. Non si tratta soltanto di investimenti nel Nord Africa (Algeria, Libia ed Egitto), dove il gruppo opera da decenni, o dell'Angola, che è divenuta una ricca miniera di denaro. L'Eni ha deciso di investire anche in Togo, paese trascurato da altri gruppi.

Nigrizia - 21/12/2010

Petrolio, prezzo in discesa e forbice tra Brent WTI

Non vi date pace, finché non saprete il perché continuerete a dannarvi qui nei commenti. Perché il prezzo è sceso, così all'improvviso? Perché questa forbice di prezzo con il Brent?

Beh, qualche ipotesi possiamo cominciare a tentarla. Ad esempio, l'OPEC ha appena annunciato che nel 2011 potrebbe aumentare la produzione fino ad incontrare quel 2% di aumento della domanda previsto per l'anno in corso. Al Naimi, il ministro saudita, ha anche aggiunto che si aspetta che il prezzo nel 2011 resti attorno agli 80$ al barile, e non si ripeta il rally verso i 100$. Tutti hanno salutato con sollievo tale annuncio, ed il prezzo ha reagito di conseguenza. Non possiamo aspettarci che i mercati vadano a studiarsi i dati di produzione o che leggano TOD: si fidano degli annunci OPEC. Anche se non è la prima volta che OPEC "annuncia" aumenti di produzione che poi NON realizza (Qui abbondanza di vecchi post in proposito-qui un significativo post).

E per quanto riguarda la forbice WTI-Brent? Pare che sia dovuta ad un surplus di produzione canadese -a ovest- contrapposto ad un aumento della domanda cinese -a est-. E siccome ancora non hanno inventato un sistema per vendere il petrolio canadese ai cinesi (ma abbiate fede), ecco che il tutto si ripercuote sui prezzi.

dal Blog Petrolio di Debora Billi

giovedì 27 gennaio 2011

Si allarga la forbice del prezzo tra petrolio Brent(mercato europeo) e WTI.

Il mercato petrolifero è convulso e confuso, con Brent e Wti che sembrano avere vite separate. Il riferimento europeo, salito ieri a 97,91 dollari al barile (+2,8%), vale ormai oltre 10 $ più del greggio americano: il differenziale più alto da due anni a questa parte.
In dicembre si era al picco della domanda invernale. Ora si avvicinano, anticipate, le manutenzioni di molte raffinerie, in special modo in Europa. L'unico mercato che registra una solida domanda è comunque quello orientale, con i consumi cinesi stimati in crescita nell'ordine del 10 per cento. Qualche timido segnale di ripresa si osserva negli Stati Uniti, ma in Europa la domanda di prodotti finiti ristagna, I margini sono stati praticamente nulli fino alla scorsa settimana e si attendono nuove chiusure definitive di raffinerie, anche in Italia, come dichiarato dal presidente dell'Unione petrolifera, Pasquale De Vita.
La salita più marcata del Brent ha avuto il risultato di chiudere l'arbitraggio dei greggi da Mare del Nord, West Africa e Nord Africa verso Usa e Far East. Il differenziale è a tal punto invertito che verso il mercato europeo fanno capolino qualità di greggio sudamericane (colombiane, venezuelane e messicani), con i differenziali di qualità sotto forte pressione perché la domanda non permette di assorbire neanche le qualità "locali".
Ieri nemmeno la pubblicazione di dati ribassisti sulle scorte Usa (+4,8 milioni di barili per il greggio, +2,4 per le benzine e -0,14 mb per i distillati) è riuscita a provocare reazioni negative sui prezzi. Sono le agende dei grandi traders a dare la cadenza ai prezzi. Nel breve termine la scommessa è sullo spread Brent-Wti (JpMorgan ne ha teorizzato un allargamento smisurato) e ad alimentarla ci sono le scorte di Wti a Cushing, salite la settimana scorsa di 800mila barili a 37 milioni, ma ancora ben lontane dal limite di 44 milioni di capacità. In passato si era però arrivati al "tutto pieno" senza che lo spread si allargasse così tanto.
Sempre nel breve termine, ma sul fisico, è protagonista la Hetco (Hess Trading) che nelle catene di Forties si è accaparrata almeno 9 carichi per consegna febbraio (ieri girava voce di ulteriori 2 carichi). L'obiettivo era far salire il Brent a pronti (sicuramente le posizioni "di carta" erano più abbondanti della disponibilità fisica), per poi offrire Brent a differenziali calanti, fino a 70 cents di sconto.


Prezzi assoluti in salita, margini in sofferenza e competizione di greggi da altre aree di mercato hanno eroso i differenziali in Europa. Il riferimento sour Ural è crollato a -3,60 $/bbl sul Brent. La prossima settimana i listini per marzo di sauditi, iraniani ed iracheni sono attesi in ribasso di almeno 1 $/bbl rispetto a febbraio. Particolarmente critica la situazione delle qualità pesanti, con domanda praticamente nulla di bitumi, ed il nuovo listino del siriano pesante Souedie a 9,25 $/bbl di sconto sul Brent, vicino ai minimi storici.
Difficile fare previsioni quando i fondamentali non contano più nella definizione dei prezzi. La proposta Volcker per limitare l'impatto della finanza Usa sui mercati a termine prende ancora tempo ed è nel mirino dell'opposizione repubblicana che protegge Wall Street. Anche in Europa si guarda con preoccupazione alla distorsione dei prezzi delle materie prima e il presidente francese Sarkozy è solo l'ultimo in ordine di tempo a sottolinearlo.


Fonte www.sole24ore.com

martedì 25 gennaio 2011

Le sorprese annunciate del fotovoltaico italiano

Riporto questo articolo da greenreport.it che spiega quanta potenza fotovoltaica e' stata incentivata finora e quanta ha chiesto di usufruire della legge 129/2010, legge che permette agli impianti ultimati nel 2010 ma non ancora allacciati alla rete, di allacciarsi entro il 30 giugno 2011 e avere gli incentivi in vigore per gli impianti installati fino al 31 dicembre 2010.

La potenza gia' incentivata e' 2.800 MW. La potenza per la quale e' stata chiesto di usufruire della legge 129/2010 e' 4.000 MW. Probabilmente una parte di questi impianti ha fatto la richiesta di usufruire della 129/2010, richiesta che poteva essere fatta dal 1 al 31 dicembre 2010, ma non e' riuscita a ultimare i lavori o non riuscira' ad effetture gli allacci nei tempi previsti, quindi azzardo una mia previsione: usufruiranno dei primo e secondo conto energia impianti per una potenza totale di 5.000/6000 MW. Un esperto della Confindustria ha ipotizzato 6.000 MW incentivati e questa affermazione, che ho sentito prima di leggere l' articolo che segue, mi aveva colpito.

Riporto di seguito una tabella che indica le diverse previsioni che sono state fatte per il fotovoltaico italiano e quanto queste siano state sottostimate, e' necessario quindi, era gia' evidente ma ora e' dimostrato in modo clamoroso, cambiare il modo di prevedere gli sviluppi futuri.

Conto energia del 2005 previsione/obiettivo 500 MW nel 2015 (potenza totale in Italia)

Conto energia del 2006 previsione/obiettivo 1.000 MW nel 2015

Conto energia del 2007 previsione/obiettivo 3.000 Mw nel 2016

Obiettivo/Previsione ufficiale per il 2020 8.000 MW

Potenza gia' incentivata al 25 gennaio 2011 2.800 MW

Potenza che ha chiesto la 129/2010 4.000 MW

La 129/2010 permette incentivi del II C.E (2007) per impianti ultimati nel 2010 ma allacciati alla rete dal 1 gennaio al 30 giugno 2011.

Stima prudente di potenza incentivata con I e II C.E.(impianti installati entro 2010) 5.000/6000 MW

Nei prossimi 10 anni saranno installati quindi solo 2.000 MW di potenza totale per arrivare nel 2020 all' obiettivo di 8.000 MW incentivati ? No, e' evidente che saranno molti di piu', di conseguenza e' necessario rivedere subito le stime e soprattuto il modo di calcolarle.
Marcopa

da greenreport
Fotovoltaico: nel 2011 già raggiunto il target che il Piano di azione nazionale ha previsto per il 2020?

FIRENZE. Il Gestore servizi energetici conferma l'exploit del solare registrato nell'anno 2010. La potenza complessiva degli impianti fotovoltaici in esercizio, che a oggi hanno fatto domanda di ammissione agli incentivi è pari a 2.800 MW su oltre 140.000 impianti. Inoltre, considerando le domande relative all'anno scorso che continueranno ad arrivare al gestore entro fine febbraio, è stato stimato che la potenza complessiva a fine 2010 potrebbe aver raggiunto il valore di 3.000 MW su 150.000 impianti.

La notizia è stata resa nota dal Gse durante un'audizione davanti alla X Commissione del Senato nell'ambito dell'acquisizione dei pareri relativi allo schema di Decreto legislativo, approvato lo scorso 30 novembre dal Consiglio dei Ministri, che recepisce la Direttiva 28/2009 CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili. Quindi la nuova potenza fotovoltaica installata nel 2010 sarebbe pari a 1.850 MW, con un incremento del 160% rispetto alla potenza entrata in esercizio nell'anno precedente (711 MW). Inoltre il Gestore servizi energetici ha fatto sapere che gli sono pervenute comunicazioni per circa 55.000 ulteriori impianti per una potenza di 4.000 MW, in aggiunta agli impianti in esercizio sopra citati, a seguito della legge 129/2010 che prevede di riconoscere le tariffe 2010 agli impianti fotovoltaici che entreranno in esercizio entro giugno 2011 purché abbiano comunicato la fine dei lavori entro il 31 dicembre 2010.

Complessivamente quindi «la potenza complessiva degli impianti installati, se pure non ancora tutti collegati alla rete elettrica, potrebbe essere pari, a fine 2010, a 7.000 MW su 200.000 impianti contro i 1.142 MW di fine 2009 e nel corso del 2011 potrebbe essere già raggiunto il target di 8.000 MW che il Piano di azione nazionale sulle fonti rinnovabili ha previsto per l'anno 2020 per gli impianti fotovoltaici» ha concluso il Gse.

Fonte www.greenreport.it

Appunti volanti sull' incontro in CGIL con Rifkin

Ieri pomeriggio sono andato ad ascoltare l' incontro promosso dall' Associazione B.Trentin e dalla CGIL. Ho preso moltissimi appunti che non ho pero' ancora avuto modo di rivedere. Qualche posizione e' stata espressa con chiarezza e la riporto subito.
La CGIL nella relazione introduttiva all' incontro ha annunciato la sua contrarieta' al nucleare e il suo impegno a favore delle rinnovabili. E' stato citato l' appello del Kyotoclub, firmato da molti imprenditori, che ho riportato qualche settimana fa' su CDC e l' impegno di questo sindacato nella raccolta di firme per la legge di iniziativa popolare per una energia pulita. Questa proposta, promossa da un comitato dove sono presenti persone dell' area di sinistra (SeL, Forumambientalista, Prc, singoli), e' stata depositata in Parlamento con 100.000 firme autenticate. Questo impegno e' stato definito dalla CGIL strategico e sara' svolto a tutti i livelli, nazionale e locale.
E' stato detto da molti che il settore trasporti e' forse il settore dove l' energia pulita e' piu' difficile. Ciascuno lo ha detto a modo suo. Quindi trasporto merci su ferro invece che su gomma, trasporto collettivo pubblico ,penalizzato invece dal governo nelle ultime misure finanziarie, necessita' di sostituire con motori elettrici i motori alimentati da fonti fossili (e' stato detto che la Fiat non e' interessata a questo, per Marchionne e' piu' importante diminuire le pause degli operai ). Rifkin ha parlato di picco petrolifero, di ripresa economica impossibile perche', se questa arrivasse ,il prezzo del petrolio andrebbe fuori controllo; ha attribuito all' aumento dei prezzi dei fossili la causa maggiore della grande crisi, ha parlato di riscaldamento climatico che mette a rischio la nostra specie.Questo taglio alla questione energetica non e' poi stato ripreso da tutti, la Confindustria ha parlato soprattutto di prezzo dell' energia, anche se il suo intervento e' stato interessante con la citazione di un loro studio sull' efficienza energetica molto piu' vantaggiosa per l' Italia rispetto agli incentivi pubblici per l' energia rinnovabile.
Altri singoli spunti sono stati interessanti e da rivedere. Curioso l' atteggiamento del coordinatore del dibattito , un simpatico giornalista del Sole24ore, Caravita, che pero' non ha coordinato ma commentato ogni singolo intervento da quello di Rifkin a Epifani, da Errani (governatore dell' Emilia-Romagna e portavoce di tutte le regioni) al presidente dell' Abi. Non tutte le sue opinioni sono state condivise...Susanna Camusso nelle sue conclusioni, a proposito di Termini Imerese ha definito leggende quello da lui affermato in uno dei suoi stacchi. Cioe' che la Fiat ha chiuso Termini Imerese perche' il costo dell' energia era troppo alto. La Camusso ha replicato che la Fiat ha motivato la chiusura della fabbrica con gli alti costi sostenuti per fare arrivare alcuni pezzi per l' assemblaggio delle auto dal centro Italia. Nello stesso momento decideva di fare arrivare da Detroit alcuni componenti da assemblare in Italia.
Altra cosa curiosa, Epifani si e' detto d' accordo con il piano della Confindustria, la Confindustria si e' pronunciata per un mix di energie comprendente il nucleare e ha criticato gli incentivi per il fotovoltaico,l ' introduzione della CGIL si e' schierata nettamente contro il nucleare e per le rinnovabili. Tutti d' accordo invece sul fatto che il futuro dipenda piu' da queste scelte che da Ruby o dalla Minetti.

lunedì 24 gennaio 2011

Roma, convegno Kyoto Club "100% rinnovabili. la sfida per le energie verdi entro il 2050"

16 Febbraio 2011
ore 9,30 - 13

Il convegno annuale del Kyoto Club organizzato in occasione del VI anniversario dell’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto si svolgerà presso la Sala della Protomoteca del Campidoglio. Roma

Con il patrocinio del Comune di Roma e del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare

Da due anni si investe più in energie rinnovabili che in fonti fossili. Nel 2009 in Europa e negli USA nel settore elettrico vi è stato più installato da fonti rinnovabili che da tutte le altre. L’Italia si appresta a coprire con le rinnovabili poco meno di un terzo della domanda elettrica al 2020 secondo il Piano Nazionale d’Azione delle fonti rinnovabili presentato dal Governo nel giugno 2010.

Ultimamente sono stati pubblicati diversi rapporti autorevoli che mirano a verificare la possibilità di riuscire a soddisfare con l’energia verde il 100% di tutta la domanda elettrica in Europa entro la metà del secolo.
Quali sono le possibilità dell’Italia?

Partendo dalla pubblicazione di questi rapporti, il convegno si pone l’obiettivo di fare il punto sulle analoghe possibilità del nostro paese attraverso l’analisi dei vari scenari della produzione elettrica da fonti rinnovabili, valutandone gli aspetti economico-finanziari e il possibile ruolo delle amministrazioni locali.

PROGRAMMA

Presiede: Catia Bastioli (CEO Novamont S.p.A. - Presidente Kyoto Club)
09:30 – 09:45 Gianni Alemanno (Sindaco di Roma)*

09:45 – 10:30
Gli scenari 100% rinnovabili per l’Unione europea

Paolo Frankl - International Energy Agency (IEA) - Responsabile Unità Energia Rinnovabile*
Gianni Silvestrini, Direttore scientifico Kyoto Club

10:30 – 12:45
Le prospettive per l’Italia ed il punto di vista delle imprese

Paolo Romani (Ministro dello Sviluppo Economico)*
Corrado Clini (Direttore generale per lo sviluppo sostenibile, il clima e l’energia - Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare)
Massimo Orlandi (Amministratore Delegato – Sorgenia spa)*
Francesco Starace (Amministratore Delegato – Enel Green Power)*
Giuseppe Sofia (Amministratore Delegato – Conergy Italia spa)
Michele Governatori (Direttore Affari Istituzionali e Regolamentari – EGL Italia)
Walter Righini (Presidente – FIPER – Federazione Italiana dei Produttori di Energia da Fonti Rinnovabili)

Domande e interventi dal pubblico

Conclusioni: Stefania Prestigiacomo (Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare)*

* in attesa di conferma

Per informazioni e iscrizioni:
Iliana Pinardi: i.pinardi@kyotoclub.org

domenica 23 gennaio 2011

Bolivia, il successo del fotovoltaico nelle aree rurali

80.000 impianti fotovoltaici a isola, moltissimi nelle zone di difficile accesso.

" A-ga-bi-to ": risuona nella valle il coro, intanto che in lontananza, in camicia bianca e pantaloni scuri, compare Agabito Pardo. D' intorno, si offrono allo sguardo i fazzoletti di terra su cui gli abitanti dell' area, per cui l' agricoltura rappresenta la principale fonte di reddito, coltivano mais e cereali. Nel piccolo centro di Quebrada Honda, sulle Ande boliviane, sono una quarantina le fattorie in cui ogni famiglia possiede appena tre o quattro semplici monolocali a casupola, con dentro letti spartani a doghe ricoperte di pelli. Ma a volte, si trovano persino un tavolo, una sedia e magari una macchina da cucire o un altarino domestico.
La cucina e' isolata dal resto dell' abitazione, anche in casa di Agabito Pardo, che sceso dal costone della montagna saluta gli ospiti e mostra l' oggetto che negli ultimi mesi gli ha cambiato la vita: un sistema fotovoltaico. Il modulo da 50 watt e' installato su un traliccio metallico che sembra innalzarlo oltre i tetti delle case circostanti, collegato tramite un paio di cavi alle travi dei soffitti sia della stanza da letto che del soggiorno, da cui pendono lampadine che si accendono con gli interruttori piazzati in prossimita' delle porte d' ingresso e sotto ciascun pulsante, si colloca un accumulatore grande quanto una cassa. La famiglia dispone ora delle prese che le occorrono per caricare le batterie per la radio e solo quella per i telefoni cellulari e' reimasta finora inutilizzata.
Se quasi due terzi dei residenti possiedono un sistema fotovoltaico a isola, anche gli altri vorrebbero averne uno, ma sembra che non abbiano i soldi, racconta Agabito. Tra i fortunati che hanno accesso alla corrente elettrica c'e' anche Demetrio Garcia, che scatta dalla fattoria verso una posizione elevata per mostrare meglio dall' alto agli ospiti il suo impianto. Per lui la cosa piu' importante e' la luce elettrica: "La sera, i bambini possono leggere e mia moglie puo' continuare a lavorare" racconta. Fino d oggi, dopo il tramonto, la famiglia non era vissuta nell' oscurita' totale, ma l' unica alternativa disponibile era rappresentata dalle lampade a kerosene, che emanano una luce fioca e un puzzo disgustoso e acre, costringendo il capofamiglia a procurarsi con difficolta' il combustibile, spingendosi fino a Cochabamba, per fare rifornimento, con un tragitto di andata e ritorno che richiede almeno un giorno. In moneta locale, il viaggio gli costava una ventina di boliviani (un paio di euro). L' impianto fotovoltaico a lui personalmente e' costato il corrispondente di circa 36 euro, in un unica soluzione di pagamento, una somma che la famiglia dovrebbe riuscire a recuperare gia' entro l' anno: "Noi abbiamo bisogno della luce" spiega il contadino.
La Bolivia e' lo stato piu' povero del Sudamerica e il numero di abitanti ancora privi di accesso alla rete elettrica si e' fortemente abbassato negli ultimi anni, ma rimane ancora elevato. Secondo una statistica di fonte governativa, nel 2006, un boliviano su tre viveva ancora senza elettricita'. Ma la rivista "Reporte Energia" ha appena pubblicato dei dati piu' recenti, secondo i quali, nel 2009, la fornitura di corrente avrebbe raggiunto l'82% della popolazione. Sono soprattutto gli abitanti delle campagne a doversela cavare senza corrente, anche quando vivono vicini a una linea elettrica: a molti mancano semplicemente i soldi per l' allaccio.
Ma a questa carenza si dovrebbe mettere presto rimedio: la nuova costituzione boliviana, approvata lo scorso anno, riconosce a ogni abitante il diritto ad un approvigionamento di base costituito da acqua potabile, scarico dei reflui domestici, gas, servizi postali e telecomunicazioni, elettricita'. Il teso prevede inoltre che lo stato si assuma la responsabilita' del rispetto di tali diritti.
Per quanto riguarda l' energia elettrica, la fornitura dovrebbe essere garantita nell' ambito del programma "Electricidad para vivir con dignidad ", il progetto statale che si propone di completare l' elettrificazione nazionale entro il 2025. Oggi come in passato, il fotovoltaico svolge un ruolo decisivo nel processo di approvigionamento della corrente elettrica per gli abitanti delle campagne.
Testimone dell' intero processo e' Miguel Fernandez Fuente, ingegnere elettrico che nei primi anni '90, lavorando per l' Universita' "San Simon" di Cochabamba, avvio' il dibattito sull' utilita' del fotovoltaico: "Si manifestava una forte resistenza all' introduzione di questa tecnologia" egli ricorda. Allora, il fotovoltaico era ancora consideratouna fonte di energia di serie B e tra i tecnici in molti non lo prendevano sul serio. I primi impianti furono quindi realizzati proprio per dimostrarne il valore. "All' inizio non ci interessavamo molto ai costi" rievoca Fuente. Nel 1993, un gruppo di specialisti locali fondo' Energetica, l' organizzazione non governativa di cui egli e' oggi presidente. Grazie alle sovvenzioni di istituzioni straniere, furono realizzati alcuni progetti pilota. Da allora, la Ong e' cresciuta, ha raggiunto i 27 dipendenti e oggi puo' vantarsi di aver promosso tutta una serie di progetti fotovoltaici e di essersi guadagnata una buona reputazione che travalica i confini nazionali. "E' evidente che gli abitanti delle campagne hanno bisogno di energia " afferma l' ingegnere, ma l' elettrificazione rurale e' tutt' altro che semplice.
Quando l' impresa avvio' l' attivita' mancavano informazioni sulle aree rurali, mancavano le offerte e anche gli installatori. Siccome e' davvero raro che un contadino boliviano possa pagare di tasca propria un sistema ad isola, a fondamento di ogni progetto era e rimane l' individuazione di un finanziatore. L' organizzazione boliviana ha gia' collaborato con numerose istituzioni straniere: i governi olandese e francese e la Commissione Europea: " Procediamo di progetto in progetto e non abbiamo una base stabile di finanziamenti". Quando si trova un patner e' necessario assicurarsi che i potenziali gestori possano pagare la propria quota di partecipazione all' impianto. A questo punto, insorgeva l' ostacolo successivo, perche' un tempo non c'era la possibilita' del microcredito: "Quando e' disponibile, il credito serve a consentire ai contadini di acquistare le sementi, raccogliere i frutti dei campi e venderli per poter ripagare il debito."
La corrente elettrica prodotta dagli impianti fotovoltaici invece non viene venduta e alla fine del processo non esiste un "prodotto" convenzionale che possa essere utilizzato per ripagare il credito. La Ong dovertte quindi adoperarsi in un intensa opera di convincimento per diffondere l' idea che i costi potessero essere abbassati e quindi che il mutuo potesse essere ripagato dal risparmio. "Fu grazie ai progetti, che venne introdotto il microcredito per gli impianti fotovoltaici" spiega Fernandez. Risolti gli aspetti finanziari, i dipendennti della Ong si mettono in contatto con i comuni e con i residenti delle aree rurali che alcuni casi hanno gia' manifestato il proprio interessamento o altrimenti pubblicizzano in prima persona la produzione ecologica di energia elettrica. Se si accerta che uno dei soggetti coinvolti non e' in grado di coprire la propria quota individuale dell' investimento, gli si offre una riduzione. La fase preparatoria che precede l' inizio dei lavori per l' installazione dell' impianto dura circa un anno. L' organizzazione, che un tempo si occupava spesso direttamente delle installazioni, oggi puo' cedere il lavoro a terzi, essendo state fondate diverse ditte installatrici con cui ha avviato una collaborazione continuativa.

Questo testo e' tratto dall' edizione italiana del mensile tedesco Photon.
Per informazioni sulle energie rinnovabili in Bolivia il sito dell' Ong Energetica
www.energetica.org.bo

sabato 22 gennaio 2011

Numeri e..previsioni

di Debora Billi

Qualcuno per caso qui si sta chiedendo se il prezzo del barile è destinato ad aumentare ancora?

Beh, ecco un po' di numeri che non promettono per niente bene. Naturalmente non teniamo in considerazione gli speculatori, i rally sulle Borse eccetera, visto che non ne sappiamo nulla: ma i "fondamentali" qualcosa sanno rivelarci.

Ricorda Tom Whipple, che sul piccolo ma autorevole Falls-Church News si occupa spesso di petrolio, che al momento la produzione mondiale di petrolio è a 88,1 barili al giorno, con un consumo corrispondente di... 89,1 barili al giorno. Qualcosa non torna? Infatti. E infatti è confermato come le riserve OCSE siano calate di 8 milioni di barili a Novembre e di altri 33 milioni a Dicembre; come le "riserve galleggianti" mantenute illegalmente nelle petroliere dagli speculatori stiano magicamente svanendo, e soprattutto come l'Arabia Saudita sta aumentando la produzione.

Fino a quando potrà bastare tutto ciò a tamponare la situazione? Se non ci sarà una ripresa economica possiamo farcela, ma cosa accadrà se la ripresa dovesse stimolare la domanda di greggio di altri 2,5 milioni di barili al giorno come previsto, arrivando a sfiorare i 92? Per tacere del fatto che è molto, molto improbabile che i sauditi siano in grado di immettere sul mercato un ulteriore milione di barili e passa così, dalla sera alla mattina.

Non una bella situazione. Per fortuna eravamo stati avvisati da tempo...
Fonte http://petrolio.blogosfere.org

N.33 dell' Osservatorio settimanale sulle tendenze della questione energetica

Petrolio
Serie del prezzo del petrolio WTI in $/barile
7/8/2010 80.18
3/9 73,97
12/11 85,04
3/1/2011 92,24
14/1 91
21/01 89,64
Polemica tra Opec e Iea,
i paesi produttori accusano l' Iea, agenzia dei paesi Ocse, di allarmismo su prezzo e forniture di petrolio. L' Iea infatti ha annunciato l' avvenuto picco produttivo del petrolio convenzionale e affermato che la tendenza al rialzo del prezzo, ormai costante dai primi di novembre 2010, avrebbe messo in forse la possibilita' di una ripresa economica mondiale. Da qui l' invito all' Opec di fare qualcosa, ma il cartello petrolifero che ha in programma il prossimo vertice solo a giugno 2011, sostiene che non ci sono problemi e che il mercato e' ben rifornito. La condotta in Alaska ha ricominciato a funzionare, ma i problemi per il Brent (petrolio europeo) potrebbero continuare ed essere causati dal declino definitivo della produzione nel mare del Nord Europa.

Altri indicatori economici
L' euro a 1,36 $, e' in risalita, mentre l' Indice Mib della Borsa di Milano e' a 22093 ,ai massimi da maggio 2010.
L' indice MIb leggermente salito della borsa di Milano ha perso nel 2010 il 12%, soprattutto nella prima parte dell' anno. Da giugno a dicembre e' rimasto poi sostanzialmente stabile.

Fotovoltaico Italia
Potenza installata e gia' registrata al Gse al 21/01/01/2011 circa 2.800 MW
Previsione (pubblicata a ottobre 2010) di Qualenergia e Gse di potenza installata al 31/12/2010 2.600 MW
Mia previsione (pubblicata a ottobre 2010) di potenza installata al 31/12/2010 3.000 MW
(la potenza installata al 31/12/2010 potra' essere registrata al Gse anche nei primi 6 mesi 2011)

Impennata delle registrazioni al GSE nel mese di dicembre 2010, 520 MW. Sicuro oggi il superamento abbondante dei 3.000 MW installati al 31/12/2010. Non escludo sorprese ancora maggiori. Ma l' exploit 2010 ormai e' scontato, ora si guarda al 2011 in Italia e nel mondo; nel 2010 l' incremento sull' anno precedente della nuova potenza mondiale installata e' stato del 100%, il prossimo anno si stima solamente un 10-20 % di aumento ma il risultato del 2010 nel gennaio dello stesso anno non era ancora preventivato, quindi il 2011 e' ancora tutto da vedere e tutto da costruire. Nell' ultimo anno e' molto aumentata la capacita' produttiva di moduli e questo puo' portare a una sovraproduzione e a un abbassamento dei prezzi. Gli incentivi italiani presenti, benche' in misura minore, anche nel 2011 dovrebbero attirare nel nostro paese i maggiori operatori mondiali del settore.

A primavera Referendum per l' abrogazione della legge che reintroduce in Italia le centrali nucleari per la produzione di energia elettrica. La Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibili quattro referendum, tra cui quello sul nucleare. I Referendum si terranno entro il 15 giugno 2011.


L' osservatorio sara' pubblicato ogni settimana su http://energiapalombo.blogspot.com

venerdì 21 gennaio 2011

La prima centrale atomica giordana sara' costruita in zona sismica ?

LIVORNO. Secondo fonti del governo della Giordania, sarebbe a buon punto l'accordo con gli Stati Uniti per la fornitura di 4 reattori nucleari al piccolo regno hascemita, che si getterebbe nell'avventura nucleare proprio come hanno già fatto da tempo i suoi vicini israeliani e stanno facendo o tentano di fare gli altri Stati arabi, dalla Siria, agli Emirati del golfo.

I colloqui con gli americani, che avrebbero quindi avuto la meglio sulla sfilza di pretendenti che andava dai francesi ai canadesi, passando per coreani e giapponesi, riguarda anche aspetti come l'arricchimento dell'uranio, la localizzazione della centrale nucleare e gli impatti ambientali.

Un rapporto del Congresso statunitense sottolinea però che «Ci sono ancora una serie di ostacoli da chiarire prima che la Giordania possa iniziare la costruzione su larga scala di un qualsiasi reattore, compresa la determinazione della sua localizzazione, il suo costo e che ruolo, nel caso, gli Stati Uniti possono giocare nel fornire assistenza tecnica».

Il Middle East Newsline rivela che un rapporto dell'analista Jeremy Sharp per il Congressional Research Service (Crs), ha identificato diversi punti preoccupanti per Washington, tra i quali un problema non da poco: l'area costiera della Giordania, lo stretto corridoio di Aqaba, sarebbe troppo piccola per poter ospitare la struttura della centrale nucleare, quindi dovrebbe esere realizzata all'interno. Ma non è finita: ci sarebbero grossi problemi anche per la realizzazione delle gigantesche tubazioni necessarie per pompare l'acqua dal Mar Rosso e soprattutto per i terremoti nelle vicinanze del Mar Morto.

Gli israeliani, che di nucleare, sia pacifico che militare, se ne intendono, hanno messo in guardia gli americani ed i giordani sui pericoli derivanti dalla costruzione di un reattore vicino al Dead Sea Rift, un'area soggetta a forti terremoti e li hanno avvertiti che un sisma potrebbe produrre un massiccio fallout radioattivo che potrebbero mettere in pericolo il suo porto meridionale di Eilat.

La Giordania prima o poi dovrà togliere i piedi dalle troppe scarpe nucleari in cui li ha infilati: fino ad oggi ha firmato accordi nucleari con Gran Bretagna, Francia, Russia ed Usa e 4 multinazionali atomiche sono in competizione per l'appalto per costruire il primo reattore nucleare: la sudcoreana Korea Electric Power, l'immancabile francese Areva, la canadese Atomic Energy e la russa Atomstroyexport.

La Giordania insiste con gli americani sul suo diritto di arricchire l'uranio come parte del suo programma nucleare (proprio come stanno facendo gli iraniani ad Istambul nell'incontro con il G5+1), ma Washington non gradisce e minaccia di tagliare i finanziamenti al nucleare giordano.

Nel rapporto del Crs "Jordan: Background and U.S. Relations" si legge che «Riguardo a questo, l'amministrazione Obama ha continuato l'approccio dell'amministrazione Bush per cercare di limitare l'adozione della tecnologia di arricchimento dell'uranio tra gli altri Paesi al fine di limitare la potenziale diffusione di competenze o materiali che potrebbero essere utilizzate per costruire armi nucleari. Dall'altra parte, il governo Giordano insiste nel dire di avere il diritto di arricchire le sue risorse inerne di uranio ed i funzionari si sono impegnati a spedire all'estero l'uranio dei loro giaciomenti per la trasformazione in combustibile nucleare».

L'amministrazione Obama sta insistendo perché la Giordania firmi il cosiddetto accordo 123 (sottoscritto a fine 2010 anche dalla Russia) che vieterebbe l'arricchimento dell'uranio al regno hascemita. Gli Emirati Arabi Uniti, che si preparano a farsi costruire i reattori nucleari dai sudcoreani, hanno già dato il loro consenso all'accordo 123, mentre la povera Giordania, ritagliata nel deserto tra Israele, la Palestina semilibera e occupata, la Siria, l'Iraq sciita e l'Arabia Saudita, sta cercando di strappare un compromesso che sa di assicurazione sulla vita.

Un anonimo funzionario giordano ha detto al World Tribune: «Anche se c'è una maggiore comprensione del nostro punto di vista, il divario resta ampio, ma le trattative sono in corso. Abbiamo ancora un lungo cammino davanti a noi prima di raggiungere un accordo».

Ma gli americani sanno benissimo una cosa: senza il loro consenso nessuno potrà costruire una centrale nucleare in Giordani

Fonte www.greenreport.it

South Africa, Angola sign energy deal in historic visit

Dec 15th, 2010 by AfricaTimes.
South Africa and oil-producing Angola took a step away from decades of friction on Tuesday by signing an energy deal during the first state visit of Angola’s long-standing leader to the regional economic power.
South Africa is looking for new sources of oil to help power the continent’s leading economy and has eyed Angola — Africa’s second-biggest oil producer — as a potential new supplier.
On a first visit to South Africa during his three-decade rule, Angolan President Jose Eduardo dos Santos said he was open to new forms of cooperation.

“Angola is open to new partners that can become investors,” Dos Santos said at a joint news conference. “South Africa has shown interest,” he added.
As part of the visit, the two countries signed a memorandum of understanding to step up cooperation in the energy field. Officials said the deal’s specifics would be worked out later.
South Africa’s presidential office issued an official correction to a statement it previously sent to remove reference to an energy cooperation deal being signed between South Africa’s PetroSA and Angola’s Sonangol.
The two state energy companies have been in talks on construction of a crude oil refinery in the coastal town of Lobito. Once constructed, the refinery is expected to produce around 200,000 barrels of refined oil a day.

Angola’s sole 37,500 barrels per day plant covers only 30 percent of domestic needs.
South Africa has said it needs to build a refinery soon to replace ageing plants and reduce its reliance on imports.
Angola’s crude exports peaked near 1.9 million bpd earlier this year but maintenance and production glitches pulled this back to below 1.7 million bpd in the third quarter, according to data collected from trade sources.
By comparison, Nigeria is Africa’s top oil power, producing above 2 million barrels per day. Angola, which relies heavily on oil revenue to build its economy, fund its state budget and pay off external debt, has been trying to increase production.
“Our government will do its best to facilitate the issuing of visas with special attention to businessmen who want to do business in Angola,” Dos Santos said in response to concerns that red tape was making it harder to do business in Angola.

South Africa’s apartheid government sided with those fighting against dos Santos during Angola’s civil war and other post-apartheid leaders have quarrelled with him over how to end the fighting, as well as managing other regional trouble spots.
But South African President Jacob Zuma visited Angola last year to help patch up ties between the two nations.

Reutes.
Fonte www.africa-times-news.com
15 dicembre 2010

giovedì 20 gennaio 2011

In India si punta allo sfruttamento dell' energia dalle maree e correnti marine.

FIRENZE. Puntare sulle rinnovabili incrementando la ricerca per aumentane l'efficienza e diminuirne ulteriormente l'impatto ambientale (non ci sono pasti gratis come sempre ricorda greenreport) andando oltre sole e vento. Questa strada pare ora decisamente imboccata anche nel continente asiatico dove si guarda al mare. Infatti, dopo la Corea del Sud, ora anche l'India punta sullo sfruttamento delle maree e correnti marine. Lo stato del Gujarat ospiterà la prima centrale su scala commerciale di energia dalle maree e dalle loro correnti di tutta l'Asia. La centrale da 50 MW (ampliabile fino a 200MW) sarà installata nel golfo di Kutch, sulla costa occidentale dell'India.

L'azienda produttrice installerà 50 turbine da 1 MW dopo una verifica di fattibilità sulle potenzialità di sfruttamento delle maree. Se non ci saranno intoppi la costruzione della centrale dovrebbe iniziare nel 2012 e durare circa un anno.

«Circa due anni e mezzo fa abbiamo iniziato un'analisi globale delle fonti di energia da maree - ha dichiarato Tim Cornelius, amministratore delegato di Atlantis Resource - e tra le zone che abbiamo individuato c'era il Golfo di Kutch, per cui abbiamo anche il supporto del governo». Le potenzialità di utilizzo di questa fonte energetica sono ancora tutte da scoprire e per ora non compete con le altre rinnovabili. In Europa dove è dislocata la più grande centrale di maree del mondo (genera 240 MW) che si trova a La Rance in Francia (paese che insieme alla Gran Bretagna dedica una particolare attenzione a questa fonte rinnovabile), sono allo studio diversi progetti e alcune realizzazioni come quella della centrale di Pentland Firth in Scozia.

Fonte www.greenreport.it

mercoledì 19 gennaio 2011

Nigeria:le Mend menace de nouveau

Le Mend, groupe armé nigérian actif dans la région pétrolifère du sud du Nigeria, a menacé mardi d’attaquer des dépôts de carburants, dans un communiqué dénonçant les arrestations de ses militants par les autorités.
“Le Mouvement pour l’émancipation du delta du Niger (MEND) va entamer prochainement une attaque terrible contre (. . . ) l’industrie pétrolière nigériane”, déclare le texte.

“Pour éviter des pertes humaines et matérielles, un avertissement est lancé aux résidents vivant à proximité immédiate des dépôts stockant du fioul pour l’aviation, du diesel, du kérosène, du pétrole, du gaz propane et de l’huile pour moteur”, ajoute le Mend dans son communiqué.
“Nous allons aussi viser les véhicules qui transportent des produits pétroliers”, précise le communiqué.
Cette menace intervient au moment où commence le procès de Charles Okah, frère d’un dirigeant présumé du Mend, jugé pour deux attaques en octobre à la voiture piégée dans la capitale fédérale nigériane, Abuja.

Charles Okah a eu un malaise mardi au tribunal alors que son procès allait débuter. Il est le frère d’Henry Okah, accusé d’avoir ordonné le double attentat d’Abuja, le jour de la fête de l’Indépendance, qui avait fait 12 morts, le 1er octobre dernier.
Henry Okah vit en Afrique du Sud où il a été arrêté après les attentats.
Le juge a ajourné le procès de Charles Okah pour permettre que des soins lui soient prodigués.

Le Mend affirme se battre au nom d’une plus juste répartition de la manne pétrolière, en faveur des populations du delta qui vivent dans la pauvreté.

Afp.
Fonte www.africa-times-news.com

E' giusto battersi per dividere in modo equo la ricchezza proveniente dal petrolio (anche se la produzione petrolifera ormai e' solo dannosa). Ma la strada giusta e' il conflitto, la lotta nonviolenta.
marco
.

Petrolio, tra Opec e Aie volano scintille

Volano scintille tra l'Agenzia internazionale per l'energia (Aie) e l'Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (Opec). Per mesi l'organismo dell'Ocse e il cartello dei produttori avevano dimostrato una rara sintonia, dicendosi entrambi soddisfatti della stabilità dei prezzi del greggio intorno a 70-80 $ al barile: un livello in grado di stimolare gli investimenti, nel petrolio e nelle energie alternative, senza danneggiare l'economia. Col decollo del barile verso «quota 100» l'armistizio è finito.
L'Aie, sempre più allarmata, ormai da settimane sta sollecitando una reazione da parte dell'Opec, che non ha in calendario altri vertici fino a giugno. La risposta è stata sempre la stessa: il mercato è ben rifornito, inutile aggiungere altro greggio. Ad alzare il livello delle ostilità è stato il segretario generale dell'Opec, Abdalla El-Badri, con un documento in cui attacca l'Aie con toni insolitamente duri: «L'ipotesi che ci sia scarsità è sbagliata (...) Rifornire i media con assunzioni e previsioni non realistiche serve solo a creare confusione e inutili timori». Non basta. «L'Aie dovrebbe essere più coerente», scrive El-Badri, poiché da un lato invoca prezzi alti per limitare i consumi, dall'altro li vorrebbe più bassi per non nuocere alla ripresa. El-Badri rispolvera anche un vecchio cavallo di battaglia dell'Opec, quello secondo cui il caro-carburanti dipende in gran parte dalle tasse: «Se nel 2009 l'Aie suggeriva ai governi di approfittare dei prezzi bassi per alzarle, perché ora non dà il consiglio opposto?».
Tutta retorica? Chissà. Nel rapporto mensile che ha pubblicato ieri – e che ha contribuito a scatenare l'indignazione di El-Badri – la stessa Aie sostiene che l'Opec in realtà starebbe reagendo alla salita dei prezzi: l'Arabia Saudita avrebbe aumentato la produzione negli ultimi sei mesi, arrivando a 8,6 milioni di barili al giorno, invece degli 8,3 mbg dichiarati. In linea con Riad, anche Kuwait e Emirati arabi uniti avrebbero aperto i rubinetti, per rispondere ad un aumento della domanda che l'Aie vede oggi più robusto che in dicembre: le sue stime sono salite di 0,32 mbg sia per il 2010 (+2,7 mbg, a 87,7) sia per il 2011 (+1,4 mbg).

Fonte www.sole24ore.com

martedì 18 gennaio 2011

Ban Ki-Moon (ONU) ad Abu Dhabi " Revolution green"

World future energy summit. Ban Ki-moon chiede la rivoluzione verde. «Energia pulita per tutti»

LIVORNO. Parlare di rivoluzione in una monarchia assoluta ed esempio di come si possa unire il conservatorismo arabo all'iperliberismo occidentale, potrebbe essere un azzardo, ma è quel che ha fatto il segretario generale dell'Onu, ad Abu Dhabi, partecipando al quarto World future energy summit (Wfes 2011) nella capitale degli Emirati arabi uniti (Eau), dove ha chiesto alla comunità internazionale di avviare «Una rivoluzione globale delle energie pulite».
Ban naturalmente ha elogiato i ricchi organizzatori carichi di petrodollari: «Negli ultimi quattro anni, il World future energy summit è diventato uno dei principali eventi annuali in materia di energia rinnovabile e sostenibile. Ringrazio Masdar e il governo di Abu Dhabi per averlo ospitato. Abu Dhabi sta diventando giustamente rinomata come un hub di progresso. Avete tratto una notevole ricchezza dalle sabbie del deserto, e la avete utilizzata per creare una moderna e vibrante nazione. La vostra Masdar Initiative parla di qualcosa di più: una visione per costruire e andare oltre l'era dei combustibili fossili per un nuovo futuro sostenibile».

Dopo i complimenti agli emiri illuminati Ban è passato alla sostanza: «Le decisioni che prendiamo oggi in materia di energia avranno conseguenze di vasta portata. Il prevalere dell'economia dei combustibili fossili sta contribuendo al cambiamento climatico e il fabbisogno energetico globale sta crescendo rapidamente. In 20 anni, il consumo di energia aumenterà del 40%, per lo più nei Paesi in via di sviluppo, dove 1,6 miliardi di persone non hanno ancora accesso all'energia elettrica, e dove 3 miliardi di persone dipendono dai combustibili da biomasse tradizionali per cucinare, riscaldare e per altri bisogni domestici di base. La nostra sfida è la trasformazione. Abbiamo bisogno di una rivoluzione globale dell'energia pulita, una rivoluzione renda l'energia disponibile e accessibile per tutti. Questo è essenziale per minimizzare i rischi climatici, per ridurre la povertà e migliorare la salute globale, per dare più forza alle donne e per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del Millennio, per la crescita economica globale, la pace, la sicurezza e la salute del pianeta. E' possibile prendere la testa di questa rivoluzione in molti modi, e molti di voi lo stanno già facendo».
Il segretario generale dell'Onu è poi passato ad analizzare i risultati della Conferenza Unfccc di Cancun, dove secondi o lui «I governi hanno ottenuto buoni progressi sul cambiamento climatico. Sulla mitigazione, hanno deciso di ancorare le loro promesse ad un accordo internazionale formale e responsabile. Si sono accordati su un quadro di adattamento per proteggere le persone vulnerabili e su un meccanismo per la condivisione delle tecnologie verdi. Sulla finanza, i governi hanno compiuto progressi sul finanziamento fast-start e lungo termine. Sulla deforestazione, che rappresenta quasi un quinto delle emissioni globali di carbonio, i governi hanno concordato un piano d'azione, sostenuto da risorse finanziarie per attuarlo. Presi insieme, questi risultati ci danno strumenti più importanti. Ma, naturalmente, abbiamo ancora molta strada da fare. A Cancun, ho sottolineato che tutti i Paesi devono intensificare gli sforzi nazionali di riduzione delle emissioni e rafforzare la resilienza climatica. Sono lieto di notare che, anche se continuano i negoziati sul clima, i governi stanno andando avanti su quello che devono fare».

Ritornando alle iniziative necessarie Ban ha portato l'esempio delle buone pratiche in corso: «Masdar è solo una di un numero crescente di iniziative nei Paesi sviluppati e in via di sviluppo che stanno prendendo per far vivere la nostra visione di società verdi e sostenibili. In Cina, un terzo del pacchetto di stimolo adottate in risposta alla crisi economica globale è stato dedicato ampiamente all'ambiente. La Cina è ora il secondo più grande utente al mondo di energia eolica e il più grande produttore di solare fotovoltaico. In diversi paesi come Rwanda, Costa Rica e Nepal, i governi sono al lavoro per proteggere le loro foreste, adottare le fonti di energia rinnovabili e sviluppare una green vision per il futuro. E nel mio paese, la Corea, stanno aumentando gli investimenti pubblici in energie rinnovabili, tecnologie pulite e forestazione. Questi sono esattamente i tipi di azioni nazionali di cui abbiamo bisogno per vincere la sfida climatica. E cerchiamo di essere chiari: le azioni nazionali non devono aspettare che i negoziati vadano avanti. In realtà, tali misure possono effettivamente contribuire ad aiutare i negoziatori a fare gli accordi di cui abbiamo bisogno».
Ban ha poi ricordato alla folta platea del Wfes 2001 che «Nel 2009, ho fondato un gruppo consultivo per l'energia ed i cambiamenti climatici, guidato dal mio collega Kandeh Yumkella, il direttore generale dell' Industrial development organization dell'Onu, che comprende sua eccellenza Sultan Ahmed Al Jaber, amministratore delegato di Masdar. Il gruppo ha raccomandato due obiettivi audaci ma realizzabili per il 2030: l'accesso universale alle fonti energetiche moderne e un 40% di aumento dell'efficienza energetica. Per raggiungere questi obiettivi, dobbiamo investire nel capitale intellettuale, che creerà nuove tecnologie verdi. Abbiamo bisogno di aumentare la spesa pubblica e privata in ricerca e sviluppo e i governi devono creare i giusti incentivi. Abbiamo già molte delle tecnologie di cui abbiamo bisogno. Altre sono in preparazione. Infatti, molte sono esposte qui. Possono ispirarci a innovare ulteriormente. Siamo sul confine di un futuro eccitante e sostenibile: energia pulita per tutti. Conseguire l'obiettivo fissato dal mio gruppo consultivo potrebbe costare 35 miliardi di dollari l'anno per i prossimi 20 anni, per un totale di 700 miliardi di dollari. Questo suona come un sacco di soldi, ma è solo il 3% della stima degli investimenti nel settore energetico a livello mondiale nello stesso periodo. Quindi, impegniamoci ad investire con saggezza. Dobbiamo avere un nostro diritto di priorità. Ovunque le persone dovrebbero poter godere dei benefici per la salute, educativi e sociali che offrono le moderne fonti di energia. Investire nella green economy non è semplicemente un lusso del mondo sviluppato, rappresenta una possibilità per creare posti di lavoro e per la crescita economica nei paesi in via di sviluppo e di prosperità per tutti».

Ban ha fatto un esempio di green energy nei Paesi in via di sviluppo: «In Kenya, vengono venduti ogni anno più di 30.000 piccoli pannelli solari. Per appena 100 dollari, il sistema fotovoltaico può essere utilizzato per ricaricare una batteria per auto, che può quindi alimentare un telefono cellulare, un televisore o un computer, o sostenere una lampada fluorescente perché un bambino possa fare i suoi compiti. Le motivazioni per rendere l'energia moderna accessibile a tutti sono chiare. Cerchiamo di fornire i mezzi per farlo».
Il segretario generale dell'Onu ha concluso ricordando che «L'anno prossimo sarà l' International Year for Sustainable Energy for All, che segna anche 20 anni dal Rio Earth Summit e dal suo progetto per lo sviluppo sostenibile. In vista della Conferenza Rio+20, cerchiamo di essere consapevoli del fatto che la clean energy e la low-carbon economy sono una delle chiavi per aprire la porta di un mondo più sicuro, più pacifico e prospero per tutti. Contiamo su di voi, leader di governi, della società civile e del settore privato, per trasformare questa visione in realtà. Insieme, possiamo cambiare la vita di miliardi di persone. Let us leave here energized».

Ban ha anche parlato al forum of young future energy leaders: «Delle persone che riconoscono che la nostra aria, la nostra acqua e la nostra terra sono i vantaggi più preziosi, delle persone che comprendono il ruolo centrale delle energie rinnovabili nella riduzione del cambiamento climatico, nella crescita economica, nella lotta contro la povertà, per l'autonomia delle donne, per la realizzazione degli Obiettivi per lo sviluppo del millennio, delle persone come voi, noi ne abbiamo bisogno. Voi, i futuri giovani dirigenti, potete fare la differenza, cominciando da oggi. Voi avete il talento e l'entusiasmo per trasformare le visioni in realtà. Qualunque sia la vostra scelta di carriera, vi incoraggio a pensare sostenibile. L'Onu è pronta a sostenervi perché cogliate queste opportunità».

Fonte www.greenreport.it

Anche Ban Ki-Moon (ONU) al summit mondialeWorld future energy di Abu Dhabi

LIVORNO. Comincia oggi ad Abu Dhabi, il più ricco dei sette Emirati arabi uniti (Eau), il World future energy summit (Wfes 2011), alla sua quarta edizione e che dalla sua istituzione nel 2008 è diventato uno dei più importanti appuntamenti per l'industria delle energie rinnovabili e per l'ambiente. Nel 2010 al Wfes hanno partecipato oltre 24.760 delegati di 148 Paesi, tra i leader mondiali, politici che si occupano di tematiche internazionali, leader del settore, investitori, esperti, accademici, intellettuali e giornalisti che si sono confrontati su come trovare soluzioni pratiche e sostenibili per la sicurezza energetica e per le sfide del cambiamento climatico.

Quest'anno le cifre dovrebbero essere superiori, ci si aspettano più di 25.000 partecipanti, e l'importanza dell'avvenimento è testimoniata dalla partecipazione del segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon
Gli organizzatori, gli emiri delle piccole monarchie petrolifere assolute del'Eau, non hanno badato a spese nell'organizzazione e spiegano che «Il Wfes promuove l'innovazione e le opportunità di investimento che riguardano le energie rinnovabili e l'ambiente. Rappresenta una business plattform senza eguali, che riunisce i proprietari dei progetti e i fornitori di soluzioni con gli investitori e gli acquirenti provenienti sia dal settore pubblico che privato».

Il Wfes 2011 comprende un summit di livello mondiale, due mostre, lo young future energy leaders program, tavole rotonde, seminari per l'investimento industriale, meeting di settore ed eventi sociali.
L'interesse del mondo del business per l'evento è certificato dalla sponsorizzazione del Deutsche Bank Group (la Germania è presente in forze con 20 espositori) e quello dell'industria da una serie impressionante di "platinum sponsor" e di "supporting associations". Come spiega Wolfgang Dehen, amministratore delegato dell'Energy Sector e membro del Managing Board della Siemens, «Il World future energy summit organizzato ad Abu Dhabi offre un'eccellente opportunità per presentare soluzioni per un sistema energetico moderno e sostenibile. Siemens con le sue tecnologie innovative è orgogliosa di partecipare ad un evento di tale portata, che riflette il nostro impegno per sviluppare fonti di energia rinnovabile e sostenibile, oltre ad essere parte delle soluzioni del futuro».
Secondo Ban Ki-moon «Gli Emirati arabi uniti stanno facendo notevoli sforzi per trovare soluzioni alle sfide energetiche del mondo, in particolare attraverso l'iniziativa Masdar e il World future energy summit, che offre una piattaforma per la cooperazione mondiale nelle energie rinnovabili e per la sostenibilità. Il cambiamento climatico è una delle sfide dei nostri tempi. Il mondo ha bisogno di trovare le energie rinnovabili e tecnologie pulite, che possano mitigarne gli effetti e mettere il mondo sulla strada di una crescita economica più sostenibile e di prosperità. La ricerca di queste soluzioni richiede la collaborazione tra governi e il mondo accademico, imprenditoriale e della società civile. più ritardiamo, più lo pagheremo, in risorse, competitività economica e vita».

Aultan Al Jaber, Chief executive officer del progetto Masdar (fonte in arabo) e inviato speciale degli Eau per l'energia e i cambiamenti climatici, ha detto: «Siamo onorati di dare il benvenuto al segretario generale Ban Ki-Moon al World Future Energy Summit. La sua presenza è una testimonianza del crescente contributo di Abu Dhabi e gli Emirati Arabi Uniti al dialogo globale sull'energia ed il cambiamento climatico. Il suo entusiasmo e la dedizione personale sono condivisi dalla leadership degli Emirati arabi uniti che hanno posto l'accento in modo significativo sulla promozione delle energie rinnovabili e sulla mitigazione dei cambiamenti climatici come elementi centrali del nostro sviluppo economico».
Il progetto statale Abu Dhabi Future Energy, conosciuto come Masdar, è il fiore all'occhiello degli Eau in campo energetico e il governo di Abu Dhabi lo scorso ottobre ha delineato una serie di modifiche ai piani per Masdar City, l'avveniristica città che sta costruendo nel deserto: i tempi per la sua realizzazione sono stati allungati e sono state ridotti gli ambiziosi obiettivi di electric podcars di produzione di energia "self-contained".

La revisione dovuta alla crisi che ha morso anche negli Eau ha portato anche alla rinuncia di piani per la costruzione di colossali impianti di pannelli solari a causa della debole domanda nell'emirato petrolifero che vuole diventare anche nucleare. Anche se, come spiega Afshin Afshari, responsabile per la gestione energetica di Masdar, «Per ora, la città sta producendo più energia di quanta ne consumi attraverso grandi pannelli solari e sta vendendo parte di quell'energia alla rete elettrica dell'emirato».
Masdar City era stata originariamente concepita come una comunità autosufficiente "carbon-neutral" per 40.000 residenti e pendolari e dove le auto saranno vietate e i rifiuti e l'acqua completamente riciclati. I funzionari che lavorano al progetto negano che i cambiamenti annunciati nel 2010 non ridimensioneranno le ambizioni della green city nel deserto, piuttosto prendono atto dell'esperienza maturata nel corso della realizzazione di progetto particolarmente impegnativo.

Marwan Khraisheh, il decano del Masdar institute, ha detto all'Associated press che «Qualsiasi piano efficace deve essere dinamico. Non sono preoccupato. In realtà, è un segno positivo che si stia valutando i nostri piani e si stia esaminando i fattori ed i parametri che li riguardano. L'ultima proposta lascia spazio perché una parte dell'energia possa essere prodotta da fonti rinnovabili in siti lontani da Masdar City, dove gli studenti diplomati presso l'Istituto hanno iniziato ad operare lo scorso anno».

Fonte www.greenreport.it

domenica 16 gennaio 2011

Cameroun: une nouvelle entreprise d' energie elettrique

Oct 20th, 2010
Le président de la République autorise Hydro Mekin, la société qu’il a créée avant-hier, à vendre et à distribuer l’électricité au Cameroun. Un privilège exclusif jusque-là détenu par le groupe américain.
Hydro Mekin. Entendez, Mekin Hydroelectric Development Corporation. C’est le nom de la société d’énergie électrique à capitaux publics que le président de la République, Paul Biya, a créée le 18 octobre 2010.

Son actionnaire unique est l’Etat du Cameroun. D’après le décret présidentiel, la société Hydro Mekin a pour mission de concevoir, financer, construire et exploiter la centrale hydro-électrique de Mekin et d’autres aménagements sur le bassin du Dja ainsi que la mise en place des équipements et infrastructures associés, liés à leur exploitation. A ce titre, la nouvelle société d’énergie électrique sera chargée «d’assurer la production, et éventuellement le transport, la distribution, la vente, l’exportation et l’importation de l’énergie électrique ; d’exercer toutes les activités ou opérations industrielles, commerciales, financières, mobilières ou immobilières dans la République du Cameroun sous quelleque forme que ce soit, dès lors que ces activités peuvent se rattacher directement ou indirectement à son objet social ou à tous objets similaires, connexes ou complémentaires».

Hydro Mekin est placée sous la tutelle technique du ministère chargé de l’électricité et sous la tutelle financière du ministère chargé des finances.
Le texte de création d’Hydro Mekin est une première du genre au Cameroun. Il vient ainsi mettre fin au monopole que Aes-Sonel détient depuis 2001 sur la distribution, mais surtout sur la vente de l’énergie électrique. En effet, selon le contrat de licence de vente d’électricité conclu en application du contrat cadre de concession et de licence relatif à l’exploitation de plusieurs parties du secteur de l’électricité sur le territoire camerounais entre le Cameroun et la Société nationale d’électricité du Cameroun (Sonel) signé en juillet 2001, «la vente d’électricité moyenne tension ou haute tension à l’intérieur du périmètre de distribution sera assurée à titre exclusif par la Sonel pendant la période d’exclusivité ». L’article 4 du contrat de concession de distribution et vente d’électricité basse tension conclu entre la Sonel et l’Etat du Cameroun indique par ailleurs que «la Sonel disposera du droit exclusif d’assurer la distribution et la vente d’électricité basse tension à l’intérieur du périmètre de distribution pendant toute la durée du présent contrat».

Le 06 mars 2006, le ministère de l’Energie et de l’Eau et Aes-Sonel ont apporté un avenant aux textes ci-dessus cités. Dans cet avenant, le terme «période d’exclusivité» a été supprimé et le nom «Sonel» a été muté en «Aes-Sonel». Le décret de Paul Biya du 18 octobre dernier va donc à l’encontre de ces textes qu’avaient signés les ministres en charge de l’électricité et les responsables d’Aes-Sonel.

in Le Jour.
Fonte www.africa-times-news.com
news in lingua francese e inglese

TOGO: Le'ge're baisse des prix de carburants

Jan 14th, 2011
Hier en présence des journalistes, dans la salle de conférence du ministère du commerce, KoKou Gosan le ministre de tutelle du commerce, a annoncé qu’à partir de ce 14 janvier 2011, les prix de l’essence, de pétrole et du mélange vont subir de modifications à la pompe. Selon lui, dans une conjoncture internationale marquée par la forte hausse des prix des produits pétroliers, le gouvernement a opéré des ponctions sur ses réserves afin de limiter les coûts actuels élevés des importations sur les prix à la pompe sur toute l’étendue du territoire nationale.
D’après KoKou Gosan, le gouvernement est conscient de la cherté de la vie, et sa politique est celle de créer de l’emploi et de lutter contre la vie chère. C’est dans cette logique que les prix ont été modifiés. « Ainsi, à compter du vendredi 14 janvier 2011, les prix à la pompe sont fixés comme suit : essence super plomb, le prix du litre est à 540 francs CFA, contre 560 francs auparavant. Le litre du pétrole lampant est à 445 francs contre 455 francs. Le litre du mélange est à 615 francs contre 630 francs. Par contre le prix du gasoil a augmenté de 15 francs (570 contre 555 francs) alors que le prix de la bouteille de 12 ,5 litres du gaz butane, est passé de 3.500F Cfa à 3675 F Cfa », a-t-il déclaré.
Ces prix à la pompe, selon le ministre du commerce, ont été fixés par arrêté interministériel en vue de l’entrée en vigueur du nouveau mécanisme conçu en concertation avec l’ensemble des partenaires sociaux et dont les modalités de fonctionnement ont été largement portées à la connaissance des agents économiques grâce à une campagne de communication sur l’ensemble du territoire togolais.
Cependant, il a souligné que la baisse des prix n’aura pas d’impact sur les prix du transport, car pour qu’il y ait une baisse des prix du transport, il faut une baisse de 50 francs. Enfin il a déclaré que les prix vont varier à la fin de chaque mois.
Fonte www.africa-times-news.com

Egypt to issue nuclear plants tender by end Jan

Jan 16th, 2011 by AfricaTimes.
Egypt will issue a tender for its nuclear power plants in about two weeks time and bidding companies will be given six months to present their offers, its minister of electricity and energy said on Sunday.
The Arab world’s most populous country is aiming to shift away from oil and gas to other sources and has said it wants to build four nuclear plants by 2025, with the first to start operating in 2019.

“The tender should be out by the end of January and is now being reviewed by the state council,” Hassan Younes told Reuters in an interview in the UAE capital of Abu Dhabi.

Officials hope the new nuclear programme will add capacity of up to 4,000 megawatts by 2025.

“We have received interest for the bid from companies in all parts of the world including France, the United States, China, Russia and Japan,” said Younes. The winner of the bid will be announced by the end of July or beginning of August 2012, he added.

The ministry had invited several firms for consultancy and project briefings, including French nuclear reactor maker Areva, engineering group Alstom and Westinghouse Electric Co, a U.S.-based unit of Japan’s Toshiba.

In 2009, Egypt signed a deal with Australia’s WorleyParsons for a nuclear power consultancy.

PEACEFUL PURPOSES

On Sunday, Orascom Construction Industries, Egypt’s biggest listed builder, said it had formed a joint venture with state-owned Arab Contractors to bid on nuclear projects in the Middle East, including Egypt’s first nuclear power plant.

That plant will be located in Dabaa on the country’s Mediterranean coast.

Asked about possible political tension that could arise from Egypt using nuclear power, Younes said there was no intention of enriching uranium domestically and the energy will be used for peaceful purposes.

“This is a peaceful nuclear programme, so there are no problems,” he added.

Last year, the United Nations slapped a fourth round of sanctions on Iran for refusing to halt uranium enrichment, which with further refinement can yield materials for weapons.

Western powers fear Iran is using its nuclear programme to develop weapons, while Tehran says it needs power generation to meet rapidly rising demand.

Egypt has installed capacity of about 23,500 MW, but strained to meet demand during an unusually hot summer, leading to intermittent power cuts across the grid. It has said it aims for an additional 58,000 MW of capacity to the grid by 2027.

“The growth rate for power demand in the peak hours was up 11.2 percent from previous summer, but this summer I don’t expect there will be any outages because we increased our power generation by 6 percent which is 1500 mega watts,” said Younes.

Reuters.
Fonte www.africa-times-news.com
news dall' Africa in lingua francese e inglese
.

venerdì 14 gennaio 2011

N. 32 dell' osservatorio sulle tendenze della questione energetica N.32

Petrolio
Serie del prezzo del petrolio WTI in $/barile
7/8/2010 80.18
3/9 73,97
12/11 85,04
3/1/2011 92,24
7/1 88,69
14/1 91,31
Il petrolio Brent (nord europeo) e' salito a 98,65 $/b aumentando la abituale differenza con il WTI. Questo viene attribuito al blocco, causato da un guasto, dell' oleodotto in Alaska che porta negli Stati Uniti un greggio simile a quello del Nord Europa. Rimane il dubbio sull' annuncio dell' IEA dell' avvenuto picco del petrolio convenzionale. La stima dell' IEA e' stata resa pubblica a inizio novembre 2010 e da quel momento il prezzo WTI ha raggiunto oltre 90 $ , massimo dal settembre 2008, momento della crisi finanziaria. Anche i consumi mondiali di greggio sono tornati ai massimi del 2007-2208 (87 mb/g, milioni di barili il giorno) con grandi aumenti nei paesi emergenti e calo nei paesi Ocse.

Altri indicatori economici

L' euro e' oscillato nell' ultimo anno tra 1,20 e 1,40 dollari. Nel luglio 2008 nel momento di picco del prezzo del petrolio (148 $/B) era 1,60 , attenuando cosi' nel vecchio continente gli effetti dell' impennata della quotazione. Ora in questa momento di debolezza della moneta europea l' altissimo prezzo del petrolio sara' percepito molto di piu', a cominciare dalle ricadute sul prezzo della benzina.

L' indice MIb della borsa di Milano ha perso nel 2010 il 12%, soprattutto nella prima parte dell' anno. Da giugno a dicembre e' rimasto poi sostanzialmente stabile.

Fotovoltaico Italia
Potenza installata e gia' registrata al Gse al 14/01/2011 2.590 MW
Previsione (pubblicata a ottobre 2010) di Qualenergia e Gse di potenza installata al 31/12/2010 2.600 MW
Mia previsione (pubblicata a ottobre 2010) di potenza installata al 31/12/2010 3.000 MW
(la potenza installata al 31/12/2010 potra' essere registrata al Gse anche nei primi 6 mesi 2011)

Impennata delle registrazioni al GSE nel mese di dicembre 2010: 520 MW. Sicuro oggi il superamento, credo abbondante , dei 3.000 MW installati al 31/12/2010. Non escludo sorprese ancora maggiori. Ma l' exploit 2010 ormai e' scontato, gia' si fanno previsioni sul 2011 in Italia e nel mondo; dove l' incremento della potenza installata nel 2010 e' stato del 100%. Il prossimo anno si stima solamente un 10-20 % di aumento ma la potenza installata nel 2010 nel gennaio dello stesso anno non era ancora preventivata, quindi il 2011 e' sempre tutto da vedere e anche tutto da costruire. Nell' ultimo anno e' sicuramente molto aumentata la produzione di moduli e questo che puo' portare a una sovraproduzione dovrebbe favorire un abbassamento dei prezzi. Gli incentivi italiani presenti, benche' in misura minore, anche nel 2011 dovrebbero attirare nel nostro paese i maggiori operatori mondiali del settore.

A primavera in Italia Referendum per l' abrogazione della legge che reintroduce le centrali nucleari per la produzione di energia elettrica. La Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibili quattro referendum, tra cui quello sul nucleare. I Referendum si terranno entro il 15 giugno 2011.

blog dell' Associazione Italia Africa http://aiiaonlus.blogspot.com

Referendum a primavera per abrogare la legge che reintroduce il nucleare in Italia.

La Corte Costituzionale ha ammesso 4 referendum tra cui li referendum contro il ritorno del nucleare nel nostro paese. Il referendum promosso dal partito L' Italia dei Valori si terra' entro il 15 giugno 2011. La Lobby nuclearista ha iniziato da tempo una campagna a favore della costruzione di nuove centrali con spot televisivi e pubblicita' sui altri media, campagna chiaramente di parte ma presentata in modo da poter sembrare ad un pubblico distratto come imparziale. Ma ora che il referendun sul tema e' ufficialmente ammesso dalla Corte Costituzionale la commissione parlamentare di vigilanza, il Consiglio di amministrazione della Rai, l' Autorita' delle Comunicazioni devono far rispettare la parita' di condizioni. Il 21 dicembre 2010 e' stata depositata alla Camera dei Deputati una legge di iniziativa popolare con 110.000 firme sulle energie rinnovabili e il comitato promotore di questa iniziativa che si riunira' il 22 gennaio affrontera' anche l'argomento del prossimo referendum sul ritorno dell' energia nucleare. Alfiero Grandi, Presidente del comitato Si alle rinnovabili No al nucleare, scrive oggi in un articolo su Il Manifesto che
" Lo scopo della proposta di legge e' fare emergere non solo un secco no al nucleare perche' costa un mare di quattrini, perche' e' pericoloso come dimostrano l' ultimo incidente in Niger e la ricerca tedesca sull' aumento della leucemia nei bambini in rapporto alla vicinanza alle centrali. Lo scopo della legge e' anche di rendere chiaro che del nucleare non c'e' bisogno e che anzi investire risorse in questa direzione porterebbe non solo a buttare soldi, ma a toglierle alle energie da fonti rinnovabili, come ha ricordato il documento firmato da 200 imprenditori italiani a prima firma Pistorio. Non ci sono risorse per il nucleare e per le rinnovabili, bisogna scegliere tra due alternative......L' Italia ha le condizioni e l' interesse a fare una scelta di campo netta contro il nucleare e per le rinnovabili e il referendum puo' essere il punto di svolta. A condizione che si superino rapidamente ripicche e solitudini e che si faccia una alleanza con il comitato per l' acqua bene pubblico....facciamolo e facciamolo presto."

mercoledì 12 gennaio 2011

Il Brent sale ancora a 98,7 $/b

Nel sito del sole24ore la chiusura del Brent (ore italiane 19,40) e' a 98,7 $/b,
a questo link
http://petrolio.blogosfere.it/2011/01/5-anni-dal-picco.html
potete trovare un post del blog Petrolio di Debora Billi dove sono mostrati grafici della produzione di petrolio convenzionale, che avrebbe toccato il suo picco nel 2005, e della produzione in Norvegia dove il picco gia' sarebbe stato toccato e la quantita' estratta e' scesa da 4 mb/g a 3 mb/g in un solo anno.
Un lettore esperto di produzione petrolifera sostiene invece che il picco mondiale del convenzionale ancora non e' stato toccato, sarebbe possibile incrementare la produzione di altri 2 mb/g,ma siamo ormai vicinissimi ai massimi.

Il petrolio Brent sale a 98,19 $/b

Sui tempi di ripristino della Trans Alaska Pipeline, che da sabato interrompe il flusso di 600mila barili di greggio al giorno, non c'è ancora nessuna previsione ufficiale, anche se fonti riservate continuano a mostrare ottimismo su un veloce ritorno alla normalità. Ma nel frattempo un altro incidente, ancora non del tutto chiaro, ha spinto Chevron a chiudere la piattaforma di Eugene Island nel Golfo del Messico: lunedì, secondo quanto è emerso da una segnalazione della compagnia al National Response Center, si è sviluppato un incendio durante un'operazione di "flaring". L'ennesima disputa ha intanto spinto la Russia a interrompere dal 1° gennaio le forniture di greggio alla Bielorussia. Infine, nel Nordest degli Stati Uniti, l'area che registra i maggiori consumi di gasolio da riscaldamento, le previsioni meteo annunciavano l'arrivo imminente di nuove, forti nevicate.
Di fronte a un quadro del genere – e con quasi tutte le materie prime in rialzo – non stupisce che anche il petrolio abbia continuato ad apprezzarsi, conquistando nel caso del Brent un nuovo record biennale a 97,61 $/barile (+2%). A sorprendere tuttavia è soprattutto la rapida accentuazione di un fenomeno emerso già da qualche settimana sui mercati petroliferi: il differenziale di prezzo tra il greggio di riferimento europeo e l'americano Wti si è ampliato al punto da superare 7 $ durante la seduta di ieri, il massimo da febbraio 2009.
L'incidente in Alaska, che ha tolto dal mercato un greggio più simile al Brent che al Wti, costituisce solo una parte della spiegazione. Gli analisti attirano l'attenzione anche sull'«ingorgo» che si è nuovamente formato a Cushing – gli stoccaggi al punto di consegna del Wti sono tornati a sfiorare il record storico – e sulle manutenzioni nel Mare del Nord, che stanno viceversa assottigliando le già risicate forniture di petrolio consegnabile all'Ice a fronte dei futures sul Brent. Ma a distorcere le condizioni del mercato starebbe contribuendo anche il crescente interesse degli investitori per il riferimento europeo: alcuni indici di commodities, nelle operazioni di ribilanciamento del paniere attuate proprio in questi giorni, lo stanno in parte sostituendo al Wti.

Fonte www.ilsole24ore.com

martedì 11 gennaio 2011

Fotovoltaico 2 GW di nuova potenza installata nel 2010, 3,9 nel 2011 ?

L'ultimo trimestre 2010 ha visto un'impennata nelle installazioni del fotovoltaico italiano. Forse installati 1.900 MW nell'anno appena trascorso. Nel 2011 la crescita continuerà: il totale installato sarà più che raddoppiato. La stima è di 3,9 GW. Nonostante alcune incertezze, l'Italia è uno dei mercato più attraenti per il fotovoltaico, spiega l'ultimo report di iSuppi.
L'ultimo trimestre 2010 del fotovoltaico italiano è stato da record e la crescita promette di non fermarsi nel 2011: per quest'anno si prevedono nuove installazioni per ben 3,9 GW. Sono i numeri che si leggono nell'ultimo rapporto della società di consulenza iSuppli sul mercato del solare elettrico italiano.

Impressionante la corsa all'installazione degli ultimi 3 mesi del 2010: iSuppli stima che tra ottobre e fine anno in Italia siano stati installati 975 MW, il doppio rispetto al trimestre precedente quando erano stati installati 488 MW e il 239% in più rispetto ai 288 MW dell'analogo periodo del 2009. Solo nel 2010 dunque sarebbero stati installati quasi 2 GW di potenza fotovoltaica, 1.900 MW per la precisione, il record precedente, del 2009, era stato di quasi 720 GW. Dunque il nostro paese potrebbe aver superato i 3 GW di fotovoltaico installati in totale, si può presumere adattando ai nuovi dati iSupplì le stime precedenti (Qualenergia.it, I numeri del conto energia visti dalle Regioni ).



Una cifra che promette di essere più che raddoppiata nell'anno appena iniziato: la società di consulenza prevede infatti installazioni nel 2011 di quasi 1 GW a trimestre, per un totale annuale di 3,9 GW. Il mercato italiano, sottolinea, iSuppli, è attualmente tra i più attraenti al mondo, con ritorni di investimento del 15-18% (considerando un costo degli impianti tra i 2.500 e i 2.800 a kWp). Chiaro che l'attenzione degli investitori sia rivolta sempre più al nostro paese dopo le riduzioni degli incentivi in mercati come quello spagnolo, tedesco, ceco e francese.

"Le installazioni in Italia caleranno nel primo trimestre del 2011, a seguito dell'impennata di fine 2010. Ma il declino durerà solo poche settimane e la crescita riprenderà velocemente – spiega Henning Wicht di iSuppi – nonostante le riduzioni nella tariffa incentivante, il ritorno degli investimenti in Italia sarà più alto che in qualsiasi altro luogo e le installazioni arriveranno a circa 1 GW per trimestre nel 2011".

Dunque un mercato promettente, anche se turbato da alcune incertezze: il rischio "poco probabile" che il governo riduca le tariffe incentivanti più in fretta del previsto, ma soprattutto le linee guida regionali che potrebbero ridurre significativamente le aree disponibili (Qualenergia.it, Il fotovoltaico in Piemonte e le linee guida regionali) e infine "la connessione alla rete che in alcune zone del Sud potrebbe rivelarsi più critica che altrove".

GM
Fonte www.qualenergia.it

lunedì 10 gennaio 2011

Bp inquina anche in Alaska: chiuso il TransAlaskaPipelineSystem

LIVORNO. E' ancora chiuso il Trans-Alaska Pipeline System (Taps), una condotta lunga 1.280 chilometri, che dal giacimento di Prudhoe Bay arriva al porto petrolifero di Valdez, e nessuno sa quando potrà riaprire, dopo che è stata scoperta a Prudhoe Bay uno sversamento che ha costretto le compagnie petrolifere a tagliare del 5% la loro produzione media giornaliera di greggio.

Si tratta del blocco di una delle arterie più importanti del petrolio statunitense, che trasporta dal 12% al 15% della produzione Usa, una linea vitale che però dimostra tutti i suoi 33 anni. Si starebbe valutando la situazione ed elaborando un piano per riavviare in modo sicuro l'oleodotto. Una delle ipotesi sarebbe quella di un bypass della tubazione del Taps. Non ci sono stati feriti e nessun «Impatto evidente per l'ambiente», ha detto la Alyeska Pipeline Service Co che gestisce il Taps e che ha scoperto la falla l'8 gennaio, ma nessuno sa quanto petrolio è fuoriuscito davvero, anche se l'Alyeska assicura che il tutto dovrebbe essere rimasto nella "camicia" di cemento che protegge ‘impianto di Prudhoe Bay.

Lo sversamento è stata scoperto nelle fondamenta di un edificio che contiene le pompe di innesco per Pump Station 1, la stazione di "aspirazione" dell'arteria petrolifera. Il recupero del petrolio è stato avviato almeno 7 ore dopo l'arresto e secondo Alyeska «Il 90% del petrolio, circa 9 barili sui 10 che si sono riversati nell'edificio delle pompe, è stato recuperato ieri». Toby Odone un portavoce della Bp, ha detto che sta all'Alyeska fornire aggiornamenti e si è rifiutato di commentare ulteriormente.

L'oleodotto è già stato fermato più volte, l'ultima delle quali nel maggio 2010, a causa di un black-out in una stazione di pompaggio causato da una serie di eventi che provocarono la fuoriuscita di 5.000 barili di petrolio da una cisterna di stoccaggio della Pump Station 9, a 105 miglia a sud di Fairbanks. Nel 2006 da una condotta corrosa uscirono 212.252 galloni di greggio nel campo petrolifero di Prudhoe Bay.

L'Alyeska, fondata nel 1970, è di proprietà delle compagnie petrolifere che hanno interessi nell' Alaska North Slope, la terza più grande regione per la produzione di petrolio negli Usa dopo il Golfo del Messico e il Texas, tra i proprietari della pipeline ci sono multinazionali già tristemente note per disastri petroliferi come Bp, ConocoPhillips e Exxon Mobil. La Bp, fresca protagonista del più grande disastro ambientale della storia Usa nel Golfo del Messico, ha il 46.93% delle azioni dalla Alyeska Pipeline, Exxon Mobil il 20,34%e ConocoPhillips il 28,29%.

Quote minori vanno alla Koch Alaska Pipeline Company dei famigerati fratelli Koch (3,08%) e ad Unocal (1,36%). La società della Big Oil ha sede ad Anchorage e conta circa 900 dipendenti. La prima concessione trentennale per i terreni federali scadeva nel 2004, ma nonostante le proteste è stata rinnovato per altri 30 anni nel 2002L'incidente ha provocato un taglio della produzione di greggio della Bp nell'Alaska North Slope del 95% su 410.000 barili al giorno. Nel 2009 Prudhoe Bay e gli altri campi petroliferi dell'Alaska sono stati la più grande fonte di greggio per la Bp nell'emisfero occidentale dopo il Golfo del Messico. Dall'Alaska viene un barile ogni 14 di quelli estratti dalla Bp in tutto il mondo che ha partecipazioni in altri 20 campi petroliferi del North Slope dell'Alaska e in almeno 4 quattro pipeline.

La sorveglianza sulla gestione della Taps è affidata dal Dipartimento degli interni Usa al Joint pipeline office (Jpo), un consorzio di tredici agenzie federali e statali. Tutte le operazioni della Taps dell'Alyeska sono state automatizzate e centralizzate per ridurre i costi per barile spedito dopo la perdita di produttività succeduta al picco dio 2 milioni di barili al gioorno raggiunto nel 1988 a oltre 2 milioni di barili al giorno, da allora la produzione di greggio a Prudhoe Bay e in altri giacimenti dello North Slope si è ridotta notevolmente. Gli ambientalisti e diversi tecnici sostengono che le modifiche operative apportate dall'Alyeska pongono rischi per la sicurezza, critiche che dopo l'incidente di agosto hanno portato Kevin Hostler a dimettersio dalla presidenza di Alyeska, sostituito dal primo gennaio dal vice ammiraglio in pensione della Coast Guard Usa Thomas Barrett che è anche l'ex capo del Department of transportation's pipeline and hazardous materials administration Usa, con una commistione tra controllori e controllati che è sempre più frequente anche in America.

Il blocco che del Taps per ora non ha ridotto il traffico delle petroliere nel porto di Valdez, non c'è quindi pericolo immediato di un calo dei rifornimenti di petrolio, ma la borsa non l'ha comunque presa bene: l'Oil futures a New York è salito del 2,2% a 89,98 dollari al barile. Un rapporto di Villanova, dello Schork Group Inc, dice che «Elevati livelli di incertezza porteranno gli operatori ad arrampicarsi sugli specchi per coprire gli obblighi di fornitura e riferendosi al Taps ha aggiunto: «Non crediamo che la notizia così com'è è sia sufficiente a spingere il greggio sopra la barriera di 100 dollari. Le raffinerie dipendenti dal greggio dell'Alaska hanno probabilmente un "cuscino" di scorte per almeno diverse settimane».

Quel che è certo è che il nuovo incidente è anche un nuovo colpo all'immagine della Bp e che nella seconda metà del 2010 il prezzo del greggio è salito del 21% e il 3 gennaio è arrivato a 92,58 dollari al barile, puntando (e speculando) sulla ripresa e del consumo di carburanti negli Usa, il Paese del mondo che consuma più petrolio.

Forse la spiegazione dell'esibita tranquillità delle Big Oil davanti al nuovo incidente sta tutto nel cinismo di quanto ha dichiarato a Bloomberg Ben Westmore, un economista esperto di miniere ed energia della National Australia Bank: «L'arresto del sistema è incorporato nei prezzi. La gente è solo un po' più interessata ai vincoli di approvvigionamento di sei mesi fa». Una posizione naturalmente condivisa anche dalla Bp dopo l'incidente al Taps: «Abbiamo avuto una significativa riduzione della produzione anche prima per vari motivi, tra cui il cattivo tempo. Non è raro. La società non si può dire per quanto tempo durerà il fermo». Insomma i costi ambientali, sociale ed economici dei disastri petroliferi sono compresi nel prezzo... e quindi esternalizzati e a carico dei consumatori.

Arrestato il giovane e popolare rapper tunisino El General

Tunisia - Tounes BeldNa
9 / 1 / 2011

Lui è una promessa del rap tunisino. Hamada Ben Amor, 22 anni, di Sfax, in arte El Général. Sulla sua pagina facebook ha più di 15.000 fan. Ma la sua fama è destinata a crescere grazie all'ennesimo autogol del regime tunisino, che ieri lo ha arrestato, con un vero e proprio blitz che ha coinvolto una squadra di 40 poliziotti. Niente di nuovo in un paese governato dal 1987 da un uomo, Ben Ali, che non ammette critiche. E di accuse contro lui e il suo regime sono pieni i pezzi di El Général. La prima canzone si chiama Tounes Bladna, che vuol dire "la tunisia è il nostro paese". Ed è un duro atto d'accusa contro il regime e la corruzione, uscito all'indomani delle rivolte di Sidi Bouzid (video), dove il 17 dicembre un diplomato disoccupato si è suicidato dandosi fuoco davanti alla prefettura dopo che la polizia gli aveva sequestrato la merce di una bancarella abusiva con cui si manteneva. Da allora il l'intero paese è in rivolta, e di città in città si susseguono manifestazioni, scioperi e scontri di piazza con la polizia, che finora hanno causato tre morti. Raccontare quelle proteste significa gettare le basi per un ponte di solidarietà tra le due rive. Il che equivale ad abbattere i muri della fortezza Europa. E in questo senso occhio anche a quello che sta succedendo ad Algeri, dove pure i ragazzi scesi in strada contro il caro vita e la corruzione.

La Tunisia è il nostro paese, con la politica o con il sangue, la tunisia è il nostro paese, e i suoi uomini non si arrendono mai, la tunisia è il nostro paese, mano nella mano, tutta la gente, la tunisia è il nostro paese, oggi non abbiamo ancora trovato pace

L'altro pezzo incriminato è Rais LeBled, che vuol dire presidente del paese. Si tratta di una specie di lettera al presidente, in nome del popolo, in cui Général lo sfida a scendere per le strade e a vedere la realtà dei giovani disoccupati dopo anni di sacrifici e di studio, in un paese divorato dalla corruzione e dalla gestione mafiosa e clientelare del potere. Un pezzo che sta impazzando sulla rete e che ormai è un po' l'inno della rivolta.

Avremmo tanto voluto raccontarvi la Tunisia con un reportage dal terreno, ma è impossibile visto che dopo la pubblicazione dell'inchiesta sulla dittatura a sud di Lampedusa e sulla durissima repressione sindacale del 2008, il mio nome è finito sulla lista nera dei servizi tunisini e mi è vietato rientrare in quel paese. E a me è andata grassa. Perché sono libero. Quando i giornalisti sono tunisini infatti, la soluzione è lhbas, il carcere. Gli ultimi due finiti al gabbio, secondo Réporters sans frontières, sono i due blogger Sleh Edine Kchouk e Hamadi Kaloutcha (http://www.facebook.com/Kaloutcha.Hamadi). E poi ci sono Slim Amamou e Azyz Amamy, altri due blogger che sono scomparsi senza che si sappia che fine hanno fatto. Senza dimenticare, tra i tanti altri, i due reporter Fahem Boukaddous e Hasen Benabdallah di Radio Kalima, in galera rispettivamente da 100 e 241 giorni per aver raccontato all'epoca dei fatti la repressione dei moti di Redeyef.

Tratto da:
Fortress Europa
Fonte www.globalproject.info